N. 323 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 ottobre 1997
N. 323 Ordinanza emessa il 22 e 29 ottobre 1997 dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Berti Gianmarco Maria contro il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica ed altra Istruzione pubblica - Istruzione universitaria - Attribuzione al Ministro della pubblica istruzione del potere di definizione, su conforme parere del C.U.N., dei criteri generali per la regolamentazione dell'accesso ai corsi universitari compresi quelli a "numero chiuso" - Violazione del principio della riserva di legge relativa in materia di accesso all'istruzione universitaria nonche' del principio del libero accesso alle scuole. (Legge 19 novembre 1990, n. 341, art. 9, comma 4, modificato dalla legge 15 maggio 1997, n. 127, art. 17, comma 116). (Cost. artt. 33 e 34).(GU n.19 del 13-5-1998 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 12238/1997 proposto da Gianmarco Maria, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vito Bellini e Maria Luisa Bellini ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi in Roma, via Orazio n. 3; contro il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica e l'Universita' degli studi di Roma "La Sapienza", rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, ex lege dom.ti in Roma, via dei Portoghesi n. 12; per l'annullamento, previa sospensione dei provvedimenti non conosciuti, ivi compreso e per quanto possa occorrere il regolamento didattico di Ateneo, di limitazione dell'accesso alla facolta' di medicina e chirurgia e per l'effetto del provvedimento, pure non conosciuto, di negatoria di ammissione del ricorrente al primo anno del corso di laurea in medicina e chirurgia, per l'anno accademico 1997/1998, nonche' di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale ivi compreso il decreto rettorale 2 agosto 1997 e il d.m. 25 luglio 1996 per quanto di ragione. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Visti gli atti tutti della causa; Nominato relatore, per la Camera di consiglio del 22 ottobre 1997 il consigliere Bruno Mollica; Uditi, altresi', i difensori delle parti come da verbale d'udienza; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto; Fatto e diritto 1. - Con il ricorso all'esame della sezione il ricorrente investe i provvedimenti specificati in epigrafe nella parte in cui determinano la preclusione dell'accesso al corso universitario cui il medesimo aspira ad essere iscritto per l'anno accademico 1997-98, e ne chiede, in via incidentale, la sospensione: e su tale richiesta cautelare la sezione e' chiamata a decidere. L'agire dell'amministrazione - in particolare il d.m. 21 luglio 1997, n. 245 ("Regolamento recante norme in materia di accessi alla istruzione universitaria e di connesse attivita' di orientamento") - trova supporto normativo nell'art. 9, comma 4, legge 19 novembre 1990, n. 341 come modificato dall'art. 17, comma 116, legge 15 maggio 1997 n. 127, che ha attribuito ad un atto emanato dal Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica il potere di determinare la limitazione degli accessi di cui trattasi. Ed invero, l'art. 9 cit., a seguito della detta modifica, stabilisce che il Ministro "definisce, su conforme parere del C.U.N. i criteri generali per la regolamentazione dell'accesso alle scuole di specializzazione ed ai corsi universitari, anche a quelli per i quali l'atto emanato dal Ministro preveda una limitazione nelle iscrizioni". La sezione dubita della legittimita' costituzionale della norma; pertanto, ritiene di dover sollevare, anche d'ufficio per i profili non trattati dal ricorrente, la relativa questione di costituzionalita', per contrasto col principio della riserva di legge e, conseguentemente, con gli articoli 33 e 34 Cost. 2. - La questione appare rilevante sotto un duplice profilo. Da un lato, sembra incontrovertibile che la tutela prevalente cui mira l'azione intrapresa discende, nella specie, dalla eventuale eliminazione dalla realta' giuridica della disposizione che, conferendo il detto potere all'amministrazione, consente alla stessa di precludere o limitare l'accesso ai corsi universitari: si' che viene a configurarsi un'assoluta priorita' - anche in ragione di principi attinenti all'economia di giudizio - di trattazione della detta questione. E' infatti evidente che la caducazione delle norme che consentono al Ministro dell'universita' di porre limitazioni alle iscrizioni consentirebbe la soddisfazione piena dell'interesse dedotto in giudizio dal ricorrente, consentendo allo stesso l'iscrizione ai corsi senza sottomettersi a procedure selettive, mentre le altre censure sollevano questioni che, ove fondate, assicurerebbero un grado minore di soddisfazione all'interesse del ricorrente e si presentano subordinate all'esito eventualmente negativo dell'incidente di costituzionalita'. Dall'altro, la indicata rilevanza deve ritenersi configurabile anche nella presente fase cautelare, atteso che il dubbio di costituzionalita' in ordine alla norma precitata, che costituisce la fonte del potere nella specie esercitato dall'amministrazione, preclude al collegio una pronuncia, sia pure in sede di sommaria delibazione, sull'esistenza o meno del fumus della pretesa azionata, non potendo tale valutazione essere svincolata dalla decisione della Corte sulla portata della norma sottoposta al suo esame. 3. - La questione appare altresi' non manifestamente infondata. Ritiene la sezione che, in materia di accesso agli studi, anche universitari, sussista, in base agli artt. 33 e 34 Cost., una riserva relativa di legge, con la conseguenza che, in mancanza di norme legislative che attribuiscano all'amministrazione - nel rispetto dei caratteri costitutivi della riserva stessa - il potere di stabilire limitazioni alle iscrizioni ai corsi, devono ritenersi illegittimi i provvedimenti regolamentari o di attuazione che tali limitazioni prevedano. La configurabilita', nella materia, di una riserva relativa di legge costituisce ius receptum nella giurisprudenza del giudice amministrativo (in tal senso, t.a.r. Lazio, III sez., 3 aprile 1996 n. 763 e 14 settembre 1994 n. 1632; t.a.r. Toscana, I sez., 24 aprile 1997 n. 78; t.a.r. Veneto, I sez., 13 giugno 1992 n. 222 e, II sez., 13 giugno 1997 n. 1015; t.a.r. Liguria, II sez., 21 marzo 1995 n. 197). Ed invero, e' l'art. 33, secondo comma, della Costituzione a stabilire espressamente che "la Repubblica detta le norme generali sull'istruzione e istituisce scuole statali di ogni ordine e grado", nel quadro di quella previsione del successivo art. 34, primo comma, che sancisce che "la scuola e' aperta a tutti" (e che ha trovato attuazione, per le Universita', con la legge 11 dicembre 1969 n. 910). E laddove il legislatore ha ritenuto di introdurre limitazioni all'accesso, vi ha provveduto, di norma direttamente (basti ricordare l'art. 24, secondo comma, legge 7 febbraio 1958 n. 88 che, in ordine all'iscrizione al primo anno degli Istituti superiori di educazione fisica, prevede un numero di posti determinati da assegnare mediante concorso per esami; l'art. 3, legge 21 luglio 1961 n. 685, che limitava l'accesso dei diplomati degli Istituti tecnici a determinate facolta' per gli anni accademici dal 1961/62 al 1964/65, per un numero predeterminato di posti da assegnare mediante concorso per titoli ed esami) ovvero mediante attribuzione del relativo potere alla p.a. nell'ambito, peraltro, fissato dalla legge stessa (ci si riferisce, ad es., all'art. 38, legge 14 agosto 1982 n. 590, con cui, al fine di consentire l'avvio programmato dei corsi di laurea, si e' attribuito all'Amministrazione universitaria il potere di determinare, peraltro con espressa limitazione temporale - ai primi sei anni successivi all'attivazione di ciascun corso di laurea - il numero massimo delle iscrizioni). Orbene, la previsione costituzionale di riserva relativa di legge per una determinata materia non preclude al legislatore ordinario di demandare ad altre fonti sottoordinate la disciplina della materia stessa, consentendo anzi che il precetto espresso dalla norma primaria possa essere integrato da atti di normazione secondaria che lo rendano meglio aderente alla multiforme realta' socio-economica, ma cio' e' possibile solo previa determinazione di una serie di precetti idonei ad indirizzare e vincolare la normazione secondaria entro confini ben delineati o, quantomeno, previa determinazione delle linee essenziali della disciplina stessa. In proposito, e' costante l'insegnamento del giudice delle leggi sulla necessita' che non "residui la possibilita' di scelte del tutto libere e percio' eventualmente arbitrarie della stessa pubblica amministrazione, ma sussistano nella previsione legislativa - considerata nella complessiva disciplina della materia - razionali ed adeguati criteri" (Corte cost. 5 febbraio 1986, n. 34 e giurisprudenza ivi richiamata: sentt. nn. 4, 30 e 122 del 1957; 70 del 1960; 48 del 1961; 72 e 129 del 1969; 144 del 1972; 257 del 1982; ordd. nn. 31 e 139 del 1985). Se cio' e' vero, la disposizione dell'art. 9, comma 4, legge n. 341 del 1990, come modificata dall'art. 17, comma 116, non sembra esente da precitati profili di incostituzionalita'. La norma, invero, conferisce al Ministro, come gia' ricordato, il potere di determinare la limitazione degli accessi all'istruzione universitaria, e cio' fa non solo senza alcuna individuazione delle linee essenziali della disciplina - pur vertendo in materia coperta da riserva relativa di legge - ma addirittura attribuendo al Ministro stesso, con l'ausilio di altro organo dell'amministrazione (C.U.N.), la stessa definizione dei "criteri generali per la regolamentazione dell'accesso .... ai corsi universitari". Sembra pertanto ipotizzabile la violazione del principio costituzionale della riserva relativa di legge; il che sembra comportare altresi' la violazione, mediante l'adozione di meccanismi di produzione giuridica non conformi al dettato costituzionale, del principio della tutela del diritto allo studio, postulato dagli artt. 33 e 34 Cost.. 4. - Per le considerazioni che precedono, va conseguentemente sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 4, cit., per contrasto col principio costituzionale della riserva relativa di legge nonche' con gli artt. 33 e 34 cost. Va disposta, pertanto, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del presente giudizio ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla legittimita' costituzionale della suindicata norma.
P. Q. M. Il tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 4, legge 29 novembre 1990, n. 341 come modificato dall'art. 17, comma 116, legge 15 maggio 1997 n. 127 in relazione al principio costituzionale della riserva relativa di legge nonche' agli artt. 33 e 34 Cost.. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio. Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, nelle Camere di Consiglio del 22 e 29 ottobre 1997, con l'intervento dei magistrati indicati in epigrafe. Il presidente est.: Cossu I giudici: Cossu - Mollica 98C0504