N. 774 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 gennaio - 7 ottobre 1998

                                N. 774
  Ordinanza  emessa  il  29  gennaio  1998   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il  7  ottobre  1998)  dal  tribunale  amministrativo
 regionale per la Lombardia sul ricorso proposto  da  Parisi  Giovanni
 contro il Ministero dell'interno ed altra.
 Circolazione   stradale  -  Soggetto  gia'  sottoposto  a  misura  di
    sicurezza personale, poi revocata, nei  cui  confronti  non  siano
    intervenuti  provvedimenti  riabilitativi  - Prevista revoca della
    patente di guida  -  Lesione  del  principio  di  eguaglianza,  in
    relazione  a  soggetti  sottoposti,  in  atto,  a  tali  misure  -
    Violazione del diritto al lavoro.
 (C.S.N., art. 120, comma 1, sostituito dal d.P.R. 19 aprile 1994,  n.
    575, art. 5).
 (Cost., art. 3 e 4).
(GU n.43 del 28-10-1998 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 4311 del 1997
 proposto  da  Parisi  Giovanni,  rappresentato  e  difeso   dall'avv.
 Domenico  Margariti  ed  elettivanente  domiciliato  in  Milario, via
 Giulianova n. 1, presso lo studio degli avv.ti Gaetano Fedeli e Paolo
 Pagliai;
   Contro il Ministero dell'interno, in persona del Ministro in carica
 e la prefettura di  Varese,  in  persona  del  Prefetto  pro-tempore,
 costituitisi  in  giudizio,  rappresentati  e  difesi dall'Avvocatura
 distrettuale  dello  Stato  di  Milano,  presso  i  cui  uffici  sono
 elettivamente domiciliati in via Freguglia n. 1;
   Per l'annullamento, previa sospensione, del provvedimento prot.  n.
 16944/1997  sett.  II  auto del 27 giugno 1997 con cui il prefetto di
 Varese ha revocato al ricorrente la patente di guida.
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'Amministrazione
 intimata;
   Viste  le  memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udito alla pubblica udienza del 29 gennaio 1998 il  relatore  dott.
 Carlo Testori;
   Uditi, altresi', i procuratori delle parti;
   Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con  sentenza  della Corte d'appello di Palermo del 22 gennaio 1988
 il  sig.  Giovanni  Parisi,  condannato  per  reati   connessi   alla
 prostituzione,   fu   sottoposto   alla  misura  di  sicurezza  della
 assegnazione a casa di lavoro per anni uno; con ordinanza del giudice
 di sorveglianza di Varese in data  7  luglio  1989  detta  misura  fu
 sostituita  con  la  liberta'  vigilata  per  anni  uno;  infine, con
 provvedimento del 13 settembre 1990, il medesimo giudice  dispose  la
 revoca di quest'ultima misura di sicurezza.
   Con atto n. 16944/1997 Sett. II auto del 27 giugno 1997 il prefetto
 della   provincia  di  Varese,  facendo  riferimento  all'intervenuta
 sottoposizione del sig. Parisi alle citate misure ed alla circostanza
 che non era intervenuto provvedimento di riabilitazione, ha disposto,
 ai sensi dell'art. 120, comma 1, del Codice  della  strada  approvato
 con  d.lgs.  30 aprile 1992, n. 285, la revoca della patente di guida
 rilasciata al ricorrente nel 1986.  Avverso  tale  determinazione  il
 sig. Parisi ha proposto il ricorso in epigrafe, deducendo:
   1.  - Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 120, comma primo,
 del codice della strada.
   Difetto  di  motivazione.  Eccesso  di  potere  per   difetto   dei
 presupposti    e    per    travisamento   dei   fatti   (e'   erronea
 l'interpretazione dell'art.   120 epigrafato in base  alla  quale  la
 revoca  e' atto vincolato nei confronti di chi sia stato sottoposto a
 misura di sicurezza, salvo che non sia intervenuta la  riabilitazione
 ex art. 178 c.p.: attesa la finalita' preventiva della norma, si deve
 ritenere che l'effetto riabilitativo si verifichi anche semplicemente
 con  la  revoca della misura di sicurezza, che viene disposta ex art.
 207 c.p. ove sia  cessata  la  pericolosita'  sociale  del  soggetto;
 d'altra  parte  la  riabilitazione  non  ha nulla a che vedere con le
 misure di sicurezza, ne' produce effetti su di esse;  ove  cosi'  non
 fosse, si dovrebbe quantomeno riconoscere che la revoca della patente
 puo'  essere  disposta  dal  prefetto,  in  relazione  alla pregressa
 sottoposizione a misura di sicurezza, solo in base ad una valutazione
 discrezionale  della  sussistenza  di  un  pericolo  attuale  che  il
 soggetto  interessato  possa  avvalersi  del  documento  di guida per
 delinquere: in tal modo si adeguerebbe la  situazione  considerata  a
 quella,  parimenti  disciplinata  dall'art.    120,  di chi sia stato
 condannato a pena detentiva non inferiore a tre anni).
   2. - In subordine,  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  120,
 comma  primo,  C.d.S.  (per  contrasto  con  gli  artt.  3 e 97 della
 Costituzione, ove l'art. 120  debba  essere  interpretato  nel  senso
 fatto proprio dalla prefettura di Varese).
   Si e' costituita in giudizio l'amministrazione intimata, insistendo
 per il rigetto del ricorso.
   Nella  camera  di  consiglio  del 16 ottobre 1997 questa sezione ha
 accolto, con ordinanza n. 3470, la domanda incidentale di sospensione
 del provvedimento impugnato.
   Entrambe le parti hanno depositato memorie  in  vista  dell'udienza
 del 29 gennaio 1998, in cui la causa e' passata in decisione.
                             D i r i t t o
   1.  -  Oggetto  della  presente  controversia  e'  un provvedimento
 prefettizio  di  revoca  della  patente  di  guida.  La  materia   e'
 disciplinata,  nel  nuovo Codice della strada approvato con d.lgs. 30
 aprile  1992,  n.     285,   dall'art.   120,   primo   comma,   come
 successivamente  sostituito dall'art. 5 del d.P.R. 19 aprile 1994, n.
 575. Tale disposizione stabilisce:
   La patente  di  guida  e'  revocata  dal  prefetto  ai  delinquenti
 abituali,  professionali  o  per  tendenza e a coloro che sono o sono
 stati sottoposti a misure di sicurezza personali  o  alle  misure  di
 prevenzione  previste  dalla  legge  27  dicembre 1956, n. 1423, come
 sostituita  dalla legge 3 agosto 1988, n. 327 e dalla legge 31 maggio
 1965, n. 575, cosi'  come  successivamente  modificata  e  integrata,
 fatti  salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi, nonche' alle
 persone condannate a pena detentiva, non inferiore a tre anni, quando
 l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione
 di reati della stessa natura.
   Va immediatamente sottolineato che il  nuovo  Codice  della  strada
 dispone  la  revoca  della  patente non piu' solo a carico di chi sia
 sottoposto a misura di sicurezza personale (la cui esecuzione, cioe',
 non si sia ancora esaurita), come era previsto dal combinato disposto
 degli artt. 82 e 91, comma 13, del previgente t.u. 15 giugno 1959, n.
 393, ma anche nei confronti di chi sia stato sottoposto in passato ad
 una misura di  tal  genere,  ormai  cessata,  sempre  che  non  siano
 intervenuti  provvedimenti  riabilitativi. In tale ultima fattispecie
 rientra (almeno ad avviso del prefetto di Varese) il caso di  cui  si
 discute,  atteso  che  il  ricorrente e' stato sottoposto a misura di
 sicurezza disposta nel 1988, revocata nel 1990 ed in  relazione  alla
 quale  non  e' intervenuta riabilitazione. In sostanza il prefetto ha
 ritenuto di essere obbligato, in base al  disposto  del  citato  art.
 120, comma 1, a revocare il documento di guida di cui era titolare il
 sig.  Parisi,  ricorrendo  i  presupposti  della  sottoposizione  del
 predetto  a   misura   di   sicurezza   e   della   non   intervenuta
 riabilitazione, a nulla rilevando la revoca della misura de qua.
   2.  - Le argomentazioni poste a fondamento dell'atto impugnato e la
 stessa  lettura  della  norma   seguita   dall'amministrazione   sono
 contestate dalla difesa del ricorrente sotto molteplici profili.
   In  primo luogo si sostiene che il richiamo testuale dell'art. 120,
 comma primo, a "provvedimenti riabilitativi" (l'intervento dei  quali
 impedisce  la  revoca  della  patente) va inteso in senso generico ed
 atecnico, cioe' come riferito non esclusivamente  all'istituto  della
 riabilitazione  disciplinato  dagli  artt. 178 ss. del codice penale,
 bensi' anche al provvedimento di revoca  della  misura  di  sicurezza
 che, ex art. 207 c.p., e' necessariamente correlato ad un giudizio di
 cessazione  della  pericolosita'  sociale  del  soggetto interessato.
 Cio' in quanto la finalita' perseguita dall'art.  120,  comma  1,  e'
 quella  di  evitare  che  l'uso  della  patente  sia  strumentale  al
 compimento di attivita' criminose e la  revoca  del  documento  viene
 quindi   disposta   in   base   ad   un  giudizio  prognostico  sulla
 pericolosita' di determinati soggetti; e non e' ragionevole  ritenere
 il  legislatore  abbia  inteso  formulare una valutazione prognostica
 negativa nei confronti di chi, avendo ottenuto la revoca della misura
 di sicurezza, e' stato giudicato non piu' socialmente pericoloso. Per
 quanto ben argomentata, la tesi sostenuta nel ricorso non puo' essere
 condivisa. Sia perche' il suo accoglimento impone di  ritenere  (come
 in  effetti  ritiene  il  ricorrente)  che il riferimento normativo a
 coloro che "... sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali
 ..." debba essere  considerato  tamquam  non  esset,  cioe'  un  mero
 infortunio  del  legislatore: e non si puo' consentire all'interprete
 di porre in tal modo rimedio alla ritenuta  irragionevolezza  di  una
 disposizione.  Sia  perche',  contrariamente  a  quanto sostenuto nel
 ricorso, non e' affatto vero che la riabilitazione ex art.  178  c.p.
 non  ha  nulla a che vedere con le misure di sicurezza, tant'e' che a
 norma dell'art. 179 c.p. la riabilitazione presuppone  la  revoca  di
 tali  misure,  eventualmente  disposte. Si deve quindi concludere che
 attrraverso la formulazione dell'art. 120,  primo  comma,  del  nuovo
 Codice   della   strada   il   legislatore   ha  scelto  di  innovare
 sensibilmente e rigoristicamente la  disciplina  in  tema  di  revoca
 della  patente  e  che  solo  l'intervenuta  riabilitazione  vale  ad
 escludere l'applicazione  della  norma  nei  confronti  dei  soggetti
 sottoposti in passato a misure di sicurezza personali.
   3. - Nel ricorso viene prospettata, in via alternativa, una diversa
 interpretazione  dell'art. 120, comma primo, che riconosce in capo al
 prefetto  un  potere  di  valutazione,  in  concreto,  della  attuale
 pericolosita'   del  soggetto  in  passato  sottoposto  a  misure  di
 sicurezza personali; essa consentirebbe di evitare effetti  aberranti
 e  di  armonizzare  la  disposizione riguardante i soggetti di cui si
 discute con quella relativa alle persone condannate a pena  detentiva
 non  inferiore  a  tre  anni,  che  appunto subordina la revoca della
 patente ad una valutazione discrezionale del prefetto sulla effettiva
 possibilita' che il documento sia utilizzato per delinquere.
   Anche  tale  prospettazione  appare  infondata.  Il   collegio   e'
 dell'avviso  che, come gia' nella vigenza del Codice della strada del
 1959, cosi' attualmente il tenore delle disposizioni  in  materia  di
 revoca  della  patente  induce  ad  affermare  che  il  provvedimento
 prefettizio in questione,  laddove  trovi  il  suo  fondamento  nella
 sottoposizione del titolare ad una misura di sicurezza, e' espressivo
 di  attivita'  vincolata:    il prefetto, in altre parole (era ed) e'
 tenuto in detta ipotesi a procedere alla revoca della patente al solo
 verificarsi del  presupposto  normativamente  indicato,  senza  poter
 esprimere  alcuna valutazione discrezionale sull'an del provvedimento
 (in senso conforme t.a.r.  Napoli, III sez., 7 agosto 1996, n. 635  e
 8  luglio  1996,  n. 580; t.a.r. Reggio Calabria 13 febbraio 1995, n.
 281; t.a.r. Milano, I sez., 1 aprile 1993, n.  259).  Depone  in  tal
 senso,  in  primo luogo, la formulazione letterale delle disposizioni
 in parola (sia il previgente art. 91, comma 13,  sia  l'attuale  art.
 120  statuiscono:  "...  la  patente e' revocata ..".); in piu' nella
 disciplina vigente in tema di revoca  sono  chiaramente  distinte  le
 ipotesi  in  cui  la revoca dipende esclusivamente dal verificarsi di
 date  circostanze  obiettive  (tra  le  quali  figura,  appunto,   la
 sottoposizione  a  misura  di  sicurezza)  e  quella in cui la revoca
 consegue non solo al verificarsi di una  data  circostanza  di  fatto
 (condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni), ma anche ad una
 ulteriore  fase  valutativa (circa la strumentalita' della patente ai
 fini della commissione di reati della  stessa  natura).    E  non  e'
 consentito   accogliere   un'interpretazione   che,  nell'intento  di
 assicurare una  lettura  della  norma  ritenuta  piu'  ragionevole  e
 corretta,   anche   sotto   il  profilo  costituzionale,  in  realta'
 disattende sia il chiaro  dato  testuale,  sia  l'altrettanto  palese
 intento del legislatore.
   4.  -  Le  censure  proposte  nel  ricorso  e  sinora esaminate non
 meritano quindi accoglimento.  Risultano  invece  non  manifestamente
 infondati   i   dubbi   sollevati   dal  ricorrente  in  ordine  alla
 legittimita' costituzionale dell'art. 120, primo comma, del d.lgs. 30
 aprile 1992, n. 285, come successivamente sostituito  dl'art.  5  del
 d.P.R.   19 aprile 1994, n. 575, nella parte in cui prevede la revoca
 della patente anche nei confronti di coloro che sono stati sottoposti
 a  misure  di  sicurezza  personali,  senza  che  siano   intervenuti
 provvedimenti  riabilitativi, in particolare con riferimento all'art.
 3 della Costituzione.
   La questione e' rilevante perche' nella specie la revoca  impugnata
 e'  stata  disposta  nei  confronti  del  ricorrente  appunto perche'
 sottoposto in passato a misura  di  sicurezza  personale  in  seguito
 revocata, senza che peraltro sia poi intervenuta la riabilitazione.
   In  relazione  ai  principi  di  cui  all'art. 3 della Costituzione
 appare dubbia la legittimita' della disposizione ex  art.  120  comma
 primo  citato relativa a coloro che sono stati sottoposti a misure di
 sicurezza personali perche' determina una  equiparazione  che  sembra
 ingiustificata  ed  irragionevole  tra  chi,  in  passato,  e'  stato
 assoggettato a tali misure, poi revocate, e chi invece vi e' in  atto
 sottoposto.
   E'  noto  che  le  misure  di  sicurezza  personali  possono essere
 applicate, ex art.  202  c.p.,  soltanto  alle  persone  riconosciute
 socialmente  pericolose,  cioe'  a  chi  ha commesso taluno dei fatti
 indicati dal citato art. 202 ed e' probabile che commetta nuovi reati
 (art. 203).    Esse  hanno  finalita'  essenzialmente  preventive  e,
 pertanto,  una  durata non predeterminata, se non nel minimo; decorso
 tale  periodo  minimo  il   giudice   rivaluta   il   profilo   della
 pericolosita'  sociale  del  soggetto  (art.  208):  nel  caso questi
 risulti ancora pericoloso  si  provvede  a  successivi  accertamenti;
 perche'  la  misura  di sicurezza possa essere revocata e' necessario
 che  la  persona  sottoposta  abbia  cessato  di  essere  socialmente
 pericolosa  (art.  207), cioe' si possa prevedere che non commettera'
 nuovi reati. Risulta quindi chiaro che, se la cessazione della misura
 di sicurezza, mediante la revoca della stessa, presuppone l'accertato
 venir meno della  pericolosita'  sociale  del  soggetto  che  vi  era
 sottoposto, la differenza tra chi e' in atto assoggettato a misura di
 sicurezza  personale  e  chi non lo e' piu' sta nel fatto che solo il
 primo,  e  non  piu'  il  secondo,  e'  ancora  ritenuto  socialmente
 pericoloso.
   Non   si   comprende  allora  il  perche'  della  censurata  scelta
 legislativa espressa nell'art. 120, comma 1, del vigente Codice della
 strada; se la revoca della patente ha,  come  gia'  detto,  finalita'
 eminentemente  cautelare,  volta  ad  evitare  il  pericolo che detto
 documento sia strumentalmente utilizzato per delinquere,  non  appare
 ragionevole  porre  a tal fine sul medesimo piano, cioe' assoggettare
 al  medesimo  trattamento,  chi  sia  tuttora  giudicato  socialmente
 pericoloso  (in  quanto  e' probabile che commetta nuovi reati) e chi
 non sia piu' considerato tale. In altri  termini,  rispetto  al  fine
 perseguito  la  disposizione della cui legittimita' costituzionale si
 dubita appare spropozionata,  perche'  estende  l'applicazione  della
 misura  cautelare a tutti coloro che siano o siano stati sottoposti a
 misure  di  sicurezza  personali,   senza   differenziare   in   base
 all'attuale  pericolosita'  dei  soggetti  interessati;  ed  anche  a
 ritenere legittima la scelta legislativa di prescindere, nel disporre
 la  revoca  della  patente,  dalla  valutazione  della  pericolosita'
 sociale  operata  ai  sensi  degli  artt.  199 ss. del codice penale,
 appare comunque irragionevole e  sproporzionata  un'applicazione  del
 provvedimento  in  questione  estesa anche a chi in passato sia stato
 sottoposto a misure di sicurezza, sulla  base  di  una  generalizzata
 presunzione di pericolosita', non verificata in concreto.
   L'irragionevolezza  della  scelta  legislativa  di  cui  si discute
 emerge anche dal confronto tra  il  trattamento  riservato,  ai  fini
 della  revoca  della  patente,  a  coloro che sono stati sottoposti a
 misure di sicurezza personali e quello previsto nell'ultima parte del
 primo comma  dell'art.    120  C.d.s.  nei  confronti  delle  persone
 condannate  a pena detentiva non inferiore a tre anni; in tale ultimo
 caso la revoca e' disposta dal prefetto "...  quando  l'utilizzazione
 del  documento di guida possa agevolare la commissione di reati della
 stessa natura". Nell'ipotesi considerata l'adozione del  provvedimnto
 in  questione  e' quindi subordinata ad una valutazione, in concreto,
 della attuale  sussistenza  di  un  rapporto  tra  titolarita'  della
 patente   e   pericolosita'  del  soggetto,  intesa  quantomeno  come
 possibilita' che lo stesso, in relazione alla  specifica  natura  dei
 reati   gia'  commessi,  si  avvalga  del  documento  di'  guida  per
 delinquere nuovamente. L'attribuzione  al  prefetto  di  tale  potere
 valutativo  va  collegata  alla  circostanza che il soggetto, benche'
 gia' condannato a pena di non lieve entita', non  e'  per  cio'  solo
 qualificabile   come  socialmente  pericoloso  e  pertanto,  ai  fini
 dell'eventuale applicazione di una misura  che  incide  in  modo  non
 irrilevante  sulla sfera di liberta' dell'interessato, occorre che la
 pericolosita' dello stesso sia accertata in concreto. Premesso che le
 evidenti differenze esistenti tra  le  situazioni  di  chi  e'  stato
 condannato  a pena detentiva e di chi e' stato sottoposto a misura di
 sicurezza  impediscono  di  ravvisare  profili  di   irragionevolezza
 dell'art.  120,  comma  primo, per avere diversamente disciplinato le
 ipotesi considerate, il raffronto tra le scelte operate in  proposito
 dal  legislatore  appare  comunque  utile.  Esso  consente infatti di
 rilevare che l'applicazione del provvedimento di revoca della patente
 e' correlata in generale  (e  trova  la  sua  giustificazione)  nella
 riconosciuta possibilita' che il documento di guida sia strumento per
 la  commissione  di reati, possibilita' che a sua volta si riconnette
 ad una valutazione di pericolosita' del titolare della patente;  tale
 valutazione   e'   espressa  dall'autorita'  giudiziaria  (attraverso
 determinati provvedimenti di piu' ampia portata, la cui  adozione  si
 riflette  anche  ai  fini che qui interessano), oppure dall'autorita'
 amministrativa (nell'ambito  dello  stesso  procedimento  finalizzato
 alla  revoca); in ogni caso non manca una previa fase di accertamento
 e riconoscimento della pericolosita' del soggetto  interessato.  Alla
 regola    generale    fa    eccezione   (ad   avviso   del   Collegio
 ingiustificatamente ed irragionevolmente) il caso di coloro che  sono
 stati  sottoposti  a  misura  di  sicurezza,  cioe'  a  misura la cui
 esecuzione e' cessata per revoca. A carico di costoro la revoca viene
 infatti disposta obbligatoriamente dal prefetto benche'  sia  cessata
 la  pericolosita'  sociale  che  aveva  giustificato l'adozione della
 misura di sicurezza e senza che sia stato in seguito svolto nei  loro
 confronti  alcun  ulteriore  accertamento  al  riguardo  e  sia stata
 espressa una successiva valutazione di pericolosita'.  Cio' induce  a
 ritenere  che  nel quadro complessivo delineato dall'art.  120, comma
 primo, il richiamo a "coloro che ... sono stati sottoposti  a  misure
 di  sicurezza  personali"  costituisce un elento non omogeneo ed anzi
 disorganico.
   5. - La legittimita' costituzionale della norma di cui  si  discute
 appare  al  collegio  dubbia  anche  in  relazione  all'art.  4 della
 Costituzione, che contiene il riconoscimento del diritto al lavoro in
 favore di tutti i cittadini e vincola l'ordinamento a  promuovere  le
 condizioni che rendano effettivo tale diritto.
   E'  superfluo  sottolineare  quanto  sia importante in una societa'
 complessa la disponibilita' di un automezzo e, quindi,  del  relativo
 permesso  di  guida.  Anche ai fini dell'attivita' lavorativa essa e'
 spesso essenziale. La revoca della patente nei confronti  di  chi  in
 passato e' stato sottoposto ad una misura di sicurezza personale, poi
 revocata  per  la riconosciuta cessazione della pericolosita' sociale
 del soggetto, appare confliggente con i richiamati principi  ex  art.
 4  della Costituzione, perche' puo' pregiudicare ogni possibilita' di
 effettivo e definitivo recupero, attraverso  una  regolare  attivita'
 lavorativa,  di  chi  in  atto non e' piu' ritenuto pericoloso per la
 compagine sociale. Non e' dunque ravvisabile in tale  ipotesi  alcuna
 ragione  idonea  a  giustificare  l'imposizione, attraverso la revoca
 della  patente,  di  una  limitazione   della   sfera   di   liberta'
 dell'individuo che puo' rivelarsi estremamente grave, suscettibile di
 compromettere  qualsiasi sforzo di recupero individuale, senza che il
 sacrificio imposto risulti giustificato con l'esigenza, verificata in
 concreto, di tutelare interessi preminenti.
   6. - Cio' premesso, attesa la rilevanza delle questioni prospettate
 e ritenuta la loro non manifesta infondatezza, si dispone l'immediata
 trasmissione alla Corte costituzionale degli atti  del  giudizio,  di
 cui si ordina, nelle more, la sospensione.
                               P. Q. M.
   Ritenuta  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  delle
 prospettate questioni di legittimita'  costituzionale;  in  relazione
 agli artt.  3 e 4 della Costituzione, dell'art. 120, comma primo, del
 d.lgs.    30  aprile  1992,  n.  285, come sostituito dall'art. 5 del
 d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575, nella parte in cui prevede  la  revoca
 della patente anche nei confronti di coloro che sono stati sottoposti
 a   misure  di  sicurezza  personali,  senza  che  siano  intervenuti
 provvedimenti riabilitativi, sospende il giudizio sul ricorso n. 4311
 del 1997 e ordina l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 cosituzionale;
   Disone  che,  a  cura  della  segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa ed al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento.
   Cosi' deciso in Milano, nella camera di consiglio  del  29  gennaio
 1998.
                        Il presidente: Mariuzzo
                                   Il primo referendario est.: Testori
 98C1191