N. 907 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 ottobre 1998
N. 907 Ordinanza emessa il 15 ottobre 1998 dal pretore di Trento nel procedimento civile vertente tra Graziadei Paola e Ministero della sanita' Sanita' pubblica - Trattamenti sanitari obbligatori - Epatite cronica da HIV, conseguente a trasfusione di sangue o derivati, anteriore alla data di entrata in vigore della legge impugnata - Decorrenza dell'indennizzo dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda, anziche' dalla manifestazione dell'evento dannoso o dalla conoscenza dello stesso da parte dell'interessato - Irragionevolezza e disparita' di trattamento rispetto ai soggetti sottopostisi a vaccinazione antipoliomielitica nel periodo di non obbligatorieta' della vaccinazione stessa - Incidenza sulla garanzia previdenziale - Riferimenti alle sentenze della Corte costituzionale nn. 307 e 455/1990, 118/1996 e 27/1998. (Legge 25 febbraio 1992, n. 210, art. 2, comma 2, parte 1; d.-l. 23 ottobre 1996, n. 548, artt. 7, comma 1, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 641; legge 25 luglio 1997, n. 238, art. 1, comma 2; legge 25 febbraio 1992, n. 210, art. 3, comma 7). (Cost., artt. 2, 3, secondo comma e 38, primo comma).(GU n.2 del 13-1-1999 )
IL PRETORE A scioglimento della riserva che precede, osserva; Rilevato in fatto Con ricorso, depositato in data 30 aprile 1998, Graziadei Paola esponeva che in data 9 maggio 1986 si era dovuta sottoporre ad intervento chirurgico al cuore presso l'ospedale Borgo Trento di Verona, durante il quale le erano state effettuate trasfusioni di sangue. Successivamente alcuni esami clinici avevano evidenziato una forte alterazione dei parametri relativi alla funzionalita' epatica nonche' la positivita' alla presenza di anticorpi antivirus dell'epatite C. In data 29 novembre 1994 la ricorrente aveva presentato domanda di corresponsione dell'indennizzo ex art. 1, comma 3, legge 25 febbraio 1992, n. 210. In data 26 settembre 1996 il Ministero della sanita' le aveva comunicato il positivo accertamento del nesso di causalita' tra le trasfusioni effettuate nel corso del predetto ricovero e l'epatite cronica da HCV riscontrata in seguito. In data 21 maggio 1997 il Ministero della sanita' aveva riconosciuto alla ricorrente il diritto all'indennizzo con decorrenza dal 1 dicembre 1994 ossia dal primo giorno successivo a quello di presentazione della domanda. In data 21 maggio 1997 la ricorrente aveva chiesto la corresponsione dell'indennizzo anche per il periodo ricompreso tra il momento di manifestazione della malattia (9 maggio 1986) ed il 30 novembre 1994. In data 11 luglio 1997 il Ministero della sanita' aveva rigettato quest'ultima domanda in quanto "il comma secondo dell'art. 2 della legge in oggetto stabilisce in modo esplicito che l'indennizzo ha decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda". Eccepiva la ricorrente l'illegittimita' costituzionale "dell'art. 2, comma 2, legge n. 210/1992, come modificato dall'art. 1, comma 2, legge n. 238/1997, con riferimento agli artt. 2, 3 e 32 Cost., nella parte in cui prevede, per coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali verificatisi prima dell'entrata in vigore della legge n. 210/1992, che l'indennizzo decorra dal primo giorno successivo a quello di presentazione della domanda anziche', come, invece, per coloro che risultano essere stati contagiati prima dell'emanazione della predetta legge, dal di' del manifestarsi dell'evento dannoso". In relazione all'art. 2 Cost. risultava violato un diritto fondamentale della persona. In relazione all'art. 3 Cost. la ricorrente affermava che la disciplina ex legge n. 210/1992, limitando l'indennizzabilita' degli eventi, che hanno compromesso l'integrita' psicofisica ante legem solo al tempo successivo alla domanda, introdurrebbe una grave discriminazione tra coloro che hanno contratto la malattia post legem e quelli, doppiamente sfortunati, che hanno subito il contagio prima dell'emanazione della legge, di cui trattasi; inoltre l'art. 7, d.-l. n. 548/1996 opererebbe "una ulteriore incomprensibile discriminazione tra vaccinati e trasfusi", riconoscendo soltanto ai primi il diritto ad un assegno una tantum per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e l'ottenimento dell'indennizzo". Infine la mancata previsione dell'indennizzo per il periodo intercorrente tra l'insorgere dell'evento menomativo e la data, da cui e' riconosciuto l'indennizzo, costituirebbe un ostacolo di ordine economico e sociale, che perdura nel tempo e che l'art. 3, comma 2 Cost., impone di rimuovere. In relazione all'art. 32 Cost. rilevava che i danni sofferti dai trasfusi derivano direttamente da un trattamento sanitario diretto alla protezione della salute, trattamento, che nel caso in esame era necessario ed indispensabile poiche' la trasfusione era collegata ad un'operazione a cuore aperto essenziale per la salvaguardia della salute della ricorrente. Richiamava la giurisprudenza costituzionale, secondo cui qualunque evento, che produca un danno alla persona determina il diritto del danneggiato al pieno risarcimento del danno all'integrita' fisica, bene costituzionalmente garantito. Costituendosi in giudizio, il Ministero della sanita' instava per il rigetto delle domande. Negava l'applicabilita' in via analogica o estensiva del disposto ex art. 7, comma 2, d.-l. n. 548/1996, che aveva dato attuazione alla pronuncia Corte costituzionale n. 118/1996, la quale aveva ritenuto che la retroattivita' del beneficio dovesse essere riconosciuta soltanto nel caso il trattamento sanitario fosse collegato a provvedimenti imposti da legge o da ordinanza amministrativa e non a necessita' terapeutiche individuali. Ritenuto in diritto Viene sollevata d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, parte prima (come novellato dall'art. 7, comma 1, d.-l. 23 ottobre 1996, n. 548 convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 641 e dell'art. 1, comma 2, legge 25 luglio 1997, n. 238) e dell'art. 3, comma 7, legge 25 febbraio 1992, n. 210, per contrasto con l'art. 38, comma 1 Cost., in relazione agli artt. 2 e 3, comma 2 Cost., nella parte in cui non riconosce a favore di coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali contratte nel corso di trattamenti sanitari necessari a salvaguardare la loro stessa esistenza, il diritto ad un equo indennizzo a carico dello Stato per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e l'ottenimento della prestazione prevista dall'art. 1, comma 3, legge n. 210/1992. Sulla rilevanza nel giudizio a quo. Il giudizio in corso non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle predette questioni di legittimita' costituzionale. Infatti applicando la norma impugnata la domanda proposta dalla ricorrente dovrebbe essere rigettata. E' documentalmente provato e comunque e' incontestato che la ricorrente: in data 9 maggio 1996 si dovette sottoporre ad intervento chirurgico al cuore presso l'ospedale Borgo Trento di Verona, durante il quale le vennero effettuate delle trasfusioni di sangue; successivamente alcuni esami clinici evidenziarono una forte alterazione dei parametri relativi alla funzionalita' epatica nonche' la positivita' alla presenza di anticorpi antivirus dell'epatite C; in data 29 novembre 1994 la ricorrente presento' domanda di corresponsione dell'indennizzo ex art. 1, comma 3, legge n. 210/1992; in data 26 settembre 1996 il Ministero della sanita' comunico' alla ricorrente il positivo accertamento di un nesso di causalita' tra le trasfusioni effettuate nel corso del predetto ricovero e l'epatite cronica da HCV riscontrata in seguito; in data 9 maggio 1997 il Ministero della sanita' riconobbe alla ricorrente il diritto all'indennizzo con decorrenza dal 1 dicembre 1994 ossia dal primo giorno successivo a quello di presentazione della domanda; in data 21 maggio 1997 la ricorrente chiese la corresponsione dell'indennizzo anche per il periodo ricompreso tra il momento di manifestazione della malattia (9 maggio 1986) ed il 30 novembre 1994; in data 11 luglio 1997 il Ministero della sanita' rigetto' quest'ultima domanda in quanto "il comma 2 dell'art. 2 della legge in oggetto stabilisce in modo esplicito che l'indennizzo ha decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda". E' evidente la ragione per cui soltanto nel caso di fondatezza della questione di illegittimita' costituzionale sollevata la pretesa della ricorrente potrebbe trovare accoglimento: la disciplina stabilita dalla norma censurata, prevedendo che sia per gli eventi ante legem che per quelli post legem la decorrenza del diritto all'indennizzo e' fissata dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda, esclude possano essere indennizzati per il periodo ante legem coloro che abbiano subito la menomazione in epoca precedente l'entrata in vigore della legge n. 210/1992. Sulla non manifesta infondatezza. La ricorrente sostiene che l'esclusione degli affetti da epatiti post-trasfusionali dal diritto all'assegno una tantum ex art. 2, comma 2, legge n. 210/1992, come modificato dall'art. 1, comma 2, legge n. 238/1997 (rectius dall'art. 7, comma 1, d.-l. 23 ottobre 1996, n. 548, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 641, e dell'art. 1, comma 2, legge 25 luglio 1997, n. 238) violerebbe i precetti ex artt. 2, 3 e 32 Cost. Vi sarebbe una duplice discriminazione, da un lato "tra coloro che hanno contratto la malattia post legem e quelli, doppiamente sfortunati, che hanno subito il contagio prima dell'emanazione della legge", dall'altro "tra vaccinati e trasfusi", riconoscendo soltanto ai primi il diritto ad un assegno una tantum per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e l'ottenimento dell'indennizzo". Inoltre la mancata previsione in favore dei trasfusi dell'indennizzo per il periodo intercorrente tra l'insorgere dell'evento menomativo e la data, da cui e' riconosciuto l'indennizzo, costituirebbe un ostacolo di ordine economico e sociale, che perdura nel tempo e che l'art. 3, comma 2 Cost., impone di rimuovere. Infine, rilevando che i danni sofferti dai trasfusi derivano direttamente da un trattamento sanitario diretto alla protezione della salute (trattamento, che nel caso in esame era necessario ed indispensabile poiche' la trasfusione era collegata ad un'operazione a cuore aperto essenziale per la salvaguardia della salute della ricorrente), richiama la giurisprudenza costituzionale, secondo cui qualunque evento, che produca un danno alla persona determina il diritto del danneggiato al pieno risarcimento del danno all'integrita' fisica, bene costituzionalmente garantito. Non si puo' convenire in ordine alla non manifesta infondatezza dei profili di incostituzionalita' sollevati dalla ricorrente. E' indispensabile prendere le mosse dagli insegnamenti di Corte costituzionale 18 aprile 1996, n. 118, che ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2, e 3, comma 7, legge 25 febbraio 1992, n. 210 ... nella parte in cui escludono, per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento prima dell'entrata in vigore della predetta legge e l'ottenimento della prestazione determinata a norma della stessa legge, il diritto - fuori dell'ipotesi dell'art. 2043 cod. civ. - ad un equo indennizzo a carico dello Stato per le menomazioni riportate a causa di vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica da quanti vi si siano sottoposti e da quanti abbiano prestato ai primi assistenza personale diretta". La Corte, dopo aver ribadito, richiamandosi alla pronuncia n. 307/1990, che l'imposizione obbligatoria della vaccinazione antipoliomielitica comporta in un ordinamento orientato a riconoscere valore fondamentale alla persona come individuo (art. 2 Cost.) una condizione, da cui ne dipende la legittimita', ulteriore rispetto a quelle prescritte dall'art. 32, comma 2, Cost. e costituita dalla previsione di un equo ristoro del danno subito, chiarisce che "il necessario collegamento, come condizione di legittimita' costituzionale, che questa Corte ha affermato doverci essere tra la previsione dell'obbligo di sottoporsi a vaccinazione e l'indennizzabilita' del pregiudizio da essa derivante, rende palese la differenza tra questa e tutte le altre evenienze in cui, a nome della solidarieta', la collettivita' assuma su di se', totalmente o parzialmente, le conseguenze di eventi dannosi fortuiti o comunque indipendenti da decisioni che la societa' stessa abbia preso nel proprio interesse. Nella prima ipotesi ... la solidarieta' non implica soltanto, come invece nella seconda, un dovere al quale il legislatore possa dare seguito secondo quei criteri di discrezionalita' e quella necessaria ragionevole ponderazione con altri interessi e beni di pari rilievo costituzionale che valgono per i diritti previsti da norme costituzionali e efficacia condizionata all'intervento del legislatore (sent. n. 455/1990), ma comporta un vero e proprio obbligo, cui corrisponde una pretesa protetta direttamente dalla Costituzione. Si tratta percio' di un obbligo avente uno speciale carattere. Per la collettivita' e' in questione non soltanto il dovere di aiutare chi si trova in difficolta' per una causa qualunque, ma l'obbligo di ripagare il sacrificio che taluno si trova a subire per un beneficio atteso dall'intera collettivita'. Sarebbe contrario al principio di giustizia, come risultante dall'art. 32 Cost., alla luce del dovere di solidarieta' stabilito dall'art. 2, che il soggetto colpito venisse abbandonato alla sua sorte ed alle sue sole risorse o che il danno in questione venisse considerato come in qualsiasi evento imprevisto al quale si sopperisce con i generali strumenti della pubblica assistenza, ovvero ancora si subordinasse la soddisfazione delle pretese risarcitorie del danneggiato all'esistenza di un comportamento negligente altrui, comportamento che potrebbe mancare. Riassumendo con ordine, la menomazione della salute derivante da trattamenti sanitari puo' determinare una di queste conseguenze: a) il diritto al risarcimento pieno del danno, riconosciuto dall'art. 2043 cod. civ., in caso di comportamenti colpevoli; b) il diritto ad un equo indennizzo, discendente dall'art. 32 Cost., in collegamento con l'art. 2, ove il danno non derivante da fatto illecito, sia stato subito in conseguenza dell'adempimento di un obbligo legale; c) il diritto, a norma degli artt. 38 e 2 Cost., a misure di sostegno assistenziale disposte dal legislatore, nell'ambito dell'esercizio costituzionalmente legittimo dei suoi poteri discrezionali, in tutti gli altri casi. L'art. 1 dell'impugnata legge n. 210 del 1992 prevede - secondo il titolo della legge stessa - un "indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni o somministrazione di emoderivati". Le ipotesi ivi previste sono assai varie, dal punto di vista tanto del tipo di danno, quanto dei soggetti indennizzabili. Circa il danno, si tratta di menomazioni permanenti, di qualsiasi tipo, da vaccinazioni obbligatorie, di infezioni Hiv, da somministrazione di sangue e suoi derivati e di epatite post-trasfusionale. Quanto ai soggetti, si tratta, a seconda dei casi, di persone giuridicamente obbligate, semplicemente necessitate o non obbligate al trattamento medico, di persone sottoposte al trattamento o di persone entrate in contatto con soggetti infetti per qualsiasi motivo, ovvero per ragioni attinenti all'esercizio di professioni sanitarie. Questa complessa casistica non si presta ad una valutazione unitaria, alla stregua della anzidetta ricapitolazione tripartita. Per questa ragione, le conclusioni cui qui si deve pervenire in ordine al diritto all'indennizzo dei soggetti colpiti, senza colpa di altri, da menomazioni conseguenti a vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica non possono ritenersi di per se' estensibili a tutte le altre ipotesi previste dall'art. 1 della legge in questione ...". E', quindi, evidente che la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della limitazione del diritto all'indennizzo per il tempo anteriore all'entrata in vigore della legge n. 210/1992 non puo' giovare alla ricorrente, la cui menomazione non e' conseguente a vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica. Il caso della ricorrente e' riconducibile all'ipotesi sub c) della tripartizione proposta da Corte costituzionale n. 118/1996 in riferimento alle conseguenze della menomazione della salute derivante da trattamenti sanitari: infatti la ricorrente non adduce a carico di chicchessia alcun comportamento colpevole, di talche' appare inconferente il richiamo alla giurisprudenza costituzionale in tema di risarcimento del danno alla salute; d'altro canto la ricorrente non ha subito la menomazione nel corso dell'adempimento di un obbligo legale, di talche' appare manifestamente infondata l'ipotizzata discriminazione "tra vaccinati e trasfusi", che sarebbe stata introdotta dall'art. 7, comma 1, d.-l. n. 548/1996 convertito in legge n. 641/1996 e dall'art. 1, comma 2, legge n. 238/1997. Puo' aggiungersi che non integra violazione del principio di eguaglianza formale ex art. 3, comma 1 Cost. il diverso trattamento riservato a coloro che hanno contratto la malattia post legem rispetto a quello previsto per coloro che hanno subito il contagio prima dell'emanazione della legge in quanto la diversa epoca in cui la menomazione si e' verificata rappresenta un elemento di differenziazione idoneo a giustificare la diversa disciplina. Anzi, a ben vedere, non e' conferente al caso in esame qualsiasi richiamo all'assegno una tantum attribuito dall'art. 7, comma 1, d.-l. 23 ottobre 1996, n. 548, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 641 e dall'art. 1, comma 2, legge 25 luglio 1997, n. 238 a coloro che abbiano riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di un'autorita' sanitaria italiana, lesioni o infermita', dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell'integrita' psico-fisica: infatti la Corte costituzionale (sent. 26 febbraio 1998, n. 27) ha individuato il fondamento di quell'assegno negli artt. 2 e 32 Cost. (che secondo la tripartizione proposta dalla Corte deve essere attribuito soltanto a chi ha subito la menomazione in conseguenza dell'adempimento di un obbligo legale), negando a quella prestazione una funzione assistenziale ex art. 38, comma 1, Cost. Occorre, invece, chiedersi se l'esclusione di coloro che sono stati colpiti da epatiti post-trasfusionali in epoca precedente all'entrata in vigore della legge n. 210/1992 dal diritto ad un equo indennizzo per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e l'ottenimento dell'indennizzo previsto dall'art. 1, comma 3, legge n. 210/1992, sia conforme al precetto ex art. 38, comma 1, in relazione agli artt. 2 e 3, comma 2, Cost., che, alla luce del dovere di solidarieta' ed al fine di rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della personalita' umana, impone al legislatore di prevedere misure di sostegno assistenziale in favore di coloro che hanno subito una menomazione della salute non dipendente da condotte colpose in occasione di trattamenti sanitari non obbligatori. Non si dimentica che la Corte costituzionale (sent. n. 118/1996 e n. 455/1990) ha gia' ritenuto che "il dovere di aiutare chi si trova in difficolta' per una causa qualunque" puo' essere adempiuto dal legislatore secondo "criteri di discrezionalita'" e sulla base della "necessaria ragionevole ponderazione con altri interessi e beni di pari rilievo costituzionale". Tuttavia non sembra manifestamente infondato il dubbio se il legislatore abbia correttamente adempiuto quel dovere allorquando ha escluso, per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e l'ottenimento della prestazione prevista dall'art. 1, comma 3, legge n. 210/1992, un equo indennizzo in favore di coloro - tra cui va annoverata la ricorrente - che hanno contratto un'epatite post-trasfusionale nel corso di un trattamento sanitario, al quale si siano dovuti necessariamente sottoporre per salvaguardare la propria stessa esistenza.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questine di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, parte prima (come novellato dall'art. 7, comma 1, d.-l. 23 ottobre 1996, n. 548, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 641 e dell'art. 1, comma 2, legge 25 luglio 1997, n. 238) e dell'art. 3, comma 7, legge 25 febbraio 1992, n. 210), per contrasto con l'art. 38, comma 1, Cost., in relazione agli artt. 2 e 3, comma 2, Cost., nella parte in cui non riconosce a favore di coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali contratte nel corso di trattamenti sanitari necessari a salvaguardare la loro stessa esistenza, il diritto ad un equo indennizzo a carico dello Stato per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e l'ottenimento della prestazione prevista dall'art. 1, comma 3, legge n. 210/1992; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Trento, addi' 15 ottobre 1998 Il pretore: Flaim 98C1455