N. 889 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 luglio 1998

                                N. 889
        Ordinanza emessa il 7 luglio 1998 dal pretore di Milano
          nel procedimento penale a carico di Danova Giuseppe
 Previdenza e  assistenza  sociale  -  Reato  di  omesso  o  ritardato
    pagamento  di  contributi assistenziali e previdenziali - Facolta'
    di  sanatoria  mediante  pagamento  rateizzato  in   trenta   rate
    bimestrali  -  Mancata  previsione  della sospensione del processo
    penale e/o della prescrizione quinquennale  durante  il  pagamento
    rateizzato  - Disparita' di trattamento dei cittadini non abbienti
    costretti al  pagamento  rateizzato  rispetto  a  quelli  abbienti
    paganti in un'unica soluzione.
 (Legge  23  dicembre  1996, n. 662, art. 1, comma 230; d.-l. 28 marzo
    1997, n. 79, art. 4, comma 6, convertito in legge 28 maggio  1997,
    n. 140).
 (Cost., art. 3).
(GU n.51 del 23-12-1998 )
                              IL PRETORE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento penale a
 carico di Giuseppe Danova imputato del reato di  cui  agli  artt.  81
 c.p.v.  c.p.  e  37, legge 24 novembre 1981, n. 689, per avere, nella
 qualita' di titolare dell'impresa "Danova Giuseppe", con piu'  azioni
 esecutive  del  medesimo  disegno  criminoso, omesso di presentare la
 denuncia obbligatoria di cui al DM/10/M all'Inps  di  Milano  per  il
 periodo  dall'ottobre  1993  al  gennaio  1994 al fine di omettere in
 tutto od in parte il versamento dei contributi dovuti per  una  somma
 eccedente i cinque milioni mensili.
                           Rilevato in fatto
   Con decreto di citazione ritualmente notificato il 3 febbraio 1998,
 Giuseppe  Danova  veniva rinviato a giudizio innanzi a questo pretore
 per rispondere del reato di cui in epigrafe.
   Alla prima udienza la difesa ha chiesto  che  il  giudice  emanasse
 sentenza dichiarativa dell'avvenuta estinzione del reato ai sensi del
 combinato  disposto del secondo comma dell'art. 4 d.-l. 28 marzo 1997
 n. 79 e del comma 230, dell'art. 1, legge 23 dicembre 1996 n.    662,
 cosi come richiamato dal sesto comma dell'art. 4 predetto.
   Ha  rilevato  il  difensore  che  il  sig.  Danova  aveva omesso di
 presentare la denuncia obbligatoria di cui al DM/10/M per il  periodo
 in  contestazione  non  potendo  provvedere, a cagione della precaria
 condizione finanziaria della ditta, al  pagamento  dei  contributi  e
 che,  in  conseguenza  di  cio',  l'Inps  di  Milano aveva chiesto ed
 ottenuto l'emissione di decreto  ingiuntivo  a  suo  carico,  decreto
 notificato il 6 settembre 1996.
   L'imputato,  con  dichiarazione  in  data  11 settembre 1996, aveva
 rappresentato all'istituto di non essere in grado di corrispondere il
 dovuto in unica soluzione  ed,  effettuato  un  primo  pagamento  con
 assegno  circolare,  si  era impegnato a versare ratealmente la somma
 residua. Ciononostante l'Inps di Milano,  in  data  9  ottobre  1996,
 aveva  trasmesso  alla  competente Procura della Repubblica presso la
 pretura circondariale la comunicazione relativa alle omissioni di cui
 ci si occupa, comunicazione che ha dato origine al presente giudizio.
   Il sig. Danova aveva  presentato,  nel  dicembre  1996,  una  prima
 domanda  per avvalersi delle agevolazioni previste dall'art. 2, d.-l.
 23 ottobre 1996 n. 538 e, nel marzo 1997, una seconda  richiesta  per
 fruire  dei  vantaggi concessi dall'art. 4 d.-l. 28 marzo 1997 n. 79,
 prevedendo una regolarizzazione in trenta rate bimestrali consecutive
 di uguale importo e provvedendo, da allora, al regolare pagamento.
   Il difensore ha sostenuto che la lettura comparata delle due  norme
 in  precedenza citate consentiva di affermare che la regolarizzazione
 della posizione contributiva, dalla quale dipendeva l'estinzione  del
 reato,  doveva "intendersi perfezionata con la semplice presentazione
 della domanda, che ha l'effetto di sostituire  alla  sanzione  penale
 una  diversa  sanzione amministrativa" ed ha, percio', chiesto che il
 pretore emettesse sentenza dichiarativa di tale avvenuta estinzione.
   L'istanza della difesa e' stata  proposta  nella  fase  degli  atti
 preliminari  ed  il  p.m.  si  e'  opposto  al  suo  accoglimento: la
 richiesta e' stata,  percio',  respinta  poiche'  l'art.  469  c.p.p.
 espressamente  prevede  che,  fuori  dei  casi indicati dall'art. 129
 comma   2   c.p.p.,   il   giudice   possa    pronunciare    sentenza
 predibattimentale  di  non doversi procedere per estinzione del reato
 dopo aver sentito l'imputato ed il p.m. e se questi non si oppongono.
 La  scrivente,  peraltro,  ha  ritenuto  inaccoglibile   nel   merito
 l'istanza  rilevando  che  la  regolarizzazione cui fa riferimento la
 norma deve essere necessariamente  completa,  intendendosi  con  cio'
 l'integrale  pagamento  del  debito  contributivo e delle altre somme
 previste  dalla  legge   sicche',   pur   apparendo   provata   dalla
 documentazione  prodotta  dalla difesa, la sussistenza in fatto della
 situazione prospettata, non poteva farsi luogo ad una sentenza di non
 doversi procedere per estinzione del reato.
   Per la trattazione  del  procedimento  e'  stata,  quindi,  fissata
 l'odierna  udienza  e la difesa ha chiesto che il giudice promuovesse
 la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 230,
 legge 23 dicembre 1996, n. 662,  richiamato  dall'art.  4,  comma  6,
 d.-l.  28  marzo  1997,  n.  79,  nella  parte  in cui non prevede la
 sospensione  del  procedimento  penale  in  attesa   della   completa
 regolarizzazione  della  posizione  contributiva,  per violazione del
 principio  di   eguaglianza   sancito   dall'art.   3   della   Carta
 costituzionale.
                        Considerato in diritto
   La questione non appare manifestamente infondata.
   L'art.  4  d.-l.  79/1997,  convertito  con  legge  140/1997,  reca
 disposizioni in materia di condono previdenziale e ammette i soggetti
 tenuti al versamento dei contributi  e  dei  premi  previdenziali  ed
 assistenziali,  debitori per contributi omessi o pagati tardivamente,
 a regolarizzare la propria posizione mediante il versamento agli enti
 impositori di quanto dovuto a titolo di contributi e premi maggiorati
 degli interessi del 10% annuo. La regolarizzazione puo'  avvenire  in
 trenta  rate  bimestrali  consecutive  di  eguale importo ed, in tale
 caso, l'importo delle rate comprensive degli interessi  nella  misura
 del  7%  annuo  e'  calcolato  applicando  al  debito un coefficiente
 indicato dalla tabella A) allegata al decreto.
   Il sesto comma della  norma  fa  salve  le  disposizioni  contenute
 nell'art.  1, commi 228, 230 e 232 legge 662/1996. Il comma 230 della
 legge  citata  stabilisce  che  "la regolarizzazione estingue i reati
 previsti da leggi speciali in materia di versamento di  contributi  e
 di  premi  e  le obbligazioni per sanzioni amministrative, e per ogni
 altro onere accessorio, connessi con le violazioni  sulle  norme  sul
 collocamento,  nonche'  con  la  denuncia  e  con  il  versamento dei
 contributi e dei premi medesimi".
   Non vi e'  dubbio,  quindi,  che  la  regolarizzazione  ha  effetto
 estintivo  anche  del  reato  oggi contestato all'imputato, cui viene
 contestato di non aver presentato la denuncia obbligatoria ex DM/10/M
 al fine di omettere il versamento dei contributi dovuti.
   Il sig. Danova, tuttavia, pur avendo presentato regolare domanda di
 condono previdenziale, essendo stato ammesso dall'ente impositore  al
 pagamento   rateale  ai  sensi  di  legge  ed  avendo  provveduto  al
 versamento delle scadenze sino ad ora maturate, si  trova  esposto  a
 dover  subire  il  procedimento  penale  senza  poter  far  valere il
 realizzarsi della causa estintiva.
   Ritiene, invero, il pretore che, come gia'  osservato  nella  parte
 introduttiva   della   presente   ordinanza,  la  speciale  causa  di
 estinzione  in  esame   si   realizza   unicamente   con   l'avvenuta
 regolarizzazione  della  posizione contributiva, poiche' in tal senso
 depone anche il tenore letterale della  norma  che  afferma  che  "la
 regolarizzazione  estingue  i  reati",  mentre  diversamente  avrebbe
 riconosciuto la medesima efficacia alla domanda di  regolarizzazione,
 ovvero al pagamento anche parziale.
   Va,  in  proposito,  osservato  che quando il legislatore ha inteso
 disciplinare   diversamente   gli   effetti    della    domanda    di
 regolarizzazione,  lo  ha esplicitamente stabilito come ad esempio in
 materia di condono edilizio prevedendo che  l'effetto  estintivo  del
 reato  conseguisse  alla  presentazione della domanda ed al pagamento
 della somma autodeterminata dall'imputato, anche ove questa fosse, in
 ipotesi, inferiore al dovuto poiche', nel silenzio della p.a. che non
 richiedeva il conguaglio nei  termini  di  legge,  detto  effetto  si
 realizzava egualmente.
   Il sig. Danova, quindi, deve subire il procedimento penale, ne' puo
 chiedere  che  lo stesso sia sospeso in attesa della regolarizzazione
 della sua posizione contributiva.
   Nel vigente codice  di  rito,  infatti,  non  esistono  ipotesi  di
 sospensione  diverse da quelle espressamente indicate e l'indicazione
 deve ritenersi tassativa.
   Nessuna previsione in tal senso e',  poi,  contenuta  nell'art.  1,
 comma  230,  legge  662/1996  che,  invece,  stabilisce unicamente la
 sospensione  dei  provvedimenti  di  esecuzione  per  effetto   della
 presentazione della domanda di regolarizzazione e subordinatamente al
 pagamento delle somme alle scadenze previste.
   La  mancata  previsione  della  sospensione  del procedimento ha un
 particolare rilievo ai fini che qui interessano, poiche' impedisce il
 realizzarsi degli effetti  sostanziali  e  procedurali  che  da  tale
 previsione   conseguirebbero.   Ci   si  riferisce,  in  particolare,
 all'effetto  sospensivo  del  corso  della  prescrizione  attribuito,
 dall'art.  159  c.p.,  alle  cause  di  sospensione  del procedimento
 previste o imposte da particolari disposizioni di legge.
   Il problema non e' di  secondaria  importanza  poiche'  la  mancata
 previsione  della  sospensione  del  procedimento  e  la  conseguente
 impossibilita' di ritenere sospeso il corso della prescrizione impone
 al giudice di procedere per evitare che il reato, che non puo' essere
 dichiarato estinto non essendosi perfezionata la pratica  di  condono
 previdenziale, si estingua per prescrizione.
   Giova,  in  proposito,  ricordare  che  le  modalita'  di pagamento
 previste dal d.-l. 79/1997 (trenta rate bimestrali)  facoltizzano  il
 debitore  ad effettuare il versamento in un termine, quello di cinque
 anni, che coincide con quello ordinario di prescrizione  dei  delitti
 configurabili in materia.
   La   situazione   prospettata   induce  il  giudicante  a  ritenere
 sussistenti alcuni profili  di  incostituzionalita'  delle  norme  in
 esame.  Va,  invero, evidenziato che il sistema cosi come ricostruito
 ha  l'effetto  di  realizzare  una   ingiustificata   disparita'   di
 trattamento  tra  cittadini  sulla  base delle condizioni economiche,
 disparita' che si traduce in una diversa possibilita' di  far  valere
 le proprie ragioni in giudizio.
   E'  pur vero, infatti, che la scelta di effettuare il pagamento nei
 termini massimi previsti dalla  legge  anziche'  in  unica  soluzione
 ovvero in tempi piu' brevi e', appunto, una scelta che e' lasciata al
 debitore  che  ben  puo'  decidere  di  versare  subito quanto dovuto
 ottenendo l'estinzione del reato.
   E' pero' altresi' vero che la necessita' di richiedere il pagamento
 rateale massimo deriva molto spesso dalle condizioni  economiche  del
 debitore  che non e' in grado di adempiere diversamente, cosi come e'
 avvenuto  nel  caso  di  specie  avendo  l'imputato,  ben  prima   di
 presentare   domanda   di  condono,  rappresentato  all'Inps  la  sua
 impossibilita' di pagare in unica soluzione.
   La disparita' di cui si  discute,  a  parere  della  scrivente,  si
 risolve  anche  in  un  trattamento  ingiustificatamente  diverso dei
 cittadini in sede giurisdizionale, ed induce a richiamare i  principi
 affermati  dalla  Corte  costituzionale  con  le  sentenze  67/1960 e
 21/1961 con le quali fu  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
 degli istituti della cautio pro expensis e del solve et repete.
   Certamente gli istituti di cui si discute avevano natura diversa da
 quelli oggi in esame perche' subordinavano la possibilita' per
  il   cittadino   di  esperire  l'azione  giudiziaria  al  preventivo
 pagamento di una somma, mentre l'ipotesi di cui si parla nel presente
 giudizio non condiziona l'esercizio della tutela giurisdizionale.  In
 tal  senso  puo' dirsi che la fattispecie in esame e' in qualche modo
 assimilabile all'istituto dell'oblazione,  sottoposto  al  vaglio  di
 costituzionalita'  della  Corte  per  profili  analoghi a quelli oggi
 evidenziati.
   Va,  pero',  osservato  che, a differenza del predetto istituto, il
 condono previdenziale integra, spesso, gli estremi di  una  sorta  di
 autodenuncia:  il  cittadino per ottenere l'estinzione del reato deve
 portare a conoscenza  dell'ente  impositore  l'avvenuta  consumazione
 dello  stesso  ed e' a cio' tenuto anche se l'organo di controllo non
 ha ancora accertato il fatto o contestato la violazione,  dovendo  la
 domanda essere presentata comunque nei termini di legge.
   Presentata  la domanda il debitore che non e' in grado di adempiere
 in tempi brevi al pagamento subisce  il  procedimento  penale  mentre
 colui  che puo' versare il dovuto in unica soluzione puo' beneficiare
 della causa estintiva.
   Puo', pertanto, convenirsi col difensore quando  osserva  che  "tra
 tutti i soggetti che hanno avuto accesso al condono previdenziale, da
 un  lato  vi  sono coloro i quali, regolarizzata la propria posizione
 contributiva attraverso l'integrale pagamento, si sono potuti giovare
 dell'estinzione del reato, vi sono poi, dall'altro, coloro  che,  pur
 regolarizzando  ratealmente  la  propria  posizione contributiva, non
 possono giovarsi dell'estinzione  del  reato  e  non  hanno,  quindi,
 alcuna  possibilita'  di  sottrarsi alla condanna penale per un fatto
 riconosciuto con lo stesso deposito della domanda di regolarizzazione
 contributiva".
   L'avvenuta estinzione del reato  per  condono  potra',  ovviamente,
 essere  fatta  valere anche in grado di appello, ma non vi e' chi non
 veda come sia diversa la situazione dell'imputato  che  definisce  la
 propria  posizione  in primo grado, rispetto a chi deve affrontare il
 giudizio di secondo grado.
   Come  evidenziato  dalla  difesa  nessun  rilievo  puo',   infatti,
 attribuirsi alla circostanza che, una volta intervenuto il pagamento,
 "l'imputato  condannato  potrebbe  vedere  cessati  gli effetti della
 condanna" poiche' "comunque  nel  tempo  in  cui  la  condanna  trova
 esecuzione,  la  posizione  di chi deve subirne gli effetti, anche se
 solo temporanei, e' palesemente peggiore rispetto a quella di chi  si
 e' invece giovato di una pronuncia di estinzione del reato".
   La disparita' di cui si e' detto appare del tutto irragionevole.
   In  proposito giova ricordare che l'art. 3, comma 9, d.-l. 103/1991
 convertito con legge 166/1991 prevedeva la sospensione, dalla data di
 entrata in  vigore  del  decreto,  di  tutti  i  procedimenti  penali
 relativi  a reati previsti da leggi speciali in materia di versamenti
 di contributi o premi e che  l'art.  18,  comma  15,  legge  724/1994
 prevedeva  che  l'accoglimento  della  domanda di pagamento agevolato
 sospendesse "i provvedimenti di merito e di esecuzione  in  corso  in
 qualsiasi  fase  e  grado,  fino  al  totale  pagamento  delle  somme
 determinate alle relative scadenze". Le leggi suddette prevedevano un
 pagamento rateale meno dilazionato di quello  autorizzato  dal  d.-l.
 79/1997  e,  quindi,  meno  favorevole per i cittadini non abbienti e
 tuttavia facevano  salva  la  possibilita'  per  detti  cittadini  di
 ottenere  sin  dal  primo grado di giudizio una sentenza dichiarativa
 dell'estinzione del reato, prevedendo la sospensione dei procedimenti
 in corso.
   La nuova normativa, che pure concede una piu'  ampia  dilazione  di
 pagamento  e  si pone, in conseguenza, in un'ottica di maggior favore
 nei confronti dei non abbienti, irragionevolmente  poi  li  penalizza
 non  consentendo  loro  di ottenere la sospensione del procedimento e
 far valere sin dal primo grado  di  giudizio  la  speciale  causa  di
 estinzione del reato.
   Ne' consegue che la stessa materia e' stata in passato diversamente
 disciplinata  con le stesse finalita' oggi perseguite dal legislatore
 ma senza introdurre elementi di disparita'  basati  sulle  condizioni
 economiche dei cittadini.
   La  questione  di  costituzionalita'  appare rilevante nel presente
 giudizio.  La  difesa  ha  formulato  istanza  di   sospensione   del
 procedimento  in  corso,  istanza che allo stato non potrebbe trovare
 accoglimento.  Dalla risoluzione della questione  dipende,  altresi',
 la possibilita' per l'imputato di far valere, all'esito del pagamento
 rateale   cui  e'  stato  ammesso  dall'ente  impositore,  l'avvenuta
 estinzione del reato.
                                P. Q. M
   Visti gli artt. 134, Cost.,  1,  legge  costituzionale  8  febbraio
 1948, n. 1 e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento
 all'art.  3  della  Carta   costituzionale   ed   al   principio   di
 ragionevolezza, la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 1,  comma  230,  legge  23 dicembre 1996 n. 662 cosi' come richiamato
 dall'art. 4, comma 6, d.-l. 28 marzo 1997, n. 79  convertito  con  la
 legge 28 maggio 1997 n. 140 nella parte in cui non prevede che, oltre
 i  provvedimenti di esecuzione, i provvedimenti di merito in corso in
 qualsiesi stato e grado siano "sospesi per effetto della  domanda  di
 regolarizzazione e subordinatamente al puntuale pagamento delle somme
 determinate  agli  effetti  del presente articolo alle scadenze dallo
 stesso previste";
   Dispone  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale
 sospendendo il procedimento in corso;
   Ordina  che,  a  cura  della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  al  p.m.,
 all'imputato,  al suo difensore e comunicata ai Presidenti del Senato
 della Repubblica e della Camera dei deputati.
   Cosi' deciso in Milano, il 7 luglio 1998 Il pretore: Gatto
 98C1359