N. 13 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 23 maggio 1998
N. 13 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 23 maggio 1998 (della regione Sicilia) Finanza regionale - Regione Siciliana - Somme riscosse dall'Ufficio provinciale della Cassa regionale siciliana, per operazioni eseguite nel proprio territorio, a titolo di determinati tributi, tra i quali I.R.PE.F., I.R.PE.G., I.V.A., imposte di registro e sulle successioni e donazioni - Determinazione delle singole percentuali il cui importo deve essere versato all'Erario - Disposizioni agli incaricati della riscossione - Lesione dell'autonomia finanziaria regionale e del principio statutario che prevede la eventuale riserva allo Stato solo di nuove entrate tributarie e per determinate finalita' - Richiesta alla Corte di sospendere il decreto impugnato. (Decreto del Ministero delle finanze di concerto con il Ministero del tesoro del 23 dicembre 1997). (Statuto regione Sicilia, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2).(GU n.23 del 10-6-1998 )
Ricorso della regione Siciliana, in persona del presidente pro-tempore on. dott. Giuseppe Drago, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dall'avv. Giovanni Carapezza Figlia e dall'avv. Laura Aurelia Ingargiola, ed elettivamente domiciliato presso la sede dell'ufficio della regione Siciliana in Roma, via Marghera n. 36, autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della giunta regionale n. 147 del 5 mggio 1998; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e difeso per legge dall'avvocatura dello Stato per la risoluzione del conflitto di attribuzione insorto tra la regione Siciliana e lo Stato per effetto del decreto emanato dal Ministro delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro, il 23 dicembre 1997, recante "Modalita' di attuazione delle riserve all'erario dal 1 gennaio 1997 del gettito derivante dagli interventi in materia di entrate finanziarie della Regione Sicilia, emanati dal 1992", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubbhca italiana, n. 65 serie generale del 19 marzo 1998 F a t t o L'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, recante "Norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia finanziaria", statuisce che "Ai sensi del primo comma dell'articolo 36 dello statuto della regione siciliana, spettano alla regione siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime." Fondandosi sul disposto del riportato articolo 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, ed attualizzando la previsione dal medesimo recata, svariati provvedimenti legislativi statali hanno disposto la riserva all'erario delle maggiori entrate previste dai provvedimenti medesimi, demandando ad un apposito decreto interministeriale la definizione delle relative modalita attuative. Il predetto decreto interministeriale - emanato, come soprariportato, il 23 dicembre 1997, e pubblicato il 19 marzo 1998, - dopo aver determinato le incidenze percentuali degli incrementi di imposta derivanti dai seguenti provvedimenti legislativi: "a) decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 1992, n. 438; b) decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 243; c) legge 24 dicembre 1993, n. 537; d) decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133; e) decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85; f) legge 28 dicembre 1995, n. 549; g) decreto-legge 30 dicembre 1995, n. 565, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662; h) decreto-legge 20 giugno 1996, n. 323, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 425; i) legge 23 dicembre 1996, n. 662; j) decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30" ponendo a raffronto le previsioni relative ai citati provvedimenti con quelle di competenza dei corrispondenti capitoli delle entrate dello Stato per gli anni 1997 e seguenti, individua le specifiche percentuali - riferite a singoli tributi, indicati anche per capitolo ed articolo di entrata - delle somme riscosse con riferimento alle operazioni eseguite nel territorio della regione siciliana, da versare all'erario statale, ed impartisce le conseguenti disposizioni agli incaricati della riscossione. ll citato decreto interministeriale si rileva lesivo delle attribuzioni della regione siciliana e della autonomia finanziaria della stessa e viene censurato per le seguenti ragioni; D i r i t t o Violazione dell'art. 36 dello statuto e del correlato art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965 n. 1074, che concorre ad integrare parametro di costituzionalita' in qualita' di norma interposta (cfr.: Corte costituzionale, sentenze nn. 260 del 1990, 242 e 775 del 1988, 217 del 1985, 97 del 1977, 111 del 1976). A prescindere da ogni valutazione circa la legittimita' delle sottostanti disposizioni normative, che concretizzano la riserva all'erario statale del gettito derivante da nuove entrate tributarie in relazione a talune delle quali norme, ed in particolare in ordine a quelle contenute nella legge 23 dicembre 1996 n. 662, recante "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica" e nel decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, recante "Disposizioni urgenti in materia tributaria finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997" convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, non puo' che rinviarsi a quanto considerato in sede di ricorsi di legittimita costituzionale a suo tempo proposti ed in atto ancora pendenti dinanzi a codesta ecc.ma Corte - l'impugnato decreto estende indebitamente le previsioni normative, nonche' interpreta le medesime in violazione delle sovraordinate norme statutarie e di attuazione. Ed invero il predetto decreto lede le competenze statutariamente garantite alla regione in materia finanziaria poiche' non si limita ad attuare quanto dai presupposti provvedimenti normativi testualmente ed esplicitamente disposto, ma, fondandosi, esclusivamente sulle risultanze delle relazioni tecniche di accompagnamento di detti provvedimenti, propone di queste ultime una automatica applicazione, senza minimamente considerare se in effetti dai provvedimenti legislativi considerati derivi un maggior gettito per le casse regionali, se esso possa configurare una nuova entrata tributaria riservabile allo Stato e se infine le norme sostanziali di riferimento siano tuttora vigenti e pertanto produttive di effetti. In mancanza di detti riscontri le prescrizioni del decreto interministeriale di che trattasi appaiono, da un lato, prive di fondamento giuridico, e dall'altro, comportano una compressione delle entrate tributarie regionali al di fuori della prevista riserva, di carattere eccezionale, contemplata dal riportato articolo 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965. Ed invero, in forza di interpretazioni arbitrarie - configuranti in realta' una violazione di legge - delle norme di cui il decreto in questione costituisce applicazione, si sottraggono indebitamente alla regione siciliana quote di risorse tributarie alla medesima spettanti ai sensi dell'art. 36 dello statuto e delle correlate norme di attuazione in materia finanziaria. In altre parole, non e' con il presente ricorso posta in discussione la possibile attribuzione allo Stato di entrate tributarie caratterizzate dal requisito indefettibile della novita' e destinate alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari e specificate finalita' e neppure specificatamente la circostanza che, nel caso in esame, la determinazione quantitativa del maggior gettito d'imposta e' calcolata proiettando su base regionale l'incremento percentuale delle entrate previsto su base nazionale - mentre, in effetti, risulterebbe necessario un processo individuativo teso ad accertare gli incrementi di gettito prodottisi a livello regionale a fronte degli interventi posti in essere dai singoli provvedimenti normativi che tenuto conto delle particolarita' reddituali isolane, le quali pongono la Regione a livelli decisamente inferiori rispetto a quelli della media nazionale, certamemente andrebbero differenziati rispetto a quelli stimati a livello nazionale - bensi' la fondatezza di taluni presupposti giuridici su cui il decreto denunciato si basa. Esso si appalesa in realta' illegittimo, e conseguentemente contestabile, in ordine, in particolare, ai numerosi punti di cui in prosiego si da' contezza. 1 - Con riferimento all'attuazione delle riserve recate dal d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438 - il cui art. 13 ha riservato all'erario statale le entrate derivanti dal Capo IV (artt. 8/14), concernente disposizioni fiscali, del medesimo decreto-legge - si osserva che, nel quantificare il maggior gettito (riservato all'erario) derivante dalle disposizioni recate, non puo' non tenersi in debito conto dell'avvenuta abrogazione dei commi 1 e 2 dell'art. 10 del provvedimento che si annota - i quali, a seguito della trasformazione in detrazioni d'imposta di taluni oneri precedentemente ammessi in deduzione, comportavano un aumento del gettito tributario operata con il comma 6 dell'art. 3 del d.-l. 31 maggio 1994, n. 330, convertito con modificazioni, dalla legge 27 luglio 1994, n. 473, che ridisciplinando organicamente la materia delle detrazioni d'imposta non ha previsto a tal proposito alcuna riserva all'erario. Pertanto, a decorrere dall'entrata in vigore del d.-l. n. 330 del 1994, cessa la riserva all'erario di questa parte della manovra finanziaria disposta dal d.-l. n. 384 del 1992, in quanto la rinnovazione della precedente disciplina non reca alcuna riaffermazione di riserva. Ed invero, considerato che la norma (art. 2 d.P.R. n. 1074) che consente la riserva all'erario ha "carattere derogatorio" (cfr.: Corte costituzionale, sentenza 2 marzo 1987, n. 61) della normale attribuzione alla Regione di tutte le entrate tributarie riscosse nell'ambito del suo territorio, e che pertanto, trattandosi in buona sostanza di norma eccezionale, non puo', per principio generale, che trovare applicazione unicamente ed esclusivamente laddove, attraverso un esplicito ed espresso richiamo, venga fatta valere, restando preclusa un'interpretazione che analogicamente ne estenda la portata ne consegue che la riserva connessa alle disposizioni abrogate non puo' avere una ultrattivita' temporale che si porrebbe peraltro in contrasto con i fondamentali precetti giuridici dettati in tema di efficacia della legge nel tempo. Pertanto, proprio poiche' non esiste alcuna esplicita conferma della riserva all'erario dell'entrata tributaria conseguente alla trasformazione in detrazioni di taluni oneri prima ammessi in deduzione, non puo' sostenersi il permanere della riserva a fronte dell'abrogazione della norma sostanziale in ordine alle cui previsioni era stata posta. Peraltro, nel rilevare che da nessun elemento contenuto nel citato d.-l. n. 330 del 1994 e' dato desumere che tale riserva sia stata disposta, o mantenuta, implicitamente, si osserva che e' in ogni caso illegittimo ipotizzare l'esistenza una riserva implicita poiche' trattandosi di norma che devia dalla ordinaria attribuzione di risorse disciplinata dalle norme di attuazione, la relativa previsione non puo' che essere testuale ed esplicita, anche al fine di consentire quel "controllo politico sull'esatto e corretto esercizio della deroga" cui ha avuto modo di riferirsi codesta ecc.ma Corte (sentenza 2 marzo 1987, n. 61). Ne consegue che non puo' procedersi ad una lettura della norma che sia lesiva di altri principi costituzionali, quali quello dell' autonomia finanziaria della Regione, conseguente alla previsione statutaria di attribuzione alla stessa del gettito dei tributi afferente il proprio territorio, teoricamente ed in astratto, tutti alla Regione spettanti, ad eccezione di quanto previsto dal secondo comma dell'art. 36 dello statuto. Pertanto, la percentuale connessa all'ipotizzata maggiore entrata derivante dal disposto dell'art. 10, primo comma, del d.-l. n. 384/1992, non puo', per gli anni d'imposta successivi alla avvenuta abrogazione dello stesso art. 10 primo comma, del d.-l. n. 384/1992, essere piu' considerata come riservata allo Stato, ed i conteggi del decreto 23 dicembre 1997 che, viceversa, la ricomprendono, andrebbero adeguatamente modificati. 2. - Sempre con riferimento alle quantificazioni operate sulla base delle disposizioni contenute nello stesso d.-l. n. 384/1992, si rileva che erroneo appare - e come tale lesivo delle spettanze economiche e delle prerogative finanziarie statutariamente attribuite alla Regione - considerare permanere di un ipotetico maggior gettito conseguente alle disposizioni in tema di disciplina dell'indeducibilita' dell'imposta locale sui redditi (Ilor) recate dal comma 3, dell'art.10. Ed invero - anche a prescindere dalla considerazione che, a partire dall'anno di imposta 1993, a seguito dell'istituzione dell'imposta comunale sugli immobili (Ici), sono stati, con il comma 4, dell'art. 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, "esclusi dall'imposta locale sui redditi i redditi dei fabbricati a qualsiasi uso destinati ivi compresi quelli strumentali od oggetto di locazione, i redditi dominicali delle aree fabbricabili e dei terreni agricoli", e pertanto le quantificazioni operate in sede di relazione tecnica allegata al medesimo d.-l. n. 384/1992, avrebbero dovute essere opportunamente corrette (mentre l'impugnato decreto sulle stesse integralmente si fonda) - si rappresenta che, essendo stata, a seguito dl'istituzione dell'imposta regionale sulle attivita' produttive (Irap), soppressa integralmente Ilor (cfr. decreto leislativo 15 dicembre 1997, n. 446 di attuazione delle deleghe previste dall'art. 3, commi da 143 a 149 e 151 della legge 23 dicembre 1996, n. 662), non puo' in alcun modo tenersi in considerazione l'indeducibilita' della medesima quanto meno a partire dal periodo d'imposta in corso al 1 gennaio 1998. 3. - Per quanto concerne poi la spettanza del maggior gettito conseguente soltanto indirettamente dalle disposizioni recate dal d.-l. 22 maggio 1993, n. 155, cosi come pure dal d.-l. 30 dicembre 1993, n. 557, dal d.-l. 23 febbraio 1995, n. 41, dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549 e dal d.-l. 30 dicembre 1995, n. 565, e specificatamente causato dall'aumento delle entrate Iva in conseguenza della modificazione delle accise su determinati prodotti, in particolare petroliferi, si osserva che non si versa in fattispecie di avvenuta riserva all'erario statale. Va infatti considerato che l'applicabilita' della riserva all'erario risulta condizionata dalla sussistenza di tutti i presupposti richiesti per poter porre l'eccezione alla spettanza alla Regione dei proventi tributari riscossi nel territorio della medesima. Come gia' rilevato, trattandosi di norma di carattere eccezionale, essa appare, ai sensi dell'art. 14 delle preleggi, di stretta interpretazione, e pertanto occorre il pedissequo rispetto delle previsioni dettate dall'art. 2 del d.P.R. n. 1074, comportanti, oltre che l'indefettibile requisito della novita' dell'entrata, l'esplicita previsione della riserva e l'inclusione di un'apposita clausola di destinazione alle particolari finalita' statali da soddisfare. Va peraltro rilevato che appare illegittimo ritenere che la riserva, in mancanza di una testuale proposizione normativa, possa estendersi in relazione alle previsioni delle relazioni tecniche di accompagnamento dei vari provvedimenti di che trattasi. Ed invero, premesso che forza di legge possono averla soltanto le disposizioni poste in essere nel rispetto, formale e sostanziale, delle procedure previste per la posizione delle norme legislative, si osserva che ai lavori preparatori, e conseguentemente agli atti propedeutici ed esplicativi, non puo' riconoscersi valore determinante nel procedimento ermeneutico; essi infatti, pur potendo offrire elementi all'interprete per ricercare la portata di singole disposizioni, non possono sovrapporsi alla volonta' obiettivata dalla legge (cfr.: Corte di Cassazione, sentenza 10 febbraio 1971, n. 339), quale risulta dal significato delle parole secondo la connessione di esse e dall'intenzione del legislatore. Si osserva ancora, peraltro in conformita' con i principi desumibili dalla sentenza 22 giugno 1971, n. 138 - con la quale codesta Corte costituzionale ha negato che il c.d. quadro di classificazione delle entrate costituisca parte integrante del bilancio di previsione - che irrilevante appare ai fini che qui interessano, e cioe' accertare l'oggetto della riserva all'erario statale, procedere ad un riscontro del contenuto delle relazioni tecniche, le quali in realta' non possono che qualificarsi altro che atti illustrativi privi di forza cogente. Infine, considerato che codesta ecc.ma Corte (sentenza 429 del 1996), affermando che la novita' dell'entrata necessaria per potersi procedere alla apposizione di una riserva al relativo gettito "puo' caratterizzare non solo le imposte di nuova istituzione, ma anche le entrate da un incremento dell'importo delle aliquote di imposta preesistenti", deve ritenersi che resterebbe escluso da ogni possibile riserva il maggior gettito conseguente all'ampliamento della base imponibile di un tributo spettante alla Regione in forza della generale disciplina della materia in quanto derivante da ipotesi affatto diversa da quelle di cui ha avuto riguardo la Corte. Conseguentemente, le somme pari al maggior gettito Iva a livello regionale derivante dall'estensione della base imponibile conseguente all'aumento delle accise sui prodotti petroliferi, non possono ritenersi rientrante tra le entrate riservate e vanno estrapolate dal conteggio recato dal decreto in relazione a cui viene sollevato conflitto. 4. - Con riferimento alla quantificazione delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni dell'art. 12 e 16-bis del d.-l. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, si osserva che le stesse concernono rispettivamente applicazione dell'Iva sulle importazioni di supporti informatici e misure antielusive. In ordine alla prima di dette disposizioni - considerato che l'Iva all'importazione (cap. 1203, art. 2) e', in atto, di integrale spettanza dello Stato - nessun aumento di gettito la medesima provoca in relazione all'Iva interna, di spettanza regionale (cap. 1203, art. 1); pertanto erroneo risulta tener conto della relativa previsione al fine di determinare l'ammontare della percentuale di incidenza della riserva all'erario statale in relazione al capitolo 1203, art.1. Per cio' che concerne poi la richiamata norma antielusiva, essa non configura ne' una imposta di nuova istituzione ne' una entrata derivante da un aumento di aliquota di un'imposta preesistente, bensi' appare posta esclusivamentc al fine di assicurare il corretto adempimento degli obblighi tributari gravanti sui contribuenti; il considerare riservato allo Stato il conseguente gettito comporterebbe un pregiudizio economico per la Regione violandone le attribuzioni in materia finanziaria in quanto configurerebbe, in buona sostanza, una sostituzione di una imposta spettante alla Regione con una nuova fattispecie assegnata viceversa allo Stato e cio' in contrasto con quanto considerato da codesta ecc.ma Corte con la sentenza 15 marzo 1972, n. 49 laddove ha affermato che lo Stato non "puo' attribuire a se stesso l'intero gettito di una entrata chiaramente sostitutiva, quando il tributo sostituito non e' di sua esclusiva spettanza". 5. - Ancora, si rileva che il decreto 23 dicembre 1997 prescrive l'effettuazione dei prelievi a fini di riserva attraverso semplici percentuali (indici di incidenza) applicate alle riscossioni, ignorando il necessario momento della preventiva liquidazione delle spettanze erariali in valori assoluti, e lasciando esclusivamente agli incaricati della riscossione il relativo compito. Ora, considerato che il predetto sistema e' destinato ad operare anche per cio' che concerne il recupero delle quote dovute dalla Regione per il 1997, si evidenzia che i soggetti in questione non possono avere singolarmente la consapevolezza del raggiunto limite globale di devoluzione, anche perche', dovendo detto limite essere ricavato - ai sensi del comma 2 dell'art. 4 del medesimo decreto - detraendo le somme gia' affluite all'erario secondo quote di spettanza, le relative determinazioni dovrebbero essere effettuate dall'amministrazione finanziaria statale. 6. - Infine si osserva che non appare posto a tutela della Regione, ed in ogni caso non sembra che possa applicarsi al fine di correggere gli eventuali errori di quantificazione delle percentuali indicate nel decreto impugnato - che con il presente ricorso si assume sussistano - il "conguaglio" previsto dal comma 3 dell'art. 4 del medesimo provvedimento. Detto comma prevede che "i versamenti effettuati con l'applicazione delle percentuali di cui all'art. 2 possono essere oggetto di conguaglio sulla base di un aggiornamento di dette percentuali, ottenuto utilizzando i dati definitivi dei singoli capitoli considerati risultanti dal rendiconto generale dello Stato per gli anni 1997 1998 e 1998 e seguenti". Il previsto conguaglio - da effettuarsi peraltro sulla base di modalita' unilateralmente stabilite dagli indicati organi statali - appare limitato all'ipotesi recata, e non sembra consentire modificazioni alle percentuali di incidenza ab origine errate, e calcolate aprioristicamente ed in taluni casi illegittimamente sulla base delle originarie previsioni di incremento di imposta derivante dai sottostanti provvedimenti legislativi. In forza delle considerazioni esposte e' innegabile il pregiudizio causato alla Regione siciliana dalle disposizioni censurate, avuto altresi' specialmente riguardo al previsto recupero delle quote che si presumono dovute dalla Regione stessa a decorrere dal 1 gennaio 1997 (art. 4, comma 1, del decreto impugnato). Con il presente ricorso si chiede inoltre, ai sensi dell'art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dell'art. 28 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la sospensione dell'impugnato atto invasivo delle attribuzioni e delle spettanze regionali in materia finanziaria ed immediatamente lesivo per le disponibilita' regionali di cassa. Le risorse finanziarie della Regione, ed ancor piu' concretamente, i mezzi di pagamento necessari per far fronte agli impegni legittimamente assunti dalla medesima, risulterebbero infatti indubitabilmente ridotti nell'ipotesi in cui i tributi riscossi nel territorio regionale vengano indebitamente decurtati di quote erroneamente ritenute riservabili all'erario statale. La penalizzazione subita, avente peraltro dirette ed immediate refluenze sulla capacita' di spesa regionale - e di non immediato conguaglio alla luce delle considerazione espresse sub 6, nell'ipotesi di giudizio di codesta ecc.ma Corte favorevole alla Regione - configura quelle "gravi ragioni" cui ha specifico riferimento il richiamato art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87 per poter procedere alla sospensione dell'esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto di attribuzione. Ne' vale a sanare l'evidenziato grave danno per l'erario regionale, e neppure ovviamente la lamentata lesione delle attribuzioni regionali, l'avvenuta emanazione del decreto interministeriale 6 maggio 1998 - il quale si limita a rinviare al 1 gennaio 1999 esclusivamente il recupero delle quote dovute per l'anno 1997, ai sensi dell'art. 4, commi 1 e 2 dell'impugnato decreto, dalla Regione - poiche' le imposte riscosse per l'anno in corso, e per i seguenti, sono invece soggette a ripartizione in forza delle percentuali fissate dall'art. 2 dello stesso decreto 23 dicembre 1997; di tutta evidenza e', quindi, il permanere dell'interesse della Regione ad ottenere la sospensiva in pendenza del giudizio di codesta ecc.ma Corte.
P. Q. M. Voglia codesta ecc. ma Corte costituzionale; Preliminarmente sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato; Accogliere, quindi, il presente ricorso, dichiarando l'illegittimita' dell'impugnato decreto interministeriale 23 dicembre 1997, in quanto lesivo delle attribuzioni regionali in materia finanziaria sancite dall'art. 36 dello statuto della Regione siciliana e dall'art. 2 delle relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074; Pronunciare in conseguenza l'annullamento dell'atto impugnato, nella parte in cui sottrae alla Regione siciliana, con effetto dal 1 gennaio 1997, quote di gettito tributario arbitrariamente inclue tra le nuove entrate riservate all'erario statale, in forza dei provvedimenti normativi di cui il decreto censurato costituisce attuazione. Si depositano con il presente atto: 1) Autorizzazione a ricorrere (deliberazione della giunta regionale n. 147 del 5 maggio 1998); 2) Copia del decreto emanato dal Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, il 23 dicembre 1997. Palermo, addi' 14 maggio 1998 avv. Giovanni Carapezza Figlia - avv. Laura Aurelia Ingargiola 98C0601