N. 113 SENTENZA 9 - 16 aprile 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego  pubblico - Collocamento in aspettativa per ricongiungimento
 al coniuge dipendente statale  in  servizio    all'estero  -  Mancata
 previsione  per i dipendenti degli enti locali - Ragionevolezza della
 valutazione  discrezionale  del  legislatore  attese  le   differenti
 esigenze  organizzative  delle  varie amministrazioni pubbliche - Non
 fondatezza.
 
 (Legge 11 febbraio 1980, n. 26, art. 1).
 
 (Cost., artt. 2, 3, 29 e 31).
 
(GU n.16 del 22-4-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
 11  febbraio  1980,  n.  26  (Norme  relative  al   collocamento   in
 aspettativa  dei  dipendenti  dello  Stato il cui coniuge, anche esso
 dipendente dello Stato, sia chiamato a prestare servizio  all'estero)
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  26  febbraio 1997 dal tribunale
 amministrativo  regionale  dell'Umbria  sul   ricorso   proposto   da
 Panzarola  Giuliana  contro il comune di Corciano, iscritta al n. 276
 del registro ordinanze 1997 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 22, prima serie  speciale, dell'anno 1997.
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 gennaio 1998 il giudice
 relatore Fernanda Contri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un giudizio amministrativo promosso  da  Giuliana
 Panzarola  contro  il comune di Corciano, il tribunale amministrativo
 regionale dell'Umbria, con ordinanza emessa il 26 febbraio  1997,  ha
 sollevato,   in   riferimento   agli  artt.  2,  3,  29  e  31  della
 Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1
 della  legge  11 febbraio 1980, n. 26 (Norme relative al collocamento
 in aspettativa dei dipendenti dello Stato il cui coniuge, anche  esso
 dipendente dello Stato, sia chiamato a prestare servizio all'estero),
 nella  parte  in  cui  non  contempla, tra i destinatari dei relativi
 benefici, anche i dipendenti degli enti locali.
   La ricorrente nel giudizio amministrativo a  quo  -  dipendente  di
 ruolo   del   comune  di  Corciano  con  la  qualifica  di  esecutore
 bidella-cuoca (quarta qualifica) presso l'asilo nido di  Chiugiana  -
 impugnava,  davanti al tribunale amministrativo regionale rimettente,
 il provvedimento del segretario generale del predetto comune, con  il
 quale  veniva  rigettata  la  domanda,  dalla  stessa  presentata, di
 usufruire dei benefici di cui all'art. 1 della legge n. 26 del 1980.
   In  particolare,  la  ricorrente  lamentava  l'illegittimita'   del
 diniego  del suo collocamento in aspettativa per ricongiungimento col
 proprio coniuge,  che  presta  servizio  all'estero  in  qualita'  di
 dipendente  dello  Stato italiano, motivato per relationem attraverso
 il rinvio al parere del Dipartimento della funzione pubblica espresso
 in data 11 dicembre 1995, nel quale si afferma che la legge  invocata
 dalla  dipendente  non  puo'  trovare  applicazione in suo favore, in
 quanto circoscritta ai  soli  dipendenti  statali  i  cui  rispettivi
 coniugi,  anch'essi  dipendenti  statali,  siano  chiamati a prestare
 servizio all'estero.
   Il  collegio  rimettente  ritiene,  aderendo  a  tale  parere,   la
 disposizione  impugnata non suscettibile di interpretazione estensiva
 o  analogica.     Il  tribunale   amministrativo   regionale   -   in
 considerazione  della  ratio  che  ispira la legge n. 26 del 1980, da
 ravvisarsi nell'esigenza di mantenere unito  il  nucleo  familiare  -
 ritiene  altresi'  non manifestamente infondata, oltre che rilevante,
 la  questione  di  legittimita'  costituzionale   prospettata   dalla
 ricorrente,   in   riferimento  agli  artt.  2,  3,  29  e  31  della
 Costituzione, dell'art. 1 della legge n. 26 del 1980, nella parte  in
 cui  irragionevolmente  non contempla, tra i destinatari dei benefici
 ivi previsti, anche i dipendenti degli enti locali (aggiungendo  che,
 al  di fuori del giudizio a quo la questione appare fondata per tutti
 i dipendenti del  settore  pubblico  non  ricompresi  nell'ambito  di
 applicazione della disciplina denunciata).
   2.  - Nel giudizio davanti a questa Corte non si sono costituite le
 parti del procedimento a quo ne' ha spiegato intervento  l'Avvocatura
 generale dello Stato.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Il tribunale amministrativo regionale dell'Umbria dubita, in
 riferimento agli artt. 2,  3,  29  e  31  della  Costituzione,  della
 legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 11 febbraio 1980,
 n.  26  (Norme relative al collocamento in aspettativa dei dipendenti
 dello Stato il cui coniuge, anche esso dipendente  dello  Stato,  sia
 chiamato  a  prestare  servizio  all'estero),  nella parte in cui non
 contempla - tra i titolari del diritto al collocamento in aspettativa
 per ricongiungimento con il coniuge dipendente  statale  in  servizio
 all'estero - anche i dipendenti degli enti locali. Il contrasto con i
 menzionati  parametri  costituzionali  si  profila  -  ad  avviso del
 collegio rimettente - giacche' la disposizione impugnata  produrrebbe
 una  ingiustificata disparita' di trattamento in danno dei dipendenti
 degli enti locali, contraddicendo alla sua stessa ratio individuabile
 nella finalita' di salvaguardare l'unita' e l'integrita'  del  nucleo
 familiare.
   2. - La questione non e' fondata.
   Dai lavori preparatori (Atti parlamentari, Senato della Repubblica,
 VIII  Legislatura,  disegno di legge n. 364) risulta, da un lato, che
 la legge n. 26 del 1980 trae origine  da  esigenze  manifestatesi  in
 talune  amministrazioni  dello  Stato  (inizialmente,  all'interno di
 quella dipendente dal Ministero degli affari esteri, e poi in seno ad
 altre, specialmente le amministrazioni della  pubblica  istruzione  e
 della  difesa),  "con  il  notevole  incremento  di  donne  che hanno
 intrapreso carriere statali e con il conseguente aumento di matrimoni
 fra  dipendenti  dello  Stato";  dall'altro,  che  si  tratta  di  un
 ampliamento  dell'aspettativa  per motivi di famiglia di cui all'art.
 69 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico  delle  disposizioni
 concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato). Nel corso
 della  discussione  in assemblea al Senato (Atti parlamentari, Senato
 della Repubblica,  VIII  Legislatura,  Resoconto  stenografico  della
 seduta  antimeridiana  del  6  dicembre 1979, p. 2851 s.), ed in seno
 alla Prima commissione della Camera (Atti  parlamentari,  Camera  dei
 deputati,  VIII Legislatura, Prima commissione, seduta del 23 gennaio
 1980, p. 68 s.), si e' sottolineata l'esigenza di  tutelare  l'unita'
 della  famiglia  anche  nel caso in cui il coniuge non sia dipendente
 statale, ed in particolare nel caso in cui si  tratti  di  dipendente
 privato. Tali auspici non si sono tuttavia tradotti in un ampliamento
 dell'a'mbito  di applicabilita' della legge in discussione, cosicche'
 l'estensione dei benefici da essa  previsti  e'  rimasta  affidata  a
 futuri provvedimenti legislativi.
   Anche  in  considerazione  del  tenore di alcune disposizioni della
 legge n. 26 del 1980, la disciplina di  cui  il  collegio  rimettente
 chiede   l'estensione   appare  preordinata  in  modo  inequivoco  ad
 introdurre  una  nuova  ipotesi  di  aspettativa  senza   assegni   -
 revocabile   in   qualunque   momento   per  ragioni  di  servizio  -
 nell'a'mbito dell'impiego statale.  In particolare, l'impugnato  art.
 1  prevede  che  il  dipendente  possa  chiedere  il  collocamento in
 aspettativa,  "qualora  l'amministrazione  non  ritenga  di   poterlo
 destinare  a prestare servizio nella stessa localita' in cui si trova
 il coniuge, o  qualora  non  sussistano  i  presupposti  per  un  suo
 trasferimento  nella  localita' in questione", delineando in tal modo
 una duplice condizione non realizzabile per i dipendenti  degli  enti
 locali.  Lo  stesso  meccanismo di cui all'art.  4 sembra presupporre
 piante organiche di una certa consistenza numerica,  laddove  prevede
 che,    qualora   l'aspettativa   si   protragga   oltre   un   anno,
 l'amministrazione ha facolta' di utilizzare il  posto  corrispondente
 ai  fini  delle  assunzioni  e,  in  tal  caso, l'impiegato che cessa
 dall'aspettativa "occupa - ove non vi siano vacanze disponibili -  un
 posto  in  soprannumero  da  riassorbirsi  al verificarsi della prima
 vacanza".
   Successivamente, la legge 25 giugno 1985, n.  333  (Estensione  dei
 benefici  di  cui  alla  legge 11 febbraio 1980, n. 26, ai dipendenti
 statali il cui  coniuge  presti  servizio  all'estero  per  conto  di
 soggetti   non   statali),  articolo  unico,  ha  stabilito  che  "il
 dipendente statale, il cui coniuge  presti  servizio  all'estero  per
 conto  di  soggetti  non  statali,  puo'  chiedere il collocamento in
 aspettativa a norma della  legge  11  febbraio  1980,  n.  26".  Tale
 estensione   dei   benefici   originariamente  previsti  dalla  legge
 denunciata  conferma  la scelta del legislatore di riferire alle sole
 amministrazioni statali l'istituto del  collocamento  in  aspettativa
 per ricongiungimento con il coniuge in servizio all'estero, beneficio
 peraltro  configurato  nei  termini  condizionali ed ipotetici di cui
 all'art. 1, e suscettibile di essere revocato "in qualunque  momento"
 per ragioni di servizio (oltre che in difetto di effettiva permanenza
 all'estero del dipendente in aspettativa).
   La  scelta  del  legislatore  di  limitare all'a'mbito dell'impiego
 statale l'operativita' di questo istituto - volto a tutelare l'unita'
 e l'integrita' del nucleo familiare - muove da una non  irragionevole
 valutazione  discrezionale  delle  differenti  esigenze organizzative
 delle varie amministrazioni pubbliche e, nonostante  la  possibilita'
 di  una  diversa  e  piu'  estesa  disciplina  dei benefici di cui si
 tratta,  non  si  pone  in  contrasto  con  gli  invocati   parametri
 costituzionali  in  materia  di tutela della famiglia. Tanto piu' che
 l'esigenza di salvaguardare  l'unita'  del  nucleo  familiare,  anche
 nelle  ipotesi non contemplate dall'art. 1 della legge n. 26 del 1980
 puo' trovare un riconoscimento - sebbene si tratti di  strumenti  non
 pienamente  fungibili,  quanto  al  grado  di  tutela, con l'istituto
 disciplinato dalla disposizione impugnata - attraverso il ricorso  ad
 altri  benefici  ed ipotesi di aspettativa, previsti dalla legge, dai
 contratti  collettivi,  ovvero  da  norme  di  generale  applicazione
 nell'a'mbito del pubblico impiego.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 26  (Norme  relative  al
 collocamento  in  aspettativa  dei  dipendenti  dello  Stato  il  cui
 coniuge, anche esso dipendente dello Stato, sia chiamato  a  prestare
 servizio all'estero), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e
 31   della   Costituzione,  dal  tribunale  amministrativo  regionale
 dell'Umbria con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Contri
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 16 aprile 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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