N. 90 ORDINANZA 25 marzo - 1 aprile 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Enti  locali  -  Regione  Sicilia  -  Limite massimo per la nomina a
 dipendenti  degli  enti  della   regione   siciliana   dell'eta'   di
 quarant'anni   -   Non   applicabilita'   nella   fattispecie   della
 disposizione  impugnata  -   Difetto   di   rilevanza   -   Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (Legge  regione  Sicilia 15 marzo 1963, n. 16, art. 216, primo comma,
 n. 4, nel testo  modificato  dall'art.  1,  comma  1,  legge  regione
 Sicilia 18 aprile 1989, n. 7).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.14 del 8-4-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando   SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 216, primo
 comma, numero 4, della legge regionale siciliana 15 marzo 1963 n.  16
 (Ordinamento  amministrativo  degli   enti   locali   nella   regione
 Siciliana),  nel  testo  modificato dall'art. 1, comma 1, della legge
 regionale siciliana 18 aprile 1989,  n.  7  (Modifica  dell'art.  216
 dell'ordinamento  amministrativo  degli  enti  locali),  promosso con
 ordinanza emessa il 27 giugno 1996 dal pretore di  Palermo,  iscritta
 al  n.  254  del  registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 21,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1997;
   Visto l'atto di intervento del Presidente della regione siciliana;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 gennaio 1998 il giudice
 relatore Valerio Onida;
   Ritenuto che il pretore di Palermo,  in  funzione  di  giudice  del
 lavoro,  con  ordinanza  emessa il 27 giugno 1996, pervenuta a questa
 Corte il 22 aprile  1997,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  all'art.  3, primo e secondo comma,
 della Costituzione, dell'art. 216, primo comma,  n.  4,  della  legge
 regionale  siciliana 15 marzo 1963, n. 16 (Ordinamento amministrativo
 degli enti locali nella  regione  siciliana),  nel  testo  modificato
 dall'art. 1, comma 1, della legge regionale siciliana 18 aprile 1989,
 n.  7  (Modifica  dell'art. 216 dell'ordinamento amministrativo degli
 enti locali), nella parte in cui pone  come  limite  massimo  per  la
 nomina  a dipendente degli enti locali della regione siciliana l'eta'
 di 40 anni;
     che, secondo il giudice a quo benche' l'azienda  convenuta  abbia
 motivato  il  rifiuto  dell'assunzione,  cui il ricorrente afferma di
 avere diritto, richiamandosi al limite di eta' previsto dal contratto
 collettivo nazionale di settore, la fonte  dell'obbligo  dell'azienda
 sarebbe  costituita  dall'art.  216  della  legge regionale n. 16 del
 1963, che stabilisce i limiti di eta' per la nomina a dipendente  dei
 comuni  e  delle  province  regionali  della  Sicilia,  e che sarebbe
 applicabile a tutti  gli  enti  locali  siciliani,  ivi  comprese  le
 aziende  municipalizzate,  stante  il  loro  carattere  di organi con
 personalita' giuridica  dei  comuni;  mentre  la  riproduzione  della
 disposizione  legislativa  nel contratto collettivo non varrebbe, nel
 caso, a mutare il carattere normativo primario della fonte  medesima,
 dato  che  lo  stesso  contratto  preciserebbe  che  i  requisiti per
 l'assunzione sono stabiliti di volta  in  volta  nel  rispetto  delle
 vigenti norme di legge;
     che,  sempre  ad  avviso  del  remittente,  anche  se  si volesse
 ritenere che il contratto costituisca la fonte esclusiva dell'obbligo
 dell'azienda, la questione di costituzionalita' della norma di  legge
 ricordata  sarebbe  comunque  rilevante,  in quanto afferente a norma
 legislativa utilizzabile come parametro per valutare  la  conformita'
 della   disciplina  contrattuale  alle  norme  imperative  di  legge,
 presentandosi la previsione di detto limite di eta', stabilito  anche
 dalle  norme  sui dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali,
 quale principio dell'ordinamento in materia di assunzioni,  ancorche'
 in regime privatistico, presso gli enti pubblici;
     che,   secondo   il   giudice   a  quo  sarebbe  irragionevole  e
 contraddittorio, in presenza dell'innalzamento dell'eta' media  della
 popolazione,  che ha indotto il legislatore a disporre l'innalzamento
 dell'eta' pensionabile a 65 anni, prevedere un limite di  eta'  cosi'
 marcatamente inferiore per l'accesso agli impieghi pubblici;
     che,  inoltre,  la  norma  in  esame  sarebbe contrastante con il
 principio desumibile dall'art. 3, secondo comma, della  Costituzione,
 poiche'  la  previsione,  in  forma  generale  ed indiscriminata, del
 limite di eta'  costituirebbe  un  ostacolo  alla  emancipazione  dal
 bisogno  dei  soggetti  non  piu'  giovani per i quali, in assenza di
 forme di reddito garantito di cittadinanza, e in  presenza  di  norme
 che  favoriscono  nel  settore  del  lavoro  privato  l'ingresso  dei
 giovani, l'accesso  all'impiego  presso  gli  enti  pubblici  sarebbe
 invece l'unica alternativa alla miseria;
     che  e'  intervenuto  nel  giudizio  il  Presidente della regione
 siciliana, chiedendo che la questione sia  dichiarata  manifestamente
 infondata;
     che, ad avviso dell'interveniente, la modifica recata dalla legge
 regionale n. 7 del 1989 all'art. 216  dell'ordinamento amministrativo
 degli   enti  locali  e'  stata  intesa  ad  adeguare  la  disciplina
 dell'accesso agli impieghi negli enti  locali  siciliani  alle  nuove
 norme  contenute  nella  legge statale 27 gennaio 1989, n. 25, che ha
 elevato da 35 a 40 anni il limite massimo di eta' per l'accesso  agli
 impieghi pubblici, e cio' proprio allo scopo di realizzare condizioni
 di  eguaglianza  rispetto  a  quanto previsto nel restante territorio
 nazionale:  onde  sarebbe  infondato  il  richiamo  al  principio  di
 eguaglianza;
     che,   sempre   secondo   l'interveniente,   una  valutazione  di
 illegittimita' costituzionale della norma censurata potrebbe fondarsi
 solo su di una irrazionalita' manifesta della disciplina,  che  nella
 specie non potrebbe essere affermata, posto che la determinazione dei
 requisiti di accesso all'impiego rientra nella piena discrezionalita'
 del   legislatore,  che  deve  operare  una  valutazione  prettamente
 politica delle esigenze di modifica, come  appunto  sarebbe  avvenuto
 con  l'elevazione  del  limite ad opera della legge statale n. 25 del
 1989;
   Considerato  che,  secondo   la   consolidata   giurisprudenza,   i
 dipendenti  delle  aziende  municipalizzate  non  sono  soggetti alla
 disciplina del rapporto di  lavoro  prevista  per  i  dipendenti  dei
 comuni,  ma  sono  parti  di  un rapporto di lavoro retto ancor prima
 della "privatizzazione" di recente intervenuta nel campo del pubblico
 impiego dal diritto privato, e regolato da  contratti  collettivi  di
 diritto comune;
     che  ogni dubbio in proposito e' superato dalla disciplina recata
 dall'art. 23 della legge 8 giugno 1990,  n.  142,  che  configura  le
 aziende  speciali  dei  comuni come enti strumentali dell'ente locale
 dotati di personalita'  giuridica  e  di  autonomia  imprenditoriale,
 nonche'  dalla  disciplina recata dall'art. 1, comma 3, del d.lgs.  3
 febbraio 1993, n. 29, che si riferisce ai rapporti di impiego  presso
 le amministrazioni pubbliche, comprendendo fra queste gli enti locali
 e  "tutti  gli  enti  pubblici  non  economici nazionali, regionali e
 locali":  cosi' che i dipendenti delle aziende  speciali  dei  comuni
 non  sono inclusi nel comparto, relativo alla speciale contrattazione
 collettiva  prevista  dall'art.  45  del  d.lgs.  n.  29  del   1993,
 concernente  il  personale delle regioni e delle autonomie locali, ed
 il  loro  rapporto  di  lavoro resta invece disciplinato da contratti
 collettivi di lavoro di diritto comune  (cfr.,  per  quanto  riguarda
 l'ambito  interessato dalla specie, il contratto collettivo nazionale
 di lavoro per i lavoratori delle aziende  municipalizzate  di  igiene
 urbana  in  data  1 ottobre 1991, e il piu' recente analogo contratto
 del 31 ottobre 1995);
     che dunque la disposizione impugnata, concernente il rapporto  di
 pubblico  impiego presso gli enti locali della regione siciliana, non
 trova applicazione nella fattispecie;
     che, anche a voler ricercare, come ipotizza il remittente,  nella
 disciplina  legislativa  del pubblico impiego locale un parametro per
 l'apprezzamento  della  validita'  delle   clausole   del   contratto
 collettivo  nazionale  di lavoro, dovrebbe farsi riferimento non gia'
 alla legislazione regionale siciliana, bensi' a quella nazionale (nel
 cui ambito, peraltro, l'art. 3, comma 6, della legge 15  marzo  1997,
 n.  127,  recentemente  sopravvenuta,  ha  disposto  che, in linea di
 principio,  la  partecipazione  ai  concorsi  indetti  da   pubbliche
 amministrazioni non e' soggetta a limiti di eta');
     che,  pertanto,  la  questione e' palesemente priva di rilevanza,
 cosi' che essa deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 216, primo comma, n. 4, della
 legge  regionale  siciliana  15  marzo  1963,  n.   16   (Ordinamento
 amministrativo  degli enti locali nella regione siciliana), nel testo
 modificato dall'art.  1, comma 1 della legge regionale  siciliana  18
 aprile 1989, n. 7 (Modifica
  dell'art.  216  dell'ordinamento  amministrativo degli enti locali),
 sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal  pretore
 di Palermo con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1998.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Onida
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 1 aprile 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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