N. 44 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 1998

                                N.  44
  Ordinanza  emessa  il  27 novembre 1998 dal pretore di Montepulciano
 nel procedimento penale a carico di Bonollo Luigi
 Processo penale - Procedimento  per  decreto  davanti  al  pretore  -
    Decreto  che dispone il giudizio emesso a seguito di opposizione a
    decreto penale di condanna - Necessita', a pena  di  nullita',  di
    previo  invito  a presentarsi per rendere interrogatorio - Mancata
    previsione - Disparita' di trattamento  rispetto  all'ipotesi  del
    decreto  di citazione a giudizio emesso, nel procedimento in forma
    ordinaria, dal pubblico ministero.
 (C.P.P. 1988, art. 555, comma 2).
 (Cost., art. 3).
(GU n.6 del 10-2-1999 )
                              IL PRETORE
   Visti gli atti del procedimento penale n. 471/1998 r.g. pretura nei
 confronti di Bonollo Luigi, nato a Formigone (Modena)  il  5  gennaio
 1939, imputato del reato di cui agli artt. 96, lett. f) e f) del r.d.
 25 luglio 1904, 374, legge 20 marzo 1865, all. f).
                           Premesso in fatto
   Con  decreto  penale  n. 145/1998 del 1 ottobre 1998, Bonollo Luigi
 veniva condannato dal g.i.p. di questa pretura per il reato di cui in
 rubrica alla pena di L. 1.000.000  di  ammenda  oltre  le  spese  del
 procedimento.
   Avverso  tale  decreto  l'imputato  proponeva  rituale opposizione,
 chiedendo la celebrazione del giudizio ordinario, che si instaurava a
 seguito di emanazione del decreto  che  dispone  il  giudizio  del  7
 ottobre 1998 da parte del g.i.p.
   Al  dibattimento,  revocato il decreto penale opposto, il difensore
 di  fiducia  dell'imputato  sollevava  preliminarmente  eccezione  di
 nullita'  del  decreto  di citazione a giudizio poiche' non preceduto
 dall'invito a  presentarsi  per  rendere  l'interrogatorio  ai  sensi
 dell'art.   375,   comma  3,  codice  di  procedura  penale;  in  via
 subordinata, qualora l'eccezione di nullita'  fosse  stata  respinta,
 chiedeva venisse sollevata questione di illegittimita' costituzionale
 degli  artt.  459  e  555,  comma 2, codice di procedura penale nella
 parte in cui non  prevedono  a  pena  di  nullita'  che  il  pubblico
 ministero   debba   emettere   l'invito  a  presentarsi  per  rendere
 l'interrogatorio ai sensi  dell'art.  375,  comma  3  del  codice  di
 procedura penale.
                          Ritenuto in diritto
   Con  riferimento  alla rilevanza, ai sensi dell'art. 23 della legge
 n. 87 dell'11 marzo  1953,  la  questione  e'  considerata  rilevante
 qualora   il   giudizio   in   corso   "non   possa  essere  definito
 indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
 costituzionale"   in  via  incidentale.  Nel  caso  in  oggetto  deve
 ritenersi che la questione sia  rilevante,  in  quanto  la  decisione
 sull'opposizione non puo prescindere dalla previa decisione in ordine
 alla lamentata nullita' del decreto che dispone a giudizio emesso dal
 g.i.p.,  con  la conseguente applicazione dell'art. 555 del codice di
 procedura penale, del quale, appunto, si assume il  dubbio  circa  la
 legittimita' costituzionale.
   In  ordine  al merito della questione, ritiene il giudicante che la
 stessa, seppure nei  termini  che  seguono,  non  sia  manifestamente
 infondata.
   Con la novella introdotta dalla legge n. 234 del 16 luglio 1997, il
 legislatore    ha,   tra   l'altro,   stabilito   in   via   generale
 l'obbligatorieta'  per  il  pubblico  ministero  procedente  in   via
 ordinaria   di   invitare   nella  fase  delle  indagini  preliminari
 l'indagato a rendere l'interrogatorio, trasformando  quella  che  nel
 precedente  regime  era una mera modalita' di espletamento di un atto
 tipico della fase procedimentale  -  l'interrogatorio  della  persona
 sottoposta  alle  indagini  appunto  -  in  un requisito di legalita'
 dell'iter processuale il cui mancato  rispetto  genera  una  nullita'
 relativa.
   Piu' precisamente, con riferimento al procedimento in tribunale, il
 comma  2 dell'art. 2 della legge n. 234/1997 ha aggiunto un ulteriore
 periodo  al comma primo dell'art. 416 codice di procedura  penale  in
 base  al quale "... La richiesta di rinvio a giudizio e' nulla se non
 e' preceduta dall'invito a presentarsi per  rendere  l'interrogatorio
 ai  sensi  dell'art.  375,  comma  3.";  per  quanto riguarda il rito
 pretorile, il comma 3 dell'art. 2 della legge n. 234/1997 ha inserito
 nel  corpo  del  comma  2 dell'art. 555 codice di procedura penale le
 parole "...   se non  e'  preceduto  dall'invito  a  presentarsi  per
 rendere  l'interrogatorio  ai  sensi  dell'art.  375,  comma  3, ..."
 ricollegando  alla  mancata  notifica  dell'invito  la  nullita'  del
 decreto di citazione a giudizio.
   La riforma indicata non si e' preoccupata peraltro di coordinare la
 nuova  normativa  con le disposizioni codicistiche che disciplinano i
 riti cosiddetti speciali, in particolare con le  norme  di  cui  agli
 artt.  459  e  ss.  del  codice  di  procedura penale che regolano il
 procedimento per decreto. L'assenza di  qualunque  riferimento  nella
 novella  del '97 al sopra indicato rito alternativo induce a ritenere
 che la disciplina di tale procedimento sia rimasta  invariata  e  che
 quindi  l'eventuale  omissione dell'invito a presentarsi da parte del
 pubblico ministero deciso a  richiedere  al  g.i.p.  l'emissione  del
 decreto  penale di condanna non costituisca causa di nullita', e cio'
 in  considerazione  della  circostanza  che  la  normativa  novellata
 sanziona  due  atti,  la  richiesta  di  rinvio  a  giudizio nel rito
 tribunalizio  ed  il  decreto  di  citazione  a  giudizio  in  quello
 pretorile,  che  sono  assenti nel procedimento speciale per decreto,
 almeno nella sua fase per cosi' dire necessaria.
   Tale esclusione e' foriera di notevoli dubbi  in  ordine  alla  sua
 conformita'  alla  Costituzione  (in  particolare agli artt. 3 e 24),
 culminati con la recente ordinanza del g.i.p. del tribunale di Milano
 del 21 gennaio 1998, con la quale si e' affermata  la  non  manifesta
 infondatezza  della  questione di costituzionalita' dell'art. 459 del
 codice di procedura penale nella parte in cui  non  contempla  tra  i
 presupposti   della   richiesta   di   decreto   penale  di  condanna
 l'interrogatorio dell'indagato o la notifica al medesimo  dell'invito
 a  presentarsi  per renderlo e cio' per l'assorbente rilievo in forza
 del quale con la legge n. 234 del 1997  sarebbe  radicalmente  mutato
 l'assetto  dell'ordinamento,  che originariamente prevedeva l'obbligo
 di interrogatorio come eccezione, registrandosi la chiara  intenzione
 del  legislatore  di impedire l'esercizio dell'azione penale inaudita
 altera parte, nel tentativo  di  dare  piu'  concreta  attuazione  al
 diritto di difesa costituzionalmente garantito.
   A  parere  di  questo giudicante, al di la' delle censure mosse dal
 g.i.p. del tribunale di Milano, la  mancata  previsione  dell'obbligo
 per   il   pubblico   ministero  di  invitare  l'indagato  a  rendere
 l'interrogatorio nel procedimento di cui agli artt.  459  e  ss.  del
 codice   di   procedura   penale,   suscita   serie  perplessita'  di
 compatibilita' con l'art. 3 della Costituzione  nella  parte  in  cui
 enuncia   il   principio  di  uguaglianza,  inteso  nel  senso  ormai
 consolidato di obbligo per il legislatore  di  disciplinare  in  modo
 uguale   situazioni   uguali,  potendo  differenziare  la  disciplina
 applicabile soltanto laddove le situazioni oggetto della stessa siano
 ragionevolmente divese.
   Detta mancata previsione assume  un  particolare  rilievo  dato  il
 pregiudizio    della    posizione   dell'imputato   all'interno   del
 procedimento per decreto rispetto alla posizione dell'imputato che si
 trovi, invece, a subire un procedimento  penale  ordinario:  piu'  in
 particolare,   deve  prendersi  in  considerazione  il  caso  in  cui
 l'imputato destinatario  di  un  decreto  penale  di  condanna  abbia
 esercitato   la   facolta'  attribuitagli  dall'art.  461  codice  di
 procedura penale  di  proporre  opposizione  avverso  il  decreto  e,
 trattandosi  di  rito  pretorile, abbia chiesto al g.i.p. l'emissione
 del decreto che dispone  il  giudizio,  come  indicato  nel  comma  2
 dell'art.  565  codice  di  procedura  penale. In simili fattispecie,
 infatti, si verifica  disparita' di trattamento  tra  l'imputato  che
 perviene  al  dibattimento  a seguito di opposizione a decreto penale
 senza che gli sia stato notificato  l'invito  di  cui  all'art.  375,
 comma 3 codice di procedura penale - e che non potra' processualmente
 far   rilevare   in  alcun  modo  l'eventuale  mancata  notificazione
 dell'invito a  rendere  l'interrogatorio  -  e  l'imputato  citato  a
 giudizio secondo le forme ordinarie il quale, invece, potra' eccepire
 la  nullita' del procedimento in caso di mancato rispetto della norma
 di cui al novellato art. 555, comma 2 codice di procedura penale.
   Le due fattispecie indicate, in sostanza, pur avendo come risultato
 finale identico la celebrazione del dibattimento,  sono  disciplinate
 in  modo differente dalla normativa vigente. L'irragionevezza di tale
 disparita' di trattamento appare ancor piu' evidente  se  si  osserva
 come  la  diversita' dell'iter processuale che conduce in entrambe le
 ipotesi alla instaurazione della  fase  dibattimentale  (procedimento
 per  decreto  in  un  caso  e  giudizio ordinario nell'altro, dipenda
 esclusivamente dalla discrezionalita' del pubblico ministero  che  in
 relazione  ai reati per i quali (nel concorso degli altri presupposti
 stabiliti  dall'art.  459  codice  di   procedura   penale)   risulti
 applicabile  una  pena  pecuniaria  anche in sostituzione di una pena
 detentiva, puo' liberamente optare per il  rito  speciale  senza  che
 l'indagato  abbia  facolta'  alcuna di incidere sul contenuto di tale
 decisione. Ne' d'altra parte esistono particolari tipi di  reati  che
 il  legislatore  abbia  ritenuto  di  dover perseguire esclusivamente
 attraverso le  forme  del  procedimento  per  decreto,  ben  potendo,
 infatti,  in  ogni caso il pubblico ministero scegliere di esercitare
 l'azione penale nelle forme ordinarie.
   Se peraltro al  legislatore  ordinario  puo'  ritenersi  consentito
 prevedere  tipologie  di  procedimenti  speciali  che  per ragioni di
 politica  criminale  (principalmente  la  celerita'  del  rito  e  la
 finalita'  deflattiva)  sono  strutturati con modalita' tali da poter
 pervenire  ad  una  condanna  anche  inaudita   altera   parte,   non
 altrettanto  puo' dirsi qualora il rito speciale riprenda il percorso
 ordinario come puo' accadere  a  seguito  di  opposizione  a  decreto
 penale di condanna; se e quando si giunga al dibattimento, l'imputato
 deve   aver   avuto  la  possibilita'  di  rendere  l'interrogatorio,
 qualunque sia la strategia di indagine prescelta dall'accusa.
   In tal senso allora, i dubbi di costituzionalita', piu' che  l'art.
 459  codice  di procedura penale riguardano il comma 2 dell'art. 555,
 codice di procedura penale in qualita' di tertium  comparationis,  in
 quanto   non   prevede  la  nullita'  in  caso  di  mancata  notifica
 dell'invito a  presentarsi  non  solo  del  decreto  di  citazione  a
 giudizio  emesso  nelle  forme  ordinarie  dal pubblico ministero, ma
 anche del decreto che dispone il giudizio emesso dal g.i.p.  ex  art.
 565, comma 2 codice di procedura penale.
   Non  appare possibile, del resto, interpretare la dizione "decreto"
 contenuta all'inizio del comma 2 dell'art. 555, codice  di  procedura
 penale nel senso che ricomprenda anche il decreto di citazione emesso
 dal g.i.p., cio' che renderebbe chiaramente infondata la questione di
 costituzionalita' proposta ed accoglibile l'eccezione di nullita' del
 decreto  di  citazione sollevata dalla difesa dell'imputato. Infatti,
 anche a prescindere dalla diversa qualificazione giuridica attribuita
 dal  legislatore  ai  due  atti,  decreto  di  citazione a giudizio e
 decreto che dispone  il  giudizio,  da  un  esame  sistematico  della
 riforma  del  luglio del 1997 appare chiara l'intentio legis di voler
 riferire la nullita' a due atti la cui  emanazione  e'  di  esclusiva
 competenza  al pubblico ministero, vale a dire la richiesta di rinvio
 a giudizio regolata dall'art. 416 codice di procedura  penale  ed  il
 decreto  di citazione a giudizio disciplinato dall'art. 555 codice di
 procedura penale.
   Per i motivi esposti la questione di costituzionalita' espressa nei
 termini sopra indicati deve ritenersi rilevante e non  manifestamente
 infondata,   prospettandosi   la   violazione   dell'art.   3   della
 Costituzione.
                               P. Q. M.
   Visti gli artt. 1 della legge costituzionale n. 1  del  9  febbraio
 1948,  e  23,  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara  non
 manifestamente infondata la questione di costituzionalita', ai  sensi
 dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 555, comma 2, del codice di
 procedura penale, nella parte in cui non prevede che anche il decreto
 che  dispone  il  giudizio  emesso dal g.i.p. ai sensi dell'art. 565,
 comma 2 del codice di procedura penale sia nullo  ove  non  preceduto
 dall'invito  a  presentarsi  per  rendere  l'interrogatorio  ai sensi
 dell'art. 375, comma 3 del codice procedura penale;
   Dispone  la  sospensione  del  procedimento  in   epigrafe   e   la
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Dispone  che  la  presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia
 notificata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica.
     Montepulciano, addi' 27 novembre 1998
                           Il pretore: Lesti
 99C0063