N. 732 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 aprile 1998
N. 732 Ordinanza emessa il 3 aprile 1998 dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la regione siciliana sul ricorso proposto da Ranieri Pietro contro il Ministero della difesa Corte dei conti - Giudizio di appello - Previsione, secondo il "diritto vivente" che il giudice di secondo grado possa pronunciarsi anche solo su una parte del merito, rinviando gli atti alla sezione giurisdizionale, che ha emesso la sentenza di primo grado, per l'applicazione del principio di diritto da esso affermato e la decisione della restante parte della domanda - Violazione del principio della liberta' ed indipendenza del giudice. (R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, art. 105). (Cost., art. 101, comma secondo).(GU n.41 del 14-10-1998 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza 331/98/Ord. nel giudizio in materia di pensione militare, iscritto al n. 4874/M del registro di segreteria, proposto dal sig. Ranieri Pietro, elettivamente domiciliato a Palermo, presso lo studio dell'avv. Pompeo Mangano che lo rappresenta e difende, avverso il decreto del Ministero della difesa n. 407 del 16 agosto 1997. Uditi alla pubblica udienza del 3 aprile 1998, il relatore, consigliere dott.ssa Luciana Savagnone, e l'avv. Elisabetta Borghese, in sostituzione dell'avv. Pompeo Mangano. Esaminati gli atti ed i documenti della causa. F a t t o Con sentenza n. 157/95/M, la sezione giurisdizionale per la regione siciliana respingeva il ricorso proposto dal sig. Ranieri Pietro avverso il decreto del Ministero della difesa n. 407 del 16 agosto 1977, ritenendo che l'affezione oculare dalla quale era risultato affetto in occasione della visita collegiale della C.M.O. di Messina non fosse meritevole di una migliore classifica rispetto a quella concessa con il decreto impugnato. Avverso tale pronuncia il Ranieri proponeva appello, rilevando che la sentenza era priva di motivazione ed emessa nella erronea convinzione che il ricorrente non fosse assistito da difensore. Con sentenza n. 142/97/A, la seconda sezione giurisdizionale centrale, accoglieva l'appello, affermando che la sentenza impugnata era priva di sufficiente motivazione, e per l'effetto la annullava e rinviava la causa al giudice di primo grado, affinche', in una composizione diversa, reiterasse il giudizio, disponendo eventualmente, ove lo ritenesse opportuno, una nuova visita diretta dell'interessato con l'assistenza di una specialista. Con atto depositato il 10 dicembre 1997, il sig. Ranieri, rappresentato dall'avv. Pompeo Mangano, ha riassunto il giudizio, chiedendo l'accoglimento della domanda sulla base dei certificati medici prodotti agli atti. Ha insistito perche' venga disposta una nuova visita medica specialistica, al fine di verificare l'aggravamento nel tempo delle limitazioni funzionali agli occhi. All'udienza dibattimentale l'avv. Elisabetta Borgese, in sostituzione dell'avv. Pompeo Mangano ha chiesto l'accoglimento della domanda. D i r i t t o Ai sensi dell'art. 105 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, quando in prima istanza la competente sezione giurisdizionale si sia pronunciata soltanto su questioni di carattere pregiudiziale, su queste esclusivamente si pronunciano in appello le sezioni riunite. Quando invece in prima istanza la sezione si sia ponunciata anche sul merito, le sezioni riunite possono conoscere di questo, oppure rinviare la causa al primo giudice. Secondo l'interpretazione che di tale norma hanno dato costantemente le sezioni di appello, sostituendosi alle sezioni riunite quale giudice di secondo grado ai sensi dell'art. 1 del d.-l. n. 453/1993, convertito con modificazioni nella legge n. 19/1994, in sede di giudizio di impugnazione la pronuncia puo' essere limitata alle questioni pregiudiziali o investire anche il merito, definendo cosi' il giudizio; oppure il giudice di secondo grado, a prescindere dalla esistenza di una questione pregiudiziale, puo' pronunciarsi solo su una parte del merito, rimandando gli atti alla sezione giurisdizionale che ha emesso la sentenza di primo grado perche' applichi il principio di diritto affermato dal giudice di appello e decida sulla restante parte della domanda; ovvero, ritenendo che tra i motivi di diritto, per i quali e' consentito l'appello in materia di pensioni tabellari, rientri anche il difetto di motivazione, puo', in presenza di tale vizio, annullare la sentenza e rimandare gli atti al primo giudice affinche' il giudizio venga rifatto, indicando eventualmente anche i mezzi di prova che debbono essere esperiti. In conformita' a tale indirizzo giurisprudenziale, che costituisce "diritto vivente" (vedi per tutte sez. riun. 4 marzo 1998, n. 10), nella fattispecie in esame la seconda sezione giurisdizionale centrale non solo ha annullato la sentenza di primo grado per difetto di motivazione, ma ha anche contestato che il giudice di prime cure non abbia preso in considerazione sia alcuni certificati medici prodotti dalla difesa del ricorrente che la sua richiesta di procedere ad una nuova visita medica. Ha cosi' rinviato la causa al giudice di primo grado affinche' reiteri il giudizio, disponendo eventualmente, ove lo ritenga opportuno, una nuova visita diretta dell'interessato con l'assistenza di una specialista. La sezione di appello, quindi, anziche' decidere il merito del giudizio, confermando o modificando la pronuncia di del giudice di primo grado, egli ha rimandato gli atti, indicandogli specificamente come dovra' essere definito il giudizio. In proposito questa sezione ritiene di dovere chiedere una verifica sul piano della costituzionalita' della disposizione dell'art. 105 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con r.d. 13 agosto 1933, n. 1038. Invero, come ha effermato la Corte costituzionale e' consentita la richiesta del suo intervento sulla compatibilita' con al Costituzione di un indirizzo consolidato di interpretazione di una data disposizione costituente diritto vivente, essendo sufficiente che il giudice a quo riconduca alla disposizione contestata un'interpretazione non implausibile di cui ritenga di dover fare applicazione nel giudizio principale e sulla quale nutra dubbi non arbitrari, ne' pretestuosi, di conformita' a determinati parametri di costituzionalita' (Corte cost., 21 luglio 1995, n. 345). In particolare, questo giudice ritiene che la norma sopra indicata sia in contrasto con l'art. 101, comma secondo, Cost., che, secondo quanto affermato molte volte dalla Corte costituzionale, garantisce la liberta' e l'indipendenza del giudice, nel senso di vincolare la sua attivita' alla legge e solo alla legge, in modo che egli sia chiamato ad applicarla senza interventi ed interferenze al di fuori di essa, che possano incidere sulla formazione del suo libero convincimento, anche se non esclude che il giudice possa essere assoggettato alle valutazioni che la legge da' dei rapporti, degli atti e dei fatti, e al rispetto degli effetti che ne desume, quando cio' sia conforme al precetto costituzionale ovvero alle regole del procedimento di formazione graduale della pronuncia giurisdizionale (sent. n. 50 del 1970 e n. 234 del 1976). Quel che, dunque, la legge non puo' fare e' introdurre vincoli che abbiano oggettivamente il solo o principale effetto di ridurre il giudice a mero esecutore della decisione assunta da altri, precludendo l'espressione del suo convincimento sulle questioni dalle quali dipende la soluzione della causa. Secondo il diritto vivente, la sezione di appello della Corte dei conti, pur entrando nel merito del giudizio non lo definisce ma, accogliendo il motivo di gravame proposto, impone al giudice di primo grado una determinata soluzione, impedendo ogni autonomo giudizio. Da qui l'evidente vulnus del principio di indipendenza del giudice. Non ignora la sezione che in passato la Corte costituzionale ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 384 c.p.c. per violazione dell'art. 101, comma secondo, Cost. Ma la questione ora sollevata si pone in termini nettamente differenti. In proposito e' opportuno sottolineare infatti che l'attivita' svolta dal giudice di appello e' del tutto differente da quella esercitata dalla Corte di cassazione la quale, come e' noto, al contrario dell'organo giudicante di secondo grado, e' giudice del diritto e non del fatto. Cosicche', salvo che in ipotesi specifiche nelle quali si fa luogo a cassazione senza rinvio, l'accoglimento del ricorso per cassazione comporta sempre il rinvio della causa al giudice di merito, ancorche' questi, per effetto della applicazione del principio del diritto enunciato dalla Corte debba poi respingere la domanda. Ma la cassazione con o senza rinvio dipende, invero, da tassative norme processuali, non da un potere discrezionale della suprema Corte, la quale come giudice di legittimita' non puo' emettere pronunzie di merito (Cass. civ., 30 gennaio 1985, n. 593). Peraltro, con la novella apportata dall'art. 66 della legge 26 novembre 1990, n. 353, all'art. 384 c.p.c. e' stato introdotto un principio di economia di giudizi, disponendo che la stessa Corte di cassazione definisca il giudizio ed escludendo che si faccia ricorso al rinvio, c.d. cassazione sostitutiva, nei casi in cui, dopo l'enunciazione del principio di diritto, la controversia debba essere decisa in base ai medesimi apprezzamenti di fatto che costituivano il presupposto del giudizio di diritto errato, in tal guisa postulandosi che il giudice del merito abbia modo di esprimere siffatti apprezzamenti ai fini di una specifica decisione. Secondo le norme del codice di procedura civile, invece, il giudice di appello entra di regola nel merito della domanda e ripercorrendo, sulla base dei motivi di impugnazione, l'iter logico seguito dal giudice di primo grado decide il giudizio nel merito. Soltanto nelle ipotesi tassative previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c. il giudice di appello non pronuncia sul merito ma rimette gli atti al primo giudice. La prima delle norme citate riguarda la remissione per ragioni di giurisdizione o di competenza e mira a garantire la osservanza del doppio grado di giurisdizione qualora il primo giudice abbia negato il proprio potere di decisione astenendosi in limine dall'esaminare il merito della lite e il giudice di appello vada di contrario avviso. La seconda disposizione limita la remissione ai casi in cui, o per nullita' di notifica dell'atto introduttivo della lite, o per mancata integrazione del contraddittorio, o per indebita estromissione di una parte, il primo grado di giudizio possa dirsi mancante o il contraddittorio incompleto: anche in questa ipotesi, dunque, la norma e' posta a tutela del principio del doppio grado di giurisdizione che e' uno dei cardini del nostro processo. In tutte le ipotesi previste negli artt. 353 e 354 c.p.c., che resterebbero applicabili nel giudizio innanzi alla Corte dei conti ai sensi dell'art. 26 del reg. proc. nel caso che l'art. 105 dello stesso reg. venisse dichiarato incostituzionale, in sostanza, il legislatore si e' preoccupato proprio di salvaguardare il principio dell'art. 101, comma secondo, disponendo che il rinvio da parte del giudice d'appello avvenga soltanto nei casi in cui il giudice di primo grado non abbia pronunciato sul merito ovvero quando la decisione d'appello non incida sulla formazione del libero convincimento del giudice di primo grado. Cosa questa che in specie non avviene dal momento che la sezione centrale di appello, rinviando la causa al giudice di primo grado al di fuori delle ipotesi di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. e imponendo a questi perfino l'osservanza di determinati criteri formali e sostanziali per la rinnovazione del giudizio e per la valutazione dei fatti di causa, finisce per rendere quest'ultimo un mero esecutore della decisione assunta da altri. D'altra parte, si consideri che qualora si ritenesse operante la norma di cui all'art. 105 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, cosi' come viene ora interpretata, nel senso cioe' di lasciare alla discrezionalita' del giudice di appello la scelta dei casi in cui non definire la controversia, potrebbe avvenire non solo un'infinita duplicazione del primo e del secondo grado di giudizio ma anche l'esame della stessa controversia piu' volte da parte di giudizi dello stesso grado. Non sussiste, infatti, alcuna preclusione circa la possibilita' di proporre un successivo appello dopo la nuova decisione emessa in primo grado, dato che quest'ultima potrebbe sempre essere viziata e contenere statuizioni nuove sulle quali la sezione di appello non siasi pronunciata. Nell'ipotesi in esame, potrebbe accadere, che dopo che il giudice di primo grado abbia rielaborato la sentenza, quest'ultima sia nuovamente impugnata, per lo stesso o per un diverso motivo, e che la sezione di appello, non definendo il giudizio, lo rimandi nuovamente al giudice di primo grado perche' valuti un diverso aspetto della domanda. Sotto questo aspetto l'art. 105 del reg. proc., cosi' come interpretato, confligge anche con il principio di ragionevolezza in quanto trasmoda in una regolamentazione del processo del tutto illogica e incerta. La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante poiche' la presente causa non puo' essere definita indipendentemente dalla soluzione della questione qui cennata, dalla cui risoluzione deriva la permanenza dei notevoli limiti imposti a questo giudice.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 105 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, per contrasto con l'art. 101, comma secondo, della Costituzione, nei termini di cui in motivazione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il processo fino all'esito del giudizio incidentale di costituzionalita'; Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e alle parti in causa, e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 3 aprile 1998. Il presidente: Acconcia 98C1139