N. 226 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 aprile 1997- 19 marzo 1998

                                N.  226
  Ordinanza   emessa   il   23   aprile  1997  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il   19  marzo  1998)  dal  pretore  di  Roma  sezione
 distaccata  di  Tivoli  nel  procedimento penale a carico di D'Angelo
 Giuseppina ed altri
 Paesaggio (Tutela del) - Realizzazione di opere in zone  assoggettate
    a   vincolo   paesaggistico   senza   autorizzazione  -  Lamentata
    individuazione delle  aree  protette  in  via  legislativa  e  per
    categorie  anziche' con provvedimenti amministrativi e nelle forme
    del  "giusto  procedimento"  -  Asserita  indeterminatezza   della
    condotta vietata nonche' della sanzione da applicare - Lesione del
    principio  di  legalita'  della  pena  -  Incidenza sul diritto di
    proprieta'.
 (Legge 8 agosto 1985, n. 431, (recte: d.-l. 27 giugno 1985,  n.  312,
    art.  1-sexies,  convertito,  con modificazioni, in legge 8 agosto
    1985, n. 431).
 (Cost., artt. 9, 25, secondo comma, 27, 42 e 97).
(GU n.15 del 15-4-1998 )
                              IL PRETORE
   Ha emesso la seguente ordinanza, visti gli  atti  del  procedimento
 penale contro D'Angelo Giuseppina, Di Michele Giuseppe e Guardabascio
 Carlo  imputati  dei  reati  di  cui:  a) art. 20, lett. C), legge n.
 47/1985; b) articoli 1 e 1-sexies, legge n. 431/1985 e art. 110 c.p.;
 c) articoli 110, 734, c.p.; d) articoli 1, 3, 17, 18, 20, legge    n.
 64/1974, 81 c.p. art. 110 c.p.
   Il giudice remittente  e' chiamato ad applicare, tra l'altro l'art.
 1-sexies,   legge   n.  431/1985  in  merito  al  quale  si  sospetta
 l'incostituzionalita' come da motivazione che di seguito si  esprime.
 Tanto   premesso   in   punto   di   rilevanza  sulla  non  manifesta
 infondatezza, si osserva:
   La norma incriminatrice di cui all'art. 1-sexies, legge n. 431/1985
 richiamato rimanda ad aree  considerate  protette,  desumibili  dalla
 espressa elencazione normativa di cui all'art. 1.
   L'individuazione  dei  beni oggetto di tutela per categoria - quale
 presupposto   normativo,   che   attraverso   il   meccanismo   della
 incorporazione concorre ad identificare la fattispecie incriminatrice
 -  confligge,  gia'  di  per  se',  con  i  parametri  costituzionali
 contenuti negli articoli 42 e 87 della Costituzione.  In  effetti  la
 proclamazione di principio secondo cui la proprieta' e' inviolabile -
 salvo  le limitazioni nei modi e forme previsti dalla legge - postula
 che, se e' vero che esistono beni con naturale attitudine al vincolo,
 con conseguenti limitazioni al diritto di disposizione  e  godimento,
 cio'  non  di meno la loro individuazione deve avvenire attraverso le
 forme del giusto procedimento, la cui rilevanza  e  necessarieta'  si
 desume   dal   generale  canone  del  buon  andamento  amministrativo
 codificato all'art. 87 della Costituzione.  Cio' al duplice  fine  di
 rendere conoscibile, attraverso procedure di esternazioni ad evidenza
 pubblica,  le  ragioni  che  connotano  il  particolare  pregio di un
 determinato bene e di consentire parallelamente ai privati  di  poter
 introdurre  nel procedimento medesimo le loro osservazioni e istanze.
 Cio' e' evidentemente precluso qualora il vincolo risulti  introdotto
 per via legislativa anziche' provvedimentale.
   Ulteriore  negativo  riflesso  di tale situazione e' la sostanziale
 perdita di concretezza  della  stessa  ratio  punitiva  sottesa  alle
 speciali  norme  incriminatrici  introdotte  proprio  per  assicurare
 protezione accentuata a beni e valori di particolare  considerazione.
 Conseguentemente  le  stesse norme incriminatrici solo apparentemente
 risultano rispettose del principio  di  tipicita'  inteso  nella  sua
 stretta  correlazione con l'interesse o bene da salvaguardare che, in
 tali eventualita', giova ribadirlo, solo  in  termini  assiomatici  e
 senza alcun riscontro di concretezza, se non in via di vera e propria
 astrazione, risulta sussistente.
   In  questa  ottica,  in  cui  la  tutela  del  valore ambientale e'
 affidata piuttosto a illusioni repressive che  non  a  concreti  atti
 della  pubblica  autorita'  di  individuazione  del bene da tutelare,
 viene ad essere inciso lo stesso principio di ragionevolezza,  atteso
 che  si  introduce  un regime particolarmente afflittivo senza alcuna
 certezza che lo stesso sia in  rapporto  di  sintonia  con  interessi
 effettivamente  sussistenti.    Di  tale  disarmonia  del  sistema e'
 espressione la norma richiamata nella rubrica del presente  processo,
 come puo' evincersi dalla irragionevole e non giustificabile maggiore
 afflittivita'  della  predetta  norma incriminatrice, che presenta un
 carattere prevalentemente formale, quale  risposta  punitiva  per  la
 mancata  acquisizione  del  titolo autorizzatorio da parte degli enti
 preposti alla tutela del vincolo, rispetto  alla  previsione  di  cui
 all'art.  734  c.p.,  che  considera  la  deturpazione di fatto ed in
 concreto del bene ambientale, con evidente maggior spregio del valore
 paesaggistico ed ambientale.
   Ne' puo' pretermettersi la sospetta  incostituzionalita'  dell'art.
 1-sexies,  legge  n.  431/1985,  in se' considerato, in raffronto con
 l'art. 25,  secondo  comma  della  Costituzione  per  violazione  del
 principio di legalita' essendo indeterminata la pena da applicare. Al
 riguardo  non  appaiono  persuasive le precisazioni giurisprudenziali
 che individuano in quella riportata dall'art. 20, lett. c), legge  n.
 47/1985,  fondando  sull'argomento  che soltanto l'art. 20   lett. c)
 richiamato si riferisce a zone vincolate.
   Tale argomentazione non incide affatto sulla problematica di  fondo
 concernente la mancanza, nel testo della norma incriminatrice, di una
 specifica  sanzione  tra  quelle gradatamente riportate nell'art.  20
 richiamato e, da qui, la  palese  indeterminatezza  della  previsione
 sanzionatoria.  A  tacere del rinvio, qualora volesse condividersi la
 richiamata  impostazione   giurisprudenziale,   alla   gia'   cennata
 problematica   insistente   sulla   irragionevole  concentrazione  di
 previsioni  sanzionatorie  distinte  per  un  medesimo  fatto   e   a
 salvaguradia dello stesso interesse.
   Neppure  puo' dirsi rispettato, sempre nel caso dell'art. 1-sexies,
 l'obbligo di specificazione  della  condotta  incriminata,  che,  nel
 testo  della  norma  in  discorso,  viene  individuata  con  generico
 riferimento alla violazione delle disposizioni della stessa legge  n.
 431/1985.   Come autorevolmente osservato in dottrina, infatti non e'
 sempre chiara l'individuazione della  condotta  vietata,  in  quanto,
 esaminando  le  disposizioni  degli  articoli  1/1-quinquies, solo in
 alcuni casi si possono identificare  norme  a  contenuto  precettivo.
 Come si puo' notare, infatti, nella legge n. 431/1985 non e' compresa
 una  specifica  disposizione  che pone l'obbligo della autorizzazione
 per ogni opera realizzata in zona vincolata in base alla stessa legge
 o,  comunque,  soggetta a vincolo paesaggistico, e non sembra che una
 soluzione interpretativa assai disinvolta, che si fondi sul  richiamo
 ad  un  presupposto logico della disciplina in questione, vale a dire
 l'obbligo della  autorizzazione  di  cui  alla  legge  n.  1497/1939,
 sarebbe  del  tutto  corretta  dal  punto  di  vista  del gia' citato
 principio di legalita' di rango costituzionale.
   In altre parole, se si interpretasse rigorosamente la  disposizione
 in  parola,  l'art.  1-sexies  non  sarebbe  applicabile  in  caso di
 realizzazione di opere in zone  vincolate  senza  autorizzazione  per
 mancanza   dell'estremo   delle  condotte  vietate,  stante  la  gia'
 ricordata carenza  di  norme,  nel  corpo  della  legge  medesima,  a
 contenuto precettivo.
   Argomento,  questo,  vieppiu' valido qualora la violazione asserita
 riguardi aree  protette  non  gia'  per  intrinseca  attitudine  alla
 valorizzazione  ambientale, bensi' soltanto in relazione alla formale
 qualificazione giuridica di area di proprieta' pubblica.
                               P. Q .M.
   Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n.   1
 e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale del suddetto art.  1-sexies,    legge  n.
 431/1985  con  riferimento  ai  parametri  costituzionali di cui agli
 artt. 9, 25, secondo comma, 27, 42 e 97 della Costituzione;
   Sospende il processo in corso;
   Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina che la presente ordinanza, a  cura  della  cancelleria,  sia
 notificata  alle  parti  e al Presidente del Consiglio dei Ministri e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Tivoli, addi' 23 aprile 1997
                           Il pretore: Croce
 98C0344