N. 161 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 settembre 1998

                                N. 161
 Ordinanza emessa il 18 settembre  1998  dal  pretore  di  Ancona  nel
 procedimento penale a carico di Sacchetti Piero
 Divorzio   -   Assegno  per  il  mantenimento  dei  figli  -  Mancata
 corresponsione - Reato perseguibile d'ufficio anziche' a  querela  di
 parte - Ritenuta ingiustificata disparita' di trattamento rispetto al
 reato  previsto  dall'art.  570  c.p.  (violazione  degli obblighi di
 assistenza familiare) - Incidenza sulla tutela della famiglia.
 (Legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies, aggiunto dalla  legge
 6 marzo 1987, n. 74, art. 21).
 (Cost., artt. 3 e 29).
(GU n.12 del 24-3-1999 )
                              IL PRETORE
   Nel  processo  penale a carico di Sacchetti Piero, nato a Montenero
 di Bisaccia il 14 maggio 1940, imputato del  reato  di  cui  all'art.
 12-sexies legge n. 898/1970, commesso in Montemarciano ed in corso al
 9 luglio 1991;
   Premesso:
     che  con  decreto  di  citazione  del  26 gennaio 1995 l'imputato
 veniva rinviato a giudizio per un fatto erroneamente qualificato come
 integrante la previsione dell'art. 570 commi 1 e 2  n.  2  c.p.,  per
 essersi sottratto agli obblighi di assistenza familiare nei confronti
 del coniuge divorziato;
     che  nella  prima  udienza,  caduta  il  16 ottobre 1997, dopo la
 dichiarazione  di  contumacia  dell'imputato,  il   p.m.   modificava
 l'imputazione  sia  nella  qualificazione  giuridica,  contestando il
 delitto di cui all'art.12-sexies legge n. 898/1970, sia  mediante  la
 precisazione  di  taluni  elementi  materiali,  determinando cosi' il
 rinvio  del  processo  per  la  notifica  del  verbale   di   udienza
 all'imputato medesimo;
     che  all'udienza  del  12  giugno  1998 il processo doveva essere
 ulteriormente rinviato per l'assenza dell'unica teste della  pubblica
 accusa,  nonche'  persona  offesa,  Pecora  Igina, della quale veniva
 disposto l'accompagnamento per l'ulteriore udienza  cui  il  processo
 veniva rinviato;
     che in data 13 luglio 1998 sopraggiungeva un ulteriore verbale di
 remissione della querela da parte della signora Pecora, che si andava
 ad  aggiungere  a  quello,  datato  23 aprile 1997, gia' presente nel
 fascicolo per il dibattimento;
     che, infine, all'odierna udienza,  sorgevano  nel  giudice  dubbi
 sulla  legittimita'  costituzionale  della norma di legge nella quale
 trova titolo il delitto contestato;
                             O s s e r v a
   Non vi e'  dubbio,  in  primo  luogo  che  l'esatta  qualificazione
 giuridica  del  delitto  per cui si procede sia quella contestata dal
 p.m. all'imputato all'udienza  del  16  ottobre  1997  e  non  quella
 originariamente  riportata nel decreto di citazione a giudizio, posto
 che il  fatto-reato  oggetto  del  processo  risulta  consistere  nel
 mancato  pagamento  di circa due anni di assegni di mantenimento alla
 moglie divorziata, Pecora Igina.   Cio'  risulta  infatti  gia'  allo
 stato  degli  atti,  sia  dal  tenore  della querela che dalla stessa
 descrizione  del  fatto  formulata  dal  p.m.    sia  nell'originaria
 imputazione che in quella modificata.
   Il  problema  che  si  pone  e'  invece quello della procedibilita'
 dell'azione penale, in considerazione delle due remissioni di querela
 attraverso le quali la persona offesa ha manifestato  e  ribadito  la
 propria  ferma  volonta'  di  porre  fine  al processo su suo impulso
 iniziato.
   Purtroppo, deve ritenersi che il reato di cui  all'art.  12-sexies,
 legge  1  dicembre  1970,  n. 898 (come introdotto dall'art. 21 della
 legge 6 marzo 1987, n. 74) sia perseguibile di ufficio  anche  quando
 riguarda  l'inadempimento  in  danno  dell'ex  coniuge,  a differenza
 dell'analogo delitto previsto dall'art. 570  c.p.,  il  cui  elemento
 materiale tuttavia puo' venire sostanzialmente a coincidere allorche'
 la  violazione  degli obblighi di assistenza familiare si concretizzi
 nella  mancata  corresponsione  dei  mezzi  economici  necessari   al
 mantenimento del coniuge legalmente separato.
   In tale sottofattispecie il delitto del codice penale differisce da
 quello  dell'art.  12-sexies  legge n. 898/1970 principalmente per lo
 status del soggetto  attivo,  che  non  e'  piu'  quello  di  coniuge
 (eventualmente  separato  senza  colpa),  bensi' quello di ex coniuge
 ormai divorziato. Viceversa  l'inadempimento  viene  ad  assumere  la
 stessa natura patrimoniale, seppure nel caso di cui all'art. 570 c.p.
 la  prestazione  economica  disattesa  non possiede lo stesso preciso
 carattere di predeterminazione che e'  proprio  dell'assegno  di  cui
 all'art.  5  della  stessa  legge  n. 898/1970, posto che la Corte di
 cassazione ha piu' volte chiarito che non vi  e'  esatta  coincidenza
 fra   la   violazione  dell'obbligo  di  corrispondere  l'assegno  di
 mantenimento stabilito nel giudizio di separazione dei coniugi  e  la
 condotta  tipicamente  integrante  il  delitto previsto dall'art. 570
 c.p. Per entrambe le fattispecie, in ogni  caso,  l'inadempimento  di
 una  prestazione  di contenuto patrimoniale destinata al mantenimento
 rispettivamente del coniuge o dell'ex  coniuge  concreta  un  delitto
 punito con le stesse pene.
   Seppure  entrambi  i  reati  prevedono condotte analoghe e tutelano
 analoghi valori (nella specie il coniuge piu' debole sia in  costanza
 di   matrimonio,  che  nelle  fasi  successive  della  separazione  e
 dell'avvenuto scioglimento degli effetti civili), tuttavia  risultano
 immotivatamente diversificate quanto al regime della perseguibilita',
 poiche'  -  come anticipato e con riguardo al reato commesso in danno
 di chi e' od era coniuge - l'art. 570 c.p. prevede sempre e  comunque
 la  necessita'  della  querela,  mentre  non  cosi'  l'art. 12-sexies
 citato. Quest'ultimo, infatti, non rimanda  al  regime  sanzionatorio
 dell'articolo  del  codice penale nel suo complesso, bensi' solo alle
 pene  ivi  previste,  facendo  pertanto  venir  meno  per  la   nuova
 fattispecie    prevista   per   il   divorziato   il   regime   della
 perseguibilita' a  querela,  che  costituisce  eccezione  all'opposta
 regola della perseguibilita' di ufficio di ogni reato.
   Cio'  detto,  occorre  pure  rilevare  come  la  perseguibilita' di
 ufficio si traduce in una maggiore tutela penale offerta ex  ante  al
 possibile  soggetto  passivo  del  reato nei confronti della condotta
 illecita tipicizzata, nel senso che l'agente, nella fase della scelta
 se perpetrare o meno il delitto,  viene  maggiormente  disincentivato
 alla  sua  realizzazione  se  e'  consapevole che l'eventuale perdono
 della persona offesa non potra' essergli di alcun giovamento.
   Ne deriva che, paradossalmente, nell'attuale sistema  sanzionatorio
 rappresentato   dalle   due   norme  qui  in  esame,  il  diritto  al
 mantenimento del coniuge non legalmente separato  per  sua  colpa  e'
 tutelato   in   minore  misura  di  quello  del  divorziato.  Mentre,
 specularmente vista la stessa questione,  la  posizione  del  coniuge
 ormai  divorziato  appare  aggravata  rispetto  a quella del coniuge,
 eventualmente  separato  senza  colpa,  di  cui  all'art.  570  c.p.,
 giacche'  solo  quest'ultimo  puo' beneficiare della remissione della
 querela.
   Le due norme,  al  contrario,  avrebbero  dovuto  essere  tra  loro
 complementari e prevedere lo stesso regime di perseguibilita', atteso
 che  vengono  a  tutelare  un legame giuridico che si va affievolendo
 sempre piu' attraverso la  separazione  e  poi  lo  scioglimento  del
 matrimonio.
   Si  verifica dunque una ingiustificata disparita' di trattamento di
 situazioni  simili,   ove   anzi   il   regime   piu'   grave   della
 perseguibilita'  di  ufficio e' comminato per un reato (quello di cui
 all'art. 12-sexies) meno  grave,  in  quanto  offensivo  di  un  bene
 giuridico  piu'  affievolito, con incomprensibile rapporto di inversa
 proporzionalita' fra la diversa procedibilita' ed i  valori  tutelati
 dai precetti penali.
   Responsabile   di  cio'  risulta  essere  la  cattiva  formulazione
 dell'art.   12-sexies, legge n.  898/1970  nella  parte  in  cui  non
 prevede  che  la  fattispecie  ivi  introdotta  sia  punita secondo i
 termini di cui all'art.  570 c.p. invece che solo con "le pene" dello
 stesso.
   Tale  norma  offende  infatti  in  primo  luogo  l'art.   3   della
 Costituzione sia perche' - sotto il profilo dell'agente - finisce col
 punire  piu'  severamente  il  coniuge  divorziato  rispetto a quello
 convivente o legalmente separato  senza  colpa,  sia  perche',  nella
 diversa  ottica  del  soggetto  passivo, tutela maggiormente il primo
 rispetto al secondo.
   E'  da  ritenere  inoltre  che  tale  maggiore  tutela accordata al
 divorziato e quindi al singolo in quanto  tale  rispetto  al  coniuge
 convivente  o separato, pur in relazione allo stesso legame familiare
 che fonda il diritto al mantenimento, e' offensiva anche dell'art. 29
 della Costituzione,  in  quanto  disconosce  il  maggior  valore  dei
 "diritti  della  famiglia",  preferendovi quelli dell'individuo ormai
 singolo.
   La questione di  costituzionalita'  qui  sollevata  e'  dunque  non
 manifestamente   infondata   ed   inoltre   rilevante,   giacche'  la
 procedibilita' di ufficio della norma contestata impedisce  a  questo
 pretore  di pronunciare sentenza di non doversi procedere ex art. 129
 c.p.p., cosi' come viceversa in  concreto  avrebbe  potuto  fare  nei
 confronti  del medesimo imputato se il regime di procedibilita' fosse
 stato identico a quello di cui all'art. 570 c.p.
                               P. Q. M.
   Sospende il processo  in  corso  e  dispone  che  -  a  cura  della
 cancelleria   -  la  presente  ordinanza  sia  trasmessa  alla  Corte
 costituzionale,  per  l'esame   della   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  12-sexies  legge  1 dicembre 1970, n. 898 (come introdotto
 dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74), in quanto accusato  di
 violazione degli artt. 3 e 29 della Costituzione, nel senso precisato
 in motivazione;
   Dispone  inoltre  che  l'ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai  Presidenti  delle  due
 Camere  del  Parlamento,  e  che  la  prova  di  tali notificazioni e
 comunicazioni sia inviata - insieme agli atti - alla Corte stessa.
     Ancona, addi' 18 settembre 1998 Il pretore: Cutrona
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