N. 306 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 ottobre 1997- 15 aprile 1998
N. 306 Ordinanza emessa il 15 ottobre 1997 (pervenuta alla Corte costituzionale il 15 aprile 1998) dal tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Gentile Orazio n.q. e fallimento della Mauro Tommassini Motors s.a.s. ed altri Fallimento - Fallimento di societa' con soci a responsabilita' illimitata (nella specie: societa' in accomandita semplice) - Sentenza dichiarativa di fallimento - Effetti anche nei confronti del socio, avente responsabilita' illimitata, defunto gia' da un anno - Lesione del principio di eguaglianza. (R.D. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 147, primo comma e 11, primo comma). (Cost. art. 3).(GU n.18 del 6-5-1998 )
IL TRIBUNALE Ha deliberato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 80271 r.g.a.c.c., anno 1993, avente ad oggetto: opposizione a dichiarazione di fallimento tra avv. Orazio Gentile, nella qualita' di curatore nominato ex art. 508 c.c. per la liquidazione dell'eredita' di Mauro Tommassini, in giudizio di persona, giusta autorizzazione del pretore di Roma in data 3 novembre 1993, elettivamente domiciliato in Roma, via G. Palumbo n. 3, opponente e fallimento della Mauro Tommassini Motors di Tommassini Mauro s.a.s., in liquidazione, nonche' di Mauro Tommassini (n. 53978), in persona del curatore, dott. Gianluca Senzacqua, rappresentato e difeso dall'avv. Rosa Romano, presso il cui studio e' elettivamente domiciliato in Roma, via Salento n. 35, convenuto; nonche' Mauro Tommassini Motors di Tommassini Mauro s.a.s., in liquidazione, in persona del liquidatore, Clementina Rossana Ruscitti, convenuta contumace; Massimo Cantoni, convenuto contumace; passata in decisione all'udienza collegiale del 4 giugno 1997. 1. - Lo svolgimento del processo. 1.1. - Con atto di citazione notificato il 5 novembre 1993, l'avv. Orazio Gentile, nella qualita' di curatore, nominato dal pretore, ai sensi dell'art. 508 c.c., per la liquidazione dell'eredita' di Mauro Tommassini, ha proposto opposizione ex art. 18, legge fallimentare alla sentenza dichiarativa del fallimento della societa' Mauro Tommassini Motors di Tommassini Mauro s.a.s., in liquidazione, nonche' del socio accomandatario, illimitatamente responsabile, Mauro Tommassini, deceduto in data 5 marzo 1992, sentenza pronunciata dal tribunale di Roma in data 23 settembre 1993, su istanze di Clementina Rossana Ruscitti, nella qualita' di liquidatore della predetta societa', e di Massimo Cantoni, creditore. L'opponente ha dedotto la non assoggettabilita' del socio accomandatario a fallimento, perche' deceduto da oltre un anno, ai sensi degli artt. 10 e 11 legge fallimentare, e ha chiesto, pertanto, la revoca della dichiarazione di fallimento di Mauro Tommassini. 1.2. - Il curatore del fallimento, ritualmente costituitosi, ha resistito all'opposizione e ne ha chiesto il rigetto, sull'assunto della non applicabilita' degli artt. 10 e 11, legge fallimentare al socio cessato o defunto. Gli istanti, liquidatore della societa' e creditore, benche' regolarmente citati, non si sono costituiti. 1.3. - Prodotta documentazione e precisate le conclusioni, la causa e' passata in decisione all'udienza di discussione del 4 giugno 1997. 2. - I fatti antecedenti. 2.1. - Con scrittura privata autenticata in data 1 dicembre 1987, fu costituita da Mauro Tommassini ed Eleonora Tommassini la societa' in accomandita semplice "Mauro Tommassini Motors di Tommassini Mauro s.a.s.", avente sede in Roma, via Aurelia km. 10,950, e per oggetto: "l'attivita' di autofficina, meccanica e di riparazioni di autovetture, fuoristrada e veicoli in genere, nonche' la commercializzazione degli stessi sia per conto proprio che per conto di terzi", ed inoltre "l'attivita' di compravendita di pezzi di ricambio ed accessori per autoveicoli in genere, nonche' di lubrificanti ed autoradio e quanto altro inerente il settore". Mauro Tommassini assunse la qualita' di socio accomandatario e, con essa, l'amministrazione e la rappresentanza della societa'; Eleonora Tommassini, invece, la qualita' di socio accomandante. La societa' fu iscritta nel registro delle societa' presso la cancelleria commerciale del tribunale di Roma al n. 11799/1987. 2.2. - In data 5 marzo 1992 Mauro Tommassini mori', lasciando eredi ex lege la moglie Pasqualina Russo ed i figli Luca ed Eleonora Tommassini. Costoro accettarono l'eredita' col beneficio d'inventario, con dichiarazione ricevuta dal notaio Antonio d'Agostino di Roma in data 13 marzo 1992, rep. n. 152765, depositata presso la cancelleria della pretura di Roma, per l'iscrizione nel registro delle successioni (artt. 484 c.c. e 52 disp. att. c.c.), in data 30 marzo 1992, n. 1071/1992. 2.3. - Pasqualina Russo e Luca Tommassini, quali eredi del socio accomandatario Mauro Tommassini, ed Eleonora Tommassini, quale erede anch'ella del socio accomandatario, nonche' quale socio accomandante superstite, con atto a rogito del notaio Francesco Cerini di Roma in data 19 giugno 1992, rep. n. 40728, convennero lo scioglimento della societa' e nominarono quale liquidatore della stessa la sig.ra Clementina Rossana Ruscitti. Tale atto venne depositato per l'iscrizione nel registro delle societa' in data 1 luglio 1992. 2.4. - I predetti eredi di Mauro Tommassini rilasciarono tutti i beni ereditari a favore dei creditori, a norma dell'art. 507 c.c., con dichiarazione ricevuta dal notaio Nicola Maggiore di Roma in data 24 settembre1992, rep. n. 20510, iscritta nel registro delle successioni in data 15 ottobre 1992. I medesimi eredi, quindi, presentarono istanza al pretore, con ricorso depositato in data 3 novembre 1992, per la nomina di un curatore, ai sensi dell'art. 508 c.c. Il pretore, con decreto in data 12 novembre 1992, nomino' quale curatore l'avv. Orazio Gentile, perche' provvedesse alla liquidazione dell'eredita' di Mauro Tommassini secondo le norme degli artt. 498 e ss. c.c. Dichiarato il fallimento della societa' Mauro Tommassini Motors di Tommassini Mauro s.a.s., nonche' del socio accomandatario deceduto Mauro Tommassini, lo stesso pretore autorizzo', con decreto in data 3 novembre 1993, il nominato curatore a proporre opposizione alla dichiarazione di fallimento del de cuius. 3. - Le questioni di diritto positivo. 3.1.1. - A norma dell'art. 147, comma 1, legge fallimentare, "la sentenza che dichiara il fallimento della societa' con soci a responsabilita' illimitata produce anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili". 3.1.2. - Per consolidata giurisprudenza, ai fini della dichiarazione di fallimento della societa' con soci a responsabilita' illimitata, lo stato d'insolvenza deve essere accertato con riguardo al solo patrimonio della societa', non anche con riguardo ai patrimoni personali dei soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali (Cass. 4 giugno 1992, n. 6852, fallimento, 1992, 928; Cass. 28 maggio 1991, n. 6028, fallimento, 1991, 1146; Cass. 13 marzo 1982, n. 1632, giust. civ., 1982, I, 2374; Cass. 28 giugno 1979, n. 3614, giust. civ., 1979, I, 1841; Cass. 23 maggio 1979, n. 2983, fallimento, 1980, 253; Cass. 7 giugno 1974, n. 1695, dir. fall., 1975, II, 288; Cass. 5 febbraio 1971, n. 276, dir. fall., 1971, II, 661; Cass. 30 aprile 1969, n. 1412; Cass. 26 aprile 1969, n. 1359, dir. fall., 1969, II, 874; Cass. 14 giugno 1967, n. 1338, dir. fall., 1967, II, 865; trib. Roma 8 febbraio 1997, Tuttolana di Roazzi Alessandrina e C. s.n.c., Roazzi Alessandrina e Carletti Guido c. Fall. Tuttolana di Roazzi Alessandrina e C. s.n.c., Roazzi Alessandrina e Carletti Guido; trib. Roma, 22 gennaio 1996, Menenti Fashion di Menenti Adriano e C. s.a.s. c. fall. Menenti Fashion di Menenti Adriano e C. s.a.s.; trib. Torino 13 ottobre 1992, fallimento, 1993, 326; trib. Trieste 22 giugno 1992, fallimento, 1992, 1190; trib. Roma, 28 febbraio 1962, dir. fall., 1962, II, 260; app. Roma, 19 dicembre 1956, Dir. fall., 1957, II, 128). La societa' di persone, avente per oggetto un'attivita' commerciale (artt. 2308 e 2323 c.c.), che non sia in grado, con il suo patrimonio, di soddisfare regolarmente i suoi creditori, deve, dunque, essere, senz'altro, dichiarata fallita, a norma dell'art. 5, legge fallimentare. 3.1.3. - Il fallimento dei soci illimitatamente responsabili di societa' di persone e' conseguenza che scaturisce automaticamente dalla dichiarazione di fallimento della societa', prescindendo del tutto da qualsiasi accertamento nei riguardi dei singoli soci dei presupposti previsti dagli artt. 1 e 5, legge fallimentare (Cass. 28 maggio 1991, n. 6028, fallimento, 1991, 1146; Cass. 5 marzo 1987, n. 2311, fallimento, 1987, 572; Cass. 6 novembre 1985, fallimento, 1986, 497; Cass. 12 aprile 1984, n. 2359, fallimento, 1984, 1025; Cass. 28 giugno 1979, n. 3614; Cass. 23 maggio 1979, n. 2283, fallimento, 1980, 253; Cass. 15 novembre 1976, n. 4216; Cass. 7 agosto 1972, n. 2639, dir. fall., 1973, II, 386; Cass. 5 febbraio 1971, dir. fall., 1971, II, 661; Cass. 14 giugno 1967, n. 1338, dir. fall., 1967, II, 865; Cass. 18 marzo 1966, n. 764, dir. fall., 1966, II, 560; Cass. 27 gennaio 1962, n. 165, dir. fall., 1962, II, 92; trib. Roma, 8 febbraio 1997, cit.; trib. Roma, 22 gennaio 1996, cit.; trib. Torino 27 maggio 1992, fallimento, 1992, 1081; trib. Biella, 19 aprile 1983, dir. fall., 1984, II, 221; app. Firenze, 1 ottobre 1981, dir. fall., 1982, II, 428; app. Napoli, 30 giugno 1965, dir. fall., 1966, II, 96; app. Torino, 11 giugno 1965, dir. fall., 1965, II, 454). Cio' che rileva, ai fini della dichiarazione di fallimento dei soci, ex art. 147, legge fallimentare, e' soltanto la responsabilita' illimitata per le obbligazioni sociali, che trovi il suo titolo nel rapporto di societa', quindi nella qualita' di socio. 3.1.4. - Il fallimento dei soci illimitatamente responsabili di societa' di persone non deriva, dunque, dall'essere essi imprenditori (o co-imprenditori) commerciali: la qualifica di imprenditore commerciale (ove ne ricorrano i presupposti) spetta soltanto alla societa', giacche' e' questa che "agisce" ("sotto una ragione sociale": artt. 2292, comma 1, e 2314, comma 1, c.c.), deve essere "iscritta nel registro delle imprese" (artt. 2296, 2297, 2315, 2317 c.c.), "acquista diritti e assume obbligazioni" (art. 2266 c.c., richiamato dall'art. 2293 c.c.), puo' essere titolare di diritti reali, anche immobiliari (arg. ex art. 2659, comma 1, n. 1, c.c.), ed e' "sul patrimonio sociale" che "i creditori della societa' possono far valere i loro diritti" (art. 2267, comma 1, c.c., richiamato dall'art. 2293 c.c.), salva la responsabilita' personale, illimitata e solidale, di tutti o di alcuni soci. D'altro canto, ove si ammettesse - come sostiene parte della dottrina - che anche (o soltanto) i soci illimitatamente responsabili rivestono la qualita' di imprenditori commerciali, per il solo fatto di essere soci di una societa' di persone esercente un'attivita' commerciale, se ne dovrebbe inferire che essi sono assoggettabili a fallimento, non solo quando la societa' versa in stato di insolvenza, ma anche quando ciascuno si trova, per suo conto, in stato di insolvenza, indipendentemente dalla dichiarazione di fallimento della societa'; ma a simile conclusione (inevitabile, se fosse vera la premessa) nessuno e' mai giunto, essendo, invece, pacifico che il socio puo' si' fallire, indipendentemente dal fallimento della societa' (com'e' previsto dall'art. 2288, comma 1, c.c.), ma soltanto quando sussistano riguardo a lui solo i presupposti del fallimento, ossia quando egli sia imprenditore commerciale, in quanto esercente, per suo conto, un'impresa individuale, e si trovi in stato d'insolvenza, ovvero quando sia socio illimitatamente responsabile di altra societa', dichiarata fallita. 3.1.5. - La ratio del fallimento del socio illimitatamente responsabile di societa' di persone deve, allora, rinvenirsi nella opportunita', discrezionalmente valutata dal legislatore, di far valere la responsabilita' illimitata e solidale del socio per le obbligazioni sociali, e, quindi, di realizzare la garanzia, costituita dal patrimonio personale del socio, con lo strumento, ritenuto piu' idoneo, del fallimento e nell'ambito di un'unica procedura fallimentare, a tutela sia dei creditori sociali sia dei creditori particolari del socio. 3.2.1. - Per consolidata giurisprudenza, e' assoggettabile a fallimento, ai sensi dell'art. 147, coniata 1, legge fallimentare, anche il socio receduto, ancorche' sia decorso un anno dal recesso, non trovando applicazione riguardo a lui l'art. 10, legge fallimentare; unico limite e' che l'insolvenza della societa' riguardi anche obbligazioni contratte dalla medesima societa' in epoca anteriore al recesso (Cass. 6 luglio 1993, n. 7385, fallimento, 1993, 1241; Cass. 17 ottobre 1986, n. 6087, fallimento, 1987, 572; Cass. 21 novembre 1983, n. 6934, fallimento, 1984, 1140; Cass. 29 novembre 1978, n. 5642, dir. fall., 1979, II, 65; Cass. 4 ottobre 1978, n. 4399, dir. fall., 1979, II, 196; Cass. 30 marzo 1977, n. 1221, giust. civ., 1977, I, 905; Cass. 22 giugno 1972, n. 2069, dir. fall., 1973, II, 77; Cass. 27 gennaio 1962, n. 165, giust. civ., 1962, I, 1783; app. Bologna 20 novembre 1993, gius, 1994, 118; trib. Milano, 10 giugno 1993, foro it., 1995, I, 1679; app. Milano, 21 maggio 1985, fallimento, 1986, 55; trib. Napoli, 1 settembre 1984, dir. fall., 1985, II, 613; trib. Genova 15 ottobre 1978, giur. comm., 1980, II, 292). 3.2.2. - L'art. 10, legge fallimentare non e' stato ritenuto applicabile neanche al socio che abbia ceduto la sua quota, sicche' egli puo' essere dichiarato fallito (in conseguenza del fallimento della societa') pure decorso l'anno dalla cessione, per le obbligazioni contratte anteriormente a questa (trib. Ancona 7 ottobre 1991, dir. fall., 1992, II, 316). 3.2.3. - Quanto al socio defunto, e' opinione prevalente che non puo' trovare applicazione l'art. 11, legge fallimentare, sicche' egli e' assoggettabile a fallimento, ancorche' sia decorso un anno dalla morte (trib. Catania, 21 giugno 1990, dir. fall., 1992, II, 1162). 3.2.4. - In ogni ipotesi di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio (recesso, esclusione, morte, cessione della quota), il socio cessato (receduto, escluso, defunto, cedente) continua ad essere assoggettabile a fallimento, in conseguenza del fallimento della societa', posto che rispetto a lui continuano, nonostante lo scioglimento del rapporto, a sussistere le condizioni, richieste dall'art. 147, comma 1, legge fallimentare: a) la responsabilita' illimitata per le obbligazioni sociali (perche' il socio uscente o i suoi eredi, a norma dell'art. 2290, comma 1, c.c., "sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento"); b) il discendere tale responsabilita' dal rapporto sociale, ossia dalla qualita' di socio. Ne', a seguito della perdita della qualita' di socio, viene meno la ratio, che giustifica il fallimento dell'ex socio: finche' sussiste la responsabilita' illimitata per le obbligazioni sociali, permane l'opportunita' che la garanzia, costituita dal patrimonio personale del socio, sia realizzata secondo la disciplina del fallimento e nell'ambito di un'unica procedura fallimentare. L'art. 147, comma 1, c.c. non subordina, dunque, il fallimento del socio illimitatamente responsabile alla sussistenza dell'attuale qualita' di socio, al momento della dichiarazione di fallimento della societa'. 3.2.3. - La medesima norma non pone alcun limite temporale all'assoggettabilita' a fallimento dell'ex socio illimitatamente responsabile. Gli artt. 10 e 11, legge fallimentare, che, diversamente, stabiliscono il termine di un anno dalla cessazione dell'impresa o dalla morte per la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore cessato o defunto, non sono applicabili al socio cessato o defunto, giacche' si riferiscono espressamente al solo imprenditore individuale e, come si e' detto, deve negarsi che - nel nostro diritto - il socio illimitatamente responsabile sia, per cio' solo, imprenditore. Nemmeno puo' ipotizzarsi una applicazione analogica di dette norme, atteso che l'analogia puo' ammettersi solo nel caso di una lacuna normativa, laddove la fattispecie non sia regolata da alcuna norma, mentre nel caso dell'ex socio la norma esiste ed e', appunto, quella dell'art. 147, comma 1, legge fallimentare, la quale disciplina la fattispecie, stabilendo l'assoggettamento a fallimento dell'ex socio sine die, sempreche' vi siano obbligazioni sociali anteriori allo scioglimento del rapporto, rimaste insoddisfatte, e fino a che non sia esaurita la procedura fallimentare relativa alla societa' (Cass. 29 novembre 1978, n. 5642, cit.; Cass. 30 marzo 1977, n. 1221, cit.; app. Milano, 21 maggio 1985, cit.). 4. - La questione di costituzionalita' dell'art. 147, comma 1, legge fallimentare. 4.1. - Da quanto innanzi emerge la disparita' di trattamento fra l'imprenditore individuale cessato o defunto ed il socio illimitatamente responsabile di societa' di persone cessato (perche' e' receduto, e' stato escluso o ha ceduto la sua quota) o defunto: il primo puo' essere dichiarato fallito solo nel termine di un anno dalla cessazione dell'impresa o dalla morte; il secondo puo' essere dichiarato fallito (in conseguenza del fallimento della societa') senza limite di tempo (sempreche', pero', sussistano obbligazioni sociali, di cui debba rispondere, e finche' non sia chiusa la procedura fallimentare relativa alla societa'). 4.2. - La situazione dell'uno e quella dell'altro presentano i seguenti tratti comuni: a) l'esercizio di un'impresa commerciale o, quanto meno, la partecipazione alla costituzione di un'organizzazione avente per scopo l'esercizio di un'impresa commerciale; b) la responsabilita' illimitata per le obbligazioni conseguenti; c) la cessazione dell'esercizio o della partecipazione all'esercizio dell'impresa commerciale; d) il permanere della responsabilita' illimitata per le obbligazioni inerenti all'impresa commerciale. Per entrambi, imprenditore individuale e socio illimitatamente responsabile, la ratio, che giustifica il permanere dell'assoggettabilita' a fallimento, sta nell'opportunita' di utilizzare lo strumento del fallimento, pur dopo la cessazione dell'esercizio o della partecipazione all'esercizio, per la realizzazione della garanzia, costituita dal patrimonio dell'imprenditore o del socio, cessato o defunto. Per entrambi, tuttavia, pare ugualmente opportuno che l'assoggettabilita' a fallimento sia limitata nel tempo. In dottrina, infatti, si e' osservato che la finalita' degli artt. 10 e 11, legge fallimentare e' quella di evitare che la soggezione al fallimento si protragga indefinitamente nel tempo, una volta che sia venuta meno la condizione personale fonte di obbligazioni, per il cui mancato soddisfacimento puo' essere dichiarato il fallimento; e che la stessa esigenza si pone anche per il socio illimitatamente responsabile. 4.3. - Le due situazioni a confronto presentano, invece, i seguenti elementi di differenziazione: a) l'essere l'impresa esercitata in forma individuale, e, quindi, in modo solitario, nell'un caso, e in forma collettiva, ossia con l'altrui concorso, nell'altro caso; b) il non avere il socio la qualita' formale di imprenditore commerciale; c) il permanere dell'impresa, dopo lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio, a fronte del venir meno dell'impresa, dopo la cessazione dell'esercizio da parte dell'imprenditore individuale o la morte di questo. Tali elementi, tuttavia, non sembrano determinanti ai fini del trattamento da farsi all'uno e all'altro soggetto, in quanto non toccano l'opportunita' o meno che l'assoggettabilita' a fallimento abbia un termine. In particolare, poi, va rilevato che, anche nel caso di imprenditore individuale, puo' aversi continuazione dell'impresa dopo il ritiro dal commercio o la morte dell'imprenditore, come quando la cessazione dell'esercizio consegua alla cessione dell'azienda a un terzo, che prosegua la gestione (con conseguente assunzione di' responsabilita' illimitata per i debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, purche' risultanti dai libri contabili obbligatori, ex art. 2560, comma 2, c.c.), ovvero quando l'erede subentri nell'esercizio dell'impresa (arg. ex artt. 320, comma 5, 371, comma 1, n. 3, e comma 2, 425 c.c.): simili evenienze sono del tutto irrilevanti ai fini dell'applicazione degli artt. 10 e 11, legge fallimentare, perche' sopravviva o meno l'impresa al ritiro dal commercio o alla morte dell'imprenditore, da tali eventi comincia, comunque, a decorrere il termine annuale, entro il quale soltanto puo' essere dichiarato il fallimento. 4.4. - Sorge, dunque, il dubbio se sia giustificabile, secondo il criterio della ragionevolezza, la disparita' di trattamento, innanzi evidenziata, o se non violi il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione la norma che impone la dichiarazione di fallimento del socio cessato o defunto senza alcun limite di tempo, a differenza di quanto prevedono gli artt. 10 e 11, legge fallimentare per l'imprenditore individuale cessato o defunto. 4.5. - Alla stregua delle considerazioni svolte, reputa il collegio che, per quanto attiene alla controversia in esame, non e' manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3, comma 1, Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 147, comma 1, legge fallimentare, in relazione all'art. 11, comma 1, legge fallimentare, nella parte in cui prevede che la sentenza che dichiara il fallimento della societa' con soci a responsabilita' illimitata produce il fallimento anche del socio (illimitatamente responsabile) defunto, pur dopo che sia decorso un anno dalla morte. Il dies a quo va individuato nella data del decesso, e non in quella dell'iscrizione dell'evento nel registro delle imprese, atteso che, secondo la giurisprudenza, la morte del socio e' opponibile ai terzi indipendentente dalla conoscenza o dalla conoscibilita' del fatto, per cui in nessun caso gli eredi rispondono delle obbligazioni sociali successive allo scioglimento del rapporto sociale (Cass. 16 giugno 1978, n. 2987, giur. comm., 1978, Il, 631). 4.6. - La questione di costituzionalita' e' rilevante, ai fini della decisione della causa de qua, atteso che il socio accomandatario Mauro Tommassini e' stato dichiarato fallito, ai sensi dell'art. 147, comma 1, legge fallimentare, quando era gia' trascorso un anno dalla data della sua morte, sicche' dall'applicabilita' o meno della norma, nella sua attuale formulazione, puo' derivare il rigetto ovvero l'accoglimento dell'opposizione ex art. 18 legge fallimentare. 4.7. - La questione va sollevata d'ufficio e rimessa al giudice delle leggi. Va, quindi, disposta l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospeso il giudizio in corso. Vanno, altresi', date le ulteriori disposizioni previste dall'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost., 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva d'ufficio, in quanto rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3, comma 1, Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 147, comma 1, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, in relazione all'art. 11, comma 1, stesso r.d., nella parte in cui prevede che la sentenza che dichiara il fallimento della societa' con soci a responsabilita' illimitata produce il fallimento anche del socio (illimitatamente responsabile) defunto, pur dopo che sia decorso un anno dalla morte; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonche' al presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Roma, addi' 15 ottobre 1997 Il presidente: Grimaldi Il giudice relatore-estensore: Norelli 98C0480