N. 764 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 agosto 1998
N. 764 Ordinanza emessa il 3 agosto 1998 dal pretore di Brescia nel procedimento penale a carico di Zanagnolo Duilio Processo penale - Condanna per la responsabilita' civile - Lamentata attribuzione alle dichiarazioni della parte civile di valore di mezzo di prova, anche per l'accertamento della responsabilita' civile - Lesione del diritto di difesa - Disparita' di trattamento dell'imputato rispetto alla tutela della stessa situazione soggettiva accordata in sede civile. (C.P.P. 1988, art. 538). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.43 del 28-10-1998 )
IL PRETORE Letti gli atti del procedimento penale n. 2182/1995 a carico di Zanagnolo Duilio; Osserva in fatto e in diritto 1. - A seguito di indagini preliminari il p.m. rinviava a giudizio, dinanzi a questo pretore, Zanagnolo Duilio per rispondere dei fatti di cui alla epigrafe. Esperita la istruttoria dibattimentale e dichiarato chiuso il dibattimento questo pretore provvedeva con la presente ordinanza. 2. - Con la medesima viene impugnato l'art. 538 c.p.p. in relazione agli artt. 3 e 24, primo e secondo comma della Costituzione nei limiti in cui imponga, una volta accertata ex art. 533 c.p.p. la responsabilita' penale dell'imputato, di accogliere le domande civili anche allorche' esse si fondino esclusivamente sulle dichiarazioni della parte civile. 3. - Come e' evidente dal tenore letterale dell'art. 538 c.p.p., una volta accertata la penale responsabilita' del prevenuto, il giudice penale, nella ipotesi in cui le domande civili siano state proposte nel processo penale ex artt. 74 e segg. c.p.p., non puo' non accogliere le domande civili qualunque siano i mezzi di prova sui quali si sia fondata la responsabilita' penale. Quelle, proprio alla luce del disposto dell'art. 538 c.p.p., vanno comunque accolte una volta accertata la responsabilita' penale dell'imputato qualunque siano i mezzi di prova sui quali questa sia stata affermata i quali, pertanto, automaticamente, consentono l'accoglimento di quelle. 4. - Dalle disposizioni costituzionali sopra indicate si desume che, a parita' di situazioni, deve corrispondere identita' di disciplina; in secondo luogo il diritto alla difesa, in tutte le sue facolta' e poteri (compreso il diritto alla prova che costituisce una sua estrinsecazione), non puo' assolutamente subire alcuna deminutio, o ampliamento, qualunque sia la forma processuale attraverso la quale un diritto soggettivo venga esercitato. In altri termini allorche' la giurisdizione venga esercitata su richiesta di parte e al fine di tutelare un diritto soggettivo, necessariamente le parti del rapporto obbligatorio sotteso al diritto soggettivo devono essere poste in condizioni di parita' soprattutto con riferimento proprio al diritto alla prova che impone ed esige: a) di attribuire, sul punto, gli stessi poteri alle parti; b) di attribuire lo stesso valore probatorio alle dichiarazioni delle parti. Ne segue che in subiecta materia non puo' attribuirsi valore di testimonianza alle dichiarazioni di una delle parti e non all'altra. Cio' e' vero qualunque sia la forma processuale scelta per la tutela del proprio diritto soggettivo; invero - se essa puo' ragionevolmente incidere su altri aspetti, ad esempio sulla costituzione del rapporto processuale e finanche sul valore probatorio di alcuni criteri (si pensi a talune presunzioni in tema di responsabilita' civile che, ovviamente, non hanno "diritto di cittadinanza" nel sistema penale vigendo ivi la presunzione di innocenza) - tale tutela, proprio alla luce dei principi costituzionali suddescritti, non potra' mai svolgersi ponendo l'attore - parte civile in posizione prevalente rispetto al convenuto attribuendo alle sue dichiarazioni, con riferimento all'accertamento della responsabilita' civile, valore probatorio maggiore (essendo la sua una testimonianza) rispetto a quello del convenuto-imputato (le cui dichirazioni sono acquisibili solo mediante l'esame della parte). 5. - E' alla luce delle suesposte premesse che deve ritenersi, pertanto, che l'attuale disciplina della responsabilita' civile, accertata nel processo penale, e' incostituzionale nei limiti in cui imponga di attribuire alle dichiarazioni della p.c., anche per quanto afferisce l'illecito civile, valore di mezzo di prova (testimonianza chiaramente inammissibile e inutilizzabile, proprio alla luce dei suesposti principi costituzionali, in quanto tale nella giurisdizione civile). Cio' viola il diritto alla difesa dell'imputato-convenuto (nel particolare aspetto del diritto alla prova) che vede chiaramente diminuita la sua situazione soggettiva rispetto a quella che sarebbe ove il diritto soggettivo venisse tutelato nella sua sede naturale che e' il processo civile (i cui principi generali costituiscono nella specie tertium comparationis). 6. - Due precisazioni si impongono. Innanzitutto, come e' evidente dall'analisi suesposta, con la presente ordinanza non viene assolutamente posta in discussione la ammissibilita' della testimonianza della p.c., e la sua utilizzabilita', ai fini dell'accertamento della responsabilita' penale. Invero la Corte si e' piu' volte pronunciata nel senso della ammissibilita'; peraltro con considerazioni che (condivisibili o meno che siano) risultano chiaramente utilizzabili anche nella specie. Si dice che la funzione del processo penale (quale e' quella di accertare i reati e irrogare una giusta pena) e' tale che non consente di ritenere rilevanti limitazioni probatorie tipiche ed esclusive di altra forma processuale, quale quella del processo civile. Ma se cio' e' vero, allora, e' evidente che tale criterio non puo' valere nella ipotesi in cui si discuta, come nella specie, della rilevanza della dichiarazione nell'ambito precipuo ed esclusivo della correlata responsabilita' civile ove, giova ribadire, non possono non valere i principi fondamentali (tra i quali indubbiamente vi e' quello della inammissibilita' e inutilizzabilita' come testimonianza delle dichiarazioni della p.c. - attore) del sistema processualcivilistico atteso che trattasi comunque di tutelare un diritto soggettivo e non un fine politico. Quindi non puo' che ribadirsi che le ordinanze e sentenze della Corte costituzionale sono certamente ultronee nel caso di specie in quanto riguardavano altra questione; ma e' altrettanto evidente che argomentando "a contrario" il criterio enucleato in esse implicitamente impone proprio quanto evidenziato (inammissibilita' e inutilizzabilita' della testimonianza della p.c. con riferimento all'accertamento della responsabilita' civile correlata a quella penale). 7. - Si potrebbe obiettare che la suddescritta limitazione, essendo dettata non da norme costituzionali, ma da norme di legge ordinaria, non puo' ne' costituire parametro di valutazione della legittimita' ne' ex se essere estesa in altro sistema. Tale eventuale prospettazione non e' di pregio. Innanzitutto e' evidente che l'attuale disciplina comporti di fatto una diversita' di trattamento ove si ponga mente che la tutela della stessa situazione soggettiva subisce degli ampliamenti o diminuzioni, nelle possibilita' concrete di difesa, a seconda della forma processuale scelta. Analiticamente se essa fosse tutelata in sede civile l'attore non potrebbe fondare le sue domande solo sulle sue dichiarazioni; se cosi' fosse e' chiaro che esse sarebbero da respingere. Al contrario se esse fossero tutelate in sede penale tale fondamentale limitazione non sussisterebbe; per cui, in tal caso, una volta accertata la responsabilita' penale (che giova ricordare potrebbe essere affermata solo sulla base delle dichiarazioni della p.c.) le domande civili dovranno essere comunque accolte. Una tale evidente diversita' ridonda in disparita' ove si ponga mente: a) che essa si fonda esclusivamente sulla forma processuale che, chiaramente sul punto, non puo' giustificare una tale diversita' trattandosi della medesima situazione (tutela di un diritto soggettivo) e di aspetto in se' non attinente alla finalita' della specifica forma (in quanto il giudice non accerta la responsabilita' penale ma esclusivamente la r.c.); d) che essa e' espressione di una libera scelta della p.c.-attore che pero', in quanto tale, non puo' ripercuotersi in peius sull'imputato-convenuto; analiticamente tale scelta (proprio perche' libera e insindacabile) non puo' deminuire, sul punto, e con riferimento alla situazione soggettiva azionata, le possibilita' difensive del convenuto foss'anche, come nella specie, attribuendo diverso e inferiore valore probatorio alle dichiarazioni di questo. Quindi e' chiaro che l'attuale disciplina ridonda in disparita' di trattamento. 8. - Ma v'e' di piu'. Le disposizioni civilistiche sulla base delle quali risulta inammissibile (e quindi inutilizzabile ove sia stata attuata), nella specie, la testimonianza della p.c. (99, 101 e 246 c.p.c. nella parte nella quale si riferisce all'attore) lungi dall'essere regole proprie ed esclusive del processo civile instaurato ex art. 163 c.p.c., per la loro intrinseca connessione con la situazione tutelata e soprattutto in quanto trovano i loro referenti proprio nell'art. 24 Cost., devono costituire il diritto processuale "comune" delle situazioni soggettive tutelabili in sede civile. Esse, in altri termini, e per le considerazioni suesposte, debbono trovare applicazione ogni qualvolta sia azionata una situazione soggettiva civilisticamente rilevante (connessa o non che sia ad un illecito penale). Quindi, una diversa disciplina comporterebbe una disparita' di trattamento nonche', nella posizione del convenuto, una deminutio dei suoi poteri difensivi. Si deve, pertanto, concludere che, col ritenere rilevanti i suddetti principi processuali, non vengono introdotte limitazioni ma, stante la loro connotazione e i loro referenti costituzionali, cio' e' necessario, alla luce degli stessi, per garantire parita' di trattamento a situazioni identiche (trattasi pur sempre di connotare le forme di tutela di un diritto soggettivo sia esso azionato in sede civilistica sia esso azionato in sede penale) nonche', sul punto, identita' delle possibilita' difensive dell'imputato-convenuto. Situazioni lese proprio dall'attuale disciplina. 9. - Questo pretore evidenzia alla Corte che, ove la questione fosse fondata, si dovrebbe imporre la declaratoria di incostituzionalita' anche dell'art. 651 c.p.p. allorche' (peraltro reiterando il meccanismo delineato gia' dall'art. 538 c.p.p.) attribuisca efficacia di cosa giudicata alla sentenza penale di condanna nei giudizi civili almeno per quanto afferisce all'accertamento della sussistenza del fatto, alla sua illiceita' e alla sua riferibilita' all'imputato. Invero, anche in tal caso, al giudice civile e' preclusa la possibilita' di escludere tale diretta efficacia della sentenza di condanna ove essa si sia fondata solo sulle dichiarazioni della p.c., chiaramente inammissibili e inutilizzabili nel giudizio civile. Invero, anche in tal caso, l'automatismo delineato dall'art. 651 viola i succitati principi costituzionali. 10. - Riguardo alla rilevanza della questione e' sufficiente rilevare che, nella specie, non solo la responsabilita' penale si fonda sulle dichiarazioni della p.c., ma anche la correlata responsabilita' civile e' fondata esclusivamente sulle suddette dichiarazioni. A tal fine e' sufficiente osservare che l'unico mezzo di prova richiesto e' stato proprio quello della testimonianza della p.o. (poi p.c.). Quindi, ove la Corte dovesse ritenere fondata la questione, questo pretore si deve pronunciare sulla responsabilita' penale mentre, con riferimento alle domande civili, si deve astenere dal pronunciarsi (configurandosi in tal caso una ipotesi di non liquet pienamente legittima atteso che riguarda un ambito diverso dalla giurisdizione penale) restando fermo all'attore il potere, eventualmente, di iniziare l'azione civile senza precludere alcunche' al medesimo. In caso contrario, invece, questo pretore dovrebbe pronunciarsi sulla responsabilita' penale ma anche sulla correlata responsabilita' civile.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge n. 87/1953; Sospende il processo; Dichiara non manifestatamente infondata e rilevante la questione di legittimita' dell'art. 538 c.p.p. ai sensi di cui a parte motiva; Manda alla cancelleria per gli avvisi e le notifiche di rito. Brescia, addi' 3 agosto 1998 Il pretore: Toselli 98C1181