N. 265 ORDINANZA 1 giugno - 9 luglio 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Ordinamento   giudiziario   -   Regime   delle   incompatibilita'   -
 Composizione del collegio giudicante -  Presenza  di  un  vicepretore
 onorario  nella  persona  di  un  avvocato  esercente  la professione
 forense nel  circondario  dello  stesso  tribunale  -  Richiamo  alle
 analoghe  posizioni  del giudice conciliatore e del giudice di pace -
 Questione gia' dichiarata  non  fondata  con  sentenze  nn.  71/1971,
 99/1964 - Manifesta inammissibilita'.
 
 (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 32 e 105, e succ. modif.)
 
 (Cost.,  artt. 3, 97, primo comma, 101, secondo comma, e 108, secondo
 comma).
 
(GU n.28 del 15-7-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli articoli 32 e 105 del regio decreto  30  gennaio  1941,  n.  12
 (Ordinamento  giudiziario),  e successive modificazioni, promosso con
 ordinanza emessa il 9  luglio  1997  dal  Tribunale  di  Saluzzo  nel
 procedimento penale a carico di Cagnoli Giovanni e altro, iscritta al
 n.  738  del  registro  ordinanze  1997  e  pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 44,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1997.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  6  maggio  1998  il  giudice
 relatore Francesco Guizzi.
   Ritenuto  che il Tribunale di Saluzzo, nel corso di un procedimento
 penale, rilevava che nel Collegio vi erano due magistrati ordinari  e
 un  avvocato, esercente nel circondario dello stesso Tribunale, nella
 qualita' di vice pretore onorario.  Per  questo  caso  sollevava,  in
 riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, 101, secondo comma, e 108,
 secondo   comma,   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale del combinato disposto degli artt. 32 e 105 del  regio
 decreto   30   gennaio  1941,  n.  12  (Ordinamento  giudiziario),  e
 successive modificazioni;
     che,  in  ragione  di  alcune  situazioni   di   incompatibilita'
 esistenti  nell'ufficio,  non  sarebbe  stato possibile formare alcun
 collegio giudicante diverso  da  quello  rimettente,  e  pertanto  si
 sarebbe reso inapplicabile l'art. 97 dell'ordinamento giudiziario;
     che  la  presenza nel collegio di un vice pretore onorario, nella
 persona  di  un  avvocato  esercente  la  professione   forense   nel
 circondario  di  Saluzzo,  situazione consentita dagli artt. 32 e 105
 censurati, sarebbe  in  contrasto  con  i  principi  di  razionalita'
 normativa  e  di  ragionevolezza;  che sussisterebbe, in particolare,
 un'insuperabile e ingiustificata contraddittorieta' fra la previsione
 di cui al combinato disposto di detti  articoli  e  quella  contenuta
 nell'art. 8-bis della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del
 giudice  di  pace),  introdotto  dall'art.  11,  comma 2, del d.-l. 7
 ottobre 1994, n. 571 (Modificazioni delle leggi 21 novembre 1991,  n.
 374,  istitutiva  del  giudice  di  pace, e 26 novembre 1990, n. 353,
 concernente  provvedimenti   urgenti   per   il   processo   civile),
 convertito,  con  modificazioni, nella legge 6 dicembre 1994, n. 673:
 disposizione con cui si vieta agli avvocati, che svolgono le funzioni
 di giudice di pace, l'esercizio  della  professione  forense  dinanzi
 alla   "giudicatura"   alla   quale  appartengono;  che,  invero,  il
 tormentato iter legislativo avrebbe previsto inizialmente un  confine
 territoriale  ancora piu' ampio, non consentendo l'originario art. 8,
 comma 2, della legge n. 374 del 1991  l'esercizio  della  professione
 forense   all'avvocato  nominato  giudice  di  pace  nell'ambito  del
 distretto di appartenenza, per poi restringerlo  al  circondario  del
 tribunale  con  l'art. 6 del d.-l. 16 dicembre 1993, n. 521, decaduto
 per  mancata  conversione,  successivamente  reiterato,  e  limitato,
 infine,  alla  sola  circoscrizione dell'ufficio del giudice di pace,
 con  l'abrogazione  dell'art.  8, comma 2, della citata legge n. 374;
 che tale innovazione si giustificherebbe in ragione del  superiore  e
 fondamentale     interesse     dell'ordinamento    all'autonomia    e
 all'indipendenza  della  magistratura,  garantito  dagli  artt.  101,
 secondo  comma,  e 104, primo comma, della Costituzione; che, invece,
 esso verrebbe compromesso ove si dia la possibilita' a un avvocato di
 essere, nel contempo, giudice in una causa e difensore  in  un'altra,
 con  una  commistione  fra  interessi  pubblici e privati; che non si
 comprenderebbe, rispetto alla previsione dell'art.  8-bis della legge
 n. 374 del 1991, la diversita'  del  trattamento  riservato  ai  vice
 pretori  dall'art. 32 dell'ordinamento giudiziario, il quale consente
 agli avvocati, che esercitano la professione, di essere nominati vice
 pretori  e  di  sedere,  in  forza  dell'art.  105   dell'ordinamento
 giudiziario,  quali  giudici  a  latere  in  tribunale; che il limite
 territoriale all'esercizio della professione forense sarebbe  imposto
 dalla  legge  per  le cause minori e meno complesse, ma nessun limite
 sarebbe posto, inspiegabilmente, al  professionista  che,  come  vice
 pretore   onorario,   sia  componente  d'un  collegio  di  tribunale,
 competente  a  giudicare  materie  di  notevole  rilevanza;  che   si
 tratterebbe  di  un'ingiustificata  irragionevolezza sopravvenuta nel
 sistema normativo volto  a  disciplinare  la  magistratura  onoraria:
 irragionevolezza  dovuta  alla  concomitante  presenza  di  una norma
 (l'art.   8-bis  della  legge  n.  374  del  1991)  che  realizza  la
 finalita', perseguita dall'art. 104, primo comma, della Costituzione,
 e   di   un'altra  (il  combinato  disposto  degli  artt.  32  e  105
 dell'ordinamento giudiziario) che, viceversa, e' in contrasto con  la
 suddetta,  essenziale,  finalita';  che  ne  discenderebbe, altresi',
 un'ingiustificata disparita' di trattamento fra avvocati che svolgono
 le funzioni di giudice di pace e avvocati che rivestono la  qualifica
 di vice pretori onorari, dal momento che soltanto i primi subirebbero
 una  significativa  limitazione  territoriale  per  l'esercizio della
 propria attivita'  professionale;  che,  in  secondo  luogo,  sarebbe
 violato il principio di imparzialita', desumibile dall'art. 97, primo
 comma,  della  Costituzione, estensibile anche agli uffici giudiziari
 (riferimento alla sentenza n. 18 del 1989); che  la  presenza  in  un
 collegio  giudicante di un avvocato, il quale eserciti la professione
 nella   medesima   circoscrizione   giudiziaria    dell'ufficio    di
 appartenenza, legittimerebbe seri dubbi su possibili "contaminazioni"
 del  giudice  onorario  e sulla sua collocazione super partes; che un
 terzo profilo di  illegittimita'  costituzionale  conseguirebbe  alla
 violazione del principio di indipendenza del giudice, di cui all'art.
 101,  secondo comma, della Costituzione (riferimento alle sentenze n.
 100 del 1981 e 123 del 1970);
     che non sarebbe sufficiente il mero richiamo agli istituti  posti
 a  garanzia dell'imparzialita' del giudice, quali l'incompatibilita',
 l'astensione e la  ricusazione,  giacche'  sarebbe  stato  lo  stesso
 legislatore  a  dubitare  dell'efficacia di tali cautele introducendo
 nell'ordinamento l'art. 8-bis della legge n. 374 del 1991;
     che  quest'ultima  prevedeva  espressamente  l'applicabilita'  ai
 giudici  di  pace della disciplina dell'astensione ai sensi dell'art.
 51 del codice di procedura civile;
     che, se tale istituto fosse stato  ritenuto  sufficiente,  l'art.
 8-bis sarebbe stato del tutto superfluo;
     che,  infine,  sarebbe riscontrabile una violazione del principio
 di indipendenza degli estranei  che  partecipano  all'amministrazione
 della  giustizia,  fra  i  quali  andrebbero  ricompresi anche i vice
 pretori  onorari,  ai  sensi  dell'art.  108,  secondo  comma,  della
 Costituzione;
     che,  d'altronde,  il Consiglio superiore della magistratura, con
 la recente circolare relativa ai criteri per la nomina e la  conferma
 dei  vice  pretori  onorari  per  il triennio 1998-2000, ha disposto,
 all'art. 11, lettera m), che l'avvocato  interessato  alla  nomina  a
 vice pretore onorario deve impegnarsi a non esercitare la professione
 forense davanti alla pretura presso cui chiede di essere nominato (ma
 non anche davanti al tribunale);
     che,   pertanto,  il  Tribunale  ha  sollevato  la  questione  di
 legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt.  32  e
 105  del regio decreto n. 12 del 1941, nella parte in cui non prevede
 che gli avvocati, i quali siano nominati vice pretori onorari  e,  in
 quanto  tali,  siano  delegati  a  ricoprire la funzione di giudice a
 latere del tribunale, non possano esercitare la  professione  forense
 dinanzi al tribunale cui appartengono;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato,  concludendo  per
 l'infondatezza;   che,  ad  avviso  dell'Avvocatura,  l'ordinanza  di
 rimessione  non  distingue  tra  funzioni   giurisdizionali   proprie
 dell'organo e funzioni esercitate in qualita' di delegati o sostituti
 del   titolare;   che,   mentre   il  giudice  di  pace  ha  funzioni
 giurisdizionali  proprie,  il  vice  pretore  espleterebbe   funzioni
 delegate   ai   sensi  dell'art.    37  della  legge  di  ordinamento
 giudiziario; che tale differenza sarebbe invece  fondamentale,  tanto
 da  giustificare  il diverso trattamento in tema di incompatibilita';
 che, del resto, anche il giudice conciliatore, altro giudice onorario
 titolare di funzioni giurisdizionali proprie, era soggetto al divieto
 di assistenza professionale, ai sensi  dell'art.  27  abrogato  dalla
 legge  n.  374 del 1991; che, invero, l'applicazione dei vice pretori
 in tribunale, per il suo  carattere  temporaneo  ed  eccezionale,  fu
 ritenuto costituzionalmente non illegittimo con la sentenza n. 99 del
 1964; che non potrebbe essere ulteriormente valorizzata la previsione
 contenuta  nella legge n. 374 del 1991, poiche' essa era condizionata
 da un'impostazione tendente a reclutare  il  giudice  di  pace  nella
 "terza  eta'",  cioe'  fra  coloro  che si potessero dedicare a tempo
 pieno alle funzioni onorarie e non,  dunque,  fra  gli  avvocati  che
 esercitano  l'attivita'  professionale,  mentre  proprio per siffatta
 ragione  la  legge  avrebbe  progressivamente   ridotto   il   regime
 dell'incompatibilita' territoriale;
     che,  da  ultimo,  la  legge  16  luglio 1997, n. 254, successiva
 all'ordinanza di rimessione, ha conferito la delega al Governo per la
 soppressione della pretura e l'istituzione del  tribunale  -  giudice
 unico,  per  cui  e'  da  attendersi, nel quadro di tale modifica, un
 ampio  ripensamento  pure  per  quanto  attiene   alla   magistratura
 onoraria,  ivi  compresa la questione dell'incompatibilita' di coloro
 che vi appartengono;
     che sarebbe da  prevedere,  altresi',  un  coordinamento  con  la
 figura  del  giudice  aggregato  di cui alla legge 22 luglio 1997, n.
 276.
   Considerato   che  ritorna  all'esame  della  Corte  il  dubbio  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 32 e 105 del regio decreto 30
 gennaio  1941,  n.  12  (Ordinamento   giudiziario),   e   successive
 modificazioni,  in  quanto  si  assume che il loro combinato disposto
 contrasta con gli artt. 3, 97, primo comma,  101,  secondo  comma,  e
 108, secondo comma, della Costituzione;
     che  la  questione  e'  gia'  stata dichiarata non fondata con le
 sentenze n. 71 del 1971 e n. 99 del 1964 (rispettivamente,  scrutinio
 dell'art. 32 e dell'art. 105);
     che  l'ordinanza  di  rimessione  propone  il  vaglio  delle  due
 disposizioni con riferimento a molteplici vicende  normative  (l'art.
 8-bis   della   legge   n.   374   del   1991,   con   la  disciplina
 dell'incompatibilita' funzionale per  i  giudici  di  pace  esercenti
 l'avvocatura,  in  modi  diversi,  a  seconda del testo contenuto nei
 decreti-legge nn. 521 e 571 del 1994 e nella legge di conversione  n.
 673  del  1994,  che ne ha modificato il tenore, nonche' le circolari
 del CSM con riguardo alla nomina e alla  conferma  dei  vice  pretori
 onorari),    vicende    normative   tutte   afferenti   al   problema
 dell'incompatibilita' tra le funzioni giudicanti e quelle legali;
     che,   comunque,   la   circolare   del   CSM,   indicata    come
 insoddisfacente  soluzione  del  problema  che  scaturisce  dalle due
 disposizioni  censurate,  contiene   una   risposta   sostanzialmente
 riduttiva  della  liberta' incondizionata di esercizio professionale,
 tanto piu'  valida  se  si  consideri  che  l'art.  245  del  decreto
 legislativo  19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione
 del giudice unico di primo grado), limita le disposizioni concernenti
 la magistratura onoraria presso il nuovo giudice (che ha assorbito la
 morente figura del vice pretore onorario) a "non  oltre  cinque  anni
 dalla data di efficacia" del decreto;
     che,   pertanto,   la  questione  appare  perplessa,  poiche'  il
 rimettente mostra di chiedere cio' che  si  riconosce  come  in  gran
 parte   gia'  sussistente  (sulla  base  della  normativa  secondaria
 richiamata), senza che a quello vigente venga  contrapposto  uno  dei
 tanti   possibili  regimi  dell'incompatibilita'  in  modo  chiaro  e
 univoco;
     che,  pertanto,  la  questione   va   dichiarata   manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  del combinato disposto degli artt. 32 e
 105  del  regio  decreto  30  gennaio  1941,   n.   12   (Ordinamento
 giudiziario),  e  successive modificazioni, sollevata, in riferimento
 agli artt. 3, 97, primo comma, 101, secondo  comma,  e  108,  secondo
 comma,  della  Costituzione, dal Tribunale di Saluzzo con l'ordinanza
 in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 1 giugno 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 9 luglio 1998.
                       Il cancelliere: Fruscella
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