N. 466 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 febbraio 1998
N. 466 Ordinanza emessa l'11 febbraio 1998 dal pretore di Roma sezione distaccata di Tivoli nel procedimento penale a carico di Pecilli Armando Paesaggio (Tutela del) - Realizzazione di opere in zone assoggettate a vincolo paesaggistico senza autorizzazione - Lamentata individuazione generalizzata delle aree protette - Asserita indeterminatezza della condotta vietata nonche' della sanzione da applicare - Lesione del principio di legalita' - Incidenza sul diritto di proprieta' e sulla tutela del paesaggio - Violazione del principio di eguaglianza e di quello del "giusto procedimento". (Legge 8 agosto 1985, n. 431, art. 1-sexies (recte: art. 1-sexies d.-l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, in legge 8 agosto 1985, n. 431). (Cost., artt. 3, 9, 25, secondo comma, 27, 42 e 97).(GU n.26 del 1-7-1998 )
IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza, visti gli atti del procedimento penale contro Pecilli Armando imputato del reato di cui: a) art. 20, lett. c), legge n. 47/1985; b) artt. 1, 2, 4, 13, 14, legge n. 1086/1971; c) artt. 1 e 1-sexies, legge n. 431/1985; d) art. 734 c.p. Il giudice remittente e' chiamato ad applicare, tra l'altro l'art. 1-sexies legge n. 431/1985 in merito al quale si sospetta l'incostituzionalita' come da motivazione che di seguito si esprime. Tanto premesso in punto di rilevanza sulla non manifesta infondatezza, O s s e r v a La previsione di cui all'art. 82, quinto comma, lett. h), come modificato dall'art. 1, legge n. 413/1985, nel momento in cui sottopone a "vincolo paesaggistico" ai sensi della legge n. 1497/1939 tutte e indiscriminatamente "le zone gravate da usi civici e le aree assegnate alle Universita' Agrarie", contrasta con gli artt. 3, 9, 97 Cost. e con il principio del "giusto procedimento", anch'esso di rilevanza costituzionale in quanto strettamente collegato alla tutela delle situazioni dei cittadini nei confronti dei pubblici poteri (Corte cost. n. 18/1962). E' noto che la Corte costituzionale (con sentenza n. 151/1986) ha affrontato - in sede di conflitto di attribuzione - alcuni profili di dedotta incostituzionalita' della legge n. 431/1985. In tale sede la Corte nell'attribuire alle norme il carattere di grande riforma economica e sociale ha affermato che dalle stesse emerge "una nuova concezione della tutela paesaggistica" "che si sostanzia in una riconsiderazione assidua dell'intero territorio nazionale alla luce della primarieta' del valore estetico-culturale". Mentre infatti, la normativa di cui alla legge n. 1497/1939 prevede una "tutela diretta ...di localita' di particolare pregio estetico isolatamente considerate", quella di cui alla legge n. 431/1985, introduce una tutela improntata a integralita' e globalita', attraverso "la imposizione del vincolo paesaggistico (e quindi preclusioni di sostanziali alterazioni della forma del territorio) in ordine a vaste porzioni e a numerosi elementi del territorio stesso individuati secondo tipologie paesistiche ubicazionali o morfologiche rispondenti a criteri largamente diffusi e consolidati nel lungo tempo". Se tale e' la nuova "concezione" della tutela (alla luce di valori estetico-culturali) basata, peraltro, su "tipologie paesistiche ubicazionali o morfologiche rispondenti a criteri largamente diffusi e consolidati", non c'e' chi non veda che l'applicazione di tali "principi e criteri" alle "zone gravate di usi civici e alle aree assegnate alle Universita' Agrarie" - indiscriminatamente - sia del tutto irragionevole ed incoerente, privo di giustificazione anche solo teorica e fonte di evidente ingiustizia e disparita' di trattamento, essendo riferibile solo ad una caratteristica giuridica delle aree in questione, che del tutto prescinde per la sua natura, da caratteristiche fisiche o morfologiche o ubicazionali delle aree stesse e non e' affatto riferibile a criteri largamente diffusi e consolidati. Attraverso tale vincolo indiscriminato, che viene a gravare su amplissimi territori di proprieta' pubblica e privata (e' noto che l'uso civico puo' essere esercitato soprattutto su terreni privati), che possono essere, come spessissimo sono, privi di qualsiasi valenza paesistico-ambientale, si viene, infatti: 1) A vulnerare, in modo del tutto irragionevole, il precetto di cui all'art. 9 Cost., che se assume il valore estetico-culturale come primario, sempre comporta, peraltro, che nelle forme concrete di tutela il valore stesso sia ragionevolmente individuato e preventivamente riconosciuto ed in effetti sussista, in relazione a caratteristiche ad esso proprie e non attraverso l'utilizzazione di caratteri e/o qualificazioni meramente giuridiche: nel caso di specie, poi, il vincolo cosi' imposto viene palesemente a interferire proprio con l'esercizio di quei diritti la cui esistenza e' assunta quale presupposto della imposizione, nonche' con l'esercizio di facolta' private e pubbliche di utilizzo delle aree che vengono del tutto ingiustificatamente compresse; 2) Ne' puo' dimenticarsi che per consolidata giurisprudenza (Cons. Stato n. 1351/1988 e Corte cost. n. 56/1968) i beni aventi valore paesistico "costituiscono una categoria originariamente di interesse pubblico", da cui la natura non ablatoria dei vincoli. Peraltro, ove tale "originario interesse pubblico" non possa ritenersi sussistente (perche' i beni vengono individuati senza alcun riferimento alla loro struttura fisica, ubicazionale e/o morfologica), il vincolo assume un contenuto ablatorio in palese contrasto con l'art. 42 Cost.; 3) Tale indiscriminato e irragionevole vincolo viene anche a porsi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, ponendo in essere una irragionevole, arbitraria e non giustificata disparita' di trattamento, tra i cittadini proprietari, possessori e utenti di aree gravate da usi civici, che vedono gravemente limitate e/o escluse le facolta' di godimento ed utilizzo loro spettanti e gli altri cittadini, senza che le aree soggette a vincolo siano mai state oggetto di valutazione e/o accertamento del carattere (assunto apoditticamente ed in via generale) della loro valenza paesistico-ambientale, ne' in concreto ne' in riferimento a caratteristiche morfologico-ubicazionali obiettivamente comuni tra loro; 4) E', infine, vulnerato il principio del giusto procedimento e l'art. 97 della Costituzione, entrambi posti a tutela delle posizioni soggettive dei cittadini nei confronti dei pubblici poteri. Attraverso tale vincolo indiscriminato, ed in assenza di qualsivoglia norma di coordinamento e procedimentale, da un lato si viene ad interferire nell'attivita' di gestione delle aree e, dall'altro, nell'esercizio delle facolta' e dei diritti di proprietari e degli utenti. Ne' puo' soccorrere, al riguardo, il gia' ricordato principio della "nuova forma di tutela improntata ad integralita' e globalita'" poiche', in ogni caso, manca a sostenerla - in riferimento alla categoria di beni in oggetto - un qualsiasi dato e/o parametro comune riferibile (anche in astratto) a "caratteri" propri di beni aventi pregio paesistico-ambientale. Ulteriore negativo riflesso di tale situazione e' la sostanziale perdita di concretezza della stessa ratio punitiva sottesa alle speciali norme incriminatrici introdotte proprio per assicurare protezione accentuata a beni e valori di particolare considerazione. Conseguentemente le stesse norme incriminatrici solo apparentemente risultano rispettose del principio di tipicita' inteso nella sua stretta correlazione con l'interesse o bene da salvaguardare che, in tali eventualita', giova ribadirlo, solo in termini assiomatici e senza alcun riscontro di concretezza, se non in via di vera e propria astrazione, risulta sussistente. In questa ottica, in cui la tutela del valore ambientale e' affidata piuttosto a illusioni repressive che non a concreti atti della pubblica autorita' di individuazione del bene da tutelare, viene ad essere inciso lo stesso principio di ragionevolezza, atteso che si introduce un regime particolarmente afflittivo senza alcuna certezza che lo stesso sia in rapporto di sintonia con interessi effettivamente sussistenti. Di tale disarmonia del sistema e' espressione la norma richiamata nella rubrica del presente processo, o come puo' evincersi dalla irragionevole e non giustificabile maggiore afflittivita' della predetta norma incriminatrice, che presenta un carattere prevalentemente formale, quale risposta punitiva per la mancata acquisizione del titolo autorizzatorio da parte degli enti preposti alla tutela del vincolo, rispetto alla previsione di cui all'art. 734 c.p., che considera la deturpazione di fatto ed in concreto del bene ambientale, con evidente maggior spregio del valore paesaggistico ed ambientale. Ne' puo' permettersi la sospetta incostituzionalita' dell'art. 1-sexies legge n. 431/1985, in se' considerato, in raffronto con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione per violazione del principio di legalita' essendo indeterminata la pena da applicare. Al riguardo non appaiono persuasive le precisazioni giurisprudenziali che individuano in quella riportata dall'art. 20, lett. C), legge n. 47/1985, fondando sull'argomento che soltanto l'art. 20, lett. C), richiamato si riferisce a zone vincolate. Tale argomentazione non incide affatto sulla problematica di fondo concernente la mancanza, nel testo della norma incriminatrice, di una specifica sanzione tra quelle gradatamente riportate nell'art. 20 richiamato e, da qui, la palese indeterminatezza della previsione sanzionatoria. A tacere del rinvio, qualora volesse condividersi la richiamata impostazione giurisprudenziale, alla gia' cennata problematica insistente sulla irragionevole concentrazione di previsioni sanzionatorie distinte per un medesimo fatto e a salvaguardia dello stesso interesse.
P. Q. M. Visto gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del suddetto art. 1-sexies, legge n. 431/1985 con riferimento ai parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 9, 25, secondo comma, 27, 42, 97 della Costituzione; Sospende il processo in corso; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. In Tivoli, addi' 11 febbraio 1998 Il pretore: Croce 98C0711