N. 350 SENTENZA 28 settembre - 9 ottobre 1998
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Esecuzione forzata - Fondi di contabilita' speciale a disposizione delle prefetture e destinati a determinati servizi e finalita' pubbliche - Pignoramenti e sequestri - Presunta impignorabilita' generalizzata delle somme di denaro dello Stato - Giustificazione delle modalita' previste dalla disciplina speciale - Notificazione degli atti di pignoramento al direttore di ragioneria responsabile - Inapplicabilita' delle norme censurate nel giudizio principale - Non fondatezza - Inammissibilita'. (D.-L. 25 maggio 1994, n. 313, art. 1, commi 1, 2, 3 e 4). (Cost., artt. 3, 24, 25, 28 e 113).(GU n.41 del 14-10-1998 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'intero art. 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313 (Disciplina dei pignoramenti sulle contabilita' speciali delle prefetture, delle direzioni di amministrazione delle Forze armate e della Guardia di finanza), convertito, con modificazioni, nella legge 22 luglio 1994, n. 460, promosso con ordinanza emessa il 21 novembre 1996 dal pretore di Avellino nel procedimento civile vertente tra Giuseppe Adamo e il Ministero dell'interno ed altra, iscritta al n. 16 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5 - prima serie speciale, dell'anno 1997. Visti gli atti di costituzione di Giuseppe Adamo e della Banca d'Italia, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 1998 il giudice relatore Cesare Mirabelli; Uditi gli avvocati Alfonso Luigi Marra per Giuseppe Adamo, Pier Luigi Lorenti per la Banca d'Italia e l'avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei Ministri. Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza emessa il 21 novembre 1996 nel corso di un giudizio promosso da un creditore che, avendo notificato atto di pignoramento presso terzi in danno del Ministero dell'interno alla Banca d'Italia servizio di tesoreria provinciale di Avellino, e non essendo questa comparsa a rendere dichiarazione sulla esistenza di quali somme destinate alla prefettura si trovasse in possesso, aveva chiesto che si procedesse ad accertare l'esistenza di somme dovute dalla tesoreria alla prefettura, il pretore di Avellino ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 28 e 113 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'intero art. 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313 (Disciplina dei pignoramenti sulle contabilita' speciali delle prefetture, delle direzioni di amministrazione delle Forze armate e della Guardia di finanza), convertito, con modificazioni, nella legge 22 luglio 1994, n. 460. La norma denunciata prevede che i pignoramenti sui fondi di contabilita' speciale a disposizione delle prefetture, destinati a servizi e finalita' di protezione civile, di difesa nazionale e di sicurezza pubblica, al rimborso delle spese anticipate dai comuni per l'organizzazione delle consultazioni elettorali, nonche' al pagamento di emolumenti e pensioni a qualsiasi titolo dovuti al personale amministrativo, non sono soggetti ad esecuzione forzata (comma 1). La stessa disposizione prevede: che i pignoramenti ed i sequestri aventi ad oggetto le somme affluite nelle contabilita' speciali delle prefetture, come pure ogni altro atto consequenziale, si eseguono esclusivamente, a pena di nullita' rilevabile d'ufficio, con atto notificato al direttore di ragioneria responsabile presso le prefetture nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati; che il funzionario di prefettura, cui sia stato notificato atto di pignoramento o di sequestro, e' tenuto a vincolare l'ammontare, sempre che esistano sulla contabilita' speciale fondi la cui destinazione sia diversa da quelle indicate al comma 1 (commi 2 e 4). Inoltre la stessa disposizione prevede che non sono ammessi atti di sequestro o di pignoramento presso le sezioni di tesoreria dello Stato, a pena di nullita' rilevabile anche d'ufficio (comma 3). Il pretore di Avellino ritiene che questa disciplina introduca nuovamente la regola della impignorabilita' delle somme di denaro e dei crediti pecuniari dello Stato, basata sulla discrezionalita' della pubblica amministrazione nell'uso delle proprie risorse patrimoniali e sulla destinazione ad un pubblico servizio delle somme che, con l'iscrizione nel bilancio, sarebbero vincolate sia per l'amministrazione che per i terzi. Il principio della divisione dei poteri non consentirebbe ingerenze nell'azione amministrativa mediante l'azione esecutiva, che incontrerebbe percio' un limite nello stanziamento di bilancio e nella emissione del titolo di spesa; in tal modo l'amministrazione rimarrebbe arbitra nella scelta dei crediti da soddisfare. Questa concezione ricorda il giudice rimettente sarebbe da tempo superata, giacche' e' stata affermata l'ammissibilita' della condanna della pubblica amministrazione al pagamento di somme di denaro, e di conseguenza anche l'esecuzione per espropriazione; mentre il vincolo di destinazione ad un pubblico servizio, che rende i beni non disponibili e non suscettibili di esecuzione forzata, dovrebbe essere specificatamente accertato. Il giudice rimettente richiama la giurisprudenza costituzionale che ha affermato la necessita' di individuare i limiti di pignorabilita' in relazione alla natura ed alla destinazione dei beni dei quali di volta in volta si chiede l'espropriazione (sentenza n. 138 del 1981). L'art. 1 del decreto-legge n. 313 del 1994 tenderebbe, invece, a realizzare una impignorabilita' generalizzata, sul presupposto, prima richiamato ed oramai superato, che sia esclusa l'esecuzione forzata nei confronti della pubblica amministrazione. La disposizione denunciata finirebbe cosi' con il tutelare il soggetto e non gia' la funzione pubblica, con la conseguenza che l'amministrazione non sarebbe piu' tenuta al principio per il quale il debitore risponde dell'adempimento delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, e che verrebbe anche meno la parita' di condizioni dei creditori. Inoltre la deroga alla competenza territoriale ed il divieto di utilizzare i comuni strumenti processuali dell'esecuzione forzata sarebbero in contrasto con gli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione. 2. - Si e' costituito in giudizio il creditore che procedeva alla esecuzione nel giudizio principale, ribadendo e sviluppando le argomentazioni dell'ordinanza che ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale e sostenendo che l'art. 1 del decreto-legge n. 313 del 1994 ripristinerebbe la discrezionalita' dell'amministrazione nell'adempimento in sede esecutiva. Difatti la capillare classificazione dei cespiti qualificati come non soggetti ad esecuzione tenderebbe a realizzare una impignorabilita' generalizzata, riproponendo principi oramai superati dalla giurisprudenza costituzionale. Inoltre la possibilita' di procedere all'esecuzione solo nella circoscrizione nella quale risiede il creditore, travolgerebbe le regole della competenza territoriale e limiterebbe la responsabilita' del debitore, che risponderebbe soltanto con i beni che si trovano in quella circoscrizione. Infine contenere l'attivita' dell'ufficiale giudiziario entro la sola notifica del pignoramento, lasciando al funzionario di prefettura la verifica dell'esistenza di fondi pignorabili, affiderebbe ad un'attivita' amministrativa del debitore, al di fuori del controllo giurisdizionale, la valutazione se vincolare o meno le somme delle quali si chiede il pignoramento. 3. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale sia dichiarata inammissibile o, nel merito, infondata. L'inammissibilita' e' dedotta per piu' profili. La questione di legittimita' costituzionale non sarebbe rilevante nel giudizio principale, giacche' nella fase di passaggio tra il processo esecutivo e quello di cognizione, destinato all'accertamento del debito del terzo per il quale era stato chiesto il pignoramento, il giudice non avrebbe dovuto fare applicazione della disciplina denunciata, potendo solo dar corso al giudizio di accertamento, se competente per valore, o rimettere altrimenti gli atti al giudice competente. Inoltre l'ordinanza di rimessione, pur denunciando l'intero art. 1 del decreto-legge n. 313 del 1994, sarebbe motivata soltanto con riferimento al primo comma, che stabilisce l'impignorabilita' delle somme iscritte nelle contabilita' speciali di alcune amministrazioni, destinate a specifici fini pubblici di particolare rilevanza. La stessa ordinanza non motiverebbe affatto sugli altri commi della stessa disposizione, che riguardano le modalita' dei pignoramenti, da effettuare sostanzialmente nella forma del pignoramento diretto, ed escludono il pignoramento presso le sezioni di tesoreria dello Stato. La questione di legittimita' costituzionale sarebbe pertanto inammissibile per la parte che investe queste norme. Ma sarebbe inammissibile anche con riferimento al primo comma, perche' sarebbe stato necessario preliminarmente accertare che esistevano soltanto fondi di contabilita' speciale presso la tesoreria a disposizione della prefettura e destinati alle finalita' che li rendono impignorabili; inoltre la questione avrebbe potuto essere sollevata solo subordinatamente a quella che investe i commi successivi. Ad avviso dell'Avvocatura, le questioni sollevate con riferimento ai commi 2 e 3 della disposizione denunciata sarebbero in ogni caso infondate, giacche' non contraddice al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) una diversa disciplina processuale del pignoramento di speciali somme di pertinenza di determinate amministrazioni pubbliche, con esclusione del ricorso al pignoramento presso terzi. Il creditore non sarebbe privato di tutela giudiziaria (art. 24 Cost.), ne' vi sarebbe deroga al principio del giudice naturale (art. 25 Cost.), che spetta alla legge precostituire. Anche la questione di legittimita' costituzionale riferita al primo comma della stessa disposizione e', ad avviso dell'Avvocatura, infondata. L'impignorabilita' riguarderebbe solo i fondi di contabilita' speciale di un limitatissimo numero di soggetti pubblici, tra i quali le prefetture, sempreche' destinati a specifiche finalita' essenziali di preminente interesse pubblico (servizi di protezione civile, di difesa nazionale e di sicurezza pubblica) o per spese obbligatorie ed inderogabili. La disciplina speciale e' dettata non per una tutela privilegiata del soggetto, ma per assicurare il perseguimento di specifiche finalita' pubbliche essenziali. Ricorrerebbero, quindi, le condizioni che la giurisprudenza costituzionale indica per consentire l'impignorabilita' di somme destinate a specifiche finalita' pubbliche (sentenza n. 138 del 1981). Non sussisterebbe, inoltre, la denunciata violazione degli art. 24 e 113 della Costituzione, non essendo in discussione la tutela giurisdizionale, una volta affermata dal legislatore la indisponibilita' di determinati beni che non possono essere sottratti alla loro destinazione. Infine, ad avviso dell'Avvocatura, sarebbe incomprensibile il richiamo all'art. 28 della Costituzione, indicato nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione, ma del quale non vi e' cenno nella motivazione. 4. - Ha depositato memoria di costituzione e di intervento la Banca d'Italia, anche quale sezione di tesoreria provinciale dello Stato di Avellino, concludendo per l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale e, nel merito, per la manifesta infondatezza. La Banca d'Italia sostiene di essere legittimata ad intervenire nel giudizio incidentale di legittimita' costituzionale, pur non essendo ancora parte processuale nel giudizio principale, giacche' potrebbe essere considerata potenzialmente e virtualmente parte in causa, e l'interesse all'intervento nascerebbe solo a seguito dell'ordinanza di rimessione. Inoltre la Banca d'Italia, nell'esercizio del servizio di tesoreria, affidatole per legge (n. 104 del 1991) ed in base ad una convenzione con il Ministero del Tesoro (17 gennaio 1992), dovrebbe essere considerata organo dello Stato, il cui diritto ad intervenire nei giudizi di legittimita' costituzionale troverebbe fondamento nell'art. 20, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87. Infine la Banca d'Italia, avendo interesse nella contestazione, potrebbe intervenire nel giudizio in base all'art. 37 delle norme del regolamento di procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (regio decreto 17 agosto 1907, n. 642), da applicare nei giudizi di legittimita' costituzionale in forza del richiamo operato dall'art. 22 della legge n. 87 del 1953. 5. - In prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha depositato una memoria per ribadire l'eccezione di inammissibilita' della questione, sostenendo che essa e' meramente ipotetica, essendo stata sollevata nel corso della procedura di esecuzione presso terzi, quando il terzo non era comparso per rendere la dichiarazione, mentre la questione potrebbe essere rilevante solo nel giudizio di accertamento. Nel merito l'Avvocatura ribadisce che la norma denunciata non tende a realizzare una impignorabilita' generalizzata, giacche' le somme escluse dall'esecuzione sono solo quelle destinate a necessita' essenziali per l'esercizio di funzioni primarie dello Stato (protezione civile, difesa nazionale e sicurezza pubblica), e le prefetture dispongono di altri fondi con diversa destinazione, suscettibili di pignoramento con le modalita' previste dalla disposizione denunciata, la cui capienza non e' posta in discussione e che sono solitamente adeguati alle corrispondenti pretese creditrici. Il contenimento dell'azione esecutiva nell'ambito della prefettura della circoscrizione di residenza degli interessati risponderebbe a principi di buon andamento e la notifica al direttore di ragioneria responsabile presso tale prefettura consentirebbe una adeguata organizzazione delle procedure di pagamento, seguendo l'ordine cronologico degli atti esecutivi e senza possibilita' di arbitrio. L'Avvocatura ritiene, inoltre, impropriamente invocati i principi costituzionali enunciati dagli artt. 24, 25, 28 e 113, giacche' dalla disposizione denunciata non deriverebbe alcuna limitazione del diritto di difesa, non vi sarebbe alcuna incidenza sul giudice naturale precostituito per legge e sarebbe persino difficile ipotizzare quali siano le supposte lesioni degli artt. 28 e 113. Considerato in diritto 1. - La questione di legittimita' costituzionale investe la disciplina dei pignoramenti sulle contabilita' speciali delle prefetture, dettata dall'art. 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313, convertito, con modificazioni, nella legge 22 luglio 1994, n. 460. Secondo questa disciplina, i fondi di contabilita' speciale a disposizione delle prefetture e destinati a determinati servizi e finalita' (protezione civile, difesa nazionale e sicurezza pubblica, organizzazione delle consultazioni elettorali, pagamento di emolumenti e pensioni al personale) non sono soggetti, salvo casi particolari, ad esecuzione forzata (comma 1). I pignoramenti ed i sequestri che hanno per oggetto somme affluite nelle contabilita' speciali, come pure ogni altro atto consequenziale, si eseguono esclusivamente, a pena di nullita' rilevabile d'ufficio, con atto notificato al direttore di ragioneria delle prefetture nella cui circoscrizione risiedono i privati interessati; il funzionario e' tenuto a vincolare l'ammontare sui fondi che hanno destinazioni diverse da quelle prima indicate (commi 2 e 4). Non sono ammessi atti di sequestro o pignoramento sui fondi di contabilita' speciale presso le sezioni di tesoreria dello Stato, a pena di nullita' rilevabile d'ufficio (comma 3). Il pretore di Avellino - giudice dell'esecuzione al quale il creditore che procedeva ad espropriazione forzata presso terzi aveva chiesto di disporre il giudizio per accertare le somme che la Banca d'Italia, quale sezione di tesoreria provinciale dello Stato, terzo non comparso per rendere dichiarazione del debito, avesse disponibili per la prefettura del luogo - ritiene che questa disciplina sia in contrasto con gli artt. 3, 24, 25, 28 e 113 della Costituzione, giacche' da essa deriverebbe l'impignorabilita' generalizzata delle somme di denaro dello Stato, con una tutela che riguarderebbe il soggetto e non la funzione pubblica, mentre i creditori non verrebbero in alcun modo garantiti, potendo agire esecutivamente solo presso la prefettura del luogo di loro residenza e senza poter utilizzare gli ordinari strumenti del processo esecutivo. 2. - L'intervento nel giudizio di legittimita' costituzionale della Banca d'Italia, quale tesoreria provinciale dello Stato, non e' ammissibile. Nel processo principale, di espropriazione presso terzi, la Banca d'Italia ha veste di terzo chiamato dal creditore pignorante a dichiarare di quali somme fosse debitore nei confronti dell'espropriato. In tale veste non e' comparsa all'udienza stabilita per fare la dichiarazione, ne' puo' essere considerata parte del procedimento esecutivo, divenendo tale solo nel giudizio di accertamento che eventualmente si instauri ad istanza del creditore che procede all'esecuzione. Cio' che accadrebbe solo a seguito della citazione o della notifica del verbale d'udienza con l'istanza del creditore che ha chiesto di procedere al giudizio di cognizione nei confronti, appunto, oltre che del debitore sottoposto ad esecuzione, anche del terzo (cfr. ordinanza allegata alla sentenza n. 263 del 1996). Neppure puo' essere accolta la pretesa della Banca d'Italia di intervenire nel giudizio di legittimita' costituzionale, pur non essendo parte del giudizio principale, quale organo dello Stato, invocando l'art. 20, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87. Questa disposizione stabilisce che gli organi dello Stato (e delle Regioni) hanno diritto di intervenire in giudizio, nel contesto della disciplina della rappresentanza e della difesa dinanzi alla Corte costituzionale, affidata, per il Governo, all'Avvocato generale dello Stato (terzo comma) e, per le altre parti, ad avvocati abilitati al patrocinio innanzi alla Corte di cassazione (primo comma). Anche quella relativa agli organi dello Stato e', dunque, una regola che riguarda la rappresentanza e difesa nel giudizio, giacche' si stabilisce che non e' richiesta, per tali organi, una difesa professionale. Cio', tuttavia, non riguarda, ne' vale quindi a modificare, la disciplina della legittimazione ad essere parte o ad intervenire in giudizio. Tuttavia anche se, come vorrebbe la Banca d'Italia, si attribuisse all'art. 20, secondo comma, della legge n. 87 del 1953 il significato del piu' ampio riconoscimento di un diritto di qualsiasi organo statale ad intervenire in qualsiasi giudizio, egualmente l'intervento della Banca d'Italia sarebbe inammissibile, perche' ad essa, quale esercente il servizio di tesoreria provinciale, non puo' essere attribuita l'asserita qualifica di organo dello Stato. Difatti, la gestione del servizio di tesoreria e' affidata alla Banca d'Italia quale ente concessionario di pubblico servizio ed i rapporti con l'amministrazione dello Stato sono disciplinati, in base alla legge, mediante apposite convenzioni (v. legge 28 marzo 1991, n. 104), senza che in ragione della gestione di tale servizio l'ente venga a configurarsi come organo dello Stato. 3. - La questione di legittimita' costituzionale, riferita all'intero art. 1 del decreto-legge n. 313 del 1994, comprende due distinti complessi di prescrizioni normative che, pur collegati, devono essere esaminati separatamente. Il primo, essenzialmente riferibile al terzo comma, non ammette atti di sequestro o di pignoramento sui fondi delle contabilita' speciali delle prefetture presso le sezioni di tesoreria dello Stato. Tali atti sono nulli e non determinano alcun obbligo di accantonamento ne' sospendono l'accreditamento delle somme nelle contabilita' speciali intestate alle prefetture. In corrispondenza al divieto di pignoramento o sequestro presso la tesoreria, l'esecuzione puo' e deve essere effettuata direttamente presso le prefetture, con atto notificato al direttore di ragioneria responsabile, cui e' affidata la gestione contabile dei fondi. Il secondo complesso di prescrizioni normative, riferibile agli altri commi dello stesso art. 1, stabilisce l'impignorabilita' o insequestrabilita' dei fondi che hanno le destinazioni indicate dalla stessa disposizione e disciplina le operazioni che deve compiere il funzionario responsabile, al quale i pignoramenti o i sequestri che hanno per oggetto somme affluite nelle contabilita' speciali vanno notificati con le modalita' previste per l'espropriazione mobiliare presso il debitore. 3.1. - La prima delle due questioni e' ammissibile, ma nel merito non e' fondata. Nel giudizio principale, la nullita', rilevabile d'ufficio, del pignoramento presso la sezione di tesoreria dello Stato, stabilita dalla disposizione denunciata, impedisce di dare ingresso al giudizio di cognizione, richiesto dal creditore che procede all'esecuzione forzata per accertare di quali somme del debitore il terzo, quale tesoriere, sia in possesso. La questione e', dunque, rilevante. Essa e', tuttavia, non fondata, giacche' la disciplina stabilita per i pignoramenti sulle contabilita' speciali non configura una procedura tale da determinare l'impignorabilita' dei fondi assegnati alle prefetture, ma tende invece ad adeguare la procedura di esecuzione forzata alle particolari modalita' di gestione contabile dei fondi stessi ed alla impignorabilita' di quella parte di essi che risulti gia' destinata a servizi qualificati dalla legge come essenziali. Questa disciplina, uniformandosi a quanto gia' previsto in altri casi nei quali opera il sistema delle contabilita' speciali (art. 1-bis, comma 4-bis, aggiunto dall'art. 11 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8 alla legge 29 ottobre 1984, n. 720), esclude il pignoramento presso il tesoriere dei fondi gestiti con questa particolare procedura e prevede, invece, il pignoramento presso il funzionario direttamente responsabile della gestione contabile dei fondi ed in grado di conoscerne l'ammontare e la disponibilita', come pure di verificare se e quali vincoli di destinazione siano imposti e per quali somme vi siano cause di impignorabilita'. In questo contesto e' giustificato disporre che gli atti di pignoramento delle somme affluite nelle contabilita' speciali siano notificati al direttore di ragioneria responsabile, il quale, senza esercitare alcun potere discrezionale, e' tenuto a vincolare l'ammontare pignorato assumendone la correlativa responsabilita', con atti non sottratti a verifica o accertamento giurisdizionale. 3.2. - La questione di legittimita' costituzionale degli altri commi dello stesso art. 1 e' inammissibile. La questione e' stata sollevata in una procedura di espropriazione presso terzi, a seguito di atto di pignoramento notificato alla tesoreria. Ritenuto non fondato il dubbio di legittimita' costituzionale della norma che non ammette, a pena di nullita' da rilevare d'ufficio, tale forma di pignoramento per i fondi affluiti nelle contabilita' speciali, prevedendo invece quello presso il funzionario responsabile della gestione contabile dei fondi, non trova alcuna applicazione nel giudizio principale la disciplina relativa sia alla impignorabilita' di quella parte delle somme affluite nelle contabilita' speciali che hanno una specifica destinazione prevista dalla legge, sia alla determinazione della prefettura competente, individuata in quella nella cui circoscrizione risiede il privato interessato.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara: a) non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3, del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313 (Disciplina dei pignoramenti sulle contabilita' speciali delle prefetture, delle direzioni di amministrazione delle Forze armate e della Guardia di finanza), convertito, con modificazioni, nella legge 22 luglio 1994, n. 460, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 28 e 113 della Costituzione, dal pretore di Avellino con l'ordinanza indicata in epigrafe; b) inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2 e 4, dello stesso decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 28 e 113 della Costituzione, dal pretore di Avellino con la medesima ordinanza. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 settembre 1998. Il Presidente: Granata Il redattore: Mirabelli Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 9 ottobre 1998. Il direttore della cancelleria: Di Paola 98C1174