N. 784 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 giugno 1998

                                N. 784
  Ordinanza  emessa  il  1  giugno 1998 dalla Corte d'appello, sezione
 minorenni di Torino sul reclamo proposto da B. M. ed altra contro  La
 Gatta Alfredo ed altra
 Adozione  e  affidamento  -  Adozione di minori in casi particolari -
    Decreto del tribunale che dispone l'adozione - Impugnabilita'  con
    reclamo    alla   Corte   d'appello   da   parte   dell'adottante,
    dell'adottando e del pubblico ministero - Mancata previsione della
    legittimazione all'impugnazione  altresi'  del  genitore  naturale
    dell'adottando  -  Irragionevolezza  -  Lesione  del  principio di
    eguaglianza - Violazione del diritto di  azione  -  Incidenza  sui
    diritti riconosciuti ai genitori, nei confronti dei figli.
 (Legge  4 maggio 1983, n. 184, art. 56, quarto comma, in relazione al
    codice civile art. 313).
 (Cost., artt. 3, 24 e 30).
(GU n.43 del 28-10-1998 )
                           LA CORTE DI APPELLO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza;
   Visto il decreto 16/23 ottobre 1997, n. 838/92 VG del tribunale per
 i minorenni di Torino, che cosi' statuiva:
     "Il tribunale per i minorenni di Torino...;
   Visti gli atti relativi alla minore B. E.,  nata  a  Torino  il  21
 giugno 1987;
                             O s s e r v a
   Nella  procedura ex art. 44, legge n. 184/1983 gli istanti, parenti
 di quinto grado della minore, gia' da anni affidatari della minore in
 forza al decreto del T.M. del  12  ottobre  1992,  hanno  chiesto  di
 adottare il minore  medesimo.
   La  vicenda  di  E. e' stata ampiamente conosciuta dal T.M., che ha
 aperto e chiuso una procedura di adottabilita'  al  suo  riguardo,  a
 causa  delle  pesanti  problematiche  dei  genitori  e delle famiglie
 allargate.
   La  situazione  attuale  di E. e' peraltro del tutto stabile e cio'
 rende pacifico l'accoglimento della domanda  dei  parenti  affidatari
 cui  va peraltro imposta la prescrizione di collaborare con i servizi
 del territorio anche a proposito dell'eventuale ripresa dei  rapporti
 di E. con la madre, secondo modalita' e tempi che saranno individuati
 dai servizi stessi. P.Q.M., visto il parere del p.m.; visti gli artt.
 44  e segg., legge n. 184/83; visti gli artt. 333 e segg., cod. civ.;
 dispone che si faccia luogo all'adozione di B. E., nata a  Torino  il
 21  giugno  1987,  da  parte di La Gatta Alfredo, nato a Foggia il 14
 agosto 1950, Donniaquio Maria Adele, nata a  Foggia  il  16  novembre
 1955.
   Prescrive   agli   adottanti  di  collaborare  con  i  servizi  del
 territorio nell'interesse  della  minore,  anche  a  proposito  della
 ripresa dei rapporti con la madre della minore medesima.";
   Visto  il  reclamo  proposto  in  data  17 novembre 1997 avverso il
 predetto decreto da B. M., padre della minore;
   Visto il reclamo proposto in  data  15  dicembre  1997  avverso  lo
 stesso  decreto  da  L.    R.,  madre    della  minore, rappresentata
 dall'avv. Sabrina Paganin;
   Viste le controdeduzioni dei resistenti coniugi La Gatta Alfredo e'
 Donniaquio Maria Adele, rappresentati dall'avv. Luciana Guerci;
   Vista l'ordinanza interlocutoria 9/l4 marzo 1998  di  questa  Corte
 d'appello,  sezione  per  i  minorenni, che, fra l'altro, invitava le
 parti ed il procuratore generale ad esprimersi in punto  legittimita'
 costituzionale dell'art. 56, comma 4, legge n. 184/1983, in relazione
 all'art.  313 c.c., in quanto non comprende i genitori dell'adottando
 tra i soggetti legittimati a proporre reclamo avverso  i  decreti  di
 adozione  ex art. 44, legge n. 184/1983 - per possibile contrasto con
 gli artt. 3, 24 e 30 della Costituzione -  questione  di  cui  questa
 stessa  Corte  aveva  gia'  investito  la  Corte  costituzionale  con
 ordinanza 9/25 febbraio 1998 in causa n.  136/1996  V.G.  (minore  S.
 X.).
   Preso  atto che, a seguito della predetta ordinanza interlocutoria,
 la reclamante L. R. ha proposto che la  Corte  attenda  la  pronuncia
 della Corte costituzionale, gia' investita nel proc. 136/1996 V.G.; i
 resistenti   coniugi  La  Gatta-Donniaquio  hanno  chiesto  ritenersi
 infondata   la   questione   di   costituzionalita'   e   dichiararsi
 inammissibili  per  difetto di legittimazione i reclami dei genitori;
 il procuratore generale si e' espresso nel senso  della  opportunita'
 di  attendere  la  pronuncia della Corte costituzionale; ed il Tutore
 provvisorio,  assessore  all'assistenza  del  comune  di  Torino,  ha
 espresso  parere  favorevole  alla  adozione  de qua, rimettendosi in
 punto questione di costituzionalita'.
                           Premesso in fatto
   B. E., e' nata in Torino il 21 giugno 1987 dalla unione naturale di
 B. M. e L. R., entrambi, all'epoca, tossicodipendenti.
   Fin dai primi mesi  di  vita  la  situazione  della  bambina  viene
 seguita  dal  tribunale  per  i  minorenni di Torino con una serie di
 provvedimenti a sua tutela:
     decreto 31  luglio  1987:  dispone  che  E.,  appena  dimissibile
 dall'ospedale, sia collocata in comunita';
     decreto  21  aprile  1988:  affida  E. alla zia paterna B., C. in
 Baio;
     decreto  9  dicembre 1988: affida provvisoriamente E. alla madre,
 impartendo a questa prescrizione;
     decreto  14  dicembre  1988:   affida   E.   ai   genitori,   con
 prescrizioni.
   In data 25 novembre 1991 nasce, dagli stessi genitori, B. E.
   Con  decreto  13  gennaio 1992 il tribunale per i minorenni apre il
 procedimento  per  la  eventuale   dichiarazione   dello   stato   di
 adottabilita'  per entrambi i minori, E. ed E. B., dispone che E. sia
 collocata in comunita' e che E. resti nella  comunita'  ove  gia'  si
 trova;  sospende  la  potesta' dei genitori e, per entrambi i minori,
 nomina tutore provvisorio l'assessore all'assistenza  del  comune  di
 Torino.
   Il  19  febbraio 1992 i coniugi La Gatta Alfredo (cugino materno) e
 Donniaquio Maria Adele chiedono l'affidamento di E., che,  di  fatto,
 e'  gia'  presso  di  loro.  E.,  tuttavia,  entra  in comunita'. Una
 relazione  15  giugno  1992  dei  c.t.u.  dottori  Busso  e  Stradoni
 evidenzia  il  desiderio  di  E.  di  restare,  come figlia, presso i
 coniugi La Gatta-Donniaquio.
   Con  decreto  13  luglio  1992  il  T.M.  dichiara  lo   stato   di
 adottabilita'  di  E.  e  di  E.;  dispone che E. sia affidato ad una
 famiglia avente i requisiti per la sua eventuale futura adozione, con
 cessazione dei rapporti con i parenti naturali; dispone  che  E.,  in
 comunita',  possa  ricevere visite periodiche soltanto dai coniugi La
 Gatta-Donniaquio.
   A tale provvedimento, propongono opposizione i nonni paterni B.  E.
 e Mintrone Giuseppina, gli zii  paterni  B.  M.,  e  Gala  Maria,  B.
 Nunzia, B. R. la madre L. R., il padre B. M.
   Frattanto  il  T.M., con decreto 7 agosto 1992, autorizza soggiorni
 periodici  di  E.  presso  i  coniugi  La  Gatta-Donniaquio;  e,  con
 successivo  decreto  12  ottobre  1992, dispone, ex art. 10, legge n.
 184/1983, che E. resti in affidamento familiare presso i  coniugi  La
 Gatta-Donniaquio.    Questi,  in  data  25  novembre 1992, presentano
 formale istanza per adottare E. ai  sensi  dell'art.  44,  lett.  c),
 della legge n. 184/1983.
   Con  sentenza 27 gennaio 1993 il tribunale per i minorenni conferma
 la dichiarazione dello stato di adottabilita' per E. B.  Per  E.  B.:
 dichiara  inammissibile,  per  ragioni processuali, l'opposizione del
 padre B. M.; in accoglimento delle  altre  opposizioni,  dichiara  la
 nullita'  del decreto di adottabilita' opposto, per mancata audizione
 nella fase istruttoria di alcuni parenti che avevano  avuto  rapporti
 significativi  con  la minore, e, per l'effetto rimette gli atti allo
 stesso  tribunale  per  l'audizione  dei  predetti  e  gli  ulteriori
 eventuali approfondimenti; in via "cautelare", conferma l'affidamento
 di E.  ai coniugi La Gatta-Donniaquio, ed il divieto per i genitori e
 gli altri parenti di avere incontri con lei.
   A seguito di appello degli opponenti, la Corte d'appello di Torino,
 sezione  per  minorenni,  con  sentenza  15  dicembre  1993, dichiara
 inammissibile l'appello di B. M.; in parziale riforma della  sentenza
 del  tribunale,  autorizza  un incontro al mese dei nonni e degli zii
 paterni con E.; conferma in tutto il resto l'appellata sentenza.
   La Corte di cassazione, con sentenza  22  febbraio/3  giugno  1995,
 rigetta  il  ricorso proposto dai parenti paterni avverso la sentenza
 di questa Corte d'appello.
   Situazione che ne consegue: B. E. resta definitivamente in stato di
 adottabilita';  per B. E., invece rimane pendente il procedimento per
 l'eventuale dichiarazione dello stato di adottabilita', aperto con il
 decreto  13  gennaio  1992,  che  dovrebbe  riprendere   dalla   fase
 antecedente  all'annullato  decreto  di  adottabilita',  mediante  il
 completamento degli omessi adempimenti istruttori.
    Cio', pero', non  risulta  essere  avvenuto:  negli  atti  non  si
 rinvengono   ne'  ulteriori  audizioni  dei  componenti  la  famiglia
 allargata  di  E.,  ne'  un  rinnovato   decreto   di   adottabilita'
 sostitutivo  di quella annullato, ne' un provvedimento di non luogo a
 provvedere ex art. 16, legge n. 184/1983. Non  pare  esatta,  dunque,
 l'affermazione  contenuta  nel decreto del T.M. qui reclamato, che la
 procedura di adottabilita' per E. sia stata "chiusa"; ne' mai risulta
 revocato il decreto del T.M. 13 gennaio 1992 che tale procedura aveva
 aperta, sospendendo la potesta' dei genitori e nominando alla  minore
 un tutore provvisorio nella persona dell'assessore all'assistenza del
 comune di Torino.
   Le   vicende   successive  riguardano,  da  un  lato,  il  percorso
 intrapreso  da  L.  R.,   madre   di   E.   per   affrancarsi   dalla
 tossicodipendenza   e   riprendere  i  rapporti  con  la  figlia;  e,
 dall'altro lato, l'istruttoria relativa alla domanda dei  coniugi  La
 Gatta-Donniaquio,  risalente  al  25 novembre 1992, di adottare E. ai
 sensi dell'art. 44, lett. c), della legge n.  184/1983  (la  bambina:
 vive con loro, in affidamento "temporaneo", dal 12 ottobre 1992):
     23  gennaio  1996:  la  Corte d'appello, sezione per i minorenni,
 rimette al T.M., per competenza, la decisione sulla eventuale ripresa
 dei rapporti tra E. e la madre L. R.;
     28 febbraio 1996: la comunita' "Santa  Maria  della  Rotonda"  di
 Aglie' comunica che la L.; proveniente dal carcere, e' inserita dal 2
 gennaio  1995,  ex  art.  47-bis,  ord.  penit.,  in quella comunita'
 terapeutica, con positivi  risultati;
     6 maggio 1996: i servizi sociali e di N.P.I. della  U.s.l.  5  di
 Collegno,  esprimono parere contrario alla adozione ex art. 44, legge
 n. 184/1983 di E. da parte degli affidatari, segnalando  l'ambiguita'
 del  loro  ruolo  verso  la  bambina  e  la  necessita'  di  sostegno
 psicologico per la bambina e gli affidatari stessi;
     23 maggio 1996 e 5 agosto 1996: la comunita' di Aglie'  riferisce
 sul sempre piu' positivo percorso di  recupero della L.;
     24  maggio  1996: la L., avanti al giudice del T.M., dichiara non
 essere d'accordo all'adozione di E. ex art. 44, legge n. 184/1983  da
 parte dei coniugi La Gatta-Donniaquio;
     2  settembre  1996: anche il padre, B. M., dichiara al giudice di
 non essere d'accordo alla detta adozione;
      27 maggio 1996 e 8 agosto 1996:  i  servizi  riferiscono  che  i
 coniugi    La Gatta-Donniaquio - presso i quali E. e' bene inserita -
 non collaborano con i servizi per una possibile ripresa  di  rapporti
 tra la bambina e la madre;
     9   settembre   1996   e   26   settembre   1996:  i  coniugi  La
 Gatta-Donnaquio riferiscono al giudice che una ripresa  dei  rapporti
 di E. con i genitori sarebbe pregiudizievole;
     22  ottobre 1996: il pubblico ministero esprime parere favorevole
 sulla richiesta di adozione riguardante E.
   Seguono,  nel  corso del 1997 ulteriori aggiornamenti dei servizi e
 della comunita' di Aglie': volge al compimento il recupero della  L.;
 persiste  la  resistenza  da parte dei coniugi La Gatta-Donnaquio; E.
 rischia uno "sdoppiamento" di personalita'.
   In data 16 ottobre 1997 il tribunale  per  i  minorenni  -  con  il
 provvedimento  riportato  sopra  nel  testo integrale - dispone farsi
 luogo all'adozione e art. 44, legge n. 184/1983 di B. E. da parte dei
 coniugi La Gatta-Donniaquio.
   Seguono, separatamente, i reclami  dei  genitori  L.  R.  e  B.  M.
 (entrambi  volti  al  recupero  del  loro  ruolo genitoriale verso la
 figlia e,  la  L.  anche  con  deduzione  di  vizi  del  procedimento
 adozionale),  reclami di cui e' investita questa Corte; la resistenza
 dei coniugi La Gatta-Donniaquio; e il parere favorevole  all'adozione
 del  tutore  provvisorio,  assessore  all'assistenza  del  comune  di
 Torino, quale  ancora  attuale  legale  rappresentate  della  minore,
 espresso avanti questa Corte in data 30 aprile 1998.
                            R i t e n u t o
   Che  per  pronunciarsi  sui reclami dei genitori, questa Corte deve
 preliminarmente esaminarne l'ammissibilita'.
   Dalle disposizioni della vigente legge ordinaria  in  materia  tale
 ammissibilita' deve ritenersi esclusa.
   L'art.  56  della legge n. 184/1983, sulla competenza e forma per i
 provvedimenti di adozione in casi particolari di minori, al comma  4,
 dispone:  "Si  applicano gli artt. 313 e 314 del c.c., ferma restando
 la competenza del tribunale per i minorenni e  della  sezione  per  i
 minorenni della Corte d'appello".
   A  sua  volta  l'art. 313 del codice civile, il quale disciplina il
 provvedimento del tribunale che pronuncia farsi  o  non  farsi  luogo
 all'adozione  di  persone  maggiori  di  eta',  al  comma  2 dispone:
 "L'adottante, il pubblico ministero, l'adottando, entro trenta giorni
 dalla comunicazione, possono impugnare il decreto del  tribunale  con
 reclamo  alla  corte  di  appello, che decide in camera di consiglio,
 sentito il pubblico ministero".
   I genitori  dell'adottando  non  sono,  dunque,  annoverati  fra  i
 soggetti  legittimati a proporre reclamo contro i decreti di adozione
 di minori ex art. 44 (tutte le ipotesi, sub a), sub b) e sub c) della
 legge n. 184/1983); in tal senso: Cass.  10  giugno  1987,  n.  5049.
 Nessuna  rilevanza  sostanziale  viene  data  alla peculiarita' della
 posizione del genitore di un minore, rispetto a quella  del  genitore
 di  un  maggiorenne.    L'unica  differenza attiene alla competenza a
 decidere sul reclamo:  la Corte d'appello, se trattasi di adozione di
 persona maggiore d'eta'; la  sezione  per  i  minorenni  della  Corte
 d'appello, se trattasi di adozione di un minore in casi particolari.
   Per  i  soggetti  legittimati  a  reclamare,  invece, parificazione
 assoluta, nel senso dell'esclusione, tra il  genitore  dell'adottando
 maggiorenne  e  anello  dell'adottando  minorenne. Ne' pare possibile
 ipotizzare che cio' derivi da un difetto di coordinamento  fra  leggi
 successive  nel  tempo:  l'attuale testo dell'art. 313, c.c. e' stato
 introdotto dall'art. 65 della legge 4 maggio 1983 n. 184, che  e'  la
 stessa legge in cui si contiene l'art. 56, qui in disamina.
   Questa   Corte,   per   le  ragioni:  di  cui  infra,  ritiene  non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 delle  su  accennate disposizioni della legge ordinaria che escludono
 la legittimazione dei genitori a proporre reclamo avverso  i  decreti
 del  tribunale  per  i  minorenni  di  adozione  di  minori  in  casi
 particolari,   per   contrasto  con  gli  artt.  3,  24  e  30  della
 Costituzione; ed intende sollevarla d'ufficio, a norma  dell'art.  23
 della legge 11 gennaio 1953, n. 87, terzo comma.
   Non pare dubitabile la rilevanza in causa della suddetta questione,
 atteso  che  i  reclami  proposti  da entrambi i genitori non possono
 essere  esaminati  nel  merito,  senza  la  previa  soluzione   della
 enunciata   questione   di   legittimita'   costituzionale  in  punto
 legittimazione  dei  genitori  a  proporre  i  reclami  stessi.   Ne'
 potrebbero   essere   dichiarati  preliminarmente  inammissibili,  in
 presenza di norme preclusive di sospetta incostituzionalita'.
   Neppure potrebbe opporsi che la L. ed il B. abbiano gia' perduto la
 qualita', ossia lo status, di genitori di E. ai sensi dell'art.   27,
 comma   3,  della  legge  n.  184/1983  per  effetto  della  adozione
 "legittimante" della minore: che' E. non solo non e'  stata  adottata
 da  chicchessia  a  seguito  della  sua  dichiarazione  di  stato  di
 adottabilita', ma in tale stato non si trova affatto, in quanto, come
 si e' riferito, il decreto di adottabilita' e'  stato  annullato  nei
 suoi   confronti;   e,   per  la  stessa,  e'  soltanto  pendente  un
 (inconcluso) procedimento per la eventuale dichiarazione dello  stato
 di  adottabilita', con la (perdurante) sospensione della potesta' dei
 genitori, in forza dell'originario (mai  revocato)  provvedimento  di
 apertura  della  procedura  che  recava  contestualmente  la (tuttora
 operante) nomina di un tutore provvisorio.
   La qualita' di "genitore" di un minore individua una  posizione  di
 diritto-dovere,  riconosciuta  non  soltanto  da precise disposizioni
 della legge ordinaria (artt. 147 e 261 del codice  civile)  ma  anche
 dall'art.  30  della  Costituzione: "E' dovere e diritto dei genitori
 mantenere, istruire ed educare i  figli,  anche  se  nati  fuori  del
 matrimonio".
   Nella  sua  pienezza,  tale  posizione  di  diritto genitoriale nei
 confronti del figlio minore, comprende la titolarita'  e  l'esercizio
 della  potesta'  genitoriale  e  l'obbligo  di    tenere, istruire ed
 educare il figlio stesso.
   Il superiore  interesse  del  minore  -  riconosciuto  anche  dalla
 Costituzione, al secondo comma dell'art. 30 ("Nei casi di incapacita'
 dei  genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti")
 - puo' condurre ad una serie di  limitazioni  dei  diritti  e  doveri
 (soprattutto  dei  diritti)  del genitore, limitazioni previste dalla
 legge ordinaria e costituenti, in varia misura, "affievolimento"  dei
 diritti  genitoriali.    Tali,  la decadenza dalla potesta', ai sensi
 dell'art. 330 c.c.; le limitazioni all'esercizio della  potesta',  ai
 sensi  degli  artt.  333  e segg. c.c.; l'attribuzione dell'esercizio
 esclusivo della potesta' all'altro genitore, ai sensi degli artt. 155
 e 317-bis c.c.: limitazioni, peraltro, non definitive, in  quanto  la
 legge  ne  consente  la cessazione, con il conseguente ripristino dei
 poteri genitoriali, di  fronte  all'evolversi  della  situazione  del
 minore e del genitore.
   Nei  casi  sopra  elencati  la  tutela giurisdizionale del genitore
 sacrificato e' sempre assicurata dalla legge, quanto meno nel  doppio
 grado  di  merito,  attraverso  la necessita' della sua audizione, la
 possibilita' di essere parte,  ricorrente  o  resistente,  avanti  al
 giudice  di  primo grado, ed il diritto di proporre gravame avanti al
 giudice di merito di secondo grado (con il reclamo alla sezione per i
 minorenni della Corte d'appello, ai sensi degli artt. 739,  c.p.c.  e
 336  c.c.;  o, nel caso di provvedimenti riguardanti figli di coniugi
 separati  o  divorziati,  con  l'appello  e,  poi,  il  ricorso   per
 cassazione).
   Per la forma piu' grave ed assorbente di affievolimento dei diritti
 genitoriali,  ossia per la dichiarazione dello stato di adottabilita'
 del minore in stato di abbandono (che conduce alla estinzione di ogni
 reciproco  rapporto  tra  genitore  e  figlio:  art.  27,  legge   n.
 184/1983),  la  legge  prevede  una  articolata  e  capillare  tutela
 giurisdizionale per il genitore, che s'inizia con l'obbligo della sua
 audizione nella fase preliminare e con la  possibilita'  di  proporre
 reclamo  alla sezione per i minorenni della Corte d'appello avverso i
 provvedimenti temporanei adottati dal tribunale per  i  minorenni  ex
 art.  10,  legge  n. 184/1983; e prosegue con la facolta' di proporre
 opposizione  ex  art.  17,  legge  n.  184/1983  avverso  il  decreto
 dichiarativo dello stato di adottabilita', quindi di proporre appello
 avanti  la  sezione  per  i minorenni della Corte d'appello contro la
 sentenza del tribunale che  decide  sull'opposizione,  ed  infine  di
 ricorrere  in  cassazione per violazione di legge avverso la sentenza
 d'appello.
   Invece, nel procedimento di adozione di minore in casi  particolari
 ex  artt.  44  e  segg.,  legge n. 184/1983 - che incide non soltanto
 sulla potesta' genitoriale, trasferendola in capo agli adottanti,  ma
 anche  sullo  status del minore (art. 48, legge n. 184/1983), e cosi'
 costituisce un affievolimento  del  diritto  genitoriale  sicuramente
 piu'  pesante  e  durevole  che  quello  cagionato  dai provvedimenti
 limitativi  di  cui  agli  artt.  330  e  segg.  c.c.  -  la   tutela
 giurisdizionale  del  genitore, a mente degli artt. 46, 56 e 57 della
 legge n. 184/1983, pare esaurirsi nella sua necessaria  audizione  da
 parte  del  tribunale  per  i  minorenni,  per  prendere atto del suo
 assenso o  diniego  di  assenso;  il  diniego,  poi,  e'  superabile,
 nell'interesse  del  minore, quando (come nel caso dei qui reclamanti
 genitori di E.) provenga da  genitori  che  non  sono  nell'esercizio
 della potesta'.
   Come  si  e' visto, l'art. 56 della legge n. 184/1983, in relazione
 all'art. 313 c.c., non  consente  al  genitore  ai  proporre  reclamo
 avverso   il  decreto  di  adozione  in  casi  particolari:  ne'  per
 prospettare un interesse del minore in senso contrario  all'adozione;
 ne'  per  dedurre  possibili  vizi  invalidanti  del procedimento (ad
 esempio:  mancata  audizione  del  genitore,  difetto  nei  consensi,
 mancata  audizione  del  legale  rappresentante  del minore); ne' per
 eccepire l'insussistenza di alcuno dei  presupposti,  alternativi  ma
 tassativi,  di  cui  alle  lett. a), b), c) dell'art. 44 (ad esempio:
 esistenza  in  vita  di  un  genitore  ritenuto   deceduto,   difetto
 nell'adottante della qualita' di coniuge del genitore dell'adottando,
 mancanza nell'adottando dei requisiti soggettivi di legge).
   L'abnormita'  delle ipotesi fatte non e' ragionevole fondamento per
 precludere  al  maggior  controinteressato  -  il   genitore   -   la
 possibilita'  di  far  valere  in  sede  di gravame il loro eventuale
 verificarsi. Nel caso di specie,  risulta  che  il  tribunale  per  i
 minorenni  non  aveva  provveduto  a sentire il legale rappresentante
 della minore (il tutore prorrisorio) e che E. non si trova  in  stato
 di   adottabilita'   (presupposto   necessario,   secondo  l'opinione
 prevalente, per far luogo all'applicazione della lettera c) dell'art.
 44,  legge  n.   184/1983,   la'   dove   ipotizza   la   "constatata
 impossibilita'  di  affidamento preadottivo"; lo stesso provvedimento
 reclamato, del resto, fa riferimento all'art. 44,  senza  specificare
 se venga applicata la lett. a), o la b), o la c).
   Se  tale normativa sia rispettosa del principio di cui all'art.  24
 della Costituzione,  in  relazione  all'art.  30  della  Costituzione
 stessa, sembra fortemente dubitabile, pur considerando l'orientamento
 che  esclude  la  necessita' del doppio grado di merito dal contenuto
 della tutela giurisdizionale garantita dal precetto costituzionale.
   Nella sostanza, viene  negata  al  genitore  nel  procedimento  per
 l'adozione  in  casi  particolari  quella  possibilita'  di  adire il
 giudice di secondo grado, che, invece, gli e' riconosciuta ai fini di
 provvedimenti assai meno limitativi nei suoi confronti:  deve  essere
 sentito  dal giudice di primo grado, ma non ha alcuna possibilita' di
 dolersi
  dell'eventuale provvedimento a lui sfavorevole.
   Se  dovesse  condividersi  l'autorevole,  anche  se  non   recente,
 opinione  della  Corte  di  cassazione  (sent.  n. 5049 del 10 giugno
 1987),  secondo  la  quale  nel  procedimento  di  primo  grado   per
 l'adozione  di minori in casi particolari la necessaria audizione del
 genitore non attribuisce a questo  la  qualita'  di  parte  in  senso
 processuale, la violazione dell'art. 24 della Costituzione sarebbe di
 totale  evidenza:  chi non e' parte, non puo' costituirsi in giudizio
 per resistere a difesa del proprio diritto; al genitore non  verrebbe
 data la tutela giurisdizionale neppure nel primo grado del giudizio.
   Questa  Corte,  pero', non condivide tale opinione, sia perche' gli
 artt. 46 e 56 della legge 184/1983  non  escludono  espressamente,  e
 neppure  implicitamente,  la possibilita' del genitore di costituirsi
 avanti il tribunale per i minorenni per resistere alla domanda altrui
 di adozione ex art. 44 del proprio figlio minore, sia perche' tra due
 possibili interpretazioni di  una  norma  di  legge  ordinaria,  deve
 preferirsi quella che non contrasta con un precetto costituzionale.
   Resta,  comunque,  il  dubbio  che una tutela giurisdizionale cosi'
 circoscritta, nei limiti del procedimento che conduce alla decisione,
 senza possibilita'  di  contestare  la  decisione  stessa,  basti  ad
 integrare  quel  minimo  di  tutela  giurisdizionale  che si richiede
 all'art. 24 della Costituzione.
   A tal punto il  problema  di  costituzionalita',  pero',  non  puo'
 eludere   il  confronto  con  il  principio  di  uguaglianza  fissato
 dall'art. 3 della Costituzione.
   Orbene, se, come si e' detto, al genitore e' data  la  possibilita'
 di  essere parte nel procedimento avanti tribunale per i minorenni di
 adozione ex art. 44, legge n. 184/1983, ma non  quella  di  reclamare
 avverso la decisione di primo grado avanti la sezione per i minorenni
 della   Corte   d'appello,  occorre  domandarsi  quale  "ragionevole"
 giustificazione abbia la  disparita'  di  trattamento  rispetto  alle
 altre  parti  dello stesso procedimento, e, particolarmente, rispetto
 agli adottanti, ai quali, invece, tale  possibilita'  di  reclamo  e'
 data dal ricordato art. 313 c.c., richiamato dall'art. 56 della legge
 n. 184/1983.
    La  disparita'  di trattamento tra parti dello stesso procedimento
 e' macroscopica: vi sono parti privilegiate, gli adottanti, i  quali,
 benche'   ancora   non  investiti  di  alcuna  posizione  di  diritto
 soggettivo e portatori di una semplice  aspettativa  o  interesse  di
 fatto,  possono  proporre  reclamo  contro il provvedimento che neghi
 l'adozione;  e  parti  sfavorite,  i  genitori (che siano o non siano
 nell'esercizio della potesta', e, conseguentemente, che siano  o  non
 siano  chiamati  ad  un assenso vincolante), i quali non hanno alcuna
 possibilita' di reclamare contro il provvedimento di adozione ex art.
 44, legge n. 184/1983, che svuota il contenuto della  loro  posizione
 genitoriale  di  diritto.  Anzi,  a  questi ultimi si ritiene persino
 preclusa la risorsa estrema e limitata del ricorso per cassazione per
 violazione di legge, ex art. 111 della Costituzione (Cass. 5049/1987,
 cit.).
   L'anomalia della esclusione  di  alcune  parti  dalla  facolta'  di
 proporre  reclamo,  mentre tale facolta' e' data ad altre parti dello
 stesso processo, e' tanto piu' stridente, in quanto  opera  in  senso
 esattamente  contrario  a  quello  corrispondente  alla  posizione di
 diritto sostanziale delle parti stesse: posizioni di diritto le  une,
 mera aspettativa le altre.
   Ricercare,    infine,   la   ragione   di   tale   anomalia   nella
 presupposizione che, nel tipo  di  adozione  ex  art.  44,  legge  n.
 184/1983,   l'interesse   del   minore   sia  meglio  tutelato  dalla
 prospettiva  adozionale,  e  che  i  genitori   manchino,   o   siano
 disinteressati od abbandonici, e' palese petizione di principio: che'
 tali situazioni sono, appunto, oggetto di valutazione ed accertamento
 nel  procedimento  giurisdizionale  in questione, e non possono darsi
 per scontate a monte del procedimento stesso.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Solleva  d'ufficio,  ritenendola  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata,  la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 56,
 quarto comma, della  legge  4  maggio  1983,  n.  184,  in  relazione
 all'art.  313  c.c.,  per  contrasto  con  gli artt. 3, 24 e 30 della
 Costituzione, nella parte in cui, disponendo  che  alla  adozione  in
 casi  particolari  di minori ai sensi dell'art. 44 della stessa legge
 si applica l'art.    313,  codice  civile,  non  contempla  anche  il
 genitore  fra  i  soggetti  legittimati  ad  impugnare  il decreto di
 adozione  mediante  reclamo  alla  Corte  d'appello,  sezione  per  i
 minorenni;
   Ordina    l'immediata    trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il presente giudizio;
   Ordina che a cura  della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti  in  causa,  al  tutore provvisorio assessore
 all'assistenza del comune di Torino ed  al  procuratore  generale  in
 Torino,   nonche'   al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Torino, addi' 1 giugno 1998.
                       Il presidente: Mancinelli
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