N. 424 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 marzo 1998

                                N. 424
  Ordinanza  emessa  il  31  marzo  1998  dal tribunale di Catania sul
 reclamo  proposto  da  Arena  Gaetano  contro  l'Azienda  ospedaliera
 Garibaldi - S. Luigi - S. Curro' - Ascoli - Tomaselli
 Sanita'   pubblica   -  Convenzioni  delle  aziende  ospedaliere  con
    personale sanitario esterno per  l'espletamento  del  servizio  di
    interruzione volontaria della gravidanza - Validita' trimestrale -
    Incidenza  sul  principio  di  buon  andamento della p.a. sotto il
    profilo     dell'aggravio     finanziario     e     dell'intralcio
    all'economicita'  e  alla  speditezza dell'azione amministrativa -
    Lesione del diritto alla salute - Riproposizione  sul  presupposto
    della  ritenuta  permanente rilevanza di questione gia' oggetto di
    ordinanza di restituzione atti n. 439/1997.
 (Legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 3, commi 23 e 24).
 (Cost., artt. 32, primo comma, e 97, primo comma).
(GU n.24 del 17-6-1998 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha emesso  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  per  reclamo
 iscritto  al  n.  129/1996  r.  reclami,  vertente tra Gaetano Arena,
 rappr. e dif.   dall'avv.  Santo  Li  Volsi  per  mandato  a  margine
 dell'atto  di  reclamo, reclamante, e Azienda ospedaliera Garibaldi -
 S. Luigi -  S.  Curro'  -  Ascoli  -  Tomaselli,  rappr.ta  e  difesa
 dall'avv.  Nicolo'  D'Alessandro  per  mandato  a margine del ricorso
 notificato in data 28 ottobre 1996, reclamata.
                           Ritenuto in fatto
   Nell'ottobre del 1995 l'Azienda reclamata bandiva un  concorso  per
 la  selezione  di infermieri professionali da impiegarsi, nell'ambito
 di un rapporto convenzionato,  per  l'espletamento  del  servizio  di
 interruzione  volontaria  della  gravidanza  di  cui  alla  legge  n.
 194/1978.
   Gaetano Arena, partecipando alla selezione, si collocava  utilmente
 in  graduatoria,  sicche' in data 3 giugno 1996 stipulava la relativa
 convenzione.
   La necessita' di ricorrere a personale sanitario convenzionata  per
 l'effettuazione  del  servizio  dell'I.V.G. nasceva dalla circostanza
 che i dipendenti dell'ospedale avevano da sempre sollevato  obiezione
 di  coscienza  ex  art.  9  legge  n. 194/1978, tanto che il servizio
 stesso era stato assicurato, sin dalla sua istituzione, unicamente da
 personale esterno convenzionato.
   Gia' dall'anno 1979 erano state all'uopo stipulate convenzioni  per
 la  durata di un anno, rinnovate alla scadenza per un eguale periodo,
 fatta eccezione per il  rapporto  dedotto  la  cui  durata  e'  stata
 dall'azienda limitata a soli 3 mesi, nel presupposto di essere tenuta
 all'osservanza  del  disposto  dell'art.  3 legge n. 537/1993, che al
 comma 23 vieta le assunzioni di personale a tempo  determinato  e  la
 stipula di rapporti di lavoro autonomo "per prestazioni superiori a 3
 mesi".
   Il  ricorrente, che aveva appreso della ridotta durata del rapporto
 solo all'atto della stipula della convenzione, stante il  difetto  di
 qualsiasi  indicazione al riguardo nell'avviso pubblico di selezione,
 adiva in via di urgenza il pretore di Catania, in funzione di giudice
 del lavoro, affermando la illegittimita'  del  termine  apposto  alla
 convenzione,   per  non  essere  applicabile  in  ispecie  il  limite
 temporale introdotto dal cit. art. 3 legge n. 537/1993;  chiedeva  in
 conseguenza   che,  previa  disapplicazione  della  deliberazione  n.
 591/1995 illegittimamente adottata dall'Azienda in  violazione  delle
 leggi  n.  194/1978  e  n.    597/1993,  nonche'  dell'art.  97 della
 Costituzione, si  ordinasse  all'Azienda  medesima  di  mantenere  il
 rapporto  di  convenzione  in  questione,  oltre  l'incongruo termine
 finale fissato di 3 mesi.
   L'Azienda si  costituiva  ritualmente  in  giudizio,  eccependo  la
 nullita'  del  ricorso,  il  difetto  di giurisdizione dell'autorita'
 giudiziaria ordinaria e l'infondatezza del merito. Con ordinanza  del
 1  ottobre 1996 il pretore rigettava il ricorso e compensava le spese
 tra le parti.
   Avverso tale ordinanza Gaetano  Arena  proponeva  reclamo  ex  art.
 669-terdecies  c.p.c.,  chiedendo,  in  principalita,  accogliersi le
 domande  azionate  in  via  d'urgenza  e,  in  subordine,  sollevarsi
 "questione  di  illegittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 23,
 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in  relazione  agli  artt.  97,
 comma  primo,  e  32,  comma primo, della Costituzione, qualora fosse
 interpretato nel senso del divieto assoluto di stabilire rapporto  di
 lavoro  autonomo  per  periodi superiori a tre mesi anche quando essi
 siano previsti da leggi speciali o siano  diretti  all'esecuzione  di
 prestazioni per fini pubblici dovuti a tempo indeterminato".
   Ricostituitosi  il  contraddittorio, l'Azienda reclamata contestava
 il fondamento del reclamo, chiedendone il rigetto; insisteva altresi'
 nelle eccezioni di nullita' del ricorso e di difetto di giurisdizione
 del giudice ordinario.
   Con ordinanza del  5  novembre  1996  questo  tribunale  dichiarava
 rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art. 3, commi 23 e 24, della legge n. 537 del 24
 dicembre 1993, nella parte in cui impone alle aziende ospedaliere  il
 rispetto  del  termine  finale  di  3  mesi,  pure  per la stipula di
 convenzioni  con  personale  sanitario  esterno  da  impiegarsi   per
 l'espletamento del servizio di interruzione volontaria di gravidanza,
 per  contrasto  con  il disposto di cui agli artt. 32, primo comma, e
 97, primo comma, della Costituzione.  Sospendeva  in  conseguenza  il
 procedimento   ed   ordinava   trasmettersi   gli   atti  alla  Corte
 costituzionale.
   Con ordinanza del 16 dicembre 1997 la  Corte  costituzionale,  dopo
 aver rilevato che, "successivamente alla proposizione della questione
 di legittimita' costituzionale in questione, era entrata in vigore la
 legge  23  dicembre 1996, n. 662, il cui art. 1, da un lato, al comma
 45, aveva introdotto per  le  pubbliche  amministrazioni  il  divieto
 dell'assunzione del personale anche a tempo determinato, e dall'altro
 lato,  al  comma 46, aveva dispensato da tale divieto, fra gli altri,
 gli enti del Servizio sanitario nazionale", ordinava la  restituzione
 degli  atti  al  giudice  a  quo,  affinche' valuti "se l'innovazione
 legislativa abbia inciso sul quadro normativo cui egli  riferisce  la
 questione  di  costituzionalita'";  ed  inoltre "se la modifica abbia
 innovato  i  modelli  organizzativi  di  cui  dispongono   gli   enti
 ospedalieri   per   la  gestione  del  servizio  di  interruzione  di
 gravidanza".
   Con  ricorso  depositato  in  19  gennaio  1998  Gaetano  Arena  ha
 riassunto il procedimento, insistendo nella richiesta di accoglimento
 del reclamo.
   Ricostituitosi  il contraddittorio, l'Azienda ospedaliera reclamata
 ha continuato a contestare il fondamento del reclamo, chiedendone  il
 rigetto.
                         Considerato in diritto
   Per quanto concerne il merito della controversia, ed in particolare
 la  sussistenza  in  concreto  del fumus boni iuris, questo tribunale
 aveva gia' osservato e dedotto quanto segue: Corretta interpretazione
 (pure fondata sulla chiara lettera) della norma  di  cui  all'art.  3
 legge  n.  537/1993  esclude  l'assunto  che  l'Azienda abbia operato
 illegittimamente allorche' decideva con la delibera n.  591/1995,  di
 cui si e' chiesta la disapplicazione, di stipulare future convenzioni
 di durata limitata a 3 mesi.
   Il  comma  n.  23  del  citato art. 3 legge n. 537/1993 invero, nel
 chiaro intento di perseguire un risparmio  ed  una  razionalizzazione
 della  spesa  pubblica,  impone  alle  pubbliche  amministrazioni  il
 divieto generale "di assumere personale  a  tempo  determinato  e  di
 stabilire rapporti di lavoro autonomo per prestazioni superiori a tre
 mesi",   fatta  eccezione  per  i  casi  tassativamente  indicati  al
 successivo comma n. 24, tra cui palesemente non rientra l'ipotesi del
 personale sanitario convenzionato  con  le  aziende  ospedaliere  per
 l'espletamento del servizio di interruzione volontaria di gravidanza.
   Ne'  sembra  possa ritenersi, contrariamente a quanto sostenuto dal
 ricorrente, speciale la legge n.  184/1978  istitutiva  del  servizio
 stesso  (che nel prevedere l'istituto dell'obiezione di coscienza, ha
 stabilito che il servizio di I.V.G. va garantito "sempre" ed "in ogni
 caso", in tal modo  autorizzando  l'impiego  di  personale  sanitario
 esterno  convenzionato,  senza  peraltro  fissare  limiti di tempo da
 rispettarsi nella stipula di tali convenzioni), nel senso che  questa
 escluda  l'applicazione  in  concreto  della  posteriore e prevalente
 norma di cui all'art. 3 cit. della  legge  n.  537/1993.  E  comunque
 l'eventuale  specialita'  e  irrilevante ai fini che qui interessano,
 non  stabilendo  tale  legge  alcun  termine  per  la  durata   delle
 convenzioni.
   Ma se si impone, per quanto detto, siffata interpretazione rigorosa
 della   normativa  in  questione,  pare  in  conseguenza  essere  non
 manifestamente infondata la  sollevata  questione  di  illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  3,  commi 23 e 24, cit. legge n. 597/1993,
 per contrasto con gli artt. 97 e 32 Costituzione, nella parte in  cui
 comanda  alle aziende ospedaliere il rispetto del termine finale di 3
 mesi, pure per la stipula di convenzioni con personale  sanitario  da
 impiegarsi per l'espletamento del servizio di interruzione volontaria
 della  gravidanza,  che  per sua stessa essenza si pone come servizio
 non occasionale, ne' transitorio, e richiede modalita' di  esecuzione
 tali  da  escludere  la possibilita' stessa dell'utilizzo di sanitari
 esterni trimestrali.
   La  legge  istitutiva  n.  193/1978,  invero,  con  l'imporre  alle
 strutture  sanitarie  di  garantire il servizio di I.V.G. "sempre" ed
 "in ogni caso",  conferma  trattarsi  di  servizio  istituzionale  da
 assicurare   comunque   alla   collettivita'   senza   soluzione   di
 continuita', oltre che con ben precise  modalita'  compiutamente  ivi
 descritte.
   In  particolare  l'Azienda deve assicurare i necessari accertamenti
 sulla donna  in  stato  di  gravidanza,  partecipando  all'esecuzione
 immediata dell'intervento ove sussista l'urgenza, ovvero, in mancanza
 di  urgenza,  non appena trascorsi 7 giorni. Il ricorrente e' inoltre
 tenuto a praticare in equipe  senza  indugio  l'intervento  nei  casi
 previsti  dagli  artt.  6  e  7  della  citata  legge n. 194/1978. E'
 altresi'  addetto  alla cura ed all'assistenza diretta nell'eventuale
 degenza della paziente ed e' personalmente  tenuto  "a  fornire  alla
 donna  le  informazioni  e  le  indicazioni  sulla  regolazione delle
 nascite nonche'  a  renderla  partecipe  dei  procedimenti  abortivi"
 mentre  in presenza di processi patologici "deve fornire alla donna i
 ragguagli necessari alla prevenzione di tali processi" (art. 14).
   Trattasi, a tutta evidenza, di compiti complessi  ed  interconnessi
 che non si esauriscono in un solo atto medico o in un solo intervento
 operatorio,   ma   implicano   un'attivita'   articolata  costante  e
 continuativa, certamente non riducibile a tre mesi. Come e' noto, per
 disposto dell'art. 97  della  Costituzione  le  p.a.  sono  tenute  a
 perseguire,  secondo  criteri  di razionalita' ed efficienza, la cura
 delle finalita' pubbliche loro affidate. Siffatto  obiettivo  risulta
 palesemente  non  raggiungibile  in  concreto  qualora il servizio di
 I.V.G., contrariamente a come e' avvenuto in passato, fosse  affidato
 a personale sanitario convenzionato operante per non oltre 3 mesi.
   La  brevissima  durata  della convenzione porterebbe alla reiterata
 sostituzione del personale medico, ostetrico ed infermieristico,  con
 conseguente  impossibilita'  di  costituzione di equipes affiatate ed
 integrate  necessarie  per  svolgere  compiutamente  l'attivita'   di
 informazione   ed   educazione  delle  donne  interessate  sui  mezzi
 indispensabili  per  conseguire  libere   scelte   in   ordine   alla
 procreazione responsabile.
   Di cio' e' ben consapevole la stessa Azienda, che con lettera prot.
 n.  7311  del 4 maggio 1995 ne rendeva edotto l'Assessorato regionale
 alla sanita', sollevando essa stessa il dubbio  dell'inapplicabilita'
 della  normativa  in  questione ai rapporti instaurati in forza della
 legge n. 194/1978, ed evidenziando che "la continua sostituzione  del
 personale  addetto  al servizio in questione, quale conseguenza della
 norma, e,  di  conseguenza,  l'estrema  transitorieta'  dell'incarico
 ricevuto,   renderebbe   impossibile   l'acquisizione  di  esperienze
 adeguate, la  costituzione  di  un  gruppo  affiatato  e  soprattutto
 l'instaurarsi di un qualunque interesse al miglioramento del servizio
 stesso.
   Cio'  appare  ancora  piu'  grave  -  prosegue  l'Azienda  - ove si
 consideri la particolarita' del servizio reso a mente della legge  n.
 194/1978,    che   non   deve   limitarsi   soltanto   all'esecuzione
 dell'intervento di I.V.G., ma deve soprattutto instaurare un rapporto
 di fiducia con le utenti in modo  da  poter  discutere  le  eventuali
 alternative   allo   stesso  intervento  di  I.V.G.,  consigliare  le
 modalita' di contraccezione piu' idonee e costituire in definitiva un
 sicuro  punto  di  riferimento  non   solo   dal   punto   di   vista
 professionale,  ma anche psicologico, vista la particolare situazione
 emotiva nella quale si trovano la  gran  parte  delle  donne  che  si
 rivolgono a questo tipo di servizio.
   Si  rappresentano altresi' - conclude l'Azienda - le difficolta' di
 carattere amministrativo  discendenti  dalla  bassissima  percentuale
 delle  istanze  che  pervengono  a  seguito  di avvisi pubblicati sui
 quotidiani (a volte piu' di cinque), che non permettono  un  ricambio
 continuo   degli   operatori,   cosi'   come   necessiterebbe   dalla
 applicazione a tale settore delal legge n. 537/1993 citata".
   Il  legislatore,  in  conclusione,  fissando   il   limite   finale
 trimestrale per la stipula delle convenzioni, pone, per quanto detto,
 le  strutture  sanitarie in condizione di non potere fornire adeguato
 ed efficiente servizio di I.V.G., in violazione dei dettami dell'art.
 97,   comma  primo,  e  32,  comma  primo,  della  Costituzione,  con
 conseguente  pregiudizio  del  diritto  del  ricorrente,   da   tempo
 infermiere professionale incaricato di anno in anno, a proseguire nel
 rapporto convenzionato dedotto oltre incongruo termine di tre mesi.
   Ne' si puo' sostenere che l'applicazione della legge n. 537/1993 in
 ispecie   consente  il  perseguimento  di  fini  di  risparmio  e  di
 razionalizzazione della spesa pubblica.
   E' invero palese che non  si  ottiene  nessuno  di  tali  risultati
 attraverso   la   stipula   ogni  anno  di  ben  quattro  consecutive
 convenzioni trimestrali, in luogo  dell'unica  necessaria,  con  piu'
 prestatori  d'opera da impiegarsi per l'espletamento, senza soluzione
 di continuita', di un servizio istituzionale; si  determina  anzi  un
 aggravio  finanziario  ed  un ulteriore intralcio all'economicita' ed
 alla speditezza dell'azione amministrativa,  dipendente  dalla  spesa
 connessa  al  continuo  succedersi  ogni  3  mesi di concorsi, bandi,
 graduatorie e convenzioni.
   Cio' posto, ritiene il Collegio che non abbia in nulla innovato  il
 quadro  normativo  di  riferimento  la sopravvenuta legge 23 dicembre
 1996, n. 662.
   E' vero, infatti, che il combinato  disposto  dei  commi  45  e  46
 dell'art.    1  della  citata  legge  n.  662  ha fatto venir meno la
 limitazione, posta dal comma 23 della legge n. 537/1993, alla  durata
 dei  rapporti di lavoro a tempo determinato instaurati con le Aziende
 del servizio sanitario nazionale, con la conseguenza,  pertanto,  che
 questi  possono  essere  stabiliti  anche per periodi superiori a tre
 mesi.
   Trattasi tuttavia di novita' che, per chiaro  dettato  legislativo,
 riguarda esclusivamente i rapporti di lavoro subordinato, e non anche
 quelli autonomi, a struttura convenzionata, come e' quello per cui si
 procede.
   Ne'  pare  possibile  diversamente  interpretare  la  normativa  in
 questione, in modo tale da potersi ritenere, in spregio  alla  chiara
 lettera del disposto legislativo, che la limitazione temporale di tre
 mesi sia cessata pure per i rapporti di lavoro autonomo.
    Sembra  inoltre  che  la  modifica  legislativa  non abbia neppure
 innovato  i  modelli  organizzativi  di  cui  dispongono   gli   enti
 ospedalieri  per  la  gestione  del  servizio  di  interruzione della
 gravidanza, atteso che, pur potendo il predetto  servizio  essere  in
 astratto  assicurato  pure  con  l'utilizzo  di  personale dipendente
 eventualmente assunto a tempo determinato, e verosimile ritenere  che
 in   concreto  si  continuera'  a  preferire,  da  parte  degli  enti
 ospedalieri, il  ricorso  alle  prestazioni  di  personale  autonomo,
 trattandosi  questa  di  modalita' piu' economica (l'Azienda paghera'
 solo  le  prestazioni  effettivamente  eseguite,  senza  avere  oneri
 riflessi, ne' indiretti) e duttile, potendosi adattare sia ai ciclici
 picchi  che  alla  rarefazione  della  richiesta;  nonche'  di facile
 attuazione, a fronte della piu' complessa  procedura  necessaria  per
 l'assunzione  di personale dipendente (oltre alla specifica scelta in
 tal senso da parte dell'Azienda occorre invero pure  la  proposta  di
 una  pianta  organica  ad  hoc,  la  sua  approvazione ad opera degli
 appositi organi dell'Azienda e dell'Assessorato, previo parere  della
 commissione  permanente dell'A.R.S. e l'impegno di una maggiore spesa
 fissa e ricorrente).
   Per  non  dire  poi  dell'annosa  e  determinante  questione  della
 obiezione di coscienza, in qualunque momento dichiarabile da  ciascun
 operatore dipendente.
   La  verita'  e'  che la scelta della modalita' di effettuazione del
 servizio di interruzione di gravidanza con prestazioni  autonome  non
 ha  mai  avuto  alcun  legame  con il piu' o meno rigido blocco delle
 assunzioni, peraltro verificatosi nel settore sanitario del  pubblico
 impiego solo negli ultimi tempi.
   Val  la  pena  da  ultimo rilevare che la predetta normativa di cui
 alla legge n. 662 del 23 dicembre 1996,  quand'anche  innovativa  (ma
 non  lo  e'  per  come gia' detto), non potra' non operare che per il
 futuro, secondo i principi generali, e  non  in  via  retroattiva,  a
 disciplinare  pure  il  rapporto  convenzionato in questione sorto in
 data 3 giugno 1996.
   Permane pertanto, per  quanto  fin  qui  detto,  la  non  manifesta
 infondatezza   della   gia'  sollevata  questione  di  illegittimita'
 costituzionale, da ritenersi altresi' rilevante ai fini del decidere,
 atteso che sussiste nella fattispecie concreta pure il requisito  del
 periculum  in  mora,  laddove  si pensi alla conseguente irreparabile
 perdita di  professionalita'  per  il  ricorrente  durante  il  tempo
 occorrente  per  aversi  la  decisione nel merito, nonche' la perdita
 contestuale per il medesimo dell'unica fonte di  reddito,  necessario
 per il soddisfacimento degli elementari bisogni della vita.
                               P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.
 1, e 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 23 e 24, della legge
 n.  537  del 24 dicembre 1993, nella parte in cui impone alle aziende
 ospedaliere il rispetto del termine finale di 3  mesi,  pure  per  la
 stipula  di convenzioni con personale sanitario esterno da impiegarsi
 per  l'espletamento  del  servizio  di  interruzione  volontaria   di
 gravidanza, per contrasto con il disposto di cui agli artt. 32, primo
 comma, e 97, primo comma, della Costituzione;
   Sospende  il giudizio in corso ed ordina trasmettersi gli atti alla
 Corte costituzionale;
   Dispone che la presente  ordinanza  sia  notificata  a  cura  della
 cancelleria  al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Catania, addi' 31 marzo 1998
                         Il presidente: Pagano
 98C0648