N. 687 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 giugno 1998
N. 687 Ordinanza emessa l'11 giugno 1998 dal pretore di Padova sul ricorso proposto da Radosavljevic Zlata contro il prefetto di Pordenone Sicurezza pubblica - Espulsione amministrativa di straniero (apolide o cittadino extracomunitario) - Ricorso al pretore avverso il decreto di espulsione - Procedimento - Pronuncia di incompetenza territoriale da parte del giudice adito - Possibilita' di riassumere il processo davanti al giudice competente - Preclusione - Violazione del diritto di difesa e del diritto di azione. Sicurezza pubblica - Espulsione amministrativa di straniero (apolide o cittadino extracomunitario) - Ricorso al pretore avverso il decreto di espulsione - Procedimento - Termini per la proposizione del ricorso e per la definizione del procedimento stesso - Lamentata, eccessiva brevita' - Violazione del diritto di difesa e del diritto di azione. Sicurezza pubblica - Espulsione amministrativa di straniero (apolide o cittadino extracomunitario) - Ricorso al pretore avverso il decreto di espulsione - Procedimento - Possibilita' di ottenere la sospensione cautelare del decreto impugnato - Preclusione - Lesione del diritto di difesa e del diritto di azione. Sicurezza pubblica - Espulsione amministrativa di straniero (apolide o cittadino extracomunitario) - Ricorso al pretore avverso il decreto di espulsione - Procedimento - Competenza territoriale del giudice adito - Criteri per la determinazione, in caso di ricorrenti senza fissa dimora - Mancanza di espressa disciplina - Disparita' di trattamento rispetto ai ricorrenti che possiedano dimora o residenza fisse - Lesione del principio di eguaglianza - Incidenza sui diritti di difesa e di azione. (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 11, commi 8 e 9). (Cost., artt. 3 e 24, primo e secondo comma).(GU n.40 del 7-10-1998 )
IL PRETORE Sciogliendo la riserva che precede; O s s e r v a L'art. 11, comma 9, legge n. 40/1998, nel disciplinare il procedimento di impugnazione del provvedimento di espulsione dal territorio italiano dello straniero, individua la competenza per territorio del pretore sulla base dei criteri della residenza e della dimora dell'interessato. La norma recepisce quello che era stato indicato, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, nell'assenza di una disciplina generale analoga a quella dettata per il procedimento ordinario di cognizione, come il principale criterio di attribuzione della competenza territoriale nei procedimenti in camera di consiglio regolati dagli artt. 737 e seguenti del c.p.c. La scelta del legislatore ha quindi tenuto conto delle ragioni di maggiore tutela da parte del giudice piu' vicino all'interessato e maggiormente in grado di acquisire informazioni e prove nell'ambito della cognizione dei fatti regolata dall'art. 738 del c.p.c. Il criterio risponde anche ad esigenze di effettivita' di esercizio del diritto di difesa dell'interessato, che puo' piu' facilmente acquisire elementi probatori a suo favore nel luogo di dimora o di residenza, anche in considerazione dei limitati termini di proposizione del ricorso e di durata del procedimento. Nel caso in esame, la individuazione del giudice competente per territorio deve tenere conto di quanto risulta dal decreto di espulsione, nel quale e' indicato come domicilio della ricorrente il comune di Firenze. In realta', nello stesso decreto la ricorrente e' indicata come persona senza fissa dimora. La indicazione di Firenze come luogo del domicilio della ricorrente porta quindi ad affermare la incompetenza del pretore di Padova. A questo punto occorre tenere conto di quanto previsto dal comma 9 dell'art. 11, legge n. 40/1998, dal quale risulta che il giudice puo' accogliere o respingere il ricorso, ponendo una alternativa rigida da cui e' esclusa una pronuncia declinatoria della competenza con rimessione al giudice ritenuto competente per territorio. La esclusione di un meccanismo di traslatio iudicii e la proposizione di una alternativa secca tra accogli-mento e rigetto del ricorso, analogamente a regime proprio del procedimento cautelare, nel quale, ai sensi dell'art. 669-septies del c.p.c., anche a pronuncia di incompetenza definisce il processo senza attuare una rimessione al giudice competente, comporta tuttavia notevoli conseguenze sul concreto esercizio del diritto di difesa del ricorrente. Queste conseguenze vanno ravvisate anzitutto nella impossibilita' di richiamare i meccanismi proprio degli artt. da 42 a 51 del c p.c., ed in particolare la riassunzione del processo avanti al giudice competente, con la ulteriore conseguenza che, nel caso in cui il ricorso sia stato proposto l'ultimo giorno utile, come nel caso in esame, o in cui la decisione del pretore venga emessa una volta trascorso il termine di proposizione della domanda, il nuovo ricorso al giudice competente dovra' ritenersi inammissibile. Viceversa, il meccanismo della riassunzione del processo, mantenendo validi ed efficaci gli effetti processuali dell'atto introduttivo del processo consentirebbe la prosecuzione del processo avanti al giudice competente. Ed in proposito, la disciplina del comma 9, dell'art. 11, della legge n. 40/1998 si pone in contrasto con la elaborazione giurisprudenziale che, per i procedimenti regolati dall'art. 737 del c.p.c., ha ammesso l'applicabilita' in assenza di una diversa disciplina, dell'art. 45 del c.p.c., cfr. Cassazione, 8 novembre 1989, n. 4696; Cassazione, 7 febbraio 1987, n. 1262. La seconda conseguenza discende dalla incompatibilita' di questi meccanismi con la ristrettezza dei tempi stabiliti per la definizione del procedimento, modellati sul termine di quindici giorni previsto dal comma 6, dell'art. 11, della legge n. 40/1998 per la esecuzione del provvedimento di espulsione. E' evidente, e l'esame di questa controversia lo dimostra, che la ristrettezza dei termini processuali e la impossibilita' di adottare provvedimenti cautelari di sospensione della efficacia del provvedimento impugnato, analogamente a quanto previsto dall'art. 22, ultimo comma, legge n. 689/1981 in materia di opposizione ai provvedimenti sanzionatori adottati dalla pubblica autorita', priva di fatto il ricorrente della concreta possibilita' di esercitare il proprio diritto di difesa e di ottenere la piena tutela del proprio diritto alla permanenza nel territorio dello Stato, particolarmente in un caso, come quello in esame, in cui dallo stesso provvedimento impugnato emerge la difficolta' di individuare il giudice competente, in assenza di una elezione di domicilio della ricorrente e nella affermazione della assenza di una fissa dimora. Si ritiene quindi che la disciplina dettata dall'art. 11, comma 9, legge n. 40/1998, per gli aspetti che sono stati evidenziati, contrasti con l'art. 24 della Costituzione, perche' comprime il diritto di difesa e il diritto di ottenere tutela giudiziale del diritto azionato. La questione di costituzionalita' che e' stata prospettata e' anche rilevante ai fini della decisione del giudizio in corso. E 'infatti evidente che la rilevata incompetenza del pretore di Padova porterebbe al rigetto della domanda e alla conseguente impossibilita' per la ricorrente di riproporre il ricorso al giudice competente, cosi' come la ristrettezza dei termini di proposizione della domanda e la assenza di un potere di sospensione del provvedimento impugnato, per poter acquisire le informazioni utili a verificare la concreta situazione di fatto per la piu' esatta individuazione del giudice competente, stante la palese indicazione nel provvedimento impugnato di un domicilio non meglio precisato e della assenza di una fissa dimora della ricorrente. Si ritiene infine di dover segnalare alla Corte un diverso, e subordinato, profilo di incostituzionalita' della norma in esame, nella parte in cui non disciplina espressamente il criterio di individuazione del giudice competente nel caso in cui il ricorrente non abbia fissa dimora. La questione rileva per la incertezza della determinazione del domicillo della ricorrente, dal momento che il provvedimento di espulsione contiene una contraddittoria indicazione di un domicilio a Firenze, peraltro del tutto generica, ma anche di una situazione di fatto caratterizzata dalla assenza di una fissa dimora e che agli atti non risulta alcuna conferma della elezione di domicilio a Firenze da parte della ricorrente. In questa situazione, e nella impossibilita' di applicare il criterio del domicilio eletto ai sensi dell'art. 8, del d.-l. n. 416/1989 convertito, in legge n. 39/1980, espressamente abrogato dall'art. 46, della legge n. 40/1998, l'interprete deve fare riferimento ai criteri generali adottati dalla giurisprudenza in materia. In proposito, occorre richiamare l'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimita' che, per i procedimenti in camera di consiglio a struttura contenziosa, ha richiamato i criteri generali dell'art. 13 del c.p.c ed in particolare il criterio del foro del convenuto, cfr. Cassazione sezioni unite del 7 febbraio 1992, n. 1373. Al procedimento in esame va attribuita infatti la natura di procedimento contenzioso, analogamente alla disciplina della opposizione alle ordinanze applicative di sanzioni amministrative di cui alla legge n. 689/1981, vertendosi in tema di impugnazione di un provvedimento sanzionatorio emesso dalla autorita' amministrativa nel quale l'autorita' si pone come controparte, e in materia di tutela dei diritti dello straniero - si pensi ai riflessi della pronuncia su diritti fondamentali della persona, come quelli in tema di lavoro, casa e salute, espressamente riconosciuti e disciplinati dalla legge. Ma la applicazione di questo principio alla fattispecie in esame realizza una ingiustificata disparita' di trattamento con coloro che si trovano nelle condizioni di dimora e residenza note, proprio considerando che il criterio della dimora e della residenza mira ad un piu' approfondito esame della vicenda da parte del giudice piu' vicino agli interessi di cui si chiede tutela e ad assicurare un piu' compiuto esercizio del diritto alla difesa del ricorrente, a maggior ragione in una situazione caratterizzata dalla ristrettezza dei termini per proporre e definire il processo. Anche questa e' una questione rilevante ai fini della decisione del procedimento, investendo direttamente gli aspetti di valutazione della competenza territoriale del giudice adito.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata e rilevante la questione ci costituzionalita' dell'art. 11, commi 8 e 9, della legge n. 40/1998 per contrasto con l'art. 24 della Costituzione: 1) del comma 9, nella parte in cui, disponendo che "il giudice accoglie o rigetta il ricorso", non consente la applicazione degli artt. da 42 a 50 del c.p.c., nel caso di declaratoria di incompetenza del giudice adito, impedendo cosi' la prosecuzione del processo davanti al giudice competente e privando cosi' di effetti l'iniziale ricorso, qualora sia decorso il termine di cinque giorni previsto dal comma 8, dell'art. 11, della legge n. 40/1998; 2) dei commi 8 e 9, nella parte in cui prevedono termini per la presentazione del ricorso e per la definizione del processo, eccessivamente ristretti e tali da non consentire la proposizione di un nuovo procedimento avanti al giudice competente; 3) dei commi 8 e 9, nella parte in cui non prevedono la possibilita' di una sospensione della efficacia del provvedimento impugnato, anche in relazione ai termini per la presentazione del ricorso; In via subordinata, dell'art. 11, comma 9, della legge n. 40/1998, per contrasto con gli art. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui, non disciplinando espressamente la competenza per territorio per il caso di ricorrenti senza fissa dimora, pone un diverso trattamento con i ricorrenti che abbiano dimora o residenza quanto alla individuazione del giudice competente e alle concrete possibilita' di esercizio del diritto di difesa; Dispone che la presente ordinanza venga trasmessa alla Corte costituzionale e sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Dispone la sospensione del procedimento. Padova, addi' 11 giugno 1998 Il pretore: (firma illeggibile) 98C1089