N. 413 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 1998
N. 413 Ordinanza emessa il 27 gennaio 1998 dalla corte d'appello di Trento sul reclamo proposto da S.r.l. Eurocatering contro Zanetti S.p.a. Fallimento - Provvedimento del tribunale di reiezione dell'istanza di fallimento e di contestuale, mancato accoglimento della domanda del debitore concernente il rimborso delle spese processuali e il risarcimento nei confronti del creditore - Possibilita', per il debitore, di proporre reclamo avverso quest'ultima parte della pronuncia - Mancata previsione - Ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a quanto previsto per il creditore - Lesione del principio di eguaglianza - Lesione del diritto di azione. (R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 22). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.24 del 17-6-1998 )
LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di reclamo ex art. 22 legge fallimentare proposto dalla S.r.l. Eurocatering avverso il provvedimento del tribunale di Trento 29 novembre 1997; R i l e v a t o che il reclamo e' stato presentato dalla societa' Eurocatering a r.l. nei cui confronti era stata proposta istanza di fallimento dalla S.p.a. Zanetti che vantava crediti portati da decreto ingiuntivo; che gia' in sede di esame delle questioni sollevate dalla Zanetti S.p.a. la Eurocatering, ritenendo del tutto infondata e pretestuosa la istanza di fallimento, aveva chiesto che l'istante Zanetti fosse condannata al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei danni patiti; che il Tribunale di Trento, nel rigettare l'istanza volta al fallimento della Eurocatering S.r.l., tuttavia ha respinto la domanda di risarcimento del danno e di rimborso delle spese processuali; che in sede di reclamo ex art. 22 l.f. la opposta Zanetti ha chiesto che venisse dichiarata la inammissibilita' del reclamo poiche' nel caso di specie non ricorreva alcuna ipotesi che potesse giustificare il reclamo, non essendo stata la Eurocatering S.r.l. soccombente nel giudizio svoltosi innanzi al Tribunale di Trento; O s s e r v a t o che alla luce dell'evoluzione giurisprudenziale in materia di rimborso delle spese di giudizio (e di responsabilita' aggravata), la condanna al rimborso delle spese processuali risulta possibile in ogni procedimento, abbia questo natura ordinaria, sommaria o cautelare; che in materia fallimentare questo principio e' stato recentemente affermato dalla Corte di cassazione con sentenza 20 novembre 1996 n. 10180 (in Foro it. 1997 I 1537) la quale in particolare, ha chiaramente precisato che anche nella procedura per la declaratoria di fallimento (sia innanzi al Tribunale che innanzi alla Corte d'appello), il creditore istante (sussistendone ovviamente i presupposti di legge) puo' essere condannato al pagamento delle spese sostenute dal debitore per la sua difesa (e quindi, interpretando l'orientamento stesso, eventualmente al risarcimento dei danni per responsabilita' aggravata posto che tale domanda deve essere per necessita' formulata nel medesimo giudizio); che il principio esposto nell'indicata sentenza si pone in dichiarato contrasto con quanto in precedenza sostenuto dalla stessa Corte di cassazione (segnatamente con sentenza Cass. 13 settembre 1985 n. 4685) che aveva invece espressamente escluso che nel giudizio camerale instaurato per la declaratoria di fallimento, il debitore potesse far valere la pretesa di rimborso delle spese processuali; che il piu' recente orientamento giurisprudenziale (da intendersi come "diritto vivente") appare pienamente condivisibile essendo perfettamente in linea con l'evoluzione legislativa (ed anche giurisprudenziale), soprattutto in materia di provvedimenti cautelari; che l'affermazione del principio secondo cui il creditore istante puo' essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dal debitore per la sua (vittoriosa) difesa in sede di istanza per la declaratoria di fallimento, apre per necessita' la strada alla possbilita' che il medesimo debitore impugni (come nella specie) la pronuncia resa dal tribunale solo in ordine alla questione delle spese; che conseguentemente se il sistema delineato dall'art. 22, secondo comma, legge fallimentare che attribuisce al solo creditore istante la possibilita' di reclamare il provvedimento negativo poteva apparire congruente (e costituzionalmente corretto) nell'ipotesi in cui a favore del debitore pur vittorioso non poteva essere disposto il rimborso delle spese processuali, tale sistema non puo' piu' apparire ne' congruente ne' costituzionalmente corretto oggi che per condivisibile orientamento giurisprudenziale, il debitore pur vittorioso con riferimento alla domanda di declaratoria di fallimento, puo' vedere respinta la sua domanda di rimborso delle spese di lite o di risarcimento del danno per responsabilita' aggravata; che infatti gia' la Corte costituzionale, con sentenza 21-28 maggio 1975, n. 127, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 22 L.F nella parte in cui negava al fallito la legittimazione a proporre reclamo contro la pronuncia del Tribunale che respingeva l'istanza per la dichiarazione di fallimento di socio illimitatamente responsabile; che gia' tale pronuncia si collocava nell'ambito della tutela generale di tutti i soggetti comunque coinvolti nella procedura fallimentare (e quindi anche del debitore che era stato con sentenza della Corte costituzionale 16 luglio 1970, n. 142 ritenuto legittimato a proporre istanza di fallimento nei confronti di altri soggetti ritenuti suoi soci di fatto); che proprio alla luce della decisione della Corte costituzionale n. 127/75 non appare pero' possibile interpretare estensivamente il disposto dell'art. 22 L.F. fino al punto di riconoscere, sulla base dell'attuale dato normativo, al debitore la legittimazione a promuovere reclamo avverso il provvedimento del tribunale, che pur rigettando la domanda di declaratoria di fallimento, tuttavia abbia respinto la sua domanda di rimborso delle spese processuali; che infatti la pronuncia della Corte costituzionale n. 127/75 estende la legittimazione del debitore (fallito) alla sola ipotesi di reclamo avverso il provvedimento che aveva respinto la sua istanza di declaratoria di fallimento di soggetti ritenuti dal fallito suoi soci illimitatamente responsabili; che pertanto ad avviso della Corte, che solleva la questione d'ufficio, la disposizione dell'art. 22 legge fallimentare che limita la proposizione del reclamo avverso il provvedimento che rigetta l'istanza di declaratoria di fallimento al solo creditore (oltreche' al debitore fallito relativamente alla posizione di altri soggetti ritenuti soci di fatto) appare violare i principi costituzionali; che la questione viene sollevata con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione, perche' sembra sussistere una disparita' di trattamento ingiustificata in ragione del fatto che in base alla formulazione dell'art. 22 L.F., il creditore, che pure abbia visto respingere la sua istanza volta alla declaratoria di fallimento e per l'effetto sia stato condannato alla rifusione delle spese (in ragione del richiamato e condivisibile orientamento giurisprudenziale che consente anche nella fase camerale la condanna alla rifusione delle spese a carico del soccombente) puo' proporre reclamo (anche sotto il solo profilo della condanna alla rifusione delle spese), laddove al debitore non sarebbe possibile proporre reclamo in relazione alla statuizione sulle spese; con riferimento all'art. 24 della Costituzione poiche' la disposizione dell'art. 22 L.F. priverebbe il debitore di adeguati strumenti di difesa in ragione dell'eventuale non corretta applicazione da parte del Tribunale del principio della soccombenza in relazione alle spese processuali e di responsabilita' aggravata (applicabile anche alla procedura di declaratoria di fallimento); che la questione di legittimita' costituzionale sollevata d'ufficio dalla Corte, appare rilevante nel giudizio, poiche' l'eventuale rigetto della questione renderebbe inammissibile il reclamo proposto dal debitore e quindi evidentemente renderebbe impossibile entrare in qualunque modo nel merito delle domanda proposte dal debitore; che per completezza va osservato che il creditore non ha proposto alcuna forma di reclamo avverso il provvedimento del Tribunale di Trento che aveva respinto la sua istanza volta al fallimento della Eurocatering S.r.l.; che conseguentemente alla Corte non e' possibile entrare, in altro modo nel merito della questione;
P. Q. M. La Corte d'appello di Trento, d'ufficio, nel giudizio di reclamo proposto ex art. 22 L.F. dalla Eurocatering S.r.l.; Dichiara non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione e rilevante nel giudizio, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22 legge fallimentare nella parte in cui non consente al debitore di promuovere reclamo avverso il provvedimento del tribunale che pur respingendo l'istanza di fallimento proposta nei suoi confronti, abbia rigettato (o comunque non accolto) la sua domanda di rimborso delle spese processuali e di risarcimento per responsabilita' aggravata proposta nei confronti del creditore; Sospende il giudizio in attesa della pronuncia della Corte costituzionale; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che a cura della cancelleria si provveda alle necessarie notificazioni di legge alle parti, alla procura generale presso la Corte d'appello, al Presidente del Consiglio dei Ministri nonche' ai Presidenti dei rami del Parlamento. Trento, addi' 27 gennaio 1998 Il presidente: Luchini 98C0637