N. 792 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 luglio 1996- 8 ottobre 1998

                                N. 792
  Ordinanza   emessa   il   4   luglio   1996  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale  l'8  ottobre  1998)  dal   tribunale   amministrativo
 regionale  per  l'Emilia-Romagna  sui  ricorsi  riuniti  proposti  da
 societa'  Rimini  e  Rimini  S.p.a.  ed  altro  contro   la   regione
 Emilia-Romagna.
 Edilizia  e urbanistica - Regione Emilia-Romagna - Piano territoriale
    paesistico regionale - Previsione dell'immediata operativita'  dei
    vincoli  e  delle  disposizioni  dei piani territoriali stralcio e
    della loro prevalenza sulle diverse destinazioni  d'uso  contenute
    negli  strumenti  urbanistici vigenti ed adottati - Imposizione di
    misure di salvaguardia a tutela della  menzionate  disposizioni  e
    vincoli  -  Eccedenza  dai  limiti  della  competenza  regionale -
    Violazione della sfera di autonomia dei comuni e delle provincie.
 (Legge regione Emilia-Romagna 7 dicembre 1978, n. 47, art.  5,  terzo
    comma   e   6,   secondo   comma,  aggiunto  dalla  legge  regione
    Emilia-Romagna 29 marzo 1980, n. 23, artt. 2 e  3;  legge  regione
    Emilia-Romagna  5  settembre  1988,  n. 36, art. 15; legge regione
    Emilia-Romagna 7 dicembre 1978, n. 47 art. 55).
 (Cost. artt. 117 e 128).
(GU n.43 del 28-10-1998 )
                  IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza;
   Sui ricorsi n. 527, n. 1715, n. 543 e  n.  1997,  tutti  del  1993,
 proposti,  i  primi  due,  dalla  societa'  Rimini e Rimini S.p.a. in
 persona del legale rappresentante pro-tempore, e gli altri  due,  dal
 comune  di Rimini in persona del sindato pro-tempore, rappresentati e
 difesi,  rispettivamente,  dall'avv.  Francesco   Paolucci   (nonche'
 dall'avv.    Rolando  Roffi) e dall'avv. Giancarlo Mengoli, presso lo
 studio  dei  quali  sono  elettivamente  domiciliati,   in   Bologna,
 nell'ordine, alla via Farini, 10 e via Carbonesi, 5;
   Contro  la  regione  Emilia-Romagna,  in  persona del presidente in
 carica, rappresentato e difeso  dagli  avvocati  Alberto  Predieri  e
 Maria  Anna  Alberti  (ricorsi  Rimini  e  Rimini),  con  elezione di
 domicilio, in Bologna, piazza S. Francesco, 2,  e  dell'avv.  Claudio
 Cristoni  (ricorsi  comune  di Rimini), con elezione di domicilio, in
 Bologna, via Garibaldi, 1 (ricorsi  n.  527/1993  e  543/1993)  delle
 delibere  della  Giunta  regionale dell'Emilia-Romagna n. 6426 e 6425
 del 23 dicembre 1992, rispettivamente, di sospensione  di  lavori  in
 corso   nel  fabbricato  della  ex  Colonia  Murri  in  Rimini  e  di
 contestazione   di   violazioni   urbanistiche   relativamente   alla
 concessione edilizia autorizzante detti lavori;
   E  per  l'annullamento  altresi'  (ricorsi n. 1715 e 1997 del 1993)
 della delibera della Giunta  regionale  dell'Emilia-Romagna  n.  2491
 dell'8  giugno  1993  di  annullamento  della concessione edilizia n.
 668/1991 rilasciata dal sindaco del  comune  di  Rimini  in  data  21
 giugno  1991;  nonche'  per  l'annullamento  (tutti i quattro ricorsi
 citati) del piano paesaggistico regionale (adottato con delibera  del
 c.r.    n.  2620 del 29 giugno 1989 ed approvato con delibera c.r. n.
 1338 del 28 gennaio 1993);
   Visti i ricorsi con i relativi allegati;
   Visti i motivi aggiunti di gravame;
   Visti gli atti di  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione
 intimata;
   Viste  le  memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
   Visti gli atti tutti delle cause;
   Uditi alla  pubblica  udienza  del  4  luglio  1996,  gli  avvocati
 Paolucci  e  Mengoli  per i ricorrenti rispettivamente patrocinati, e
 gli  avvocati  Alberti   Predieri   e   Cristoni   per   la   regione
 Emilia-Romagna; relatore il dott. Domenico Lundini;
   Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
                            Fatto e diritto
   Con delibera del c.c. n. 634 in data 10 aprile 1989, rettificata il
 12  febbraio 1990, il comune di Rimini ha approvato, ex art. 1, legge
 n. 1/1978, il progetto dell'opera di interesse pubblico  di  recupero
 dell'edificio  ex  Colonia  Murri presentato dalla Societa' Valdadige
 S.p.a. denominato Rimini e Rimini.
   Il  29  giugno  1989  e'  stato  peraltro  adottato  dalla  regione
 Emilia-Romagna  il  Piano  territoriale  paesistico  regionale che ha
 definito  di  interesse   storico-testimoniale   la   Colonia   Murri
 consentendo sulla stessa, fino all'intervento di ulteriori specifiche
 prescrizioni   programmatiche   regionali   (e  poi  comunali),  solo
 interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria.
   Con decreto del Ministro del turismo e dello spettacolo in  data  4
 agosto 1989 il progetto in questione e' stato approvato ex artt.  1 e
 2 d.-l. n. 465/1988, convertito in legge n. 556/1988.
   Con  delibera  c.c.  di  Rimini  in  data  15  marzo  1990 e' stato
 approvato lo schema di convenzione con la societa'  Rimini  e  Rimini
 per la realizzazione e gestione dell'opera, convenzione poi stipulata
 il 26 aprile 1991.
   Il  21  giugno 1991 il sindaco di Rimini ha rilasciato al comune di
 Rimini concessione edilizia per l'esecuzione dei lavori di  "recupero
 e  ristrutturazione  dell'ex  Colonia  Murri  -  Variante al progetto
 approvato con delibera c.c. n. 634 del 10 aprile 1989".
   Con atto sindacale del 20 novembre 1991 la concessione suddetta  e'
 stata intestata (anche) alla soc. Rimini e Rimini.
   Peraltro  la  regione Emilia-Romagna con delibere della g.r. del 23
 dicembre  1992  e  dell'8  giugno   1993   ha   dapprima   contestato
 l'illegittimita'  della  concessione 21 giugno 1991, quindi sospeso i
 relativi lavori ed infine annullato il  menzionato  atto  di  assenso
 edilizio.
   Contro  tali  determinazioni  regionali si gravano dinanzi a questo
 t.a.r. la societa' Rimini e Rimini ed il comune di  Rimini,  i  quali
 contestano  anche  il  P.T.P.R. adottato, con delibera c.r. 29 giugno
 1989, dalla regione Emilia-Romagna e lo stesso Piano (ricorsi  comune
 di  Rimini)  dalla stessa successivamente approvato con deliebra c.r.
 del 28 gennaio 1993.
   Tale P.T.P.R. e' infatti impugnato  sia  perche'  in  qualche  modo
 presupposto  degli  atti  regionali  cautelare e di annullamento (che
 assumono la violazione in sede di concessione edilizia  delle  misure
 di  salvaguardia  poste  a  presidio  del  Piano stesso), sia perche'
 autonomamente lesivo per i vincoli  all'edificabilita'  nella  specie
 con esso posti.
   Peraltro, come da separata sentenza decisa da questo collegio sulla
 stessa  complessa  controversia che ne occupa nella odierna camera di
 consiglio, il ricorso n. 1715/1993 e gli altri  ricorsi  in  epigrafe
 (questi  ultimi solo limitatamente all'impugnativa, avente, come s'e'
 detto, anche rilievo  autonomo,  del  Piano  territoriale  paesistico
 regionale), non possono essere decisi senza la previa soluzione della
 questione  di  costituzionalita'  sotto  specificata;  con  la  detta
 sentenza il tribunale ha quindi sospeso,  in  parte  qua,  i  giudizi
 introdotti  con  i  ricorsi stessi ed ha disposto che con la presente
 ordinanza gli atti vengano trasmessi alla Corte costituzionale.
   Tale questione di legittimita' costituzionalita' viene  in  rilievo
 in  relazione ad una censura, mossa contro il P.T.P.R. sia dal comune
 di Rimini che dalla societa' Rimini e Rimini, ed esattamente a quella
 con la quale il Piano stesso viene contestato perche' pone vincoli  e
 prescrizioni  precettive  ed  immediatamente operative non solo per i
 comuni (ai fini della programmazione territoriale in sede di  p.r.g.)
 ma  anche  per  i  cittadini  e  comunque  per i privati (e pubblici)
 proprietari.
   Tale censura, avanzata come s'e' detto da entrambi i ricorrenti, si
 sostanzierebbe  tra  l'altro   nella   violazione   della   normativa
 urbanistica  statale  (legge  n.  1150  del  1942) e del principio di
 autonomia dei comuni ai quali spetterebbe la centralita'  del  potere
 di pianificazione territoriale.
   Rileva  peraltro  il  collegio  che il Piano in esame, in base alla
 normativa regionale sulla quale si supporta,  produce  non  solo  gli
 effetti  tipici  di  un  piano  di  direttive,  destinato a orientare
 l'azione dei soggetti pubblici investiti di  competenze  urbanistiche
 (secondo lo schema adottato per i piani territoriali di coordinamento
 dagli artt. 5 e 6 della legge urbanistica n. 1150 del 1942), ma anche
 quelli  connaturati  ad  un  piano  di  prescrizioni,  immediatamente
 vincolante per i soggetti privati (in termini  Corte  costituzionale,
 n. 327 del 26 giugno/13 luglio 1990).
   Secondo  l'art.  5,  terzo comma, ed art. 6, secondo comma, infatti
 della  l.r.  n.  47  del  1978,  come  sostituiti,   rispettivamente,
 dall'art.  2 e dall'art. 3 della l.r. n. 23 del 1980, le previsioni e
 le   prescrizioni   contenute   nei   "piani  territoriali  stralcio"
 (categoria - di cui all'art.   4 della l.r. suddetta  -  nella  quale
 rienta  il Piano in questione adottato dalla regione Emilia-Romagna),
 che comportano vincoli di carattere generale o particolare, espressi,
 come nella specie, attraverso una rappresentazione  grafica  atta  ad
 individuare   le   aree  interessate  da  tali  vincoli,  "sono  rese
 immediatamente impositive nei  confronti  di  chiunque  e  prevalgono
 sulle diverse destinazini d'uso negli strumenti urbanistici vigenti o
 adottati".
   Derivando quindi la contestata immediata efficacia prescrittiva dei
 vincoli  di  Piano dalla citata legge regionale, la censura all'esame
 andrebbe  respinta  con  conseguente  reiezione  anche  della  stessa
 impugnativa del P.T.P.R. di cui trattasi.
   Senonche'  il  collegio ritiene di soprassedere da una pronuncia in
 tal senso, ravvisando  non  manifestamente  infondato  un  dubbio  di
 incostituzionalita'  riguardante  appunto l'art. 5, terzo comma, e 6,
 secondo comma, della l.r. Emilia-Romagna n. 47 del 7  dicembre  1978,
 nel  testo introdotto dagli artt. 2 e 3 della l.r. n. 23 del 29 marzo
 1980, nonche' l'art. 15 della l.r. n. 36 del 5 settembre 1988, che fa
 salvi i predetti effetti del Piano in esame, e l'art.  55 della  l.r.
 citata   n.   47/1978,  nella  parte  in  cui  giustifica  misure  di
 salvaguardia  a  tutela  delle  menzionate  disposizioni  e   vincoli
 immediatamente prescrittivi del Piano stesso.
   Per  tali  disposizioni invero appare ipotizzabile il contrasto con
 gli artt. 117 e 128 della Costituzione.
   Per il primo dei detti articoli il sospetti di vulnus  puo'  essere
 formulato sulla base dei seguenti rilievi:
     il  piano  territoriale  paesistico regionale dell'Emilia-Romagna
 s'inquadra nella categoria dei Piani territoriali  di  coordinamento,
 sebbene   specificamente  orientati  alla  considerazione  di  valori
 paesistici ed ambientali, ai sensi  dell'art.  1-bis  della  legge  8
 agosto 1985, n. 431.
   Ed  invero la l.r. n. 47/1978 negli artt. 4, 5 e 6 disciplina Piani
 territoriali regionali che debbono farsi rientrare appunto nel  genus
 dei Piani territoriali di coordinamento.
   Ma  la  funzione lesiglativa regionale, nelle materie (tra le quali
 quella "urbanistica", nel cui ambito rientra la disciplina dei  Piani
 territoriali  regionali) di cui all'art. 117 della Costituzione, deve
 svolgersi nel rispetto e nei limiti dei principi  fondamentali  quali
 risultano  da  leggi che espressamente li stabiliscono per le singole
 materie o quali si desumono dalle leggi vigenti.
   E nella perdurante vigenza della legge  17  agosto  1942,  n.  1150
 (legge   urbanistica  statale),  tra  l'altro  espressamente  sancita
 dall'art.  21 della legge 28 ottobre 1977, n. 10, ritiene il collegio
 che le relative norme, per quanto qui interessa, di cui agli artt.  5
 e  6,  in tema di Piani territoriali di coordinamento, costituiscano,
 nella specifica materia, principi fondamentali nel cui rispetto debba
 svolgersi  l'emenazione   di   norme,   da   parte   delle   regioni,
 disciplinanti i Piani territoriali regionali.
   Peraltro,   secondo   le   menzionate   disposizioni   della  legge
 urbanistica del 1942, il piano territoriale di  coordinamento  e'  un
 piano  di  "direttive",  ovvero uno strumento d'indirizzo e controllo
 con effetti nei confronti dei comuni interessati, che sono tenuti  ad
 uniformare  ad esso i rispettivi Piani regolatori generali, e quindi,
 con questi, a tradurre criteri  di  mero  indirizzo  ed  orientamento
 generale  in  prescrizioni  direttamente  incidenti  sulle situazioni
 giuridiche facenti capo agli amministratori.
   Sembra quindi da escludersi, secondo i principi della  legge  dello
 Stato,  l'effetto  operativo  e  normativo  diretto  dei  detti piani
 territoriali di coordinamento nei confronti dei privati  (e  comunque
 degli   amministratori,   anche   se  Enti  pubblici)  e  delle  loro
 proprieta', postulando a tal fine i piani  tessi,  come  s'e'  detto,
 l'intermediazione dei Piani regolatori generali.
   Viceversa  la  l.r.  Emilia-Romagna  n.  47/1978, disciplina, negli
 articoli  indicati,  piani   (anche)   di   prescrizioni   e   quindi
 immediatamente    incidenti    sulle   posizioni   soggettive   degli
 amministrati con vincoli subito e direttamente operativi.
   Tali prescrizioni vincolistiche, secondo  la  denunciata  normativa
 regionale,   prevalgono  infatti  sulle  diverse  destinazioni  d'uso
 contenute negli strumenti urbanistici vigenti o adottati.
   Pare quindi al collegio che  possa  ipotizzarsi,  alla  stregua  di
 quanto  sopra  riferito,  una  violazione, non solo dell'art. 117, ma
 anche dell'art. 128 della Costituzione,  atteso,  con  riferimento  a
 quest'ultimo,  che  la  sottrazione  ai  comuni  di  una posizione di
 "centralita'" in sede di pianificazione territoriale  concretizza  un
 vulnus  al principio dell'autonomia dei comuni stessi nell'ambito dei
 principi fissati dalle leggi statali (nella specie, appunto artt. 5 e
 6 l.u. del 1942).
   Non  ignora  peraltro  il  collegio che l'art. 1-bis della legge n.
 431/1985 ha posto sullo stesso piano, quanto a funzione  ed  effetti,
 piani  paesistici  e piani urbanistici territoriali (ed i primi hanno
 sicuramente effetti diretti nei confronti degli amministrati)  e  che
 la  Corte  costituzionale,  con  sentenze nn. 327/1990 e 379/1994 ha,
 rispettivamente,     riconosciuto     legittimo      il      P.T.P.R.
 dell'Emilia-Romagna  e  riconosciuta  la  legittimita'  di  misure di
 salvaguardia  poste  da  legge  regionale  a  presidio   di   vincoli
 rivenienti  da  Piano regionale.   Ma il principio di equivalenza dei
 piani  paesistici  ed  urbanistici  territoriali  vale,  secondo   il
 menzionato art. 1-bis, non per tutto il territorio regionale ma per i
 soli  beni  ed aree elencati nel quinto comma dell'art. 82 del d.P.R.
 24 luglio 1977, n. 616, come integrato dall'art.  1  della  legge  n.
 431/1985, e, per cio' che concerne le menzionate sentenze della Corte
 costituzionale,   ne'  la  prima,  ne'  la  seconda  pronuncia  hanno
 esaminato il profilo, posto in questa sede, della  possibile  lesione
 degli  artt.  117  e 128 della Costituzione, da parte della normativa
 regionale, sulla base di parametri  normativi  statali  individuabili
 per  i  piani  di coordinamento negli artt. 5 e 6 della legge n. 1150
 del  1942.  D'altro  canto  dottrina   e   giurisprudenza   ritengano
 pacificamente che il Piano territoriale di coordinamento sia un piano
 di  direttive  e  di  indirizzi  e la legge n. 142/1990 sembra averlo
 riconfermato (cfr. artt. 3 e 15).
   Quanto agli artt. 15 della l.r. n.  36/1988  e  55  della  l.r.  n.
 47/1978  l'illegittimita'  costituzionale e' per essi ipotizzabile in
 via  conseguenziale,   sempre   in   relazione   alle   dette   norme
 costituzionali,  perche'  si consentono (con la prima disposizione) e
 si sviluppano e si concretizzano (con la seconda) gli effetti di  cui
 alla  citata  normativa  ex  artt.  5  e 6 della l.r. n. 47/1978 come
 modificata dalla l.r. n. 23/1980 contrastanti, come sopra ipotizzato,
 per  i   Piani   territoriali   regionali,   con   le   dette   norme
 costituzionali.
   Il  dubbio di costituzionalita' delle norme regionali anzidette non
 appare dunque manifestamente infondato e  la  relativa  questione  e'
 certamente   rilevante,  dipendendo  dalla  definizione  di  essa  la
 decisione  del  ricorso  n.  1715/1993  nonche',  limitatamente  alla
 impugnativa    del    Piano    territoriale    paesistico   regionale
 dell'Emilia-Romagna adottato il 29 giugno 1989,  quella  degli  altri
 ricorsi  specificati in epigrafe proposti dalla Rimini e Rimini e dal
 comune di Rimini.
   Il collegio, previa sospensione, nei limiti indicati,  dei  giudizi
 in  corso (introdotti coi ricorsi in epigrafe proposti dalla societa'
 Rimini e Rimini e dal comune di Rimini), ritiene di  dover  rimettere
 alla  Corte  costituzionale  ogni  valutazione  in ordine ai rilevati
 profili d'illegittimita' costitizionale.
                                P. Q. M.
   Dichiara rilevante e  non  manifestamente  infondata,  nei  termini
 esposti  in  motivazione, la questione di legittimita' costituzionale
 degli  artt.  5,  terzo  comma,  e  6,  secondo  comma,  della   l.r.
 Emilia-Romagna  n. 47 del 7 dicembre 1978, nel testo introdotto dagli
 artt. 2 e 3 della l.r. n. 23 del 29 marzo 1980, nonche' dell'art.  15
 della  l.r.    n.  36  del 5 settembre 1988 e dell'art. 55 della l.r.
 citata n. 47/1978, per contrasto  con  gli  artt.  117  e  128  della
 Costituzione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 cosituzionale, a cura della Segreteria di questo tribunale.
   Ordina altresi' che, a cura della suddetta segreteria, la  presente
 ordinanza  sia  notificata alle parti in causa ed al Presidente della
 Giunta regionale dell'Emilia-Romanga e comunicata al  Presidente  del
 consiglio regionale della medesima regione;
   Sospende  come  anche  da separata sentenza, il giudizio introdotto
 con il ricorso  n.  1715/1993  e,  nei  limiti  dell'impugnativa  del
 P.T.P.R.   adottato, gli altri ricorsi proposti dalla Rimini e Rimini
 e dal comune di Rimini;
   Ordina  che  la  presente  sentenza  sia  eseguita   dall'autorita'
 amministrativa.
   Cosi'  deciso  in  Bologna  nella  camera di consiglio del 4 luglio
 1996.
   L'ordinanza e' sottoscritta ai sensi dell'art. 132 c.p.c., a  causa
 della morte del Presidente V. Laurita, del 15 aprile 1998.
                      Il cons. rel. est.: Lundini
 98C1209