N. 376 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 febbraio 1998

                                N. 376
  Ordinanza  emessa  il  20  febbraio 1998 dal giudice per le indagini
 preliminari presso la pretura di Pistoia nel  procedimento  penale  a
 carico di Rafanelli Marcello ed altri
 Lavoro  -  Contravvenzioni  in  materia  di  sicurezza  ed  igiene  -
    Ammissione obbligatoria del contravventore alla definizione in via
    amministrativa (con conseguente estinzione del  reato)  -  Mancata
    previsione in caso di difetto di prescrizione da parte dell'organo
    di  vigilanza  (nella specie: l'organo di vigilanza ha ritenuto di
    non dover  impartire  alcuna  prescrizione  trattandosi  di  reato
    istantaneo  che  preclude  la  regolarizzazione)  -  Disparita' di
    trattamento tra contravventori - Contrasto con la legge delega.
 (D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, art. 21, comma 2).
 (Cost., artt. 3 e 76).
(GU n.22 del 3-6-1998 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha emesso la  seguente  ordinanza  per  questione  di  legittimita'
 costituzionale, artt. 23 e segg. legge cost. 11 marzo 1953, n. 87;
   Letti gli atti del procedimento penale sopraindicato;
   Esaminata la richiesta del p.m., pervenuta in data 20 gennaio 1998,
 di  emissione  di  decreto  penale  di  condanna  per il reato di cui
 all'art.  37 d.P.R. n. 547/55 accertatato in data  4  settembre  1997
 dagli  imputati  Rafanelli  Marcello,  Rafanelli  Renato  e Rafanelli
 Daniele in atti generalizzati;
   Rilevato che la richiesta in esame e' relativa ad  un  accertamento
 eseguto  in  data  26 agosto 1997 da personale della u.o. prevenzione
 igiene e sicurezza nei  luoghi  di  lavoro  della  U.S.L.  n.  3/zona
 Valdinievole;
   Che,  in  particolare, nel corso dell'accertamento eseguito in data
 26 agosto 1997 nei locali della ditta degli imputati  e'  emerso  che
 questi,  quali  soci  della  s.n.c.  "Scopificio Vivian" di Rafanelli
 Marcello    C.,  pur  svolgendo  la  ditta   dagli   stessi   gestita
 un'attivita'  rientrante  nel  punto n. 57 del d.m. 16 febbraio 1992,
 "non e' in possesso del relativo certificato di prevenzione incendi";
   Rilevato, ancora,  che  a  seguito  dell'accertamento  l'organo  di
 vigilanza  pur  rilevando  la  violazione  dell'art. 37 del d.P.R. n.
 547/55, non ha ritenuto di impartire prescrizioni ai sensi  dell'art.
 20  del  d.lgs.    n.  758/1994 "... in quanto trattasi di reato gia'
 consumato e non ottemperabile, pertanto il contravventore non  potra'
 pagare  in  via  amministrativa  ed  e'  stato comunque avvertito che
 potra' usufruire dell'istituto dell'oblazione" (v. CNR n. 234/1997 di
 prot. del 9 settembre 1997);
   Rilevato, pertanto, che il p.m. in assenza di prescrizioni da parte
 dell'organo di vigilanza ed in difetto di  sospensione  del  relativo
 procedimento  penale  ex  art.  23,  comma  1,  d.lgs. n. 758/1994 ha
 presentato la richiesta di emissione di decreto  penale  di  condanna
 per il reato oggetto di accertamento;
    Ritenuto,   ad  avviso  di  questo  g.i.p.,  che  tale  situazione
 processuale   prospetti   dubbi   di   legittimita'    costituzionale
 relativamente  all'art.    21,  comma  2,  d.lgs.  cit. che, infatti,
 consente all'organo di vigilanza di ammettere il    contravventore  a
 pagare  in  sede  amministrativa,  entro  il termine di 30 giorni una
 somma pari al  quarto  del  massimo  dell'ammenda  stabilita  per  la
 contravvenzione    commessa,   il   tutto   pero'   "Quando   risulta
 l'adempimento della prescrizione".
   Ritenuto, infatti, che tale disposizione normativa si  appalesi  in
 contrasto con gli artt. 3 e 76 Cost.;
                             O s s e r v a
   Il  capo II del d.lgs. n. 758/1994, in ottemperanza "parziale" alla
 delega conferita con legge 6 dicembre 1993,  n.  499,  disciplina  un
 procedimento  definito  come misto, ovvero amministrativo penale, per
 la  definizione  delle  contravvenzioni  accertate  dagli  organi  di
 vigilanza  in  materia  di prevenzione infortuni. La prassi ispettiva
 relativa alla legislazione in materia era  fondata,  antecedentemente
 all'introduzione  di  tale procedimento misto, su alcune disposizioni
 contenute fondamentalmente negli artt. 9/10 del d.P.R. 19 marzo 1955,
 n. 520, recante "Disposizioni riguardanti l'ispettorato  del  lavoro,
 sulla riorganizzazione centrale e periferica del Ministero del lavoro
 e della previdenza sociale".  In particolare l'art. 9 del d.P.R. cit.
 prevede  che, in caso di constatata inosservanza di norme di legge la
 cui applicazione e' affidata all'ispettorato del lavoro, quest'ultimo
 organo  ha  la  facolta',  ove  lo  ritenga  opportuno,  valutate  le
 circostanze  del  caso,  di  "diffidare" con apposita prescrizione il
 datore di lavoro fissando un termine per la regolarizzazione.
   Orbene,  l'interpretazione  dell'istituto  della  "diffida"  -  che
 l'art.   21 della legge n. 833/1978, istitutiva del S.S.N., ha esteso
 agli operatori di vigilanza delle U.S.L. per  la  legislazione  sulla
 sicurezza del lavoro - ha  generato un contrasto nella giurisprudenza
 della  suprema  Corte  risolto  solo  a seguito di una sentenza delle
 ss.uu.  penali.
   Un  primo  filone  giurisprudenziale,  infatti,  riteneva  che   la
 facolta' di diffida non fosse alternativa all'obbligo di denunzia del
 fatto-reato  che e' perfetto sin dal momento del primo accertamento e
 perseguibile per il principio dell'officialita'  dell'azione  penale.
 Tale  orientamento,  in particolare, riteneva che la "diffida" di per
 se' consistesse in un formale avvertimento a rimuovere le  situazioni
 pregiudizievoli  riscontrate,  senza  che  essa,  o l'ottemperanza da
 parte del datore di lavoro, potesse influire sulla  procedibilita'  o
 punibilita'  del commesso reato (v., ex multis: Cass. pen., 24 aprile
 1990, imp. Diddi; Cass. pen., 27 giugno 1986, n. 12284, imp. Ciari).
   Un  secondo  e  piu'  recente  filone  giurisprudenziale,   invece,
 d'accordo  con la dottrina piu' avvertita, ha inteso la "diffida" non
 come strumento meramente sollecitatorio ma, piuttosto, come strumento
 atto all'eliminazione di situazioni di  pericolo  nell'interesse  dei
 lavoratori, sicche' dalla prevalenza accordata a tale interesse si e'
 desunto  dal sistema il principio per il quale la diffida costituisse
 condizione per il promovimento e la prosecuzione dell'azione  penale,
 mentre la tempestiva ottemperanza alla diffida da' luogo ad una sorta
 di    absolutio    ab    osservatione    iudicii   (v.,   nel   senso
 dell'alternativita'  tra  "diffida" e azione penale, ex multis: Cass.
 pen., 9 aprile 1990 n. 7016, imp.  Fasoli; Cass. pen.,  24  settembre
 1991  n.  10498,  p.m.  in  proc. Casarini; nello stesso senso, anche
 Corte cost. 12 luglio 1967, n. 105 ed, ancora, Corte cost.  9  giugno
 1971, n. 125).
   A  seguito,  tuttavia, dell'arresto giurisprudenziale della suprema
 Corte con la sentenza n. 3171 del 27 feb-braio 1992 (imp. Bergamini),
 si rendeva necessario l'intervento chiarificatore delle ss.uu.  della
 suprema  Corte  che,  infatti,  oltre  a  ribadire  le argomentazioni
 proprie del primo filone giurisprudenziale, hanno assegnato carattere
 decisivo alla constatazione per cui nell'art. 9 del d.P.R. n.  520/55
 manca una espressa previsione della sospensione dell'azione penale in
 caso   di   diffida   e   dell'estinzione   del   reato  per  effetto
 dell'ottemperanza alla  diffida stessa. La  conclusione,  quindi,  e'
 stata quella di ritenere che la "diffida" consiste in un mero formale
 avvertimento  a rimuovere le situazioni pregiudizievoli riscontrate e
 che esaurisce i suoi effetti sul piano amministrativo.
   Con  l'entrata  in  vigore  del  d.lgs.  n.  758/1994,  pero',   il
 legislatore ha tentato di colmare il vuoto interpretativo creto dalle
 ss.uu.      del   1993,   disponendo   espressamente  per  il  futuro
 l'inapplicabilita'  delle  norme  in  materia  di     diffida  e   di
 disposizione  per  le  contravvenzioni in materia di lavoro (art. 25,
 comma 1, d.lgs. cit.).
   Il seguito del  testo  dell'ordinanza  e'  perfettamente  uguale  a
 quello   dell'ordinanza   pubblicata  in  precedenza  (Reg.  ord.  n.
 375/1998).
 98C0588