N. 778 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 settembre 1998

                                N. 778
  Ordinanza  emessa  il 4 settembre 1998 dal pretore di Ancona sezione
 distaccata di Fabriano nei procedimenti civili riuniti  vertenti  tra
 Marasca Velio ed altra e Borioni Mario ed altri
 Proprieta'  -  Diritto di veduta diretta - Diritto incondizionato del
    proprietario ad ottenere il rispetto delle prescritte  distanze  -
    Possibilita', per il giudice, di operare un bilanciamento tra tale
    diritto   e   la  necessita'  di  tutela  della  riservatezza  del
    proprietario limitrofo - Preclusione - Irrazionalita' - Lesione di
    diritto inviolabile dell'uomo - Violazione del diritto di azione.
 (C.C., art. 907).
 (Cost. artt. 2, 3 e 24).
(GU n.43 del 28-10-1998 )
                                IL PRETORE
   Letti gli atti del procedimento n. 5239/98 r. gen. aff. cont. civ.,
 cui  e' stato riunito il procedimento n. 5250/98, tra Marasca Velio e
 Nino' Anna Maria da un lato e Borioni Mario, Secchi Franco e  Teodori
 M. Gabriella dall'altro, ha emesso la seguente ordinanza;
   In  data  3  giugno  1998 gli attori proponevano, nei confronti dei
 convenuti, un ricorso per denuncia di nuova opera, sul presupposto di
 essere proprietari di un appartamento sito in un condominio  composto
 da  un'unica  struttura a schiera avente 4 appartamenti con giardino;
 esponevano gli attori che i convenuti,  proprietari  di  appartamenti
 posti  al piano terra e sottostanti i loro, avevano da qualche giorno
 avviato la realizzazione di una struttura in legno del tipo  tettoia,
 posta  in  aderenza all'edificio, munendosi di autorizzazione ex art.
 7, legge n. 94/1982;  che  la  tettoia,  ex  art  907  c.c.,  per  la
 struttura  e  la  posizione che la caratterizzavano, avrebbe leso  il
 diritto di veduta diretta dei proprietari attori.  Chiedevano  quindi
 che il pretore vietasse la continuazione  dell'opera iniziata.
   Si  costituivano  i  convenuti,  contrastando  che  si trattasse di
 costruzione ai sensi degli effetti preclusi della norma  invocata  da
 controparte,  osservando  che gli attori non avevano sufficientemente
 provato il diritto in base a cui avevano agito a difesa della veduta,
 eccependo che in ogni caso avrebbe dovuto prevalere il  diritto  alla
 riservatezza  e,  nel caso della famiglia Borioni, lo stato di salute
 di un familiare che  avrebbe  imposto  l'apposizione  della  tettoia,
 essendo  il  familiare  in questione bisognevole di stare quanto piu'
 possibile all'aria  aperta,  con  idonea  copertura.  Aggiungevano  i
 resistenti  che  la  copertura  era  strumento idoneo ad assorbire le
 pericolose radiazioni dei campi  elettrici  e  magnetici  provenienti
 dall'elettrodotto  F.S.  132  kv che alimenta le ferrovie dello Stato
 nella tratta Fossato di Vico-Genga.
   Eccepivano, infine,  che  l'opera  risultava  terminata  e  che  la
 domanda era pertanto inammissibile.
   Tanto  premesso  in sintesi, va osservato che gli stessi resistenti
 hanno adombrato una possibile incostituzionalita' della norma di  cui
 all'art.  907  c.c.  nel  momento in cui tale difesa della proprieta'
 confligge con il diritto alla riservatezza del vicino.
   In punto di rilevanza della questione,  va  osservato  che  possono
 essere  superate  le  preliminari  eccezioni  proposte dai convenuti,
 poiche' cio' che rileva e' la  data  della  proposizione  dell'azione
 nunciatoria,  ben  potendo  essere  l'udienza  di comparizione ad una
 certa distanza dal ricorso.
   Va  inoltre  osservato  che  la  consolidata  giurisprudenza  della
 Cassazione interpreta in modo rigoroso la norma in esame, per cui nel
 concetto  di  costruzione  di cui all'art. 907 c.c. rientra qualsiasi
 manufatto anche di struttura leggera, quale un tendone (per cui  vano
 sarebbe il suggerimento di parte attrice di ricorrere ad un manufatto
 del  genere,  che  troverebbe  le stesse preclusioni della tettoia in
 legno); e la Cassazione ha altresi' stabilito che anche la veduta  in
 appiombo (com'e' nella fattispecie) viene tutelata dalla norma.
   E'  inoltre  evidente  che  gli  attori  esercitano la difesa della
 veduta nella loro qualita' di proprietari, per cui nessuna  ulteriore
 dimostrazione  del  loro  diritto devono dare, essendo non contestata
 tale loro qualita', e comunque sufficientemente dimostrata.
   In  punto  di  non manifesta infondatezza, va invece osservato che,
 effettivamente, le tettoie in questione hanno  un'obiettiva  funzione
 di  riparare  dagli  sguardi di chi sta nel balcone superiore, l'area
 sottostante di pertinenza dei convenuti. E' indubbio che, quindi,  le
 stesse svolgono una tutela della riservatezza di soggetti nell'ambito
 circoscritto  dell'abitazione  e delle sue pertinenze, rispetto a cui
 deve ritenersi che la tutela della riservatezza  abbia  una  funzione
 particolarmente incisiva.
   Deve  ora  osservarsi  che  la  norma  di  cui all'art. 907 c.c. va
 inquadrata in un contesto  squisitamente  privatistico,  in  cui  non
 trovano  spazio  finalita'  pubblicistiche e nemmeno finalita', quali
 quelle  delle  norme  condominiali,  che  prescindono   dal   singolo
 proprietario  dell'unita'  immobiliare. Cio' signitica da un lato che
 eventuali problemi di estetica e di ornato, che le tettoie potrebbero
 comportare sono estranee alla presente  controversia  e  che  d'altro
 canto  poteri  conformativi della p.a. attinenti al regolare sviluppo
 urbanistico trovano espressione in diverse normative (qui,  peraltro,
 si   ha   un   provvedimento  autorizzativo  concesso  dall'autorita'
 edilizia).
   Va notato che la norma in esame viene contenuta per la prima  volta
 nel  codice  deI 1865: in precedenza grande era l'eterogeneita' delle
 fonti normative  e  dottrinarie.  Nel  diritto  romano  classico,  in
 sintonia  con  la  particolare  concezione del diritto di proprieta',
 v'e' l'assoluta indipendenza dei due fondi, sotto questo profilo, per
 cui non v'e' alcuna limitazione alle costruzioni laddove  il  diritto
 postclassico   comincia   ad   introdurre   reciproche   limitazioni;
 l'eterogeneita' delle fonti giustinianee, che rispecchiano entrambi i
 periodi, da' luogo a dispute interpretative  che  nemmeno  il  codice
 napoleonico risolve.
   L'introduzione  delle  reciproche  limitazioni  nei  codici moderni
 viene vista nel bisogno di piu' ampia e sociale  tutela  dei  diritti
 nascenti  dalla  vicinanza.  Se  questo  e'  il  breve excursus sulle
 ragioni della norma, la colorazione  sociale  di  cui  appena  si  e'
 parlato  non  puo' che assumere una valenza molto debole, nel momento
 in cui, nell'odierno ordinamento giuridico, si dispone  di  ben  piu'
 ampi  ed  incisivi  strumenti  di  tutela delle ragioni sociali della
 proprieta'. La preclusione scade ad uno dei contenuti  normativi  del
 diritto di proprieta', e non ne puo' che seguire le limitazioni.
   Orbene,  accade  che  in  una  fattispecie  come quella in esame e'
 precluso al giudice ogni bilanciamento tra   l'obiettiva funzione  di
 tutela  della  riservatezza  della  "costruzione"  e  la difesa della
 veduta spettante al proprietario limitrofo.
   Tale  assetto  e'  sicuramente  irrazionale  e  sotto  tal  profilo
 contrasta  con  l'art.  3  Cost.  Inoltre,  nella scala dei valori di
 preminente rilievo  costituzionale,  il  diritto  alla  riservatezza,
 desumibile  dall'art.  2 Cost., nel venir sacrificato alla difesa del
 diritto di veduta, viene a soccombere interamente, mentre il  diritto
 di  proprieta',  di  cui  la veduta e' espressione, sarebbe solamente
 compresso nel caso contrario: si ha pertanto una  duplice  violazione
 dell'art.  2  Cost.,  nel momento in cui uno dei diritti fondamentali
 della  persona  viene  ad  essere   ingiustificatamente   sacrificato
 rispetto al diritto di proprieta' sia qualitativamente (nel confronto
 diritto  di  riservatezza/di  proprieta')  sia quantitativamente (nel
 confronto  diritto  di  riservatezza/diritto  di  veduta,  che  della
 proprieta' non e' che   un'espressione). Infine, proprio  la  mancata
 comparazione  e  valutazione  degli  interessi  in  gioco inibisce al
 convenuto con tale tipo di azione di opporsi eccependo il suo diritto
 alla  riservatezza,  con  l'ulteriore  vulnus  all'art.    24   della
 Costituzione.
   Ne  discende  che l'art. 907 c.c. cosi' come formulato, si presta a
 ledere posizioni meritevoli di tutela costituzionale.
                               P. Q. M.
   Dichiara  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  907  c.c.  in
 relazione agli artt. 2, 3, 24 Cost.;
   Sospende il presente giudizio ed ordina la trasmissione degli  atti
 alla Corte costituzionale;
   Ordina  che,  a  cura  della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notiticata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata alle
 parti ed ai Presidenti delle Camere.
     Fabriano, addi' 4 settembre 1998
                          Il pretore: Marziali
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