N. 315 ORDINANZA 9 - 22 luglio 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Corte  dei  Conti  -  Giudizio di responsabilita' amministrativa per
 danno all'erario - Incompatibilita' del giudice - Mancata  previsione
 del dovere di astensione per il giudice che abbia gia' conosciuto dei
 fatti  di causa in una fase precedente a quella di merito - Questione
 gia' ritenuta non fondata dalla Corte con sentenza n. 326 del 1997  e
 manifestamente  infondata  con  ordinanza n. 193 del 1998 - Manifesta
 infondatezza.
 
 (C.P.C., art. 51).
 
 (Cost., art. 24, secondo comma).
 
(GU n.35 del 2-9-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici: prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA,  prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 51  del  codice
 di  procedura  civile  promosso con ordinanza emessa il 4 giugno 1997
 dalla  Corte  dei  conti,  Sezione  giurisdizionale  per  la  regione
 Siciliana,  nel  giudizio  di  responsabilita'  a  carico di Cardella
 Francesco ed altri, iscritta al n. 848 del registro ordinanze 1997  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 50, prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  1  luglio  1998  il  giudice
 relatore Massimo Vari.
   Ritenuto  che  la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per
 la regione Siciliana - nel corso di un  giudizio  di  responsabilita'
 amministrativa nei confronti di taluni presunti responsabili di danno
 erariale - ha sollevato, con ordinanza del 4 giugno 1997 (iscritta al
 r.o.  n.  848  del  1997),  questione  di legittimita' costituzionale
 dell'art. 51 del codice di procedura civile per contrasto con  l'art.
 24, secondo comma, della Costituzione;
     che  il  giudice  a  quo  -  premesso  che  alcuni componenti del
 collegio chiamato a giudicare sul  merito  della  controversia  hanno
 fatto  parte,  in  precedenza,  del  collegio  investito  del reclamo
 proposto dal Procuratore regionale avverso il  provvedimento  con  il
 quale il giudice designato ai sensi dell'art. 5 del d.-l. 15 novembre
 1993,  n.  453  (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo
 della Corte dei conti), convertito, con modificazioni, nella legge 14
 gennaio  1994,  n.  19,  aveva  revocato  il  sequestro  conservativo
 concesso,  a suo tempo, dal Presidente della Sezione nei confronti di
 taluni dei convenuti - dubita della conformita' a Costituzione  della
 disposizione  censurata  "laddove  limita il dovere di astensione del
 giudice alle ipotesi di previa conoscenza della causa in altro  grado
 del processo e non anche nel caso in cui egli ne abbia conosciuto per
 aver adottato un provvedimento d'urgenza nella fase cautelare";
     che,  ad avviso del rimettente, le considerazioni formulate dalla
 giurisprudenza costituzionale nell'ambito del processo penale (ed  in
 particolare  con  la  sentenza  n.  432  del  1995),  in relazione al
 concetto della c.d. "forza della prevenzione" ed alla  sua  incidenza
 negativa sul principio di terzieta' del giudice, possono trasfondersi
 nel  campo  del  processo  civile,  "le  cui  norme sono direttamente
 applicabili al processo contabile";
     che, difatti, la concessione di un  provvedimento  cautelare  non
 puo'  - secondo l'ordinanza - prescindere dall'esistenza di una prova
 indiziaria,  cosi'  come  l'accertamento  del   fumus   boni   iuris,
 "attenendo   a   circostanze   afferenti   al   merito  della  futura
 controversia", impone una valutazione "contenutistica" ai fini  della
 concessione o meno del provvedimento richiesto;
     che, pertanto, la mancata previsione del dovere di astensione per
 il  giudice "che abbia gia' conosciuto dei fatti di causa in una fase
 precedente a quella di merito...rischia di compromettere  i  principi
 del  giusto processo e di imparzialita' del giudice", comportando, di
 conseguenza, la lesione del diritto di difesa salvaguardato dall'art.
 24, comma secondo, della Costituzione;
     che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 chiedendo "che la Corte  dichiari  inammissibile  e  non  fondata  la
 questione sollevata" dalla Sezione giurisdizionale rimettente.
   Considerato  che  questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo di ritenere,
 nell'ambito  del  processo  civile,  non  fondata  la  questione   di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 51 cod. proc. civ. nella parte
 in cui non impone l'obbligo di astensione al giudice della  causa  di
 merito  che  abbia  concesso  un  provvedimento d'urgenza ante causam
 (sentenza  n.  326  del  1997;  successivamente,  per  la   manifesta
 infondatezza, vedi ordinanza n.  193 del 1998);
     che,  a  tal  riguardo,  sono  state  evidenziate,  tra  le altre
 ragioni,  la  non  estensibilita'  alla  giurisdizione  civile  della
 giurisprudenza   formatasi   sul   processo  penale  e,  soprattutto,
 l'assenza di identita' di res iudicanda tra il giudizio di merito  ed
 il giudizio espresso sulla domanda cautelare;
     che,  inoltre, proprio in riferimento a quest'ultimo giudizio, si
 e' ritenuto che lo stesso non porta  ad  esprimere  una  "valutazione
 contenutistica",  ma lascia "assolutamente irrisolto il quesito circa
 l'esito finale del giudizio", in  quanto  non  "anticipa  affatto  la
 decisione  del  merito,  mirando  solo  a tutelare temporaneamente un
 preteso  diritto,  onde  salvaguardarlo  dal  pregiudizio  grave   ed
 irreparabile,  ravvisato  sulla base di una valutazione provvisoria e
 di semplice verosimiglianza";
     che potendosi estendere la sopra evidenziata ratio decidendi alla
 situazione segnalata dall'ordinanza di rimessione,  la  questione  di
 costituzionalita' sollevata dal giudice a quo - non trovando supporto
 in  argomenti  o profili che non siano stati gia' oggetto di esame da
 parte di questa Corte - va dichiarata manifestamente infondata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  51  del  codice   di   procedura   civile,
 sollevata,   in   riferimento   all'art.  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione, dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per
 la regione Siciliana con l'ordinanza in epigrafe indicata.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1998.
                        Il Presidente: Vassalli
                          Il redattore: Vari
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 22 luglio 1998.
                       Il cancelliere: Fruscella
 98C0917