N. 866 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 ottobre 1998
N. 866 Ordinanza emessa l'8 ottobre 1998 dal tribunale di Locri nella procedura fallimentare a carico di Petrol Sud s.a.s. ed altri Fallimento - Revoca della dichiarazione di fallimento con sentenza passata in giudicato - Omessa indicazione, nella sentenza, del soggetto che abbia dato causa al fallimento - Liquidazione del compenso dovuto al curatore e delle spettanze (spese vive, diritti e onorari) del legale della curatela - Ammissione al gratuito patrocinio - Mancata previsione - Irragionevolezza - Lesione del principio di eguaglianza - Violazione del diritto di azione - Incidenza sul diritto alla tutela del lavoro. (R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 21; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 16, quarto comma). (Cost., artt. 3, primo comma, 24, primo comma e 35, primo comma).(GU n.49 del 9-12-1998 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato d'ufficio la seguente ordinanza ex artt. 1, legge 9 febbraio 1948, n. 1, e 23, terzo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, nella procedura fallimentare (reg. fall. n. 944/1997) a carico della "Petrol Sud s.a.s. di Ferraro Carlo C.", nonche' di Ferraro Carlo nella qualita' di socio accomandatario e di Macri' Giovanna nella qualita' di ex amministratrice della societa'; Premesso; 1. - Questo tribunale con sentenza dell'11 giugno 1997 ha dichiarato il fallimento della Petrol Sud s.a.s. di Ferraro Carlo C., nonche' di Ferraro Carlo nella qualita' di socio accomandatario e di Macri' Giovanna nella qualita' di ex amministratrice della societa'; poi, con due distinte sentenze del 19 luglio 1997 e del 18 dicembre 1997 ha revocato il fallimento rispettivamente della societa' e del socio accomandatario, nonche' di Macri' Giovanna. I dispositivi delle sentenze di revoca, entrambe passate in giudicato, non contengono alcuna statuizione circa il soggetto che con il proprio comportamento abbia dato causa alla dichiarazione di fallimento. 2. - Tra la data di dichiarazione e quella di revoca del fallimento il curatore ha espletato l'attivita' di sua competenza, sicche' questo tribunale ai sensi dell'art. 21, secondo comma l.f. - su istanze del curatore depositate il 20 gennaio 1998 ed il 22 giugno 1998 - con decreto dell'8 ottobre 1998 ha liquidato tale compenso in L. 6.764.310 oltre c.a.p. ed Iva. 3. - Inoltre, si evidenzia che l'avv. Paola Marino - in costanza di procedura fallimentare e, cioe', prima del passaggio in giudicato delle sentenze di revoca - ha espletato per la curatela la seguente attivita' professionale: a) costituzione del giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa del fallimento della societa' e del socio accomandatario, per la quale ha chiesto il pagamento delle sue spettanze quantificate in L. 4.298.230 (cfr. notula del 28 luglio 1997); b) intervento ex art. 107, primo comma l.f. nella procedura esecutiva immobiliare n. 97/1982 contro la Fer.Vit, per il quale ha chiesto il pagamento delle sue spettanze pari a L. 3.096.132 (cfr. notula del 20 gennaio 1998); c) studio e stesura dell'atto di citazione, al fine di conseguire la liquidazione e l'acquisizione all'attivo fallimentare della partecipazione sociale del 50% di Macri' Giovanna nella s.a.s. Fer.Vit, per cui ha chiesto la corresponsione delle sue spettanze ammontanti a L. 1.817.640 (cfr. notula del 20 gennaio 1998). Attualmente la procedura sul proprio conto bancario ha un saldo attivo di L. 4.323.409. O s s e r v a Va sollevata d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 e dell'art. 16, quarto comma, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 in riferimento: agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma e 35, primo comma della Costituzione nella parte in cui, qualora il fallimento venga revocato con sentenza passata in giudicato e qualora in tale sentenza non sia individuato il soggetto che con il suo comportamento abbia dato causa alla dichiarazione di fallimento, non prevedono l'ammissione al gratuito patrocinio per il pagamento del compenso al curatore; agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma e 35, primo comma della Costituzione nella parte in cui, qualora il fallimento venga revocato con sentenza passata in giudicato e qualora in tale sentenza non sia individuato il soggetto che con il suo comportamento abbia dato causa alla dichiarazione di fallimento, non prevedono l'ammissione al gratuito patrocinio per il pagamento delle spettanze (spese vive, diritti ed onorari) del legale costituitosi per la curatela nei giudizi intrapresi da e contro terzi in costanza di fallimento e prima della sua revoca. 1. - Rilevanza della questione nella procedura fallimentare. La questione appare rilevante nell'ambito della procedura fallimentare in parola. Invero, l'art. 16, primo comma, r.d. n. 3282/1923 sancisce che in costanza della procedura fallimentare e' possibile far ricorso al gratuito patrocinio solo se nell'attivo non e' reperito il denaro necessario per compiere gli atti richiesti; al riguardo si evidenzia che per orientamento giurisdizionale pressoche' costante tale beneficio puo' essere concesso al fine di pagare solo le spese vive sopportate per il compimento di atti esterni non necessari a far andare avanti la procedura fallimentare (ad es.: recupero crediti - revocatorie ex artt. 64 e ss. l.f. - opposizione ex art. 18 l.f.), qualora l'attivo fallimentare sia inesistente ovvero insufficiente (in tal senso; Corte costituzionale ord. 30 dicembre 1993, n. 488 in motivazione - Cass. n. 2570/1995 - Cass. n. 3072/1979 - App. Milano 21 gennaio 1996 - Trib. Messina 26 settembre 1994 - Trib. Perugia 5 giugno 1992 - Trib. Milano 7 giugno 1983 - Trib. Lucca 22 febbraio 1975). Ne consegue che nel caso di specie per il pagamento delle spettenze (spese, diritti e onorari) del legale della curatela e del compenso al curatore non e' possibile avvalersi del beneficio del gratuito patrocinio, perche': a) le spettanze ed il compenso non possono farsi rientrare nella voce "spese vive" per la loro natura retributiva; b) l'attivo fallimentare non e' inesistente ovvero insufficiente, atteso che allo stato la procedura dispone di liquidita' per L. 4.323.309 e comunque in sede di inventario erano stati acquisiti beni di valore certamente superiore agli importi in parola. Inoltre, l'art. 21 l.f., sancisce che, in caso di revoca della dichiarazione di fallimento, il compenso al curatore e' liquidato dal tribunale ed e' posto a carico del creditore istante che e' stato condannato ai danni per aver colposamente chiesto il fallimento ovvero a carico di colui, che ha subito la dichiarazione di fallimento e che ha dato causa alla stessa con il proprio comportamento. La norma teste' richiamata prevede che, qualora il giudice della revoca del fallimento non statuisca in ordine alla responsabilita' della dichiarazione di fallimento, il compenso al curatore va corrisposto secondo la legge speciale n. 995 del 10 luglio 1930; tuttavia, si rileva che tale normativa e' stata abrogata dal d.-l. del Capo provvisorio dello Stato 23 agosto 1946, n. 153, e non e' stata sostituita da altra legge ad hoc. Orbene, nel caso di specie il tribunale con decreto dell'8 ottobre 1998 ha provveduto a liquidare il compenso al curatare senza poter indicare il soggetto obbligato al pagamento del relativo importo, in quanto nelle sentenze di revoca del 19 luglio 1997 e del 18 dicembre 1997 non e' stato individuato il soggetto (creditori istanti e/o debitore) che con il proprio comportamento ha colposamente dato causa alla dichiarazione di fallimento. Ne consegue che il curatore per il pagamento del suo compenso non puo' agire nei confronti di alcuno, in quanto manca del tutto il soggetto obbligato. Peraltro, si evidenzia che le spettanze legali in questione non possono farsi rientrare nella voce "spese di procedura" di cui all'art. 21, secondo comma l.f., in quanto attengono al compimento di atti esterni non necessari a far camminare la procedura fallimentare. E' appena il caso di evidenziare che per il pagamento del compenso al curatore e delle spettanze al legale costituitosi per la procedura nei predetti tre giudizi non si puo' far ricorso all'art. 91 l.f., in quanto tale norma e' costantemente interpretata dalla giurisprudenza nel senso che sull'erario possono gravare solo ed esclusivamente le spese relative al compimento degli atti interni necessari a far andare avanti la procedura fallimentare e non anche gli importi di natura retributiva, fra i quali senza dubbio sono compresi il compenso al curatore e le spettanze del legale in parola. Ne' si puo ritenere che il tribunale, in sede di liquidazione delle spese di procedura e del compenso al curatore ex art. 21, secondo comma legge fallimentae, abbia il potee di individuare il soggetto colposamente responsabile della dichiarazione di fallimento, in quanto per orientamento giurisprudenziale costante il giudice dell'opposizione ex art. 18 l.f. ha competenza funzionale esclusiva in ordine alla cognizione e dichiarazione della responsabilita' in parola (ex multis: Cass. 23 ottobre 1993, n. 10556 - Cass. 8 febbraio 1990, n. 875 - Cass. 1 giugno 1989, n. 2663 - Cass. 26 febbraio 1979, n. 1254). 2. - Non manifesta infondatezza della questione. La questione appare non manifestamente infondata per quanto riguarda sia il compenso al curatore che le spettanze del legale in parola. Compenso al curatore. Gli arti. 21, l.f. e 16, quarto comma, r.d. n. 3282/1923 si pongono in contrasto con gli artt. 3, primo comma, 24, primo comma e 35, primo comma della Costituzione. La violazione dell'art. 3, primo comma della Costituzione risulta dal fatto che al beneficio del gratuito patrocinio si puo' accedee per il pagamento degli oneri economici affrontati nell'ambito di qualsiasi "... affare civile ..." a mente dell'art. 11 r.d. predetto e, pertanto, anche nell'ambito di una procedura esecutiva. E' stato asserito che la procedura fallimentare in sostanza e' una procedura esecutiva (in tal senso: Corte costituzionale 6 marzo 1975, n. 46, in motivazione) e pertanto rientrerebbe nel novero degli affari, per i quali e' possibile godere del beneficio del gratuito patrocinio. Tuttavia l'art. 16, quarto comma del r.d. in parola non prevede che il compenso al curatore possa beneficiare del gratuito patrocinio, perche' fa riferimento solo alle spese di procedura; cio' configura una irragionevole ed ingiustificata disparita' di trattamento tra affari civili fallimentari ed affari civili di altra natura. Il contrasto con l'art. 24, primo comma della Costituzione risulta dal fatto che il curatore, qualora il fallimento venga revocato con sentenza passata in giudicato senza alcuna statuizione in ordine alla responsabilita' della sua dichiarazione, non puo' conseguire il pagamento del proprio compenso, in quanto non e' stato individuato il soggetto obbligato e neppure puo' instaurare un autonomo giudizio ordinario volto ad individuarlo; infatti, l'accertamento della responsabilita' in ordine alla dichiarazione di fallimento e' di competenza esclusiva del giudice della revoca. Ne consegue che il diritto del curatore a percepire il compenso resta privo di tutela giuridica e non puo' essere in alcun modo azionato anche in base alla normativa del gratuito patrocinio (art. 16 censurato). La violazione dell'art. 35, primo comma della Costituzione emerge dal fatto che nella fattispecie concreta sub iudice il curatore, benche' abbia svolto l'attivita' d'ufficio nell'ambito della procedura fallimentare sino al passaggio in giudicato della sentenza di revoca, non vede in alcun modo tutelato il proprio diritto di percepire il compenso; eppure il lavoro svolto dal curatore dovrebbe essere riguardato e considerato alla stregua di qualsiasi altra attivita' lavorativa, in quanto in base al parametro costituzionale richiamato il lavoro e' tutelato "... in tutte le suo forme ed applicazioni ..." e, cioe', sia esso autonomo che subordinato. Spettanze del legale. Gli art. 21 l.f. e 16, quarto comma r.d. n. 3282/1923 si pongono in contrasto con gli artt. 3, primo comma, 24, primo comma e 35, primo comma della Costituzione. La violazione dell'art. 3, primo comma della Costituzione viene ravvisata nella disparita' di trattamento giuridico serbato al legale della curatela di fallimento "povero" (cioe', con attivo inesistente o insufficiente) non revocato e di fallimento "ricco" (cioe', con attivo capiente) revocato con sentenza passata in giudicato, in quanto mentre nella prima ipotesi il legale puo' accedere al gratuito patrocinio a mente dell'art. 16, quarto comma r.d. n. 3282/1923, invece nella seconda ipotesi il legale non puo' essere ammesso di tale beneficio. Infatti, secondo l'orientamento costante della giurisprudenza la curatela, qualora disponga di attivo inesistente ovvero incapiente, puo' instare per la concessione del gratuito patrocinio, al fine di costituirsi nei giudizi intrapresi da e contro terzi; cio' non e' ammesso nel caso in cui - in costanza di fallimento con attivo sufficiente - la curatela instauri giudizi e successivamente la sentenza di fallimento venga revocata. Pertanto, appare chiaro che le norme in questione sono sospettate d'illegittimita' costituzionale, in quanto ingiustificatamente ed irragionevolmente tutelano in modo diverso e con intensita' differente i legali della curatela, a seconda che abbiano espletato la propria attivita' professionale in favore di fallimento non revocato ovvero revocato. Il contrasto con l'art. 24, primo comma della Costituzione risulta dal fatto che nel caso di specie il legale della curatela, poiche' il fallimento e' stato revocato con sentenza passata in giudicato, non puo' pretendere dagli organi della procedura il pagamento delle sue spettanze, in quanto tutto l'attivo fallimentare dev'essere restituito immediatamente all'ex fallito. Ne consegue che nella fattispecie sub iudice il legale resta privo di tutela giuridica, in quanto non puo' rivolgersi ad alcuno (creditori istanti, debitore, erario ex art. 91 l.f.) per ottenere il pagamento delle sue spettanze; pertanto, l'unica via percorribile sarebbe quella dell'ammissione al gratuito patrocinio. Tuttavia, nel caso di specie l'accesso a tale beneficio e' precluso al legale, in quanto l'art. 16, quarto comma, r.d. n. 3282/1923 copre solamente le spese vive affrontate nel normale corso della procedura fallimentae e non anche nell'ipotesi in cui il fallimento cessi in modo non fisiologico e, cioe', venga revocato. Infine, la violazione dell'art. 35, primo comma della Costituzione si fonda - mutatis mutandis - sulle stesse argomentazioni e circostanze sopra evidenziate sub lettera a) a proposito del pagamento del compenso al curatore; infatti il legale, al pari del curatore, espleta attivita' professionale sussumibile nella categoria del lavoro autonomo e pertanto dovrebbe ricevere adeguata e sostanziale tutela giuridica dall'ordinamento in ordine al pagamento delle proprie spettanze.
P. Q. M. 1 - Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, e dell'art. 16, quarto comma r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 in riferimento: agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma e 35, primo comma della Costituzione nella parte in cui, qualora il fallimento venga revocato con sentenza passata in giudicato e qualora in tale sentenza non sia individuato il soggetto che con il suo comportamento abbia dato causa alla dichiarazione di fallimento, non prevedano l'ammissione al gratuito patrocinio per il pagamento del compenso al curatore; agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma e 35, primo comma della Costituzione nella parte in cui, qualora il fallimento venga revocato con sentenza passata in giudicato e qualora in tale sentenza non sia individuato il soggetto che con il suo comportamento abbia dato causa alla dichiarazione di fallimento, non prevedano l'ammissione al gratuito patrocinio per il pagamento delle spettanze (spese vive, diritti ed onorari) del legale costituitosi per la curatela nei giudizi intrapresi da e contro terzi in costanza di fallimento e prima della sua revoca. 2 - Sospende la procedura fallimentare in corso ed ordina trasmettersi - a cura della cancelleria - gli atti di procedura alla Corte costituzionale; 3 - Dispone che copia della presente ordinanza - a cura della cancelleria - sia notificata al legale rappresentante della "Petrol Sud s.a.s. di Ferraro Carlo C.", al socio accomandatario Ferraro Carlo, all'ex amministratrice Macri' Giovanna, al curatore ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato. Cosi' deciso in Locri, nella camera di consiglio, 8 ottobre 1998. Il presidente: Frammartino L'estensore: Mastropasqua 98C1317