N. 34 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 agosto 1998

                                 N. 34
 Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
 cancelleria il 6 agosto 1998 (del Presidente della regione siciliana)
 Gioco  e scommessa, concorsi pronostici - Corse di cavalli - Riordino
    della   disciplina   organizzativa,   funzionale   e   fiscale   -
    Disposizioni  per  l'accettazione delle scommesse - Applicabilita'
    di sanzioni pecuniarie, in caso di contravvenzione  ai  prescritti
    divieti  -  Devoluzione allo Stato dei relativi proventi - Lesione
    dell'autonomia finanziaria della Regione siciliana - Richiamo,  in
    particolare, alla sentenza della Corte costituzionale n. 84/1968.
 (D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169, art. 6, comma 9).
 (Statuto  regione  Sicilia,  art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074,
    art. 3).
(GU n.38 del 23-9-1998 )
   Ricorso del Presidente della regione  siciliana  pro-tempore  on.le
 dott. Giuseppe Drago, autorizzato a ricorrere con deliberazione della
 Giunta  regionale  n. 230 del 29 luglio 1998, rappresentato e difeso,
 sia congiuntamente che disgiuntamente dall'avv.  Giovanni  Lo  Bue  e
 dall'avv.  Laura  Ingargiola  ed  elettivamente  domiciliato  in Roma
 nell'ufficio della regione siciliana di via Marghera, n.  36,  giusta
 procura a margine del presente atto;
   Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  pro-tempore,
 domiciliato per la carica a Roma presso gli uffici  della  Presidenza
 del  Consiglio  dei  Ministri,  Palazzo  Chigi  e  difeso  per  legge
 dall'Avvocatura dello Stato;
   Per la dichiarazione di incostituzionalita' in parte qua  dell'art.
 6,  comma  9,    del  d.P.R.  8 aprile 1998, n. 169, pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana  n.  125  del  1  giugno
 1998,  serie  generale,  per  violazione  dell'art.  3, del d.P.R. 26
 luglio 1965, n. 1074, recante  "Norme  di  attuazione  dello  statuto
 della   regione  siciliana  in  materia  finanziaria",  in  relazione
 all'art. 36 dello statuto siciliano.
                            P r e m e s s e
   Con decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998,  n.  169
 (Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana n. 125 del 1 giugno
 1998), e' stato emanato il regolamento recante norme per il  riordino
 della  disciplina  organizzativa,  funzionale  e fiscale dei giochi e
 delle scommesse relative alle  corse  dei  cavalli,  nonche'  per  il
 riparto dei relativi proventi.
   L'art.  6  di  tale  decreto,  in particolare, formula una serie di
 prescrizioni e divieti, prevedendo ad un  tempo  l'irrogazione  e  il
 relativo  ammontare  (tra  un  minimo  ed  un massimo) delle sanzioni
 pecuniarie.   Il comma 9 del richiamato  art.  6  prevede  in  ultimo
 testualmente che "la competenza ad irrogare le sanzioni pecuniarie di
 cui al presente articolo e' attribuita al prefetto ed i proventi sono
 devoluti allo Stato".
   Tale  disposizione, nella parte in cui prevede che i proventi delle
 suddette  sanzioni  pecuniarie  "sono  devoluti   allo   Stato".   e'
 palesemente  incostituzionale  in  quanto  lesiva  delle  prerogative
 spettanti alla regione siciliana nella materia per i seguenti  motivi
 di
                             D i r i t t o
   Violazione  dell'art. 3 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante
 norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in  materia
 finanziaria - violazione dell'art. 36 dello statuto siciliano.
   Dal  combinato  disposto degli articoli 2 e 3, del d.P.R. 26 luglio
 1965, n. 1074, si  evince  con  estrema  chiarezza  che    l'ampia  e
 assoluta   competenza   regionale   a  riscuotere  tutte  le  entrate
 tributarie (art.   2), ivi comprese le  entrate  accessorie,  nonche'
 (art.  3)  tutte  le  entrate derivanti dall'applicazione di sanzioni
 pecuniarie  da  qualsiasi  fonte  provengano  e   comunque   riscosse
 nell'ambito del territorio regionale.
   Si  fa  notare,  in proposito, che laddove il legislatore ha voluto
 escludere la competenza regionale a riscuotere  determinare  entrate,
 lo   ha   previsto   espressamente,   enumerando   tassativamente  ed
 analiticamente le entrate riservate  all'erario  statale,  come  puo'
 agevolmente  evincersi dallo stesso secondo comma dell'art. 2, d.P.R.
 n. 1074/1965 citato e dalle tabelle annesse.
   Le sanzioni previste nell'art. 6 del piu'  volte  citato  d.P.R.  8
 aprile  1998,  n  169,  sono,  invero,  collegate ad un comportamento
 oggettivo di contravvenzione ad un divieto e la  circostanza  che  la
 relativa   potesta'  sanzionatoria  sia  attribuita  allo  Stato  non
 refluisce   sulla   spettanza  dei  relativi  proventi  riscossi  nel
 territorio  della  regione  siciliana,  non  potendosi  invocare   il
 parallelismo  tra  potesta'  sanzionatoria  e  spettanza del relativo
 provento.
   Tale principio e'  stato,  peraltro,  autorevolmente  affermato  da
 codesta  ecc.ma  Corte  Costituzionale  con  la  sentenza n. 84 del 5
 luglio  1968,  con  la   quale   pur   riconoscendosi   la   potesta'
 sanzionatoria    dello   Stato   (nella   specie   per   il   tramite
 dell'Intendenza di finanza) e'  stato  confermato  il  diritto  della
 regione  siciliana ad incamerare il provento derivante dall'esercizio
 del suddetto potere sanzionatorio ai sensi dell'art. 3 del d.P.R.  n.
 1074/1965,  che  riserva  alla  regione  il gettito proveniente dalle
 sanzioni (tutte) riscosse nell'ambito del suo territorio. Sotto  tale
 profilo  l'ampiezza  dell'attribuzione  e'  tale  da  escludere  ogni
 limitazione  derivante  dall'eventuale  riserva  allo   Stato   della
 competenza per materia.
   Infatti,  per determinare il soggetto cui spettino i proventi delle
 sanzioni amministrative riscosse nel  territorio  della  regione  non
 puo'  che farsi riferimento pregiudizialmente a quanto disposto dalle
 norme di attuazione approvate con il richiamato d.P.R. n.  1074/1965,
 il cui art. 3 ricomprende espressamente tra le entrate spettanti alla
 regione  "quelle  derivanti  dall'applicazione di sanzioni pecuniarie
 amministrative e penali".
   In  proposito  si  rileva  che,  tenuto  conto  della  funzione   e
 dell'oggetto  delle norme di attuazione, nonche' della loro posizione
 nella gerarchia e  nel  sistema  delle  fonti,  l'attribuzione  dalle
 stesse operata - finalizzata a concretizzare i principi autonomistici
 statutariamente  garantiti mediante l'assegnazione di entrate proprie
 o devolute che consentano alla regione l'esercizio  delle  competenze
 alla  stessa  ascritte  - non risulta derogabile neppure da una legge
 ordinaria dello Stato (cfr. Corte  costituzionale,  sentenza  n.  380
 dell'11  dicembre  1997)  in  virtu'  della prevalenza delle norme di
 attuazione, in qualita' di norme di  rango  subcostituzionale,  sulla
 legge statale.
   Va, altresi', chiarito che la devoluzione alla regione dei proventi
 derivanti  dall'applicazione  di sanzioni amministrative trova il suo
 fondamento non in una correlazione tra le sanzioni e  la  materie  di
 competenza, nel cui ambito siano irrogate, bensi' nel principio della
 territorialita'  della riscossione ai fini della determinazione della
 spettanza delle entrate.
   Ed invero, va considerato che il piu' volte richiamato art.  3  del
 d.P.R.  26  luglio  1965,  n.  1074,  non  si  limita  ad  attribuire
 all'erario  regionale  le  entrate  derivanti  dall'applicazione   di
 sanzioni  pecuniarie  amministrative,  ma  anche  quelle derivanti da
 sanzioni pecuniarie penali.  Ora,  rilevato  che  in  materia  penale
 nessuna  competenza  puo' essere ascritta alla regione, restando essa
 integralmente riservata allo Stato, ne consegue che, per  determinare
 il soggetto al quale le stesse sono devolute, non puo' utilizzarsi il
 parametro  della  competenza in ordine alle materie nel cui ambito le
 diverse sanzioni sono irrogate.
   In  altri  termini,  per  quanto  concerne  le  sanzioni   riscosse
 nell'ambito  del  territorio  della  regione  siciliana,  deve aversi
 esclusivo riguardo al luogo della riscossione.
   Alla   stregua   delle  superiori  considerazioni  la  disposizione
 contenuta nell'art. 6,  comma  9,  del  d.P.R.  n.  169/1998,  appare
 pertanto  palesemente  lesiva  della  speciale  autonomia finanziaria
 garantita alla regione siciliana dallo statuto speciale (art.  36)  e
 dalle relative norme di attuazione.
                                P.Q.M.
    Si   chiede   che   l'ecc.ma   Corte   dichiari   l'illegittimita'
 costituzionale della disposizione  irnpugnata,  nella  parte  in  cui
 prevede  che  i  relativi  proventi  siano  devoluti  allo Stato, per
 contrasto con l'art. 36 dello statuto siciliano  e  con  le  relative
 norme  di  attuazione  in  materia  finanziaria  e, segnatamente, con
 l'art. 3 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074.
   Si depositano col presente atto:
     1)  autorizzazione  a  ricorrere  (deliberazione   della   Giunta
 regionale n. 230 del 29 luglio 1998);
     2)  copia del d.P.R. 8 aprile 1998, n. 169, in Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica italiana n. 125 del 1 luglio 1998.
      Palermo-Roma, addi' 29 luglio 1998
             Avv. Laura Ingargiola - avv. Giovanni Lo Bue
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