N. 854 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 aprile - 12 novembre 1998
N. 854 Ordinanza emessa il 3 aprile 1998 (pervenuta alla Corte costituzionale il 12 novembre 1998) dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione siciliana sul ricorso proposto da Catanese Gaspare contro il Ministero della difesa. Corte dei conti - Giudizio di appello - Previsione, secondo il "diritto vivente" che il giudice di secondo grado possa pronunciarsi anche solo su una parte del merito, rinviando gli atti alla Sezione giurisdizionale, che ha emesso la sentenza di primo grado, per l'applicazione del principio di diritto da esso affermato e la decisione della restante parte della domanda - Violazione dei principio della liberta' ed indipendenza dei giudice. (R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, art. 105, secondo comma). (Cost., art. 101, secondo comma).(GU n.48 del 2-12-1998 )
LA CORTE DEI CONTI Ha emesso la seguente ordinanza n. 347/98/ord nel giudizio in materia di pensione militare, iscritto al n. 7144/M del registro di segreteria, proposto dal sig. Catanese Gaspare, rappresentato e difeso dall'avv. Gabriella De Plano, presso il cui studio in Palermo via Santuario di Cruillas, 8 e' elettivamente domiciliato, avverso il decreto del Ministro della difesa n. 457 del 2 settembre 1993 negativo di trattamento pensionistico privilegiato ordinario. Uditi alla pubblica udienza del 3 aprile 1998 il relatore, cons. dott. Salvatore Cultrera, l'avv. Elisabetta Borgese, delegata dall'avv. Gabriella De Plano per il ricorrente; non rappresentata l'amministrazione della difesa. Esaminati gli atti e i documenti della causa. F a t t o Con sentenza n. 193/1995, la sezione giurisdizionale per la regione siciliana, ha respinto il ricorso dell'ex militare di leva Catanese Gaspare avverso il decreto n. 457 del 2 settembre 1993 con il quale il Ministro della difesa aveva negato al predetto la pensione privilegiata ordinaria per non dipendenza da causa di servizio dell'infermita' "persistente marginalita' nevrotica con idee interpretative" accertata durante il servizio militare e per la quale era stato giudicato permanentemente inidoneo al servizio e, indi, riformato. Avverso tale sentenza il sig. Catanese Gaspare proponeva appello chiedendo l'accoglimento del ricorso sul presupposto della sussistenza nella specie del requisito della dipendenza da causa di servizio dell'infermita' sofferta da collegare alla prestazione del servizio militare in se' per se' considerato con autonoma incidenza causale in adempimento degli obblighi di servizio, a prescindere da concreti e specifici episodi (singoli fatti di servizio). Con sentenza n. 188/97/A la sezione II giurisdizionale centrale d'appello della Corte dei conti affermava che la motivazione della sentenza di primo grado - che si era limitata ad osservare che l'interessato non aveva indicato alcun fatto specifico di servizio dotato di valenza causale o concasuale da cui potesse derivare il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio - fosse da ritenersi insufficiente perche' non risultava sottoposta a valutazione anche la denunciata severita' del servizio con i disagi propri della vita militare, specificamente allegata dall'interessato nel ricorso introduttivo del giudizio quale fatto di servizio cui, ai sensi dell'art. 64 del testo unico n. 1092/1973 delle norme del trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, era da collegarsi l'insorgenza dell'infermita' accertata. Rilevava, quindi, l'ammissibilita' dell'appello sussistendo il motivo di diritto ai sensi del comma 5, dell'art. 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19 e successive modifiche ed integrazioni, e per l'effetto annullava la predetta sentenza rimettendo il merito del giudizio al giudice di primo grado. Con atto depositato il 17 dicembre 1997 il sig. Gaspare Catanese, rappresentato e difeso dall'avv. Gabriella De Plano, riassumeva, dinanzi a questa sezione giurisdizionale, il giudizio chiedendo l'annullamento del decreto ministeriale impugnato ed il conseguenziale accoglimento del ricorso. All'udienza dibattimentale l'avv. Elisabetta Borgese, delegata dall'avv. De Plano, ha insistito nell'accoglimento della domanda giudiziale. D i r i t t o In tema di appello nei giudizi innanzi alla Corte dei Conti l'art. 105 (comma 1) del relativo regolamento di procedura, approvato con regio decreto 13 agosto 1933 n. 1038, stabilisce che, quando in prima istanza la competente sezione giurisdizionale si sia pronunciata soltanto su questioni di carattere pregiudiziale, su queste esclusivamente si pronunciano in appello le sezioni riunite. Quando invece in prima istanza la sezione si sia pronunciata anche sul merito, le sezioni riunite possono conoscere di questo, oppure inviare la causa al primo giudice (comma 2 del predetto art. 105). Secondo l'interpretazione che di tale norma in materia di giudizi pensionistici di competenza della Corte dei conti hanno dato costantemente le sezioni centrali d'appello, sostituitesi alle sezioni riunite quale giudice di secondo grado, l'appello (proponibile per soli motivi di diritto secondo il disposto dell'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 19 nel testo sostituito dall'art. 1 del d.-l. n. 543/1996 convertito in legge n. 639/1996) e' considerato un mezzo di impugnazione limitato, al pari del ricorso per cassazione, al solo diritto donde la cognizione attribuita alle sezioni d'appello della Corte non costituisce un riesame del merito, quale e' invece e' l'appello vero e proprio. Secondo tale interpretazione (cfr. Corte dei conti, sezioni riunite n. 10/98/QM del 1 aprile 1998), tranne il caso in cui si pervenga alla definizione del giudizio in seconda istanza con la sola correzione dell'error in judicando che non richieda alcun accertamento di fatto, le sezioni centrali d'appello si limitano al giudizio rescindente rimettendo la decisione nel merito al giudice di primo grado. Nella fattispecie all'esame la sezione seconda giurisdizionale centrale, in conformita' al menzionato consolidato indirizzo giurisdizionale sull'applicazione della norma come sopra riportata, ha annullato la sentenza di primo grado per insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dal ricorrente, alla cui stregua ha identificato il motivo di diritto per l'ammissibilita' dell'appello, ed ha rimesso il giudizio a questa sezione giurisdizionale di primo grado. Orbene questa sezione ritiene di dover chiedere una verifica sul piano della costituzionalita' della disposizione dell'art. 105 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 che, cosi' come costantemente interpretata in ordine all'appello nei giudizi pensionistici, costituisce diritto, vivente, alla quale il giudice a quo deve uniformarsi. Come ha affermato la Corte costituzionale e' consentita la richiesta del suo intervento sulla compatibilita' con la Costituzione di un indirizzo consolidato di interpretazione, essendo sufficiente che il giudice a quo riconduca alla disposizione contestata un'interpretazione plausibile di cui ritenga di dover fare applicazione nel giudizio principale e sulla quale nutra dubbi non arbitrari, ne' pretestuosi, di conformita' a determinati parametri di costituzionalita' (Corte costituzionale 21 luglio 1995, n. 345). In particolare questa sezione giurisdizionale ritiene che la norma sopraindicata sia in contrasto con l'art. 101 secondo comma Cost. che, secondo quanto affermato molte volte dalla Corte costituzionale, garantisce la liberta' e l'indipendenza del giudice, nel senso che egli sia chiamato ad applicarla senza interventi ed interferenze al di fuori di essa, che possono incidere sulla formazione del suo libero convincimento, anche se non esclude che il giudice possa essere assoggettato alle valutazioni che la legge da' dei rapporti, degli atti e dei fatti, e al rispetto degli effetti che ne desume, quando cio' sia conforme al precetto costituzionale ovvero alle regole del procedimento di formazione graduale della pronuncia giurisdizionale (Corte costituzionale sentenza n. 50 del 1970 e n. 234 del 1976). Cio' che, quindi, la legge non puo' fare e' introdurre vincoli che abbiano oggettivamente il solo o principale effetto di ridurre il giudice a mero esecutore della decisione assunta da altri, precludendo l'espressione del suo libero convincimento sulle questioni dalle quali dipende la soluzione della causa. Secondo il diritto vivente la sezione di appello della Corte dei conti, pur entrando nel merito del giudizio, attesoche' la limitazione dell'impugnativa alle sole questioni di diritto non esclude la valutazione da parte del giudice di appello di tutti gli elementi costitutivi del diritto a pensione in contestazione, tuttavia non lo definisce in quanto riscontrando un vizio nella motivazione della sentenza di primo grado ne dispone l'annullamento, alla stregua di un giudizio rescindente, rimettendo il merito all'esame nuovamente del giudice di primo grado, cui sostanzialmente viene imposta una determinata soluzione impedendo ogni autonomo giudizio. Da qui l'evidente vulnus del principio di indipendenza del giudice. Invero e' opportuno sottolineare che la sezione d'appello, proprio in quanto giudice d'appello, in tutti i casi come quello di cui si tratta dovrebbe decidere la controversia con pronuncia definitiva nonostante il vizio riscontrato nel procedimento di primo grado, non attinente a questione pregiudiziale ma al merito, e senza possibilita' di rimettere la causa al primo giudice. Cio' costituisce la naturale conseguenza dell'effetto sostitutivo della sentenza d'appello che in tali casi si sostituisce appunto a quella emessa dal giudice di primo grado. D'altra parte la limitazione ai soli motivi di diritto nella proposizione dell'appello nei giudizi pensionistici non puo' voler significare una sostanziale negazione del giudizio d'appello, introdotto con le recenti riforme ordinamentali della Corte dei conti, considerato che la cognizione della controversia, connessa all'effetto devolutivo dell'appello, non puo' che essere piena; la predetta limitazione, in tale quadro, non puo' che riferirsi alla proponibilita' delle questioni, sul versante della proposizione del gravame mentre - una volta superato tale sbarramento, in quanto risulti accertato che sia stata proposta una questione di diritto - il giudice d'appello non dovrebbe avere alcun limite alla cognizione piena dell'intero giudizio (art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 19 nel testo sostituito dall'art. 1 del d.-l. n. 543/1996 convertito in legge n. 639/1996). Puo' aggiungersi in proposito che l'attivita' svolta dalla sezione d'appello e' del tutto differente da quella esercitata dalla Cassazione la quale, com'e' noto, al contrario dell'organo giudicante di secondo grado, e' giudice della legittimita' e non del merito. Cosi' in quella sede, salvo il caso di improponibilita' della domanda, nel quale si fa luogo a cassazione senza rinvio, l'accoglimento del ricorso per cassazione, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, comporta sempre il rinvio della causa al giudice di merito, ancorche' questi, per effetto dell'applicazione del principio di diritto enunciato dalla Corte debba poi respingere la domanda. Ma la cassazione con o senza rinvio dipende, invero, da tassative norme processuali, non da un potere discrezionale della suprema Corte, la quale come giudice di legittimita' non puo' emettere pronuncia di merito (Cass. civ. 30 gennaio 1985, n. 593). Peraltro, con la novella apportata dall'art. 66 della legge n. 353/1990 all'art. 384 c.p.c., e' stato introdotto un principio di economia di giudizi, disponendosi che la stessa Corte di cassazione definisca il giudizio ed escludendosi che si faccia ricorso al rinvio, c.d. cassazione sostitutiva, nei casi in cui, dopo l'enunciazione del principio di diritto, la controversia debba essere decisa in base ai medesimi apprezzamenti di fatto costituenti il presupposto del giudizio di diritto errato, in tal guisa postulandosi che il giudice del merito abbia avuto modo di esprimere siffatti apprezzamenti ai fini di una specifica decisione. La presente causa non puo' essere decisa indipendentemente dalla questione di legittimita' costituzionale qui cennata, dalla cui soluzione deriva la permanenza dei notevoli limiti imposti a questo giudice.
P. Q. M. La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione siciliana dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 105, comma 2, del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con r.d. n. 1038 del 13 agosto 1933, interpretato nel senso sovraindicato, per contrasto copn l'art. 101, secondo comma della Costituzione nei termini di cui in motivazione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il processo fino all'esito del giudizio incidentale di costituzionalita'; Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e alle parti in causa, e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato e della Repubblica. Cosi' deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 3 aprile 1998. Il presidente: Acconcia Il relatore: Cultrera 98C1294