N. 147 ORDINANZA 20 - 23 aprile 1998
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Lavoro - Trattamento di fine rapporto - Presunta introduzione del principio della non cumulabilita' degli interessi legali con la rivalutazione monetaria - Perplessita' circa le premesse interpretative da parte del giudice rimettente - Difetto di rilevanza - Manifesta inammissibilita'. (Legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 22, comma 36). (Cost., artt. 3 e 36).(GU n.17 del 29-4-1998 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 14 maggio 1997 dal pretore di Rovigo sui ricorsi riuniti proposti da Pavani Iros contro la Pozzati Verniciature S.r.l. iscritta al n. 460 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 1997. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 1998 il giudice relatore Annibale Marini; Ritenuto che nel corso di un giudizio avente ad oggetto il pagamento della retribuzione e il trattamento di fine rapporto, il pretore di Rovigo, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 14 maggio 1997 ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica); che, ad avviso del giudice a quo, la norma censurata avrebbe introdotto "per gli emolumenti di natura retributiva ... spettanti ai dipendenti privati" la regola della non cumulabilita' degli interessi legali con la rivalutazione monetaria e avrebbe, pertanto, tacitamente abrogato l'art. 429, terzo comma, del codice di procedura civile; che la disposizione denunciata comporterebbe una disparita' di trattamento tra i lavoratori subordinati e gli altri lavoratori compresi nell'elenco di cui all'art. 409, nn. 2 e 3, del cod. proc. civ. ai quali si continuerebbe ad applicare, diversamente dai primi, la opposta regola della cumulabilita' di interessi legali e rivalutazione monetaria; che sarebbe altresi' violato l'art. 3 della Costituzione, anche sotto il profilo del principio di ragionevolezza, in quanto si discriminerebbero i crediti di natura retributiva, esclusi dal cumulo di interessi e rivalutazione, rispetto ai crediti di natura non retributiva quali, ad esempio, rimborsi spese, indennita', premi, per i quali il cumulo continuerebbe ad operare; che la disposizione censurata violerebbe, infine, l'art. 36 della Costituzione, in quanto il cumulo di interessi e rivalutazione risponderebbe a precise finalita' protettive del lavoratore e della sua famiglia compensando il lavoratore del danno derivante dal ritardo nel pagamento della retribuzione e dal diminuito potere di acquisto della moneta; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri chiedendo che la questione venga dichiarata manifestamente infondata; Considerato che la questione di costituzionalita' risulta sollevata muovendo dalla asserita applicabilita' della norma censurata al rapporto di lavoro privato e cioe' da una premessa interpretativa tutt'altro che pacifica in dottrina ed in giurisprudenza; che per giurisprudenza di questa Corte, in linea di principio, le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e' possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perche' e' impossibile darne interpretazioni costituzionali (sentenza n. 356 del 1996); che il giudice a quo, in assenza di un diritto c.d. vivente, avrebbe dovuto necessariamente porsi il problema della possibilita' di una lettura conforme a Costituzione alternativa a quella accolta nell'ordinanza di rimessione, e solo successivamente, nella constatata impossibilita' di pervenire a siffatta diversa lettura, avrebbe potuto sollevare la questione di costituzionalita' (sentenza n. 307 del 1996); che il giudice a quo non solo non prospetta possibili letture alternative della disposizione denunciata, ma si astiene anche dal motivare in ordine alla scelta interpretativa operata; che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal pretore di Rovigo con l'ordinanza di cui in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1998. Il Presidente: Granata Il redattore: Marini Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 23 aprile 1998. Il direttore della cancelleria: Di Paola 98C0461