N. 428 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 aprile 1998
N. 428 Ordinanza emessa il 22 aprile 1998 dal tribunale di Udine nel procedimento penale a carico di Bertuzzi Daniele Processo penale - Dibattimento - Esame di persone imputate in procedimento connesso - Esercizio della facolta' di non rispondere - Lettura dei verbali delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari - Preclusione per il giudice salvo l'accordo delle parti - Disparita' di trattamento tra imputati - Lesione dei principi del libero convincimento del giudice e di obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale. (C.P.P. 1988 art. 513, comma 2, modificato dalla legge 7 agosto 1997, n. 267, art. 1). (Cost., artt. 3, 101 e 112).(GU n.25 del 24-6-1998 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sull'eccezione di legittimita' costituzionale sollevata dal pubblico ministero in relazione all'art. 513, comma 2, c.p.p., come modificato dall'art. 1 della legge 7 agosto 1997, n. 267, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nel procedimento penale n. 159/1997 r.g. Trib. a carico di Bertuzzi Daniele per i reati di cui agli artt. 346 c.p., e 7 legge 2 maggio 1974, n. 195; Sentiti i difensori della parte civile e dell'imputato; Premesso in fatto che il pubblico ministero, all'udienza dibattimentale del 3 marzo 1998, ha richiesto l'ammissione ex art. 507 c.p.p. dell'esame di Compagnon Angelo, quale imputato in procedimento connesso; che il tribunale alla medesima udienza ha ammesso tale esame; che all'odierna udienza il Compagnon ha dichiarato di volersi avvalere della facolta' di non rispondere; che il pubblico ministero ha chiesto darsi lettura dei verbali delle dichiarazioni rese nel procedimento penale a suo carico e che il difensore dell'imputato non ha espresso il proprio consenso, di modo che la loro lettura risulta vietata a norma dell'art. 513, comma 2, c.p.p.; O s s e r v a Quanto alla rilevanza, che essa risulta evidente, in fatto, poiche' il Compagnon risulta imputato in procedimento avente ad oggetto fatti temporaneamente coesi a quelli ascritti al Bertuzzi e concernente, al pari del presente, fazioni di danno da parte di imprenditori in favore di Ermini Ottavio e dell'emittente televisiva da lui gestita e che, inoltre, secondo quanto prospettato dal pubblico ministero, le dichiarazioni rese dal Compagnon avrebbero conferito rilievo accusatorio nei confronti del Bertuzzi, odierno imputato; infine, che l'esame del Compagnon e' stato ammesso dal tribunale, ex art. 507 c.p.p., siccome ritenuto rilevante e assolutamente necessario ai fini della decisione; in diritto, in quanto la norma della quale si riferisce l'illegittimita' costituzionale e' certamente applicabile nel presente processo; Quanto alla non manifesta infondatezza, essa si configura non solo riguardo alla violazione dell'art. 3 Cost., ma, altresi', con riferimento agli artt. 101 e 102 Cost., in relazione ai quali la questione va sollevata d'ufficio; Premesso che vanno richiamati i principi contenuti nella sentenza n. 254/1992 della Corte costituzionale, nella quale l'art. 513 c.p.p., nella sua originaria formulazione, e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non consentiva la lettura in sede dibattimentale delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dai soggetti indicati dalla norma; nelle sentenze nn. 258/1991, 24/1992, 255/1992, 111/1993 e 179/1994, nelle quali e' stato riaffermato il significato costituzionale del principio di non dispersione della prova che trova il proprio fondamento negli artt. 2, 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, interpretati alla luce dei principi di solidarieta' ed uguaglianza di fronte alla legge, nella ineludibile prospettiva del processo penale dei fatti; che e' stato altresi' affermato dalla Corte costituzionale che "l'oralita', assunta a principio ispiratore del nuovo sistema, non rappresenta nella disciplina del codice il veicolo esclusivo della formazione della prova in dibattimento; cio' poiche' fine primario ed ineludibile del processo penale non puo' che rimanere quello della ricerca della verita', di guisa che in taluni casi in cui la prova non fosse di fatto prodursi oralmente e' dato rilievo, nei limiti e alle condizioni di volta in volta indicate, ed atti formatisi prima e al di fuori del dibattimento" (Corte cost., 255/1992); del pari, il principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale nella sua connessione col principio di legalita', e' incompatibile con le "norme di metodologia processuale che ostacolino in modo irragionevole il processo di accertamento del fatto storico necessario per pervenire ad una giusta decisione" (C. cost., 171/1993); Osservato, piu' in particolare, quanto alla prospettata violazione dell'art. 3 della Costituzione, che significativa appare la sentenza della Corte cost. n. 179/1994 la quale, con riferimento alle conseguenze guiridiche dell'esercizio in sede dibattimentale del diritto di astensione dal testimoniare da parte dei prossimi congiunti dell'imputato, allorche' costoro abbiano gia' reso dichiarazioni in sede di indagini preliminari, ha affermato che "verificandosi quest'ultima ipotesi, pur se in seguito all'esercizio di un diritto, si determina comunque quello oggettivo e non prevedibile impossibilita' di ripetizione dell'atto dichiarativo che, ai sensi dell'art. 512 c.p.p., consente di dare lettura degli atti assunti anteriormente al dibattimento"; che dalla considerazione dell'esercizio del diritto di non rispondere quale fatto oggettivo e non prevedibile, consegue l'irragionevolezza della disparita' di trattamento che si determina tra l'imputato attinto da parti di prova acquisite nel corso delle indagini preliminari senza la garanzia del contraddittorio, irripetibili e come tali pienamente utilizzabili per la decisione, e l'imputato nei confronti del quale siano state rese dichiarazioni accusatorie da parte di un imputato in un procedimento connesso, che non possono assumersi in sede dibattimentale a seguito dell'esercizio da parte di questi del diritto di non rispondere e sono inutilizzabili per la decisione, salvo accordo delle parti; che analoga irragionevole disparita' di trattamento sussiste tra l'imputato raggiunto da dichiarazioni di imputato in procedimento connesso, assunte in osservanza di contraddittorio, e divenute irripetibili ai sensi dell'art. 512 c.p.p., come tali utilizzabili per la decisione, e l'imputato che (parimenti) sia raggiunto da dichiarazioni di imputato in procedimento connesso, irripetibili a seguito dell'esercizio della facolta' di non rispondere da parte del propalante e quindi inutilizzabili ai fini della decisione; Quanto alla prospettata violazione dell'art. 101 della Costituzione va rilevato come dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, si evinca l'inesistenza di un principio dispositivo della prova, il quale comporterebbe la subordinazione della res indicanda all'esercizio di poteri e di scelte processuali, un'ipotesi anche immotivate, delle parti (C. cost. 111/1993 e 92/1992); che il potere del giudice di decidere non puo', pertanto, essere limitato dall'attuarsi di un evento, quale l'esercizio della facolta' di non rispondere, totalmente rimesso alla volonta' di un soggetto neppure portatore di un autonomo interesse nel processo, siccome (non) sfornito della qualita' di parte; Quanto alla prospettata violazione dell'art. 112 della Costituzione, deve osservarsi: che (la) "e' incontroverso che sarebbe contrario ai principi costituzionali di legalita' e di obbligatorieta' dell'azione penale concepire come disponibile la tutela giurisdizionale assicurata dal processo penale cio' invero significherebbe da un lato, incidere il legame strutturale e funzionale tra lo strumento processuale e l'interesse sostanziale pubblico alla repressione dei fatti criminosi che quei principi intendono garantire; dall'altro, contraddire all'esigenza, ad essi correlata, che la responsabilita' penale sia riconosciuta per i fatti realmente connessi" (C. cost., n. 111/1993; nello stesso senso Corte costituzionale nn. 92/1992 e 56/1993); che, invero, il principio di obbligatorieta' dell'azione penale impone che nulla venga sottratto al controllo di legalita' effettuato dal giudice (C. cost. n. 478/1993); a(l ri)tal proposito la Corte costituzionale ha precisato che ad un ordinamento costituzionale che sancisce il principio di obbligatorieta' dell'azione penale, ma e' prima di tutto improntato alla tutela dei diritti violabili dell'uomo ed al principio di uguaglianza di fronte alla legge, non sono consone norme di metodologia processuale che ostacolino in modo irragionevole il processo di accertamento del fatto storico necessario per pervenire ad una giusta decisione;
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 2, c.p.p., come modificato dall'art. 1 della legge 7 agosto 1997, n. 267, in relazione agli artt. 3, 101 e 112 della Costituzione, per le ragioni di cui in motivazione; Sospende il presente procedimento; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e per le comunicazioni ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Dispone la trasmissione degli atti del procedimento e della presente ordinanza alla Corte costituzionale. Udine, 22 aprile 1998 Il presidente: (firma illeggibile) 98C0672