N. 158 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 dicembre 1998

                                N. 158
 Ordinanza  emessa  il  29  dicembre  1998  dal  pretore di Milano nei
 procedimenti civili riuniti vertenti  tra  Ripamonti  Maria  Rosa  ed
 altra e Fondo pensioni per il personale Cariplo ed altra
 Previdenza   e   assistenza   sociale   -  Trattamenti  previdenziali
 integrativi - Conseguimento secondo i requisiti e con  la  decorrenza
 della   disciplina   dell'assicurazione   generale   obbligatoria  di
 appartenenza - Conseguente elevazione dei requisiti di  eta'  per  il
 diritto alla pensione di anzianita' stabiliti dallo statuto del fondo
 pensioni  -  Irragionevolezza  -  Lesione  del  principio di liberta'
 sindacale per il mancato  utilizzo,  nella  specie,  dello  strumento
 della  negoziazione  contrattuale  -  Incidenza  sul  principio della
 liberta' di iniziativa economica privata.
 (Legge 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 3).
 (Cost., artt. 3, 39 e 41).
(GU n.12 del 24-3-1999 )
                              IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nelle cause  riunite  iscritte
 al  n. 3961+3962/1998 r.g. promosse da Ripamonti Maria Rosa e Visioli
 Anna Ivana rappresentate e difese dagli avv.ti  Guido  Alpa,  Alberto
 Maggi e Giovanni Gazzaniga;
   Contro  il  Fondo pensioni per il personale Cariplo rappresentato e
 difeso dagli avv.ti Natalino Irti e  Marco  Janni,  con  l'intervento
 della   Cassa   di   Risparmio   delle   Provincie   Lombarde  S.p.a.
 rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Tosi;
   Con ricorsi depositati in data 16 giugno 1998, Mariarosa  Ripamonti
 ed  Anna  Ivana Visioli, entrambe dipendenti della Cassa di Risparnio
 delle Provincie  Lombarde  ed  iscritte  al  Fondo  pensioni  per  il
 personale  Cariplo,  premesso  che  in  base  alle disposizioni dello
 statuto  del  Fondo  pensioni,  ai  lavoratori  con  trenta  anni  di
 anzianita'  contributiva  che abbiano compiuto cinquanta anni di eta'
 e' dovuta una pensione diretta di  anzianita',  previa  rassegnazione
 delle  dimissioni,  nella  misura dei trenta/trentacinquesimi del 75%
 delle voci pensionabili  dell'ultima  retribuzione,  che  intendevano
 fruire della pensione diretta di anzianita, deducevano che, a seguito
 e  per l'effetto dell'entrata in vigore della legge 27 dicembre 1997,
 n. 449, era sorta una situazione di incertezza sulla possibili'ta  di
 beneficiare del trattamento in questione.
   La  nuova  normativa,  infatti,  nel  prevedere  che  i trattamenti
 previdenziali integrativi siano concessi secondo i requisiti previsti
 dall'assicurazione generale obbligatoria, aveva innalzato i requisiti
 di eta' per il diritto alla pensione di  anzianita'  stabiliti  dallo
 statuto del Fondo pensioni.
   Le  parti  chiedevano,  in via pregiudiziale, previa declaratona di
 rilevanza  e  di  non  manifesta   infondatezza   dell'eccezione   di
 illegittimita costituzionale dell'art. 59, comma 3, legge 27 dicembre
 1997,  n.    449,  in  rapporto  agli artt. 3, 38, 39, 41 e 47 Cost.,
 previa sospensione del processo, di rimettere  gli  atti  alla  Corte
 costituzionale.  Nel  merito,  veniva  chiesto  che fosse accertato e
 dichiarato il diritto  delle  ricorrenti  alla  pensione  diretta  di
 anzianita',  in  presenza  delle  condizioni di cui all'art. 17 dello
 Statuto, che la Visioli  avrebbe  maturato  in  data  20  marzo  2002
 oppure, previa ricongiunzione contributiva, in data 25 luglio 2001, e
 gia'  maturate  il  29  settembre  1997  dalla  Ripamonti,  la  quale
 formulava domanda di condanna del Fondo, dopo le  dimissioni  che  la
 stessa  si  riservava  di  rassegnare  all'esito  del  giudizio, alla
 erogazione del relativo trattamento.
   lnstauratosi ritualmente il contraddittorio, si  e'  costituito  il
 convenuto  Fondo  pensioni  per il personale Cariplo deducendo di non
 avere  una  contrapposta  tutela  da  invocare.  E'  stato   spiegato
 intervento  ex  art.  419  c.p.c.  dalla Cariplo S.p.a., che ha posto
 articolate  argomentazioni   sulla   manifesta   infondatezza   della
 prospettata questione di legittimita.
   L'eccezione di incostituzionalita' sollevata nel corso del giudizio
 e' da ritenersi rilevante, posto che il diritto delle ricorrenti alla
 prestazione  pensionistica  complementare secondo le norme statutarie
 e' direttamente condizionato, per  entrambe  le  azioni  esperite  di
 accertamento e di condanna, dalla rimozione della norma sospettata di
 illegittimita'.
   L'art.  59, comma 3, legge 27 dicembre 1997, n. 449, prevede che, a
 decorrere dal 1 gennaio 1998, per tutti i soggetti nei cui  confronti
 trovino   applicazione   le  forme  pensionistiche  che  garantiscono
 prestazioni definite in aggiunta o ad  integrazione  del  trattamento
 pensionistico  obbligatorio,  ivi  comprese  quelle di cui al decreto
 legislativo 20 novembre 1990, n.  357,  il  trattamento  si  consegue
 esclusivamente in presenza dei requisiti e con la decorrenza previsti
 dalla disciplina generale obbligatoria di appartenenza.
   Tale disposizione si inserisce nelle linee di intervento in materia
 previdenziale,   dirette,   secondo   le   indicazioni   dei   lavori
 preparatori, ad  un  generale  obiettivo  di  riduzione  della  spesa
 sociale,  e  che  prevedevano  anche  la  armonizzazione  delle forme
 previdenziali  sostitutive,  esonerative  ed   integrative   con   la
 disciplina  prevista  per  l'assicurazione generale obbligatoria, con
 riferimento alle aliquote di rendimento, agli aumenti dei periodi  di
 servizio,  ai  requisiti  ed alla decorrenza per la corresponsione di
 prestazioni integrative, alle  modalita'  di  perequazione,  all'eta'
 pensionabile.
   Risulta  cosi'  stabilito  un  legame  funzionale  diretto  tra  la
 previdenza pubblica e la previdenza privata, fino ad  uniformarne  il
 livello  di  tutela,  di fronte alla riduzione del grado di copertura
 offerto dal sistema di base.
   Analoga  contestualita'  delle  prestazioni  era  stata  introdotta
 dall'art.    18-quinquies  del decreto legislativo 21 aprile 1993, n.
 124, aggiunto dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, il  quale  disponeva
 che  l'accesso alle prestazioni per anzianita' e vecchiaia assicurate
 dalle forme pensionistiche  di  cui  al  comma  1,  che  garantiscono
 prestazioni  definite  ed  integrazioni del trattamento pensionistico
 obbligatorio,  e'  subordinato   alla   liquidazione   del   suddetto
 trattamento.
   Si  trattava,  peraltro,  di un intervento di modifica (che rigarda
 solo i vecchi fondi gia' esistenti all'entrata in vigore della  legge
 1992  n.  441) che espressamente faceva salvi i diritti acquisiti dai
 lavoratori  subordinati  che  erano  iscritti   ai   fondi   pensione
 complementari  prima  dell'entrata  in vigore del decreto legislativo
 1993, n. 124.  ai quali continuava ad applicarsi il precedente regime
 statutario.
   Nel dibattito seguito alla legge, si e' ritenuto che  l'imposizione
 dei  vincoli  fosse  giustificata,  poiche'  diretta  ad  evitare che
 l'erogazione di prestazioni anticipate rispetto a quelle dell'A.G.O.,
 dopo l'inasprimento dei requisiti di accesso alla pensione  pubblica,
 potesse  compromettere  l'equilibrio  dei  fondi.  Ma  si  sono anche
 delineati profili di illegittimita', con riferimento all'art. 3 della
 Costituzione e, per i pesanti limiti alla liberta contrattuale  delle
 parti sociali, all'art. 39 ed all'art.  41 Cost.
   In  particolare,  si  segnala l'ordinanza del pretore di Bologna 27
 marzo 1996 che in riferimento all'art.  15  legge  1995  n.  335;  ha
 rimesso  alla  Corte  costituzionale  il  giudizio  se il Parlamento,
 nell'intervenire sulla  libera  iniziativa  contrattuale  privata  in
 materia  della  previdenza  complementare  dei lavoratori dipendenti,
 abbia dato corretta applicazione dei  limiti  previsti  dall'art.  41
 della  Cost. E' stato prospettato, inoltre, il contrasto con la norma
 sulla liberta' sindacale di cui all'art. 39 Cost. per la compressione
 della liberta' di iniziativa sindacale,  correlata  con  l'iniziativa
 privata.
   I  medesimi  sospetti  di  illegittimita  sono  ravvisabili  per la
 disposizione dell'art. 59,  comma  3,  legge  1997  n.  449,  laddove
 l'intervento  legislativo ha limitato, in via assoluta e senza alcuna
 deroga,  i  requisiti  di  accesso  alle  prestazioni   previdenziali
 private.
   In   relazione   ai   parametri  costituzionali,  si  prospetta  la
 violazione dell'art. 39 Costituzione.
   Come   e'   stato   sottolineato   dalle   parti   ricorrenti,   la
 contrattazione  collettiva ha rappresentato un ineludibile momento di
 definizione  delle  contribuzioni  e  delle  prestazioni  del   Fondo
 pensioni,   come   elemento  rilevante  del  complessivo  trattamento
 economico e normativo dei dipendenti Cariplo.  E'  significativo,  al
 riguardo,  l'accordo  aziendale  del  19 aprile 1994 con il quale era
 stato  concordato  il  trattamento  di  previdenza  e  di  quiescenza
 spettante  al  personale, e sulla base del quale era stato redatto il
 testo del "uovo Statuto del Fondo pensioni, approvato  dal  Consiglio
 di amministrazione del Fondo, dalla Cariplo e dagli iscritti mediante
 referendum.
   Il   ruolo   della   negoziazione   e',  del  resto,  espressamente
 riconosciuto nella disciplina legale della previdenza  complementare,
 posto  che  l'art. 3 decreto legislativo n. 124 del 1993 ha designato
 la contrattazione collettiva  come  la  principale  fonte  istitutiva
 delle forme pensionistiche private e affida alla volonta' delle parti
 il  problema  di  un  eventuale  riequilibrio  finanziario  dei fondi
 pensione.
   E' corretto affermare,  quindi,  che  spetta  alle  parti  sociali,
 attraverso   lo   strumento   della   negoziazione  contrattuale,  la
 valutazione della opportunita' di  una  revisione  delle  prestazioni
 previdenziali a carico del Fondo.
   L'intervento  legislativo  operato  altera, invece, la disciplina e
 gli equilibri realizzati dall'autonomia  collettiva,  invalidando  il
 contenuto  delle clausole in vigore, e pregiudicando per il futuro la
 libera determinazione dell'autonomia collettiva riguardo  all'aspetto
 fondamentale della misura e requisiti delle prestazioni.
   E',  pertanto,  ravvisabile  la lesione della iniziativa sindacale,
 che non appare giustificata dalle esigenze eccezionali e temporanee o
 dalla  salvaguardia  di  superiori  interessi  generali,  che   hanno
 costituito,  nelle  valutazioni della Corte costituzionale, il limite
 di ammissibilita' della compressione legale della liberta'  sindacale
 (v. sent. Corte costituzionale 26 marzo 1991, n. 124).
   Le  valutazioni  espresse  evidenziano  il  contrasto  della misura
 attuata dal legislatore anche in relazione al precetto  dell'art.  41
 Costituzione che tutela il libero esercizio dell'attivita' economica.
   La  partecipazione,  infatti,  della  previdenza  complementare  al
 sistema di sicurezza sociale non  pare  giustifichi  la  perdita  dei
 connotati  di  autonomia organizzativa e gestionale che consentono la
 incentivazione ed espansione dei fondi, rese necessarie proprio dalla
 riduzione del trattamento  pubblico.  E'  condivisibile,  infine,  il
 formulato richiamo al principio dell'art. 3 Cost.
   La norma in questione, che, a differezza dal precedente regime, non
 prevede  alcun  esonero dal divieto di anticipata prestazione, incide
 sui diritti  maturati  e  sulle  aspettative  degli  iscrtti  per  il
 conseguimento  dei  trattamenti  previdenziali  secondo le regole del
 fondo di appartenenza.
   Si rileva che, secondo la Consulta, non puo  dirsi  consentita  una
 modificazione  legislativa  che,  intervenendo o in una fase avanzata
 del rapporto di lavoro oppure quando sia gia' subentrato lo stato  di
 quiescenza,  abbia  peggiorato  senza  una  inderogabile esigenza, in
 misura  notevole   ed   in   maniera   definitiva,   un   trattamento
 pensionistico  in precedenza spettante, con conseguente irrimediabile
 vanificazione delle aspetative legittimamente nutrite dal  lavoratore
 per  il  tempo  successivo  alla  cessazione  della propria attivita'
 lavorativa (Corte cost. 1985 n. 349;  Corte  costituzionale  1994  n.
 240).
   Vanno,  inoltre,  salvaguardati da una irrazionale regolamentazione
 deteriore anche le aspettative prossime a diventare diritti,  poiche'
 l'affidamento  del  cittadino  nella sicurezza giuridica "costituisce
 elemento fondamentale  ed  indispensabile  dello  stato  di  diritto"
 (Corte  cost. 14 luglio 1988 n. 822; Corte cost. 10 febbraio 1993, n.
 39).
   Nel caso in esame, premesso che il sacrificio imposto non  comporta
 benefici  per  la  finanza  pubblica,  trattandosi  di  prestazioni a
 finanziamento privato, si deve  ritenere  la  irragionevolezza  della
 modifica    legislativa,    che    in    violazione   del   principio
 dell'affidamento compromette situazioni sostanziali consolidate.
   E' manifestamente infondata, invece,  la  eccezione  di  violazione
 dell'art.   3   della  Costituzione  invocata  per  la  disparita  di
 trattamento tra coloro che risultano iscritti ai fondi pensione prima
 e dopo il 21 aprile 1993, data di entrata  in  vigore  del  d.lvo  n.
 124/1993,  per i quali e' riconosciuto, per le pensioni di anzianita'
 un regime piu' favorevole.
   Va rilevato  che  la  censura  formulata  riguarda  situazioni  non
 omogee,  che  non  consentono un raffronto in termini di uguaglianza,
 atteso  che  le   forme   complementari   preesistenti   stabiliscono
 prestazioni definite mentre per la nuova previdenza complementare dei
 lavoratori  subordinati  a  contribuzione  definita  l'importo  della
 prestazione pensionistica finale non e' predeterminato e dipende  dai
 risultati di gestione delle risorse accantonate.
   Ingiustificato appare anche il richiamo ai parametri costituzionali
 dell'art.  38  comma  5  e  dell'art.  47 Costituzione, laddove viene
 dedotta la illegittimita' di ogni forma di intrusione  da  parte  del
 legislatore   che   non   sia   dettata  da  ragioni  di  tutela  del
 lavoratore-risparmiatore.
   Tale tesi si basa su di una rigida separazione delle funzioni della
 previdenza pubblica e privata,  secondo  un  modello  superato  dalla
 normativa vigente.
   Si  osserva  che  le  leggi  del  1993 e del 1995 hanno mostrato di
 coltivare   l'intento   di   una   collocazione   della    previdenza
 complementare  all'interno  della  complessiva  struttura  diretta ad
 attuare la garanzia di cui all'art. 38  comma  secondo  Costituzione:
 l'art.  1  d.lgs.  21  aprile 1993, n. 124, infatti, riconosce che la
 previdenza  integrativa   e'   destinata   ad   erogare   trattamenti
 pensionistici complementari del sistema obbligatorio pubblico al fine
 di assicurare piu' elevati livelli di copertura previdenziale.
   Tale   funzione   di   concorso   della   previdenza  privata  alla
 realizzazione  del  principio  di   adeguatezza   della   prestazione
 previdenziale  ed  il  principio  solidaristico che ad essa inerisce,
 espressamente richiamato nella sentenza  delle  Corte  costituzionale
 1995  n.  42, hanno indubbiamente contribuito a modificare il modello
 organizzativo della sicurezza sociale, dove  l'incentivazione  ed  il
 potenziamento  della  previdenza  complementare,  anche  con vantaggi
 fiscali e contributivi, vengono visti come misure necessarie per  far
 fronte alla crisi del "welfare state".
   Cio'  implica  che la disciplina limitativa e di coordinamento, che
 persegua  gli  obiettivi  previsti  dall'art.  38  Costituzione,  non
 costituisca   di   per  se'  diretta  lesione  della  liberta'  della
 previdenza privata, fatta salva la valutazione, affidata  alla  Corte
 costituzionale,   e   nei   termini   espressi,   dei   limiti  della
 discrezionalita' del legislatore.
                               P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 59, comma 3, legge 27 dicembre
 1997, n.  449,  per  contrasto  con  gli  artt.  3,  39  e  41  della
 Costituzione;
   Sospende il giudizio in corso;
   Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia notificata alle parti in
 causa ed al Presidente del Consiglio dei  Ministri  e  comunicata  ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, a
 cura della cancelleria.
     Milano, addi' 29 dicembre 1998 Il pretore: Marasco
 99C0246