N. 303 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 febbraio 1998

                                N. 303
  Ordinanza emessa  l'11  febbraio  1998  dal  pretore  di  Roma  sez.
 distaccata  di  Tivoli nel procedimento penale a carico di Ramaglioni
 Dennis ed altri
 Processo   penale   -  Giudizio  direttissimo  -  Fase  di  convalida
    dell'arresto  -  Relazione  dell'ufficiale  o   agente   di   p.g.
    procedente  e  dichiarazione  dell'arrestato  -  Assunzione con le
    forme dettate  per  la  fase  dibattimentale  ed  inserimento  dei
    rispettivi  atti con le forme sopra descritte nel fascicolo per il
    dibattimento -  Omessa  previsione  -  Lesione  del  principio  di
    parita'  di  trattamento con gli altri imputati - Compressione del
    diritto di difesa - Violazione del  principio  di  indipendenza  e
    imparzialita' del giudice.
 (C.P.P.  1988,  artt.  34,  431 e 566; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271,
    art. 138).
 (Cost., artt. 3, 24, 25 e 27).
(GU n.18 del 6-5-1998 )
                              IL PRETORE
   Nella notte tra il 9 e 10 febbraio 1998  i  carabinieri  di  Castel
 Madama  traevano  in  arresto  Ramaglioni  Dennis,  Palazzo  Mario  e
 Garofalo Michele colti nella flagranza del reato di  cui  agli  artt.
 110, 624, 625, nn. 1, 2 e 5, 81 c.p.v. c.p.
   Nel  termine  di  legge  erano  presentati  dal p.m. in tale stato,
 dinanzi a questo pretore per la convalida ed il contestuale  giudizio
 direttissimo a norma dell'art. 566 c.p.p.
   Questo   pretore   in   punto  rileva  che  sussistono  profili  di
 incostituzionalita' che di seguito saranno evidenziati,  pendente  la
 fase  della  convalida  riguardo sia all'acquisizione della relazione
 orale  da   parte   del   p.u.   procedente   nonche'   all'audizione
 dell'arrestato (art. 566, punto 3, c.p.p.) e cio' in riferimento alla
 normativa processuale da applicare.
   Per   il   vero,   la  necessita'  di  sollevare  la  questione  di
 costituzionalita' nella fase della  convalida  e  precisamente  prima
 della  relazione orale dell'ufficiale agente di p.g. che ha proceduto
 all'arresto, segue ad una inequivoca  indicazione  proveniente  dalla
 stessa   Corte   costituzionale  che,  in  analoga  fattispecie,  con
 prospettazioni di merito identiche concorrenti ad evidenziare la  non
 manifesta  infondatezza  della  questione  medesima,  la  considerava
 inammissibile per  difetto  di  rilevanza  giacche'  sollevata  nella
 successiva fase del giudizio conseguente alla convalida laddove e' in
 tale ultimo ambito che andava prospettata "essendo volta a modificare
 le  modalita' di assunzione degli atti raccolti durante la fase della
 convalida dell'arresto" e non anche, per l'appunto,  nella  fase  del
 giudizio,  atteso  che  in  quel  momento,  con riferimento agli atti
 anteriormente raccolti nella fase di convalida "il giudice.    (....)
 ha ormai esaurito la sua cognizione" (ord. n. 301/97).
   Orbene,  venendo  al  merito  della sollevata eccezione si osserva:
 com'e' noto la Corte costituzionale, dopo le ultime pronunce del 1995
 (vedi la n. 149 e la 432) ha rivisto i  limiti  dell'incompatibilita'
 prevenendo all'affermazione secondo cui anticipa il giudizio (tale da
 creare  pre-giudizio)  una  valutazione  di contenuto sulla probabile
 fondatezza dell'accusa.
   E, con  specifico  riguardo  al  giudizio  direttissimo  avanti  al
 pretore,  ha  dichiarato  la  manifesta infondatezza della questione,
 radicandola sulla circostanza che in tale eventualita'  la  convalida
 dell'arresto  implica  una  valutazione sulla riferibilita' del reato
 all'imputato condotto in giudizio, attribuita proprio alla cognizione
 del giudice competente per il merito direttamente investito,  cui  e'
 devoluta  la convalida e il contestuale giudizio al quale accede ogni
 altro  provvedimento  cautelare;  aggiungendovi  che, "il giudice del
 dibattimento, al quale  e'  presentato  l'imputato  per  il  giudizio
 direttissimo,   si  pronuncia  pregiudizialmente,  con  la  convalida
 dell'arresto, sulla esistenza dei presupposti che gli  consentono  di
 procedere  immediatamente  al  giudizio  ed e' competente ad adottare
 incidentalmente misure cautelari, attratte nella sua  competenza  per
 la cognizione del merito.
   Non    puo'    dunque    essere    configurata    una   menomazione
 dell'imparzialita' del giudice, che adotta decisioni  preordinate  al
 proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso".
   Orbene, al riguardo, ritiene il remittente che proprio in relazione
 alle  superiori  argomentazioni  adottate  dalla Corte, si imponga la
 rivalutazione di aspetti di incostituzionalita' afferenti al  momento
 di  formazione  della  prova  per  la decisione di merito ed al tema,
 dunque,  della  corretta  utilizzazione  degli  elementi   di   prova
 (rectius:  di conoscenza) acquisiti per la conseguente formazione del
 libero convincimento del giudice.
   Invero,  muovendo  dalla  indicata  premessa  che  il giudice della
 convalida e' il giudice di merito  solo  incidentalmente  chiamato  a
 verificare la sussistenza dei presupposti per la valida instaurazione
 del  relativo  processo  e  posto  che, tale fase si snoda attraverso
 l'acquisizione di elementi di valutazione influenti sulla  formazione
 del convincimento del giudice, e' indubbio che l'acquisizione di tali
 elementi dovrebbe avvenire nel rispetto delle forme e con le garanzie
 fatte  proprie  dalle regole vigenti per la  fase di giudizio in modo
 che ne resti salvaguardata la loro pacifica utilizzabilita' in  senso
 formale    e    conseguentemente    non    intaccato    il    profilo
 dell'imparzialita'  (altrimenti   riposante   solo   sulla   generica
 affermazione che comunque si e' fronte al giudice del merito) nonche'
 i connessi profili del contraddittorio e della iniziativa delle parti
 nella  acquisizione  e  formazione  della  prova. In particolare cio'
 concerne i  qualificanti  momenti  della  cosidetta  relazione  orale
 dell'ufficiale  o  agente  di  p.g.  procedente e della dichiarazione
 dell'arrestato che, a norma dell'art. 566 c.p.p.  viene "sentito"  ai
 fini della convalida.
   Poiche'  tali momenti anticipano, contenutisticamente, in tale fase
 incidentale e  antecedente  al  giudizio,  la  prova  testimoniale  e
 l'esame  dell'imputato,  a salvaguardare la loro compatibilita' con i
 parametri costituzionali rappresentati dall'art.  3  (sottospecie  di
 parita'   di  trattamento  con  gli  altri  imputati),  dall'art.  24
 (sottospecie di garanzie  difensive),  dagli  artt.  3,  24,  secondo
 comma,  25 e 27, secondo comma (sottospecie di interconnessione tra i
 richiamati profili con  quello  della  indipendenza  del  giudice  di
 merito  e,  dunque, nella prospettiva funzionale dell'esercizio della
 giurisdizione  con  riferimento  al  momento  acquisitivo   di   tali
 contenutistici  e  di  merito  dell'imputazione,  influenti come tali
 sulla  formazione   del   libero   convincimento   del   giudice)   a
 salvaguardare  come  detto,  la  loro  compatibilita'  con i suddetti
 parametri di costituzionalita' si  impone  il  rispetto  delle  forme
 previste  per  gli  atti  a  contenuto congenere nel dibattimento, in
 funzione anticipatoria (cosi' come avviene per i  casi  di  incidente
 probatorio)  cosi'  da  risultare salvaguardato anche l'aspetto della
 loro diretta utilizzabilita' ai fini di giudizio.
   In      conclusione     si     ritiene     pertanto     ravvisabile
 l'incostituzionalita' dell'art. 566  laddove  non  prescrive  che  la
 relazione   dell'ufficiale   o  agente  p.g.  procedente  nonche'  le
 dichiarazioni dell'imputato vengano assunte con  rispetto  e  con  le
 forme  dettate  nella  fase dibattimentale per la testimonianza e per
 l'esame dell'imputato con conseguente invalidita' della stessa  norma
 e  dell'art.  138,  Disp.  att. al c.p.p.   in relazione all'art. 431
 c.p.p. laddove non prescrive l'inserimento  degli  atti  suddetti  da
 acquisire  nelle  forme  come dianzi individuate nel fascicolo per il
 dibattimento.
   E' indubbia la rilevanza della prospettata questione  nel  presente
 giudizio,  che  si  trova  proprio  nella  fase  della convalida dove
 trovano diretta applicazione le norme censurate.
                                P. Q. M.
   Visti gli artt. 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1  e  23
 legge 11 marzo 1953, n. 86
   Solleva  di  ufficio  la  questione  di legittimita' costituzionale
 degli artt. 34, 431, 566 c.p.p.; 138 disp. att. c.p.p. per violazione
 degli artt. 3, primo comma; 24, secondo comma; 25, primo  comma;  27,
 secondo comma della Costituzione.
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il processo in corso.
   Ordina che a cura della  cancelleria  l'ordinanza  di  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale sia notificata al Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai presidenti delle due Camere
 del parlamento.
     Tivoli, cosi' pronunciata l'11 febbraio 1998
                        Il pretore: dott. Croce
 98C0477