N. 658 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 maggio 1998
N. 658 Ordinanza emessa il 28 maggio 1998 dal tribunale, sezione per il riesame, di Genova sull'appello proposto da Nuredini Bujar Processo penale - Misure cautelari personali - Imputato sottoposto alla misura della custodia cautelare nella fase predibattimentale - Obbligo per il giudice del dibattimento di procedere, nelle forme camerali di cui all'art. 469 c.p.p., ad interrogatorio immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'esecuzione della custodia - Mancata previsione - Lamentata omessa previsione, altresi', di perdita di efficacia della misura in caso di inosservanza di detto obbligo - Violazione del principio di eguaglianza - Lesione del diritto di difesa. (C.P.P. 1988, artt. 469, comb. disp., 294 e 302). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.39 del 30-9-1998 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza; Visto l'appello proposto in data 7 maggio 1998 nell'interesse di Nuredini Bujar avverso l'ordinanza del tribunale di Genova, in data 27 aprile 1998, con cui veniva rigettata l'istanza di declaratoria di estinzione della custodia cautelare in carcere - disposta dal g.i.p. presso lo stesso tribunale con ordinanza 7 maggio 1997 - per il mancato esperimento dell'interrogatorio nei termini di cui all'art. 294 c.p.p., rispetto alla cattura del Nuredini avvenuta in data 13 febbraio 1998; Udite le conclusioni della difesa, sciogliendo la riserva; Premesso che l'appellante e' stato colpito dall'ordinanza di custodia in quanto imputato (rinviato a giudizio in data 22 ottobre 1997) per i reati di porto illegittimo d'arma da fuoco e di tentato omicidio volontario ai danni di due connazionali; che il Nuredini e' stato catturato il 13 febbraio 1998, cioe' in una data successiva al rinvio a giudizio e precedente l'inizio del dibattimento (27 aprile 1998), e nei cinque giorni successivi non e' stato interrogato da alcun giudice; Rilevato che a motivo dell'appello la difesa deduce: a) l'omesso interrogatorio - c.d. di garanzia - del Nuredini a sensi e nei termini dell'art. 294 c.p.p., nel testo risultante a seguito della sentenza n. 77/1997 della Corte costituzionale: con tale pronuncia la Corte ha infatti ritenuto l'illegittimita' della predetta norma nella parte in cui non prevede che, fino alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, il giudice proceda all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque entro cinque giorni dalla data di esecuzione della custodia; la Corte ha inoltre ritenuto, con la sentenza in esame, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 302 c.p.p. nella parte in cui limita la sanzione d'inefficacia, conseguente al mancato esperimento dell'interrogatorio di garanzia nei termini di cui all'art. 294 c.p.p., alla custodia cautelare disposta nella fase delle indagini preliminari; b) la violazione dell'obbligo previsto dall'art. 302 cit. - nel testo risultante dalla predetta statuizione della Corte - di esperire il predetto interrogatorio in ogni fase processuale, indipendentemente dal momento di emissione dell'ordinanza custodiale; c) la conseguente perdita di efficacia della misura in atto; d) l'erronea interpretazione delle citate norme adottata nell'impugnata ordinanza, che rigetta l'istanza di cui in epigrafe ritenendo l'inapplicabilita' alla fase successiva alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento del nuovo dettato degli artt. 294 e 302 c.p.p., in quanto il dibattimento garantisce comunque all'imputato il diritto al contraddittorio e il diritto di difesa sugli elementi di fatto sottesi alla misura coercitiva; che la difesa conclude chiedendo la declaratoria di estinzione della misura per le ragioni illustrate e, in via subordinata, deducendo il contrasto tra l'art. 294 c.p.p., come interpretato nell'appellata ordinanza, e gli artt. 3 e 24 Cost., per la disparita' di trattamento che verrebbe riservata all'imputato arrestato non prima ma dopo la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento; Ritenuto che con riferimento alla domanda proposta in via principale l'appello appare infondato, in quanto: 1) l'art. 294 c.p.p. prevedeva l'obbligo dell'interrogatorio di garanzia della persona in stato di custodia cautelare, entro termini perentori dall'inizio dell'esecuzione della misura, fino al momento di chiusura delle indagini preliminari ("Nel corso delle indagini preliminari ... il giudice procede all'interrogatorio ..."), al fine di valutare la permanenza delle condizioni di applicabilita' e delle esigenze cautelari giustificanti la misura; 2) correlativamente l'art. 302 c.p.p. prevedeva che la custodia perdesse immediatamente efficacia in caso di omesso esperimento dell'interrogatorio nei termini di cui all'art. 294 c.p.p., norma in cui viene ora sostituito il limite temporale; 3) la citata sentenza della Corte costituzionale ha, infatti, esteso l'obbligo di interrogatorio ex art. 294 fino al momento in cui gli atti vengono trasmessi al giudice del dibattimento, e conseguentemente ha modificato il riferimento temporale contenuto nell'art. 302 e come richiamato sub 2). Quest'ultima disposizione, e cioe' la predetta sanzione d'inefficacia della misura, deve ora ritenersi applicabile in ogni caso in cui l'interrogatorio non segua nei termini di cui all'art. 294, con riferimento ad una custodia cautelare iniziata fino al momento di trasmissione degli atti al giudice del dibattimento (cosi' deve intendersi il punto 12 della predetta sentenza che esplicitamente richiama la necessita' di adattare l'art. 302 "alla nuova configurazione normativa dell'art. 294"); 4) alla predetta decisione la Corte perviene ritenendo violati l'art. 3 e l'art. 24 Cost. con riferimento alla disparita' di trattamento tra l'indagato colpito da custodia cautelare nel corso delle indagini preliminari - cui spetta il diritto di entrare in tempi stretti a contatto col giudice che deve valutare la legittimita' dello status custodiae - e l'indagato fatto oggetto della stessa misura in momento successivo alla chiusura delle indagini; che di analogo diritto si vede privato, non essendo equiparabili alle garanzie offerte al primo, quelle dell'udienza preliminare, che segue in tempi piu' ampi e prevede l'interrogatorio dell'indagato a fini diversi di quelli contemplati dall'art. 294 (con specifico riferimento all'obbligo di valutazione della permanenza di esigenze cautelari); 5) l'effetto normativo diretto della pronuncia della Corte consiste dunque nell'imporre l'interrogatorio dell'imputato anche nella fase compresa tra la richiesta di rinvio a giudizio e l'udienza preliminare, ferma restando la competenza dell'organo giudiziario (il g.i.p.) indicato nell'art. 294 c.p.p.; ma quando il g.i.p. si sia spogliato della competenza con la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, nessuna disposizione legislativa comporta, allo stato, garanzie analoghe a quelle previste dal citato art. 294, per cui non sarebbe possibile un'implicita estensione della sanzione di cui all'art. 302 a un momento successivo a quello della trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, come sostiene invece la difesa del Nuredini; che pertanto il relativo motivo di appello non puo' essere accolto, non potendosi desumere da alcuna norma vigente un effetto di caducazione della misura cautelare eseguita contro il Nuredini; che neppure la questione di legittimita' costituzionale del citato art. 294, sollevata in linea subordinata dalla difesa con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., appare sostenibile; infatti essa comporterebbe, in quanto riferita alla previsione dell'art. 294 c.p.p., una proroga della competenza del g.i.p. a provvedere all'interrogatorio, anche in una fase in cui tale organo giudiziario non e' piu' giudice naturale, avendo esaurita la sua funzione con la decisione di rinvio a giudizio dell'imputato; che tuttavia il tribunale ritiene che la normativa vigente si presti, per le ipotesi in cui la privazione della liberta' abbia inizio nella fase delle indagini preliminari, ad un rilievo di incostituzionalita' che e' necessario sottoporre - di ufficio - al vaglio del giudice delle leggi. Infatti la diversita', nelle varie fasi processuali, della struttura dell'organo giudicante e del procedimento finiscono per assicurare il contatto tra l'imputato catturato ed il suo giudice con sistemi diversi, ma egualmente efficaci, tanto nella fase delle indagini preliminari ed in quella precedente alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento quanto nella fase dibattimentale vera e propria: al primo di questi due periodi temporali presiede il g.i.p., nelle forme di cui all'art. 294 c.p.p., al secondo arco temporale presiede il giudice del dibattimento, con il quale e' sempre assicurato all'imputato ogni facolta' di comunicare immediatamente e liberamente, nelle forme di cui all'art. 294 c.p.p., con ogni possibilita' di difesa in merito ad ogni possibile questione, in un regime di piena cognizione delle fonti e degli elementi di prova a suo carico, e dunque con possibilita' di difesa anche in ordine alla misura cautelare adottata; che per l'imputato catturato nella fase predibattimentale, invece, non vi e' previsione normativa che ne imponga l'interrogatorio da parte del giudice (collegiale o monocratico che sia), ne' vi e' la possibilita' di un diretto ed immediato contatto nelle forme proprie del dibattimento. La sola previsione normativa relativa alla fase predibattimentale, che preveda un obbligo di intervento per il giudice del dibattimento prima dell'apertura dello stesso, e' in realta' l'art. 469 c.p.p., il quale fa obbligo al giudice di deliberare, in una camera di consiglio appositamente convocata, il proscioglimento dell'imputato in tutti i casi in cui tale necessita' emerga dagli atti. Si tratta palesemente di una norma di garanzia, nella quale la struttura processuale e' stata adattata alla necessita' funzionale di una pronuncia anticipata, con lo strumento del rito camerale adottato anche di ufficio; che una analoga convocazione del giudice del dibattimento in camera di consiglio, anche di ufficio, sarebbe ben possibile anche per procedere all'interrogatorio dell'imputato, catturato in quella fase, negli stessi termini e con le stesse sanzioni previste negli artt. 294 e 302; che il legislatore non lo abbia previsto, integra ad avviso di questo tribunale una lacuna non inevitabile, che comporta una indubbia compressione d diritto di difesa del catturato in ordine alle problematiche relative alla misura cautelare posta in esecuzione, con un trattamento meno favorevole sia dell'indagato durante le indagini, sia dello stesso imputato che venga catturato o prima dell'udienza preliminare o dopo l'apertura del dibattimento; che pertanto il tribunale ritiene non manifestamente priva di fondamento la questione se tale omissione normativa (riferibile al combinato disposto tra gli artt. 294, 469 e 302 c.p.p.), sia compatibile con i principi costituzionali dell'uguaglianza nella effettivita' della difesa nel processo (contenuto negli artt. 3 e 24 della Costituzione), che deve essere dunque sottoposta al giudizio di pregiudizialita' costituzionale; che tale vaglio di costituzionalita' appare rilevante per ogni decisione spettante sia a questo tribunale del riesame sia al tribunale dibattimentale in ordine all'efficacia della custodia cautelare disposta per Nuredini Bujar dal g.i.p. presso lo stesso tribunale con ordinanza 7 maggio 1997. Sebbene la perentorieta' dei termini imponga a questa sezione una decisione immediata di rigetto dell'appello, per necessaria conformita' alla normativa vigente, va osservato che le decisioni sulla liberta' appartengono ad un insieme di organi giudiziari composto dall'autorita' procedente e dal tribunale della liberta', e vengono adottati con procedimenti compositi, che hanno in parte carattere incidentale e si collocano, per altra parte, nel procedimento principale. La rilevanza della questione relativa alla eventuale caducazione dell'efficacia del titolo di custodia, dunque, deve essere apprezzata non solo con riferimento alla presente decisione (vincolata alla normativa vigente), ma anche a quelle spettanti (a sensi dell'art. 299 c.p.p.) all'autorita' procedente sul medesimo argomento. E' rispetto a tale complesso di poteri giurisdizionali, dunque, che la questione appare comunque pregiudiziale.
P. Q. M. Visto l'art. 310 c.p.p., rigetta l'appello proposto contro l'ordinanza 14 gennaio 1998 della Corte di assise di appello di Genova nell'interesse di Nuredini Bujar; Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del solo art. 294 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., sollevata dalla difesa; Dichiara di ufficio non manifestamente infondata la questione di incostituzionalita' dell'art. 469 c.p.p., nel suo coordinato disposto con gli artt. 294 e 302 c.p.p., per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non impone al giudice del dibattimento, che abbia comunicazione della cattura di un imputato nella fase predibattimentale, di procedere al suo interrogatorio nei termini previsti dall'art. 294 c.p.p. per l'interrogatorio di garanzia del g.i.p, e nelle forme camerali previste dall'art. 469 per le deliberazioni delle sentenze di proscioglimento predibattimentale, e non estende alla carenza di tale interrogatorio la caducazione dell'efficacia del titolo di custodia prevista nell'art. 302 c.p.p.; Ordina che la presente ordinanza venga immediatamente trasmessa, unitamente alla copia degli atti del procedimento di appello de libertate, alla Corte costituzionale a cura della cancelleria, notificata alle parti del procedimento incidentale ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Sospende sino alla pronuncia della Corte costituzionale ogni ulteriore decisione relativa alla caducazione della efficacia della custodia cautelare disposta per Nuredini Bujar dal g.i.p. presso lo stesso tribunale con ordinanza 7 maggio 1997, a causa del mancato interrogatorio di garanzia dello stesso. Genova, addi' 28 maggio 1998 Il presidente est.: Martinelli 98C1058