N. 106 ORDINANZA 26 marzo - 6 aprile 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale -  Casi  di  sospensione  del  procedimento  da  cui
 discenda la sospensione della prescrizione - Rinvio o sospensione del
 dibattimento  per l'adesione dei difensori alla astensione collettiva
 dalle  cause  -  Omessa    previsione  -  Questione  gia'  dichiarata
 infondata  e  manifestamente  infondata (vedi sentenza della Corte n.
 171/1996 e ordinanze nn. 318 e 273 del 1996) - Richiesta di  sentenza
 additiva  volta  ad introdurre una   nuova ipotesi di sospensione del
 corso   della   prescrizione   (vedi   sentenza   n.   114/1994    di
 inammissibilita') -  Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.P.P., art. 486, in relazione all'art. 159, primo comma, del c.p.).
 
 (Cost., artt. 3, 97 e 112).
 
(GU n.15 del 15-4-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando   SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 486, del codice
 di procedura penale, in relazione  all'art.  159,  primo  comma,  del
 codice  penale,  promosso  con ordinanza emessa il 18 giugno 1997 dal
 pretore di Verbania nel procedimento penale a carico di  Kiss  Gunter
 Hans  Ludwig,  iscritta  al  n.  659  del  registro  ordinanze 1997 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  41,  prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 25  febbraio  1998  il  giudice
 relatore Francesco Guizzi.
   Ritenuto  che  nel  corso di un procedimento penale per il reato di
 cui  all'art.  695  del  codice  penale,  i  difensori  dell'imputato
 dichiaravano,   nell'udienza   del   18   giugno   1997,  di  aderire
 all'astensione collettiva  dall'attivita'  giudiziaria  proclamata  a
 livello nazionale;
     che,  nel  qualificarla  legittima  per  l'osservanza  di forme e
 procedure, il pretore di Verbania, dovendo  rinviare  necessariamente
 il  dibattimento, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 112
 della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  486  del codice di procedura penale, in relazione all'art.
 159, primo comma, del codice penale, nella parte in cui "non prevede,
 fra i casi  di  sospensione  del  procedimento  da  cui  discende  la
 sospensione  della  prescrizione,  il  rinvio  o  la  sospensione del
 dibattimento cagionato  dall'adesione  dei  difensori  all'astensione
 collettiva";
     che,   ad  avviso  del  giudice  a  quo  la  normativa  censurata
 contrasterebbe con gli artt. 97 e 112 della Costituzione, perche'  in
 mancanza   della   richiesta   disciplina   sarebbe  pregiudicata  la
 funzionalita'   dell'attivita'   giurisdizionale    e    la    stessa
 obbligatorieta'  dell'azione  penale, essendo consentito ai difensori
 di differire la celebrazione dei  processi  con  ripercussioni  sulla
 prescrizione dei reati;
     che  la  disposizione sarebbe altresi' irragionevole, perche' gli
 imputati di medesimi reati vedrebbero accertata in tempi  diversi  la
 loro responsabilita';
     che,  infine,  la  questione  sarebbe rilevante, perche', solo se
 accolta, lascerebbe il giudicante libero di dichiarare la sospensione
 della  prescrizione,  cosi'  evitando  che  l'astensione   collettiva
 cagioni la lesione di altri interessi costituzionalmente protetti;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato,  concludendo  per
 l'infondatezza;
     che,  secondo l'Avvocatura, la Corte costituzionale, investita di
 analoga questione, ha gia' pronunciato declaratoria  di  infondatezza
 con  la  sentenza n. 171 del 1996, e di manifesta infondatezza con le
 ordinanze nn. 318 e 273 dello stesso anno;
     che  l'ordinanza  di  rimessione  non  apporterebbe  elementi  di
 novita' (ne' lo sarebbe, infatti, il collegamento tra l'art. 486  del
 codice  di  procedura  penale  e  l'art. 159, primo comma, del codice
 penale);
     che essa muoverebbe dal  presupposto,  erroneo,  secondo  cui  la
 liberta'  dei  professionisti non incontrerebbe limite alcuno, mentre
 e' vero il contrario, e cioe' che tale liberta'  deve  esercitarsi  -
 come  ha  chiarito  la  richiamata giurisprudenza costituzionale - in
 modo da non recare pregiudizio agli altri  valori  costituzionalmente
 tutelati, in presenza dei quali non potrebbe non arretrare.
   Considerato  che  ritorna  all'esame della Corte, per contrasto con
 gli  artt.  3,  97  e  112  della  Costituzione,  la   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  486  del codice di procedura
 penale, in relazione all'art. 159, primo comma,  del  codice  penale,
 "nella  parte  in  cui  non  prevede,  fra  i casi di sospensione del
 procedimento da cui discende la sospensione  della  prescrizione,  il
 rinvio o la sospensione del dibattimento cagionato dalla adesione dei
 difensori  all'astensione  collettiva",  con cio' recando pregiudizio
 alla funzione giurisdizionale, all'organizzazione  giudiziaria  e  al
 principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale;
     che    la    norma    peccherebbe,    inoltre,    di   intrinseca
 irragionevolezza, consentendo tempi diversi per l'accertamento  delle
 responsabilita' penali nei confronti di imputati dei medesimi reati;
     che  questa Corte, con la sentenza n. 171 del 1996, ha dichiarato
 l'infondatezza e, con le  ordinanze  nn.  318  e  273  del  1996,  la
 manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  486, comma 5, del codice di procedura penale, sollevata in
 relazione  a  numerosi  parametri  costituzionali,  fra i quali anche
 quelli invocati dal pretore di Verbania;
     che la questione al  presente  esame  e'  stata  prospettata  con
 riferimento  alla  previsione  dell'art. 159, primo comma, del codice
 penale;
     che questa Corte, da ultimo con la sentenza n. 114 del  1994,  ha
 dichiarato  inammissibile  la  questione  di  costituzionalita' della
 citata  disposizione,  sollevata  in  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione,  per il dato assorbente (e pregiudiziale) rappresentato
 dal fatto che il  giudice  a  quo  aveva  sollecitato  una  pronuncia
 additiva  in  malam  partem  volta  a introdurre una nuova ipotesi di
 sospensione del  corso  della  prescrizione  al  di  fuori  dei  casi
 previsti dalla legge;
     che  anche  questa additiva non rientra nei poteri spettanti alla
 Corte, in ragione del principio di legalita' stabilito dall'art.   25
 della Costituzione;
     che   la   questione,   pertanto,  va  dichiarata  manifestamente
 inammissibile.
   Visti l'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e
 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
 Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 486  del  codice  di  procedura
 penale,  in  relazione  all'art. 159, primo comma, del codice penale,
 sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97 e 112 della  Costituzione,
 dal pretore di Verbania, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 26 marzo 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 6 aprile 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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