N. 187 ORDINANZA 20 - 26 maggio 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Edilizia   -   Abusivismo   -   Trattamento  sanzionatorio  penale  -
 Provvedimenti del sindaco adottati in via amministrativa  -  Sentenza
 definitiva  del giudice penale - Caratteristiche - Mancata previsione
 di adeguata precisazione - Difetto di motivazione in ordine alla  non
 manifesta infondatezza delle questioni peraltro gia' dichiarate dalla
 Corte  manifestamente  inammissibili  (vedi  ordinanze  nn. 39/1998 e
 101/1996) - Manifesta inammissibilita'.
 
 (Legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt.  18,  settimo,  ottavo  e  nono
 comma, e 109; c.p.p., art. 445).
 
 (Cost., artt. 3, 9, 24, 101, secondo comma, e 102).
 
(GU n.22 del 3-6-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 18, commi
 settimo, ottavo e nono, e 19 della legge  28  febbraio  1985,  n.  47
 (Norme  in  materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia,
 sanzioni, recupero e sanatoria delle  opere  edilizie)  e  successive
 modificazioni  e  dell'art.  445  del  codice  di  procedura  penale,
 promossi con n. 2 ordinanze emesse il 30 ottobre  ed  il  7  novembre
 1995  dal  pretore  di  Lecce,  sez.  distaccata  di  Gallipoli,  nei
 procedi-menti penali a carico di Sagliocca Giovanna ed altri e Sances
 Giovanni ed altri, iscritte ai nn. 336 e 340 del  registro  ordinanze
 1997  e  pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25,
 prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito    nella  camera  di  consiglio del 25 marzo 1998, il giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
   Ritenuto che, con due ordinanze di contenuto identico,  emesse  nel
 corso  di  altrettanti  procedimenti penali per lottizzazione abusiva
 (ordinanza r.o. n. 336 del 1997, del 30 ottobre 1995, pervenuta  alla
 Corte  costituzionale  il 16 maggio 1997, e ordinanza r.o. n. 340 del
 1997, del 7 novembre 1995, pervenuta alla Corte il 19  maggio  1997),
 il  pretore  di  Lecce  - sez. distaccata di Gallipoli - ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale  degli  artt.  18,  settimo,
 ottavo  e nono comma, e 19 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme
 in  materia   di   controllo   dell'attivita'   urbanistico-edilizia,
 sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle  opere edilizie), e 445 cod.
 proc. pen., nella parte in cui dette norme non prevedono con adeguata
 precisione - trattandosi di norme  con  piena  incidenza  penalistica
 diretta  e  indiretta  -  ne'  le  caratteristiche dei provvedimenti,
 adottati in  via  amministrativa  dal  sindaco,  di  acquisizione  al
 patrimonio  del  comune  delle aree lottizzate e di demolizione delle
 opere, ne' quelle della confisca da disporsi dal giudice  penale,  in
 relazione  anche  all'art.  240, secondo comma, n. 2, cod. pen., ne',
 infine, quelle della  sentenza  definitiva  del  giudice  penale  che
 accerta  che  vi  e'  stata  lottizzazione,  specie  nell'ipotesi  di
 eventuale applicazione della pena su richiesta delle  parti  ex  art.
 445 cod. proc. pen.;
     che  il  giudice  a  quo  ha  osservato  che  da  tale incertezza
 interpretativa   potrebbero   conseguire   dubbi   di    legittimita'
 costituzionale  delle  norme in esame in riferimento agli artt. 3, 9,
 24, 101, secondo comma, e 102 della Costituzione, per la possibilita'
 di  sovrapposizioni  e  interferenze  tra  autorita'  amministrativa,
 organo   giurisdizionale   amministrativo  e  giudice  penale,  e  di
 contrasto  tra  giudicati,  che  potrebbero  riflettersi  sia   sulla
 finalita'   delle   norme,   di  piu'  efficace  tutela  dell'assetto
 urbanistico  ed  ambientale,  sia   sull'attivita'   difensiva,   per
 l'incertezza  in  cui  potrebbe trovarsi l'imputato, sia sulla intera
 funzionalita' del procedimento penale;
     che, con riferimento ai medesimi parametri costituzionali, l'art.
 19 della legge n. 47 del 1985 e' impugnato nella  parte  in  cui  non
 contiene  alcun  riferimento specifico alla norma generale in tema di
 confisca di cui all'art. 240 cod. pen., per la  possibilita'  che  le
 conseguenti   incertezze   interpretative   ed  applicative  incidano
 negativamente sui diritti costituzionalmente protetti di  cui  si  e'
 detto;  e,  per  le  stesse  ragioni, viene censurato l'art. 445 cod.
 proc. pen., perche', nel disporre che la sentenza prevista  dall'art.
 444  cod.  proc.  pen.,  comma 2, non comporta l'applicazione di pene
 accessorie e di misure di sicurezza, fatta eccezione  della  confisca
 nei  casi  previsti  dall'art.  240, secondo comma, cod. pen., omette
 l'esplicito richiamo all'ipotesi di confisca obbligatoria di cui allo
 stesso art. 19;
     che in entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri,  con il patrocinio dell'Avvocatura generale
 dello  Stato,  che  ha  concluso  per  la   inammissibilita'   o   la
 infondatezza  delle  questioni,  rilevando  che il giudice rimettente
 prospetta diverse ottiche ermeneutiche, e richiede l'intervento della
 Corte costituzionale senza evidenziare la  contrarieta'  delle  norme
 impugnate ai principi costituzionali invocati.
   Considerato  che,  per  la  identita'  delle questioni sollevate, i
 relativi  giudizi  vanno  riuniti  per  essere  decisi  con  un'unica
 pronuncia;
     che,  secondo costante giurisprudenza di questa Corte, il giudice
 rimettente deve delibare la rilevanza e la non manifesta infondatezza
 della questione di costituzionalita' delle  norme  sulla  base  della
 interpretazione  che  egli  e'  tenuto a dare delle stesse, specie in
 assenza di un diritto vivente, in modo da verificare se le  eventuali
 lacune dell'ordinamento possano essere colmate secondo i vari criteri
 ermeneutici   previsti   dalle   norme   vigenti,   e   privilegiando
 l'interpretazione conforme a Costituzione (v., ex plurimis  ordinanza
 n. 39 del 1998, sentenza n. 350 del 1997);
     che,  nella  specie,  il  giudice a quo si e', invece, limitato a
 ricostruire  le  diverse  posizioni  della  giurisprudenza  e   della
 dottrina  in  ordine  alle  problematiche  sollevate, prospettando la
 semplice eventualita' che dalle incertezze interpretative cui darebbe
 luogo  la  formulazione  delle  norme  impugnate  possa  derivare  la
 illegittimita' costituzionale delle stesse;
     che   questa  Corte  ha  ripetutamente  dichiarato  la  manifesta
 inammissibilita'  di   questioni   di   legittimita'   costituzionale
 sollevate  in  maniera  perplessa  o ancipite (v. ordinanze n. 39 del
 1998, n. 101 del 1996), tali dovendosi ritenere  quelle  nelle  quali
 sono  configurate  due  possibili  interpretazioni, con diversi esiti
 correttivi;
     che, comunque, per  quanto  riguarda  in  particolare  il  dubbio
 interpretativo   che   si   pone   il   giudice   a   quo  in  ordine
 all'applicabilita' del provvedimento di confisca  previsto  dall'art.
 19 della legge n. 47 del 1985 in caso di c.d. patteggiamento, esso e'
 gia'  stato  risolto,  nel  lasso  di  tempo - tutt'altro che breve -
 intercorso tra la pronuncia dell'ordinanza di rimessione  ed  il  suo
 invio  a  questa  Corte, in senso affermativo dalla giurisprudenza di
 legittimita', alla stregua del rilievo che, in tema di  lottizzazione
 abusiva,   la  confisca  dei  terreni,  che  ha  natura  di  sanzione
 amministrativa, e  non  di  misura  di  sicurezza,  consegue  ad  una
 sentenza   che   accerta  che  vi  e'  stata  lottizzazione  abusiva,
 prescindendo, pertanto, da una condanna al riguardo;
     che,   sotto  altro  profilo,  le  ordinanze  di  rimessione  non
 contengono una adeguata motivazione  in  ordine  alla  non  manifesta
 infondatezza  delle  questioni sollevate con riferimento ai parametri
 invocati;
     che, pertanto,  le  stesse  questioni  devono  essere  dichiarate
 manifestamente inammissibili.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle
 questioni  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 18, settimo,
 ottavo e nono comma, e 19 della legge 28 febbraio 1985, n. 47  (Norme
 in   materia   di   controllo   dell'attivita'  urbanistico-edilizia,
 sanzioni, recupero e sanatoria  delle  opere  edilizie),  e  445  del
 codice  di  procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3,
 9, 24, 101, secondo comma, e 102 della Costituzione, dal  pretore  di
 Lecce  -  sez.  distaccata di Gallipoli, con le ordinanze indicate in
 epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1998.
                         Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Chieppa
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 26 maggio 1998.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
 98C0593