N. 739 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 luglio 1998

                                N. 739
  Ordinanza emessa  l'11  luglio  1998  dalla  Commissione  tributaria
 provinciale  di  Viterbo  sul ricorso proposto da Vecchione Salvatore
 contro il Centro di servizio delle ii.dd. di Viterbo
 Imposta sui redditi delle persone fisiche (I.R.PE.F.) -  Liquidazione
    delle  imposte dovute, in base alle dichiarazioni dei contribuenti
    - Termine posto all'amministrazione finanziaria per  l'attivazione
    della   relativa  procedura  -  Qualificazione  di  tale  termine,
    mediante norma interpretativa, come ordinatorio,  non  comportante
    decadenza   -   Irragionevolezza   -   Lesione  del  principio  di
    eguaglianza -  Lesione  del  diritto  di  azione  e  di  difesa  -
    Incidenza  sul diritto alla tutela giurisdizionale contro gli atti
    della pubblica amministrazione - Violazione del principio di  buon
    andamento della p.a.
 (Legge 27 dicembre 1997, n. 449, art. 28).
 (Cost., artt. 3, 24, 97 e 113).
(GU n.41 del 14-10-1998 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha  emesso  la seguente ordinanza sciogliendo la riserva adottata a
 norma dell'art. 35 del decreto legislativo n. 546/92 alla udienza del
 20 giugno 1998,  sul  ricorso  n.  1650/97  r.g.,  depositato  il  18
 novembre 1997, ad istanza del sig. Vecchione Salvatore, nato a Castel
 Volturno  (Caserta)  il 7 maggio 1950, residente in Canino (Viterbo),
 rappresentato  e  difeso  dal  dott.  Mario  Lupidi,  e   domiciliato
 elettivamente  nel  suo  studio in Viterbo, via Belluno 45, contro il
 ruolo formato dal Centro di  servizio  delle  ii.dd.  di  Roma  e  la
 conseguente  cartella  esattoriale di pagamento n. 7400607, emissione
 1997/2,  relativa  ad  Irpef per l'anno 1990 (dichiarazione congiunta
 fra coniugi), sulla base delle motivazioni in fatto e in diritto  che
 seguono.
   A)   Vecchione   Salvatore   ha   proposto  ricorso  nei  confronti
 dell'Ufficio delle ii.dd. di Viterbo per il ruolo formato dal  Centro
 di  servizio  delle  imposte  in  Roma,  cui  aveva  fatto seguito la
 cartella  esattoriale  n.  7400607  emissione  1997/2,   per   Irpef,
 sopratasse  e  interessi  ammontanti  a  complessive lire 931.000 per
 l'anno 1990, sulla base della dichiarazione unica presentata nel 1991
 (mod. 740) dal contribuente unitamente al coniuge Giorgi Stefania.
   Il  ricorrente   ha   chiesto   all'adita   Commissione,   in   via
 pregiudiziale,  di  volere  dichiarare  che  l'iscrizione  a ruolo e'
 affetta da nullita' per decadenza dell'azione per la liquidazione  ex
 art.  36-bis  del  d.P.R.  n. 600/73, e, in via principale, di volere
 dichiarare l'illegittimita' dell'iscrizione  a  ruolo  per  decadenza
 dell'azione  dell'Ufficio  fiscale  in quanto tale iscrizione e stata
 effettuata in violazione degli artt. 17 (comma 1) d.P.R. n. 602/73  e
 43  (comma 1) d.P.R. n. 600/73, e di volere, altresi', dichiarare che
 nulla e'  dovuto  per  Irpef,  sopratasse,  interessi  e  diritti  di
 riscossione: il tutto con vittoria di spese e competenze.
   L'iscrizione  a  ruolo  e' scaturita dal fatto che l'Ufficio non ha
 riconosciuto, a seguito di presentazione del  mod.  740/91  in  forma
 congiunta  (dichiarazione  Vecchione  Salvatore e coniuge convivente)
 per i redditi prodotti nell'anno 1990  il  credito  Irpef,  richiesto
 come  rimborso, in lire 738.000 e indicato al rigo N31 del modello di
 dichiarazione, avendo considerato reddito complessivo del coniuge  la
 somma   di   lire  6.000.000,  senza  tenere  conto,  ad  avviso  del
 ricorrente, che il coniuge Giorgi Stefania aveva compilato il  quadro
 L,  indicando al rigo L3 lire 6.000.000 e al rigo L16 lire 6.000.000,
 per cui il reddito netto (rigo L23 risultava pari a zero.
   B) L'Ufficio ha controdedotto, definendo legittimo  e  corretto  il
 proprio  operato,  non  soltanto  per  quanto  attiene  agli  aspetti
 procedurali e al  rispetto  delle  regole  temporali  soprattutto  in
 relazione   all'28  della  legge  27  dicembre  1997  n.  449,  norma
 qualificata di interpretazione autentica dell'art. 36-bis  (comma  1)
 del  d.P.R.  n.  600/73  nel  senso  di  avere  attribuito al termine
 contenuto in quest'ultima disposizione carattere  ordinatorio  e  non
 perentorio,  ma,  altresi',  in relazione al proprio concreto operare
 per avere sottoposto a tassazione ai fini  Irpef  la  somma  di  lire
 6.000.000   indicate   nel   quadro  "L"  intestato  al  coniuge  del
 ricorrente, mancando qualsiasi  tipo  di  documentazione  relativa  a
 detto  reddito;  la  qualcosa,  secondo  l'Ufficio,  ha comportato la
 impossibilita' di concedere la  detrazione  o  la  deduzione  per  il
 coniuge  a  carico, essendo la somma surriportata superiore al limite
 stabilito per ottenere il beneficio della detrazione.
   C) Alla pubblica  udienza  del  20  giugno  1998,  nella  quale  la
 controversia  e'  stata  dibattuta,  il  difensore  del ricorrente ha
 ribadito  le  proprie  ragioni  e   sostenuto   particolarmente   che
 l'Ufficio,  a  norma dell'art.   36-bis del d.P.R. n. 600/73, avrebbe
 dovuto, a pena di decadenza, notificare la cartella esattoriale entro
 e non oltre il 31 dicembre 1992, poiche' la rettifica, da effettuarsi
 per  l'appunto  entro  l'anno  successivo  alla  presentazione  della
 dichiarazione   del   contribuente,   diviene   ricorribile   con  la
 notificazione della iscrizione a ruolo.
   Cio' necessariamente premesso, si osserva in diritto:
   I.  -  Va,  anzitutto,  esaminata la rilevanza dell'eccezione sulla
 decadenza dell'Ufficio in ordine alla rettifica  effettuata  ex  art.
 36-bis del d.P.R. n. 600/73.
   La  norma  letteralmente  dispone  che gli Uffici delle imposte o i
 Centri di servizio attivati  (omissis  ...)  procedono  entro  il  31
 dicembre  dell'anno  successivo  a  quello  della presentazione della
 dichiarazione (mod. 740) alla liquidazione delle imposte dovute ed ai
 rimborsi  eventualmente  spettanti  sulla  base  della  dichiarazioni
 presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta.
   Con  tale  norma  l'Amministrazione  finanziaria  ha  il  potere di
 controllare  formalmente   le   dichiarazioni,   correggendo   alcune
 irregolarita',  come  sono  da  considerare gli errori materiali e di
 calcolo, l'utilizzo di detrazioni e ritenute, di oneri deducibili, di
 crediti e versamenti di  imposte  parzialmente  o  integralmente  non
 spettanti, o non documentati.
   In  concreto  gli  Uffici  fiscali  procedono al recupero di quanto
 dovuto dal contribuente mediante diretta iscrizione  a  ruolo,  senza
 ricorrere  alla  piu' tortuosa trafila degli accertamenti (artt. 38 e
 segg. d.P.R. n. 600/73).
   Cosi' agendo, l'erario non si e' giammai preoccupato del termine di
 cui all'art. 36-bis, ma ha fatto riferimento  a  quello  piu'  esteso
 contenuto  nell'art.  17  del d.P.R. n. 602/73, in relazione all'art.
 43, d.P.R. n. 600/73. E' partito dal  presupposto,  infatti,  che  il
 termine del 31 dicembre dell'anno successivo alla presentazione delle
 dichiarazioni  avesse  soltanto  significato e valenza interni, senza
 alcuna rilevanza esterna.
   Si vuol dire cioe' che,  ad  avviso  degli  Uffici  finanziari,  la
 mancata  osservanza del termine contenuto nell'art. 36-bis non poteva
 determinare  effetto  negativo  sulla  validita'  delle  cartelle  di
 pagamento, non avendone il legislatore stabilito la perentorieta'.
   II.    -    Sulla   posizione   dell'Amministrazione   finanziaria,
 consolidatasi nel tempo ed avversata peraltro  dalla  dottrina  e  da
 consistente  giurisprudenza  (si  tengano presenti le decisioni della
 Commissione  tributaria  centrale  n.  3513/94  e  n.  1605/96),   ha
 esercitato  il  suo  effetto  dirompente  la  sentenza n. 7088 del 29
 luglio 1997 della prima sezione civile della Corte di cassazione,  al
 punto  da  convincere il legislatore a schierarsi per la prima con la
 legge 27 dicembre 1997 n. 449, che all'art. 28 ha ritenuto di fornire
 interpretazione autentica dell'art.  36-bis, nel senso di  attribuire
 al termine ivi indicato natura ordinatoria.
   La Corte suprema, con la decisione poc'anzi annotata, ha precisato:
     1)  che  la  iscrizione  a ruolo effettuata ex art. 36-bis non ha
 connotato riproduttivo di un altro atto (come nel caso di cartella di
 pagamento  derivante  da  avviso  di   accertamento   non   opposto),
 presentandosi  invece  come un atto mediante il quale il contribuente
 viene per la prima volta posto a conoscenza della pretesa fiscale;
     2) che il non avere il legislatore  qualificato  "perentorio"  il
 termine  del  31 dicembre dell'anno successivo alla dichiarazione non
 esclude affatto che lo sia;
     3) che la differenza tra termine perentorio  e  ordinatorio  sta,
 sotto  l'aspetto processuale, nel fatto che il secondo puo', nei casi
 espressamente previsti, essere  prorogato  dal  giudice  prima  della
 scadenza;  se cio' non si verifica il decorso di tale periodo produce
 gli effetti preclusivi di quello perentorio;
     4)  che  il  principio per il quale il carattere di perentorieta'
 non puo' essere applicato  analogicamente  non  vale  nel  campo  del
 diritto  pubblico, dove l'attivita' della pubblica amministrazione e'
 soggetta a limiti e vincoli diretti a garantire il soddisfacimento di
 finalita' di carattere istituzionale;
     5) che il termine fissato dall'art. 36-bis riguarda la iscrizione
 a ruolo collegata alla  rettifica  operata  sulla  dichiarazione  dei
 redditi nei casi espressamente previsti;
     6) che il termine di cinque anni fissato dall'art. 17, d.P.R.  n.
 602/1973,  concerne solamente la riscossione delle imposte non pagate
 e risultanti  dalla  dichiarazione  del  contribuente,  allorche'  la
 stessa non e' sottoposta a rettifica.
   Appare  di  tutta  evidenza  che  ove  i  surricordati  principi si
 applicassero alle fattispecie concrete provocherebbero conseguenze di
 tale portata, da poter essere definite devastanti per l'erario.
   III. - Stando cosi' le cose, e' sopravvenuto l'art. 28 della  legge
 n.  449  del  1997,  che  ha  tentato  di  riportare nell'alveo della
 ordinatorieta' il carattere del termine contenuto  nell'art.  36-bis,
 e,  quindi,  di  affermare  in  via  interpretativa  che  esso non e'
 stabilito a pena di decadenza.
   Ritiene il collegio di questa Commissione che la norma  emanata  in
 sede interpretativa sia manifestamente illegittima e incostituzionale
 per  violazione  degli  artt.  3  (primo  comma), 24 (primo e secondo
 comma) della  Costituzione,  per  aver  definito  irrazionalmente  il
 termine  contenuto  nel piu' volte ricordato art. 36-bis, e per avere
 ingiustamente  compresso  il  diritto  di  agire  e  difendersi   del
 contribuente,  nonche'  per  violazione  degli artt. 97, attinente al
 principio del buon andamento e della imparzialita' dell'azione  della
 pubblica  amministrazione, e 113, nella sua amplissima portata, della
 Costituzione medesima.
   Il sistema di garanzie apprestato dagli artt. 24 e 113 Costituzione
 e' di tale imponente valore, da colpire non solo  l'esclusione  della
 tutela  giurisdizionale,  sotto il profilo soggettivo e oggettivo, ma
 altresi' qualsiasi limitazione  che  ne  renda  impossibile  o  anche
 soltanto problematico l'esercizio.
   Risulta   intuitiva,  infatti,  la  violazione  anche  dell'art.  3
 Costituzione, che  impone  il  rispetto  assoluto  del  principio  di
 uguaglianza   dei   cittadini  e  quindi  delle  parti  nel  rapporto
 tributario.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 134 della Costituzione della Repubblica, e  visti  gli
 artt.  1  della  legge  costituzionale  9 febbraio 1948, n. 1, e  23,
 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara di ufficio rilevante e non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  28  della  legge  27 dicembre 1997, n. 449, per violazione
 degli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione;
   Dispone la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale,
 sospendendo il giudizio in corso;
   Ordina    la  notificazione,  a  cura  della  segreteria  di questa
 Commissione, della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei
 Ministri, all'Ufficio delle imposte dirette di Viterbo e al Centro di
 servizio delle imposte di Roma, nonche' al ricorrente,  e  comunicata
 ai Presidenti dei due rami del Parlamento nazionale.
   Cosi' deciso in Viterbo, addi' 11 luglio 1998.
                          Il presidente: Vito
                                                Il relatore: Casantini
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