N. 452 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 aprile 1998

                                N. 452
 Ordinanza emessa il 10 aprile  1998  dal  pretore  di  Trani  sezione
 distaccata  di  Andria  nel  procedimento  civile vertente tra R.A.S.
 assicurazioni S.p.a.  e Cellammare Matteo ed altro
 Circolazione stradale - Assicurazione obbligatoria - Giudizio per  il
    risarcimento  del danno - Sentenza ottenuta dal danneggiato contro
    societa'   assicuratrice,    posta    in    liquidazione    coatta
    amministrativa,  in  corso  di  giudizio  -  Opponibilita' di tale
    sentenza all'impresa designata per il risarcimento  del  danno,  a
    condizione   che   il   giudizio   sia  proseguito  nei  confronti
    dell'impresa   in   persona   del   commissario   liquidatore    -
    Inopponibilita',  in caso di sentenza ottenuta nei confronti della
    societa' assicuratrice  in  bonis,  per  omessa  riassunzione  del
    giudizio  per  mancanza  delle  condizioni  per la declaratoria di
    interruzione ex art. 300 c.p.c., a causa  della  contumacia  della
    societa'   convenuta   e  la  decisione  del  liquidatore  di  non
    costituirsi  -  Irragionevolezza  -  Lesione  del   principio   di
    eguaglianza - Violazione del diritto di azione e di difesa.
 (Legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 25, secondo comma).
 Cost., art. 3, primo comma, 24, primo e secondo comma).
(GU n.26 del 1-7-1998 )
                                IL PRETORE
   Letti gli atti della causa civile n. 2032-97 r.g.a.c.;
                           Rilevato in fatto
   Con  atto  notificato  il 9 e il 10 ottobre 1997 Cellammare Matteo,
 previa notifica dell'atto di  precetto  in  data  6  settembre  1997,
 pignorava  tutte le somme dovute dall'agente generale di Andria della
 R.A.S.  S.p.a. "Ser. Ass. S.a.s.", alla detta Riunione  adriatica  di
 sicurta'  fino  alla  concorrenza  di L. 15.000.000; e cio' in virtu'
 della sentenza n. 53 del 12 marzo 1997 del pretore di Trani,  sezione
 distaccata  di  Andria,  con  la quale la D'Eass assicurazioni S.p.a.
 come rappresentata, e tale Addario Antonio erano stati  condannti  al
 pagamento  solidale  della  somma  di  L. 5.000.000 in favore di esso
 pignorante  (oltre  interessi  legali  dalla  domanda)  a  titolo  di
 risarcimento di danni conseguiti a un sinistro stradale,  nonche'  al
 pagamento  della  somma  di  L. 3.133.000 (oltre accessori) per spese
 processuali.
    Precisava il Cellammare nell'atto di pignoramento che, per effetto
 della messa in liquidazione  coatta  amministrativa  della  convenuta
 societa'  D'Eass (giusta d.m. 26 aprile 1995) nelle more del giudizio
 di merito, e della comunicazione  ex  art.  25,  comma  2,  legge  24
 dicembre  1969,  n. 990 ritualmente effettuata il 29 luglio 1995 alla
 R.A.S.  (nella sua qualita' di impresa designata ai sensi degli artt.
 19, commi 2 e 3, e 20, comma 4 legge 24 dicembre 1969,  n.  990),  la
 sentenza   risarcitoria   era  divenuta  opponibile  alla  menzionata
 societa' ricorrente.
   Fissata per il 24 novembre 1997 l'udienza per  gli  adempimenti  di
 cui  all'art.  543,  comma  2,  n.  4) c.p.c., con successivo ricorso
 depositato il 3  novembre  1997  la  debitrice  esecutata  R.A.S.  si
 opponeva  alla  esecuzione  intrapresa  in  suo danno, chiedendone la
 incidentale sospensione, all'uopo eccependo la inopponibilita'  della
 sentenza  anzidetta  ad  essa  impresa  designata.  per non essere il
 giudizio  di  merito  proseguito  nei  confronti   del   commissario,
 liquidatore  della societa' D'Eass; cio' imponendo infatti l'art. 25.
 secondo comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990, perche'  potesse
 pronunziarsi  la  condanna, sia pure con effetto di mero accertamento
 del credito, della impresa assicuratrice messa in liquidazione coatta
 nelle more del processo.
   Il creditore  procedente,  ritualmente  costituitosi  nel  giudizio
 oppositivo,   contestava   l'esattezza  della  detta  interpretazione
 normativa, replicando che il legislatore, attraverso  la  non  felice
 formulazione   dell'art.  25,  comma  2,  legge  n.  990/1969  e,  in
 particolare con l'uso delle parole "impresa in  liquidazione  coatta"
 aveva inteso semplicemente riferirsi alla "impresa la quale era stata
 in   precedenza  messa  in  stato  di  liquidazione  coatta";  questa
 interpretazione essendo l'unica coerente con il sistema  normativo  e
 con  il  fine, legislativo di tutela risarcitoria del danneggiato; il
 quale diversamente,  opinando,  si  sarebbe  trovato  -  in  caso  di
 sopravvenuta messa in liquidazione coatta della impresa assicuratrice
 contumace  -  per  un  verso  costretto  a proseguire il giudizio nei
 confronti dell'impresa in bonis (non potendo quello essere interrotto
 se non nei casi di cui all'art. 300, comma 4,  c.p.c.)  e  per  altro
 verso  inspiegabilmente  ed  incolpevolmente  escluso  dalla garanzia
 risarcitoria.
   Inoltre  il  Cellammare  eccepiva  non   essere   consentita   alla
 ricorrente,   in   questa  sede  di  opposizione  all'esecuzione,  la
 doglianza  invece  formulata,  quella  sostanziandosi  infatti  nella
 proposizione   di   una   questione   da  farsi  valere  in  sede  di
 impugnazione, peraltro non piu' proponibile a cagione della  avvenuta
 decorrenza dei relativi termini.
   Raccolta  la  positiva  dichiarazione del terzo pignorato e sospesa
 dal g.e. la procedura esecutiva, il  processo  di  merito  proseguiva
 dinanzi  al  pretore,  sicche', all'udienza ex art. 314 c.p.c. del 16
 gennaio 1998, venivano ordinati gli adempimenti di cui  all'art.  190
 c.p.c., il termine per l'esaurimento dei quali giungeva a scadenza il
 6 aprile 1998.
                          Ritenuto in diritto
   L'opposizione  e'  anzitutto  ammissibile,  in quanto la ricorrente
 (non legittimata a sperimentare il rimedio di cui all'art. 404 c.p.c.
 siccome precluso a quei terzi che, come la societa'  R.A.S.,  debbano
 subire,   per   una  esplicita  od  implicita  previsione  normativa,
 l'estensione del giudicato, con la connessa facolta' di  impugnazione
 della  sentenza  inter  alios acta; v. Cass. 8 giugno 1983, n. 3932),
 perche'  non  direttamente   interessata   dall'evento   interruttivo
 verificatosi  nel  giudizio di merito, non avrebbe potuto validamente
 eccepire, in sede  di  impugnazione,  il  non  essere  quel  giudizio
 proseguito  nei  confronti del commissario liquidatore della societa'
 D'Eass (arg. da Cass. 5 luglio 1984, n.  3929, Cass. 19  marzo  1984,
 n. 1860).
   Non  appare  pertanto  calzante  il richiamo, operato dal creditore
 opposto, al pacifico principio giurisprudenziale secondo il  quale  i
 motivi di opposizione all'esecuzione non possono riguardare fatti che
 avrebbero  potuto e dovuto farsi valere, nei modi e termini di legge,
 contro il provvedimento giurisdizionale poi azionato in executivis.
   Ad avviso del pretore, inoltre, la  ammissibile  opposizione  della
 societa'  R.A.S.  si  presenta fondata, giacche' la lettera dell'art.
 25, comma 2, legge 24 dicembre 1969, n. 990 e' cosi'  chiara  da  non
 consentire    interpretazioni   alternative,   infatti   univocamente
 richiedendo, perche' la pronunzia di condanna  possa  essere  opposta
 all'impresa  designata  (purche' ritualmente notiziata della pendenza
 della lite), che il processo iniziato prima della  pubblicazione  del
 decreto    ministeriale    di    messa    in    liquidazione   coatta
 dell'assicuratore convenuto sia proseguito nei confronti dell'impresa
 in liquidazione, in persona del commissario liquidatore.
   Ma, nella ipotesi in cui lo stato di  liquidazione  della  societa'
 assicuratrice  non  emerga  nel  processo nei modi previsti dall'art.
 300 c.p.c. a cagione della dichiarata contumacia di  quella,  non  e'
 possibile  la  prosecuzione nei confronti del commissario liquidatore
 che  non  ritenga  di  costituirsi   volontariamente,   giacche'   la
 riassunzione  ex  combinato  disposto degli artt. 300, comma 2, e 299
 c.p.c. e' consentita  nella  sola  ipotesi  dell'evento  interruttivo
 riguardante la parte costituita (come si evince dalla circostanza che
 dell'evento,  interruttivo  riguardante  la parte contumace si occupa
 espressamente e specificamente l'art. 300, comma 4, c.p.c.).
   Peraltro, trattandosi non gia' di "un terzo" (v. artt. 106)  bensi'
 di  "colui  al  quale  spetta" di proseguire il processo (v. art. 299
 c.p.c.) non e' ritualmente sperimentabile dall'attore danneggiato  la
 chiamata  in  causa  del commissario liquidatore, peraltro soggetta a
 precisi  limiti  temporali,  specie   nel   cosiddetto   nuovo   rito
 processuale  civile  (cfr.  art.  269  c.p.c.,  nella vecchia e nella
 attuale formulazione).
   E' dunque evidente la incostituzionalita' dell'art.  25,  comma  2,
 legge 24 dicembre 1969, n. 990 (in combinato disposto con l'art.  300
 c.p.c.),  il  quale,  ponendosi  in  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione  per  la   irragionevole   disparita'   di   trattamento
 ravvisabile  in  relazione all'ipotesi in cui l'impresa assicuratrice
 siasi  ritualmente  costituita  prima  del  verificarsi   dell'evento
 interruttivo,  non consente all'incolpevole danneggiato di opporre la
 sentenza di condanna all'impresa  designata  (cui  pure  abbia  fatto
 rituale comunicazione della pendenza della lite) allorquando la messa
 in  liquidazione  coatta  dell'impresa  assicuratrice  contumace  sia
 intervenuta  in  corso di causa, l'evento interruttivo non sia emerso
 in  uno  dei  modi  previsti  dall'art.  300,  comma  4,  c.p.c.,  il
 commissario   liquidatore   abbia   ritenuto   di   non   costituirsi
 volontariamente  e,  quindi,  il  processo  non  sia  proseguito  nei
 confronti dell'impresa in liquidazione.
   Con   la  ulteriore  conseguente  lesione  del  diritto  di  difesa
 garantito  dall'art.  24  della   Costituzione   anche   al   diritto
 risarcitorio  del danneggiato da sinistro stradale ma non esplicabile
 con  pienezza  perche'  non  esercitabile  in  tal  caso,  anche  nei
 confronti dell'impresa designata.
   Ora, e' accaduto nel caso di specie che, essendosi verificato nelle
 more  del giudizio di merito (che ha avuto inizio con atto notificato
 il 18 ottobre 1994 ed e' stato definito con  sentenza  del  12  marzo
 1997)  l'evento  interruttivo  costituito dalla messa in liquidazione
 coatta (d.m. 26 aprile 1995)  della  contumace  societa'  D'Eass,  il
 danneggiato   Cellammare,   a   cagione   di  circostanze  del  tutto
 indipendenti dalla propria volonta' (e cioe' causa  della  contumacia
 dell'impresa assicuratrice e della scelta del commissario liquidatore
 di   non  costituirsi  volontariamente),  non  ha  potuto  citare  in
 riassunzione, ai sensi dell'art. 300, comma 2, c.p.c., il commissario
 liquidatore ne' ha  potuto  instare  per  la  prosecuzione  ai  sensi
 dell'art. 302 c.p.c.
   In conseguenza di cio' la sentenza di condanna e' stata pronunziata
 nei  confronti  della  societa' D'Eass in bonis, perche' il giudizio,
 che non  poteva  essere  interrotto  di  ufficio  (non  ricorrendo  i
 presupposti  di  cui  all'art.  300, comma 4, c.p.c.), o su richiesta
 dell'attore,  non  e'  proseguito  nei  confronti   dell'impresa   in
 liquidazione  coatta  in  persona  del  suo  commissario liquidatore;
 dunque quella sentenza non e' opponibile alla  R.A.S.  quale  impresa
 designata, ai sensi dell'art.  25, comma 2, legge n. 990 del 1969.
   L'opposizione  dovrebbe pertanto essere accolta, facendo difetto il
 diritto del Cellammare di agire in  executivis  nei  confronti  della
 ricorrente ed essendo pertanto illegittimo l'operato pignoramento.
   Tuttavia,   in  presenza  delle  indicate  violazioni  della  Carta
 costituzionale si presenta non manifestamente infondata e  va  dunque
 sollevata    di    ufficio    la    corrispondente    questione    di
 costituzionalita', che e' anche rilevante perche' la sua  risoluzione
 e' pregiudiziale nel presente giudizio civile oppositivo che non puo'
 infatti essere definito indipendentemente dalla stessa.
   Deve,  pertanto,  procedersi,  previa  rimessione  della  causa sul
 ruolo, nei termini indicati in dispositivo.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Rimette la causa sul ruolo;
   Solleva di ufficio la questione di legittimita' costituzionale (per
 contrasto con l'art. 3, comma 1, e  con  l'art.  24,  commi  1  e  2,
 Costituzione) dell'art. 25, comma 2, legge 24 dicembre 1969, n.  990,
 nella parte in cui non consente l'opponibilita' all'impresa designata
 della  sentenza  di  condanna della societa' assicuratrice contumace,
 quando il processo di merito, in mancanza  delle  condizioni  per  la
 declaratoria  di interruzione ai sensi dell'art. 300, comma 4, c.p.c.
 e della volontaria  costituzione  del  commissario  liquidatore,  sia
 proseguito  nei  confronti della impresa assicuratrice in bonis e non
 nei confronti di quella messa in liquidazione coatta.
   Sospende pertanto il giudizio in corso;
   Dispone   la   immediata   trasmissione   degli   atti  alla  Corte
 costituzionale;
   Ordina che, a cura della cancelleria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti  in  causa (compreso il terzo pignorato) e al
 Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai  Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
     Andria, addi' 10 aprile 1998
                         Il presidente: Maralfa
 98C0697