N. 23 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 aprile 1998

                                 N. 23
  Ricorso  per  questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 9 aprile 1998 (della regione Lombardia)
 Idrocarburi   -   Sistema   di   distribuzione   dei   carburanti   -
    Razionalizzazione - Attribuzione ai comuni di competenze in ordine
    all'autorizzazione   per   l'installazione   e  l'esercizio  degli
    impianti,  nonche'  in  ordine  alla  questione   contrattuale   e
    all'attivita'    programmatoria   -   Conferimento   di   potesta'
    regolamentare, relativamente ad ulteriori modalita' attuative,  al
    Ministro   dell'industria   -   Istituzione   del   Fondo  per  la
    razionalizzazione della rete di  distribuzione  dei  carburanti  -
    Disciplina  dell'orario  di servizio degli impianti - Disposizioni
    per l'impiego dei serbatoi di gas di petrolio liquefatto  (GPL)  -
    Irragionevolezza  -  Lesione  delle  competenze  e  dell'autonomia
    regionale - Incidenza sul principio  di  liberta'  dell'iniziativa
    economica  privata  e  sulla  tutela  del  diritto di proprieta' -
    Eccesso di delega, in particolare, sotto il profilo della  carenza
    di oggetto definito e di principi e criteri direttivi - Difetto di
    delegazione  da  parte  delle  Camere - Incidenza sul principio di
    buon andamento della p.a. e sul principio  di  leale  cooperazione
    tra Stato e regioni.
 (D.Lgs.  11  febbraio 1998, n. 32, artt. 1, commi 1, 2, 5, 6, 7 e 10;
    2, 3, commi 1, 2, 3, 4, 7, 8, 9 e 10; 4, 6, 7, 10, commi  1,  2  e
    3).
 (Cost., artt. 3, 5, 41, 42, 76, 77, 97, 115, 117 e 118).
(GU n.19 del 13-5-1998 )
   Ricorso   della   regione  Lombardia,  in  persona  del  presidente
 pro-tempore della Giunta  regionale,  on.  dott.  Roberto  Formigoni,
 rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto ed
 in  forza  di  deliberazione  di Giunta regionale di autorizzazione a
 stare in giudizio n. VI/35240 del 26 marzo 1998,  dai  proff.  avv.ti
 Giuseppe   Franco   Ferrari   e  Massimo  Luciani,  ed  elettivamente
 domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, Lungotevere  delle
 Navi  n.  30, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale del d.lgs. 11 febbraio
 1998, n. 32, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 5 marzo 1998,  serie
 generale  n. 53, e recante ad oggetto: "Razionalizzazione del sistema
 di distribuzione dei  carburanti,  a  norma  dell'art.  4,  comma  4,
 lettera  c),  della legge 15 marzo 1997, n. 59", nella sua interezza,
 nonche' quanto agli artt.  1, commi 1, 2, 5, 6, 7, 10; 2; 3, commi 1,
 2, 3, 4, 7, 8, 9, 10; 4; 6; 7; 10, commi 1, 2, 3.
                            Fatto e diritto
   1.  -  Con il decreto legislativo impugnato con il presente ricorso
 il Governo da', come specifica la  premessa  ai  sensi  dell'art.  14
 della  legge  n.  400  del  1988, (pretesa) attuazione alla (pretesa)
 delegazione legislativa di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59, e  in
 specie  di  cui  all'art.  4,  comma  4,  lettera  c), concernente il
 riordino della disciplina delle attivita' economiche ed  industriali,
 con  particolare  riguardo al sostegno e allo sviluppo  delle imprese
 operanti  nell'industria,  nel   commercio,   nell'artigianato,   nel
 comparto agroindustriale e nei servizi alla produzione.
   Il  decreto  impugnato,  in  realta',  costituisce esercizio di una
 "delega" davvero singolare.  Basta  infatti  un  rapidissimo  sguardo
 all'art.  4,  comma  4,  lett.  c),  della  legge n. 59 del 1997, per
 accorgersi  che  esso  non  parla   affatto,   espressamente,   della
 distribuzione  di  carburanti, ma parla del tutto genericamente della
 "rete commerciale".  E' evidente che, qui, il delegante ha a dir poco
 equivocato su quello  che  e'  (che  dovrebbe  essere)  il  contenuto
 necessario  di  una legge di delegazione ai sensi dell'art. 76 Cost.,
 laddove si prevede che la legge stessa  debba  indicare  non  gia'  -
 genericamente  -  una  materia  (o, come in questo caso, una sorta di
 "supermateria", ma  debba  puntualmente  identificare  l'oggetto  sul
 quale   il   delegato  potra'  provvedere  all'esercizio  del  potere
 legislativo. Il difetto di supporto nella legge di delegazione, e  la
 violazione  dell'art. 76 della Costituzione sono evidenti. Del resto,
 i principi ed i criteri direttivi che il delegante  indica  non  solo
 altri  se  non  quelli generalissimi che valgono per tutte le deleghe
 concesse dalla legge n. 59 del 1997, con cio' confermando  la  totale
 disattenzione per le specifiche problematiche dello specifico settore
 della distribuzione dei carburanti.
   Tutto  questo si rileva ancor piu' grave se sol si riflette su cio'
 che, nella specie, il supporto avrebbe dovuto essere  particolarmente
 robusto,  poiche'  il  legislatore "delegato" ha dettato disposizioni
 pesantemente incidenti sull'autonomia delle regioni.
   Sinora, infatti, la materia era disciplinata dalle regioni a titolo
 di delega, ai sensi dell'art. 52 del  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica n. 616 del 1977. Esse risultano ora del tutto spogliate di
 potesta' normativa, programmatoria e gestionale: la normativa statale
 non  solo  non  opera  alcun  sistematico trasferimento di funzioni a
 favore delle regioni, in violazione degli artt. 1 e 4, comma 4, della
 legge n. 59 del 1997, ma anzi detta una  disciplina  minuziosa  della
 materia,  che aggira le regioni e imputa attribuzioni direttamente in
 capo ai comuni, col solo vincolo del riscontro  della  conformita'  a
 normative  statali  o  comunali,  e  con  il modesto escamotage delle
 citate norme regionali di indirizzo.
   Si assume pertanto, in riferimento al  decreto  impugnato  nel  suo
 intero  testo,  nonche'  alle singole disposizioni appresso censurate
 nella loro distinta individualita', la  violazione  degli  artt.  76,
 sotto  il  profilo  della carenza di oggetto definito e di principi e
 criteri  direttivi,  e  77,  sotto  il  profilo  della   assenza   di
 delegazione della Camere.
   2.  - L'art. 1, comma 1, sopprime il regime di concessione previsto
 per l'installazione e l'esercizio degli impianti di distribuzione dei
 carburanti, dal decreto-legge n. 745 del 1970, convertito in legge n.
 1034 del 1970, ed istituisce in sua vece  un  regime  autorizzatorio,
 disciplinato  dal  comma  2  dello stesso articolo, La norma, come il
 testo  normativo nel suo insieme, in quanto emblematica di una scelta
 organizzativa non autorizzata da alcuna legge di delegazione,  da  un
 lato  e'  adottata  in  spregio  alla  legge  n.  59  del  1997  e in
 particolare al suo art. 4, comma 3, lett. d), che impone il  rispetto
 del principio di cooperazione tra Stato, regioni ed enti locali anche
 al  fine  di  garantire  un'adeguata  partecipazione  alle iniziative
 adottate nell'ambito dell'Unione europea;  dall'altro  lato,  proprio
 per  lo  scostamento  dalla  legge di delegazione, o piuttosto per la
 totale assenza in essa sia dell'oggetto che dei  principi  e  criteri
 direttivi,  viola  patentemente  gli  artt. 76, 97, 5, 115, 117 e 118
 Cost.
   3. - L'art. 1, comma 2,  nel  dettare  la  nuova  disciplina  della
 installazione  e  dell'esercizio  di  impianti  di  distribuzione dei
 carburanti, la incentra su di  una  autorizzazione  del  sindaco  del
 comune in cui essa viene esercitata, subordinata al mero accertamento
 di  conformita'  alla  disciplina  urbanistica,  fiscale,  sanitaria,
 ambientale, stradale, storico-artistica, oltre  che  "alle  norme  di
 indirizzo programmatico dlele regioni".
   Orbene,  anzi  tutto  le norme regionali di indirizzo programmatico
 costituiscono fattispecie del tutto nuova ed in certo  senso  esotica
 rispetto  al  sistema delle fonti costituzionalmente prefigurato: non
 si  vede  come  tale  fonte  per  cosi'  dire  atipica  possa  venire
 costruita,  anzi  inventata,  da  un decreto legislativo, oltre tutto
 privo di fondamento preciso in legge di delegazione.
   Ma, piu' in generale, non si vede perche' il ruolo regionale  debba
 essere   limitato  alla  adozione  di  siffatte  norme  di  indirizzo
 programmatico, anziche' estendersi  a  comuni  e  tradizionali  norme
 legislative,   cio'   che  sarebbe  ben  piu'  rispettoso  del  ruolo
 costituzionalmente  assegnato  alle  regioni  dal  titolo   V   della
 Costituzione.
   Il  decreto  impugnato, viceversa, aggira completamente le regioni,
 sia assegnando direttamente le funzioni autorizzative ai comuni,  sia
 assegnando  alle  regioni  un compito di indirizzo del tutto formale,
 atteso che ogni altro parametro del controllo sindacale in vista  del
 rilascio  delle  autorizzazioni  e'  preventivamente  e  puntualmente
 individuato dalla norma statale. Le  regioni,  per  conseguenza,  non
 sono  destinatarie  di  alcun  trasferimento di competenze, ma semmai
 soltanto di un  depotenziamento  della  propria  potesta'  normativa,
 ridotta  a  livello  di adozione di norme di indirizzo programmatico;
 inoltre,  esse  subiscono  evidente  pregiudizio  dalla  loro  totale
 estraneazione  dalla  disciplina  di  settore,  in  quanto  la totale
 autonomia comunale, subordinata al mero riscontro  di  conformita'  a
 dati  normativi  di  rilevanza  statale o comunale, non pare in alcun
 modo correlata alla capacita' normativa e programmatoria regionale.
   Infine, essendo comunque del tutto indeterminati il contenuto e  la
 funzione  delle  predette norme di indirizzo programmatico, anche con
 riferimento alle funzioni amministrative  conferite  ai  comuni,  che
 paiono in se' del tutto autosufficienti, risultano violati i principi
 di  determinatezza (art. 3, comma 1, lett. b), legge n. 59 del 1997),
 responsabilita' ed unicita' dell'amministrazione (art.   4, comma  3,
 lett.  e)  ed f) legge n. 59 del 1997), fissati dalla stessa legge di
 asserita delegazione, in riferimento anche all'art. 97  Cost.,  sotto
 il   profilo   della  garanzia  del  buon  andamento  della  pubblica
 amministrazione.
   Anche  sotto  questo profilo si assume pertanto la violazione degli
 artt. 76, 97, 5, 115, 117, 118 Cost.
   4. - L'art. 1, comma 5, e' parimenti illegittimo nella parte in cui
 non prevede, in combinazione con il successivo art. 3,  comma  2,  in
 capo  alla  regione  il  potere  di revoca delle autorizzazioni degli
 impianti esistenti al  momento  di  entrata  in  vigore  del  decreto
 legislativo  impugnato,  in  evidente  violazione  del  principio  di
 completezza di cui all'art. 4, comma 3, lett. b) della legge  delega,
 in  riferimento  anche  all'art.  97  Cost.,  sotto  il profilo della
 garanzia del buon andamento della pubblica amministrazione.
   Si assume dunque anche sotto questo profilo l'ulteriore  violazione
 della  legge  di delega, e dunque dell'art. 76, oltre che degli artt.
 97, 5, 115, 117 e 118 Cost.
   5. - L'art. 1, commi 6, 7 e 10, come del pari l'art. 10, commi 1, 2
 e 3, contengono disposizioni apparentemente concernenti la disciplina
 contrattuale della gestione (per affidamento,  affidamento  gratuito,
 comodato, fornitura), che pero', in realta', incidono sostanzialmente
 sulla  gestione  del  settore, aggravando la esclusione della Regione
 dal controllo di esso.
   Inoltre, i  commi  2  e  3  dell'art.  10  dettano  una  disciplina
 transitoria  in  riferimento  ai  contratti  in  corso  con efficacia
 dichiaratamente retroattiva, anche  qui  in  lesione  della  potesta'
 regionale di governo del settore.
   Tutti  e due i menzionati complessi di disposizioni, comunque, sono
 del tutto privi di qualunque  fondamento  nella  (pretesa)  legge  di
 delegazione,  tanto sotto   il profilo della carenza dell'indicazione
 dell'oggetto, quanto sotto il profilo della carenza  dell'indicazione
 dei principi legislativi.
   Anche  sotto  questo  profilo  si evidenzia la lesione degli arttt.
 76, 97, 5, 115, 117 e 118 Cost.
   6. - L'art. 2, pur intitolandosi "Competenze comunali e regionali",
 attribuisce competenze praticamente solo  ai  comuni,  ignorando  del
 tutto  le  regioni,  salvo che per includerle in eventuali accordi di
 programma, che sarebbero comunque possibili anche  in  assenza  della
 norma  in  questione. Con cio': a) si conferma lo spoglio di funzioni
 prima regionali, pur per delega, in forza del decreto del  Presidente
 della  Repubblica  n. 616/1977, in malintesa attuazione del principio
 di sussidiarieta'; b) si omette di assegnare alla regione quanto meno
 le funzioni non riservate ai comuni,  in  violazione  dell'art.    4,
 comma  3,  lett.  b),  della  legge  n. 59/1997; c) si impedisce alla
 regione l'esercizio di qualsiasi potesta' programmatoria,  competendo
 ai  comuni anche ogni manifestazione di quest'ultima; d) si determina
 una evidente incoerenza e contraddittorita'  del  dettato  normativo,
 laddove   la   disciplina   della   materia,  nonostante  il  titulum
 dell'articolo, viene interamente  affidata  ai  comuni  e  del  tutto
 sottratta  alle  regioni  (tanto  in  violazione  del principio della
 razionalita' interna della legge fissato dall'art. 3 Cost., per  come
 esattamente interpretato da codesta ecc.ma Corte costituzionale).
   Si conferma dunque, anche sotto questo profilo, la violazione degli
 artt. 3, 76, 97, 5, 115, 117 e 118 Cost.
   7.  -  L'art.  3,  ai  commi  1,  2,  3,  4, 7, 8, 9, 10, detta una
 disciplina che:
     a)  frammenta,  pur  clamorosamente  privilegiando  i  comuni, le
 competenze tra i diversi soggetti pubblici senza un apparente disegno
 sottostante, in violazione del principio di unita'  della  delega  di
 cui all'art.  4, comma 3, lett. e) della legge n. 59 del 1997;
     b)  attribuisce  direttamente  ai comuni la quasi totalita' delle
 attribuzioni di settore, salvo che per  il  monitoraggio  di  cui  al
 comma  9, in malintesa applicazione del principio di sussidiarieta' e
 in totale espropriazione delle potesta' programmatorie delle regioni,
 che  in  questa  materia  e'   essenziale   perche'   possa   tenersi
 adeguatamente   conto   degli   interessi   della   popolazione,  che
 verrrebbero  gravemente  pregiudicati  dalla  meccanica  ed  uniforme
 applicazione  delle  norme  impugnate (si pensi, in particolare, alle
 esigenze delle zone disagiate);
     c) quanto al comma 1, configura un regime di chiusura e  apertura
 di esercizi che prescinde dalla collocazione regionale degli  stessi,
 e  quindi  suscettibile  di generare modificazioni alla consistenza e
 alla distribuzione della rete distributiva di settore  delle  singole
 regioni,  senza  che queste ultime possano in alcun modo influirvi, e
 quindi  con  grave  pregiudizio  per   la   potesta'   programmatoria
 regionale;
     d)  quanto  al  comma  4,  incide  sulle  potesta' garantite alle
 regioni dall'art. 117 e dall'art. 97 del decreto del Presidente della
 Repubblica n. 616 del 1977 in materia di navigazioni e porti lacuali,
 nella misura in cui sottrae alle regioni stesse qualunque  competenza
 in materia di nuovi impianti nei porti marini e lacuali.
   Inoltre,   la   pressoche'  totale  attribuzione  ai  comuni  delle
 competenze nel settore de quo e la  conseguente  estromissione  della
 regione, oltre che per i motivi indicati sub b), e' illegittima anche
 sotto il diverso profilo della violazione della legge di delegazione,
 nella  parte  in  cui, all'art. 14, comma 1, lett. f) - espressamente
 richiamato dall'art. 4, comma 4, lett. c) -, richiede che il  settore
 sia disciplinato per mezzo di una programmazione idonea a favorire la
 mobilita'  e  l'ottimale  utilizzo  delle  strutture  impiantistiche.
 Intenti questi che vengono palesemente frustrati dalla disciplina qui
 contestata.
   Anche sotto il suddetto profilo appare evidente la violazione degli
 artt. 76, 97, 5, 115, 117 e 118 Cost.
   8.   -   L'art.   4,   significativamente    intitolato    "Decreti
 ministeriali",  fa  formalmente salva la potesta' regolamentare delle
 regioni,  ma  opera   un   sostanziale   conferimento   di   potesta'
 regolamentare  al  Ministro dell'industria, nelle forme dell'art. 17,
 comma 3, della legge n.  400 del 1988, peraltro in  violazione  dello
 stesso  art.  17,  comma  1,  lett.  b), in quanto un settore gia' di
 competenza  regionale  per  delega  per  effetto  del   decreto   del
 Presidente  della  Repubblica  n.    616  del  1977,  viene invaso da
 massiccia normativa secondaria statale.
   Inoltre, la legge di delegazione non contiene  alcuna  disposizione
 che  preveda  siffatta  attribuzione  di  potesta'  regolamentare  al
 Ministro dell'industria. Ne discende  che  l'articolo  in  questione,
 nell'attribuire  al  Ministro  il  potere regolamentare, costituisce,
 oltre che  un  evidente  eccesso  di  delega,  in  aperta  violazione
 dell'art.  76  Cost.,  una inammissibile "autoattribuzione" di potere
 regolamentare da parte dell'esecutivo.
   Anche  sotto  questo  profilo e' evidente la violazione degli artt.
 76, 97, 5, 115, 117, 118 Cost.
   9. - L'art. 6 istituisce un fondo per  la  razionalizzazione  della
 rete  di  distribuzione  dei carburanti, alimentato con un contributo
 calcolato su ogni litro di carburante per autotrazione venduto  negli
 impianti di distribuzione.
   La  gestione  di  tale fondo e la stessa determinazione dei criteri
 per  la  concessione  delle  provvidenze  ad   esso   imputabili   e'
 interamente   sottratta   all'autonomia  dlele  regioni,  con  questo
 ulteriormente pregiudicando la loro capacita'  di  programmazione  di
 governo  del  settore,  determinando anche l'inefficienza dell'azione
 amministrativa in violazione dell'art.  97 Cost.
   Clamorosa, poi, e' l'assoluta mancanza di un supporto  nella  legge
 di delega per tale determinazione normativa.
   Si lamenta pertanto la violazione degli artt. 76, 5, 97, 115, 117 e
 118 Cost.
   10.  - L'art. 7 detta una minuta disciplina dell'orario di servizio
 degli impianti di distribuzione di carburante, operando un  ulteriore
 spoglio di potesta' normativa a danno delle regioni, gia' titolari di
 essa,  sia  pure per delega, per effetto dell'art. 54, comma 1, lett.
 d) del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del  1977,  che
 attribuisce  appunto  alla  regione  la  competenza  in  ordine  alla
 deteminazione dei criteri per la fissazione degli orari di apertura e
 chiusura degli impianti di distribuzione di carburanti.
   Si lamenta quindi la ulteriore violazione degli artt. 5, 115, 117 e
 118 Cost.
   11.  -  Infine,  ferme  retando  le  cesure  sollevate  sub  5,  la
 complessiva  disciplina  dell'art.  10,  andando  ad  incidere  sulle
 attivita' di  competenza  delle  imprese  di  distribuzione,  risulta
 violativa dei principi costituzionali di ragionevolezza e di liberta'
 di iniziativa economica.
   In  particolare,  i commi 2 e 3 dello stesso articolo in questione,
 stabilendo autoritativamente il prezzo di vendita di un bene  di  uso
 privato (il serbatoio) originariamente concesso in comodato, incidono
 sulla stessa proprieta' privata, in evidente contrasto con l'art.  41
 e 42 Cost.
   Peraltro,   anche  con  riguardo  ai  profili  sopraespressi,  tale
 disciplina non attiene soltanto ai rapporti  interprivati  ma  va  ad
 incidere   ulteriormente   sulla  gestione  del  settore,  aggravando
 l'esclusione della regione.
   Risultano pertanto violati gli artt. 3, 5, 41, 42, 97, 115,  117  e
 118 Cost.
                                P.Q.M.
   Si  chiede  che l'ecc.ma Corte voglia, in accoglimento del presente
 ricorso, dichiarare l'illegittimita'  costituzionale  del  d.lgs.  11
 febbraio 1998, n. 32, "Razionalizzazione del sistema di distribuzione
 dei carburanti, a norma dell'art. 4, comma 4, lettera c), della legge
 15 marzo 1997, n. 59", nella sua interezza, nonche' quanto agli artt.
 1,  commi  1, 2, 5, 6, 7, 10; 2; 3, commi 1, 2, 3, 4, 7, 8, 9, 10; 4;
 6; 7; 10, commi 1, 2, 3.
     Milano-Roma, addi' 2 aprile 1998
    Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - avv. prof. Massimo Luciani
 98C0445