N. 274 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 febbraio 1998
N. 274 Ordinanza emessa il 17 febbraio 1998 dal pretore di Lecce nel procedimento civile vertente tra De Santis Oronzo e SO.BA.RI.T. S.p.a. ed altro Riscossione delle imposte - Esecuzione esattoriale - Pignoramento di cose mobili assolutamente impignorabili, di cui all'art. 514, cod. proc. civ. (nella specie: beni indispensabili per l'esercizio della professione del debitore) - Possibilita' di proporre opposizione all'esecuzione, ex art. 615 cod. proc. civ. - Esclusione - Lesione del diritto di eguaglianza e dei diritti inviolabili dell'individuo - Violazione del diritto al lavoro - Incidenza sul diritto di difesa e sul diritto alla tutela giurisdizionale - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale nn. 315 e 437 del 1995 e 300 del 1996. (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, (recte: n. 602), art. 54, secondo comma). (Cost., artt. 2, 3, 4, 24 e 113).(GU n.17 del 29-4-1998 )
IL PRETORE Letti gli atti della causa; O s s e r v a Con ricorso ex art. 615, comma 2 c.p.c., depositato in data 19 aprile 1997 ritualmente iscritto nel r.g.a.c. di questa pretura al n. 913/1997, il sig. De Santis Oronzo proponeva opposizione avverso il pignoramento mobiliare ai suoi danni effettuato dalla SO.BA.RI.T. S.p.a. per il recupero coattivo dell'I.C.I.A.P. relativa agli anni 1989, 1990, 1991, 1992, come risultante da avviso di mora dell'11 novembre 1996, sostenendo l'impignorabilita' dei beni pignorati alla stregua delle norme di cui agli artt. 514, n. 4 c.p.c., e 65 del d.P.R. n. 602/1973, atteso che trattavasi, ad eccezione di un televisore, di beni indispensabili all'esercizio della professione. Si costituiva in giudizio l'opposta societa' eccependo preliminarmente ed in via assorbente l'inammissibilita' ed improponibilita' del ricorso alla stregua del divieto di cui all'art. 54 d.P.R. n. 602/1973, con conseguente di difetto di giurisdizione dell'A.G.O. per quanto atteneva alla richiesta di sospensione della procedura esecutiva in forza delle disposizione di legge dinanzi invocate, atteso che trattavasi di tributi. Si costituiva anche il comune di Lecce, quale ente impositore, il quale in via preliminare eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva nel giudizio, atteso che, se pure il comune restava unico titolare del potere impositivo, la procedura esecutiva era stata avviata dalla concessionaria del servizio riscossione, sicche' gli atti da essa compiuti erano riferibili in via esclusiva alla predetta concessionaria, con conseguente totale estraneita' al presente giudizio del comune. Nel merito l'ente comunale invocava tuttavia il privilegio ex art. 2759 c.c. al fine di escludere la dedotta impignorabilita' dei beni staggiti. Nelle more del giudizio veniva disposta la sospensione dell'esecuzione in via amministrativa a seguito del ricorso proposto alla direzione regionale delle entrate, sicche' il decreto di sospensione concesso, in via provvisoria inaudita altera parte comunque rimaneva di fatto superato. Alla stregua delle disposizioni di legge invocate dall'opposta SO.BA.RI.T. S.p.a. l'opposizione de qua andrebbe dichiarata inammissibile ex art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, perche' trattasi di opposizione proposta ex art. 615 c.p.c.: cio' conferma, a fini decisori, la rilevanza della normativa, la cui difformita' dai principi costituzionali si ritiene non manifestamente infondata. Com'e' noto il sistema dei rimedi nei confronti della esecuzione esattoriale delineato dagli artt. 53 e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e segnatamente l'improponibilita' delle ordinarie opposizioni previste dal codice di rito con il correlato divieto di sospensione cautelare ope iudicis e' stato piu' volte sottoposto al controllo di legittimita' costituzionale. Orbene non sfugge al remittente che codesta Corte ha in passato gia' espresso il proprio orientamento in materia, sempre confermando la legittimita' delle disposizioni sopra richiamate, ritenendo e chiarendo che nello speciale procedimento espropriativo esattoriale si manifesti piu' energicamente che in altre ipotesi, il principio della esecutorieta' dell'atto amministrativo, al fine di assicurare la sollecita riscossione dei tributi, nel preminente interesse costituzionale di garantire il regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato. In relazione a tanto, dunque il controllo sulla regolarita' degli atti della procedura esattoriale e' devoluto in via esclusiva all'autorita' amministrativa. Recenti pronunce di codesta Corte in materia di crediti non aventi natura tributaria e riscossi con il sistema dei ruoli hanno chiarito che mentre per tali ultimi la tutela giurisdizionale non subisce alcuna limitazione atteso che la natura civilistica dei crediti contestati - al di la' dell'identico regime di recupero coatto - impedisce una estensione totale dei principi in materia di imposte e tasse (sent. 13 luglio 1995, n. 315; sent. 21 settembre 1995, n. 437; sent. 23 luglio 1996, n. 300), viceversa l'intero settore delle controversie tributarie resta sottratto alla cognizione del giudice ordinario, ribadendosi la inutilizzabilita' dei rimedi apprestati dal codice di rito nei confronti dell'esecuzione forzata. Ed in effetti la ratio che sottende le disposizioni dettate in materia di esecuzione esattoriale appare ispirata ai principi di tutelare la pretesa tributaria e di assicurare la rapida e certa soddisfazione coattiva della stessa. Certamente non puo' che condividersi, alla luce di cio', la scelta operata dal legislatore di escludere il ricorso ai rimedi previsti dal codice di rito dagli artt. 615 al 618 c.p.c. avverso gli atti esecutivi compiuti dall'esattore, laddove si intenda contestare il diritto dell'ente impositore di procedere ad esecuzione forzata: in tali ipotesi solo la Direzione delle entrate quale soggetto comunque terzo, rispetto all'organo che ha provveduto all'accertamento dell'imposta, potra' sindacare in via amministrativa la legittimita' della intrapresa esecuzione in forza di tributo iscritto a ruolo. Cio' che si pone in dubbio e', tuttavia, la legittimita' costituzionale dell'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 in combinato disposto con gli artt. 65 del citato decreto del Presidente della Repubblica e 514 c.p.c., nella parte in cui escludono la esperibilita' dell'opposizione ex art. 615, secondo comma, c.p.c. anche nell'ipotesi in cui si assuma l'impignorabilita' dei beni staggiti per essere - come nel caso di specie - stati pignorati beni o strumenti indispensabili all'esercizio della professione o del mestiere o comunque beni ex lege assolutamente impignorabili. Sembra al remittente che lasciare tali situazioni sfornite di tutela giurisdizionale sia contrario ai principi del nostro ordinamento costituzionale, vuoi e non solo in tema di esercizio del diritto di difesa, quanto e soprattutto a principi di tutela dei diritti inviolabili dell'individuo, del diritto al lavoro oltre che di uguaglianza fra tutti i cittadini Va da se' che ove si tratti di esecuzione esattoriale per il recupero di crediti di natura non tributaria la preclusione alla esperibilita' della opposizione di che trattasi non dovrebbe aver ragion d'essere, attesa la natura civilistica del credito, indipendentemente dalle modalita' di esazione. Per quanto riguarda invece le esecuzioni esattoriali per crediti tributari il discorso appare meno agevole. Trattasi invero, quanto al problema della impignorabilita' di beni staggiti, di questione che certamente non puo' definirsi tributaria, ancorche' si innesti in seno ad una esecuzione esattoriale avviata per il recupero coatto di tributi. Va considerato, quindi, che allorche' la norma di cui all'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 stabilisce che non sono ammesse in sede di esecuzione esattoriale le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi, dimentica che alcune di tali opposizioni hanno carattere oggettivo, non intendendo infatti contestare la legittimita' dell'intera esecuzione nell'an ne' porre in dubbio l'esistenza o l'ammontare dell'obbligazione tributaria da recuperare coattivamente, bensi' limitandosi ad invocare l'esclusione di taluni beni dall'esecuzione medesima in forza di disposizioni di legge che hanno riguardo a garantire e tutelare le esigenze essenziali della vita umana. Il riferimento va chiaramente inteso alle opposizioni con cui il debitore esecutato faccia valere il divieto di pignorabilita' di alcuni beni. Giova evidenziare, infatti, che il legislatore, alla cui esclusiva discrezionalita' spetta di individuare i beni impignorabili, ha tentato, nell'elencare le cose assolutamente impignorabili ex art. 514 c.p.c. di contemperare le esigenze del debitore con quelle del creditore; in tale ottica l'art. 514 c.p.c. indica come impignorabili fra le altre, gli oggetti indispensabili al vivere quotidiano del debitore e della sua famiglia, le derrate necessarie per un mese al mantenimento del debitore ed al n. 4 "gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere del debitore". La disposizione si ispira certamente al criterio di non privare il debitore del necessario per vivere oltre che del mezzo del suo lavoro, anche se e' ovvio che la nozione di indisponibilita', alla stregua di consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, e' un concetto relativo, legato alla persona ed all'attivita' del debitore; e dunque, nonostante la formulazione della norma e la ratio legis che la giustifica, l'impignorabilita' non puo' mai essere riconosciuta se non ricorra in concreto e rigorosamente l'estremo della strumentale indispensabilita', nel senso naturale e proprio della parola, per il procacciamento dei mezzi di sussistenza, cosa che non ricorre nel caso di beni che pure correlati all'attivita' del debitore costituiscono comunque una dotazione sovrabbondante rispetto alle normali esigenze dell'esercizio dell'attivita' medesima (in tal senso fra le altre tutte conformi cfr. Cass. III sez. 22 settembre 1962, n. 2774; Cass. III sez. 11 gennaio 1967, n. 120; Cass. I sez 11 marzo 1987, n. 2523; Cass. 6 novembre 1993, n. 11002). Va aggiunto ancora che la disposizione di cui all'art. 514 c.p.c. si riferisce ad un concetto di indispensabilita' relativo perche' legato al modo concreto con cui il debitore esercita la sua attivita', se pure occorre considerare impignorabili i beni il cui impiego e' usuale nella generalita' di persone che esercitano la medesima attivita' e la cui mancanza determinerebbe la perdita di clientela e la conseguente impossibilita' di continuare l'attivita'. Peraltro l'impignorabilita' ex art. 514 c.p.c. e' dettata allo scopo di non privare il debitore di quegli oggetti indispensabili per vivere ovvero della possibilita' di vivere con il proprio lavoro, ma si pone comunque, come una norma eccezionale rispetto al principio generale ex art. 2740 c.c. e per tale ragione si e' avuta in giurisprudenza una interpretazione restrittiva. Infine va precisato che, fermo restando il criterio base sopra enunciato, il concetto di indispensabilita' va inteso anche con riguardo al progresso tecnologico. Alla luce di siffatta complessa problematica legata alla impignorabilita' dei beni appare certamente non conforme ai principi costituzionali vigenti sottrarre tale sindacato al potere giurisdizionale della A.G.O. per affidarlo in via esclusiva all'amministrazione finanziaria; piace rilevare ancora che l'art. 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 603/1973 stabilisce che possono essere pignorati anche i beni mobili indicati all'art. 514, n. 4 c.p.c., nei casi in cui gli stessi siano soggetti a privilegio previsto dall'art. 2759 c.c.: tale norma, che certamente non puo' essere letta come introducente controversia su tributo, conferma che sussiste il regime di impignorabilita' in via generale oltre che in particolare dei beni e strumenti indispensabili alla professione ed al mestiere, come delineato dal codice di rito, con il solo limite per questi ultimi del privilegio speciale relativo alle imposte sul reddito. La discriminatorieta' della disciplina invocata appare in maniera piu' chiara solo ove si consideri che precludere la possibilita' di esperire l'opposizione ex art. 615, secondo comma, c.p.c. per quanto attiene alla impignorabilita' dei beni staggiti nel corso di procedura esattoriale di fatto significa privare di tutela giurisdizionale adeguata il contribuente-debitore, diversamente da quanto accade nei confronti di un qualsiasi altro debitore esecutato, privandolo irrimediabilmente di beni che sono indispensabili per il procacciamento dei mezzi di sussistenza, senza che la natura del credito (tributario o no) per cui l'esecuzione e' iniziata o il regime di recupero coatto possano ritenersi ragioni sufficienti a giustificare tale diverso trattamento; e cio' anche in ragione del fatto che l'organo amministrativo cui andrebbe rivolto il ricorso ex art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 non solo appare inidoneo e non competente a dirimere una controversia squisitamente giuridica e giurisdizionale, ma i tempi con cui provvede - di fatto il termine di giorni 30 non appare che di rado rispettato per la lungaggine dell'iter burocratico - possono a volte sacrificare in maniera irreversibile i diritti dell'esecutato. La denunciata disciplina appare quindi in contrasto con i principi che assicurano ai cittadini i diritti inviolabili alla vita ed ad una esistenza dignitosa per se' e per la propria famiglia, ma rappresentano altresi' un ostacolo allo svolgimento della attivita' lavorativa propria del debitore nella parte in cui lo stesso possa vedersi privato degli strumenti indispensabili per svolgere detta attivita'. Peraltro, trattandosi di tributi e' precluso all'A.G.O. anche il potere di sospensione della esecuzione: cio' rende piu' evidente i profili di incostituzionalita' della invocata disciplina, anche in ragione del fatto che unico rimedio per il contribuente esecutato rimane agire in via giurisdizionale per il risarcimento del danno, solo all'esito della procedura esattoriale. La irrazionalita' e discriminatorieta' viene vieppiu' in risalto ove si consideri che la scelta dei beni mobili da pignorare viene svolta dall'ufficiale esattoriale, il quale agisce come organo della esecuzione, parificato all'ufficiale giudiziario ex art. 45 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e non gia' quale organo della amministrazione finanziaria, titolare del potere impositivo, sicche' rendere insindacabile in sede giurisdizionale la scelta operata dell'ufficiale di riscossione, essendo tale attivita' del tutto avulsa ed autonoma dalla natura tributaria del credito da recuperare coattivamente, significa rendere di fatto ed ingiustificatamente tale organo non sottoposto ad alcun controllo giurisdizionale, a differenza di quanto accade invece per l'ufficiale giudiziario, anche se le due figure sono equiparate ex lege quanto ai relativi poteri. Infine va considerato che negandosi il rimedio della opposizione per contestare la pignorabilita' dei beni staggiti nel corso di procedura esattoriale viene ad ampliarsi ingiustificatamente nei confronti di taluni creditori - Stato ed enti pubblici - la generale garanzia ex art. 2740 c.c. cosi' strutturata sul contenuto sostanziale della responsabilita' patrimoniale, su cui incide quale limite intrinseco la impignorabilita' di taluni beni, sino ad apparire tale estensione sicuramente irragionevole ed ingiustificata, non dettata da alcuna esigenza di tutela e da alcuna finalita' di assicurare il soddisfacimento della pretesa tributaria - che si ribadisce non viene affatto contestata con la opposizione di che trattasi -, ma confliggente invece con i principi costituzionali altrettanto validi e meritevoli di tutela che presiedono all'istituto della impignorabilita' dei beni. A fortiori poi sol che si consideri che la impignorabilita' dei beni puo' essere fatta valere in via esclusiva dal debitore esecutato rappresentando anzi un suo preciso onere, e preclusa essendo una sua rilevabilita' d'ufficio anche ove essa emerga in maniera palmare. Tali considerazioni inducono il giudicante a sottoporre la questione al vaglio della Corte, ritenuto che la lettura della normativa (art. 54, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 603/1973), rilevante ai fini decisori in senso letterale e tassativo, escludente la ammissibilita' e proponibilita' della opposizione ex art. 615, secondo comma, c.p.c. limitatamente alla impignorabilita' dei beni, si presti ad una valutazione di non manifesta infondatezza per contrasto con gli artt. 2, 3, primo e secondo comma, 4, 24, primo e secondo comma, 113, primo e secondo comma, della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54, comma secondo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 603/1973, nella parte in cui esclude la ammissibilita' della opposizione all'esecuzione per contestare in via generale la impignorabilita' dei beni sancita ex art. 514 c.p.c., in relazione agli artt. 2, 3, 4, 24, e 113 della Costituzione; Sospende il processo; Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda al cancelliere per le prescritte comunicazioni e notificazioni (alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento). Lecce, addi' 17 febbraio 1998 Il pretore: Invitto Pasca 98C0429