N. 166 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 gennaio 1999
N. 166 Ordinanza emessa il 20 gennaio 1999 dal tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra M.EDIL S.r.l. in liquidazione e I.N.P.S. Previdenza e assistenza sociale - Classificazione dei datori di lavoro a fini previdenziali ed assistenziali - Salvezza, fino al 1 gennaio 1997, degli inquadramenti in atto all'entrata in vigore di tale legge - Disparita' di trattamento tra imprese - Incidenza sul principio della liberta' di iniziativa economica - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 378/1994 - Riproposizione di questione oggetto della ord. n. 322/1997, di restituzione atti per ius superveniens. (Legge 9 marzo 1989, n. 88, art. 49, comma 3, ultima parte e 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 215). (Cost., artt. 1, 3 e 41).(GU n.12 del 24-3-1999 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 358 R.G. 1995, su ricorso depositato il 18 luglio 1995 discussa all'udienza del 13 gennaio 1999, promossa da M.EDlL S.r.l. in liquidazione in persona del liquidatore, elettivamente domiciliata in Firenze alla via Cavour, 106 presso lo studio dell'avv. Giampiero Basile che la rappresenta e difende come da procura a margine del ricorso in appello e della successiva comparsa in riassunzione, appellante; Contro l'I.N.P.S. in persona del presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in Firenze alla via Vecchietti, 13 presso I'ufficio legale dell'Ente rappresentato e difeso dagli avv.ti Silvano Imbriaci e Riccardo Giani in forza di procure generali alle liti per atti del notaio F. Lupo di Roma, appellato, avente ad oggetto: art. 49 comma 3, legge n. 88 del 9 marzo 1989 ed art. 2, comma 215, legge n. 662 del 23 dicembre 1996 - Questione di legittimita' costituzionale - Non manifesta infondatezza - Rilevanza. Premessa di fatto ed osservazioni in diritto Va premesso che con ordinanza in data 20 marzo 1996 questo tribunale sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 49 comma 3, della legge n. 88 del 9 marzo 1989 esponendo quanto segue: con separati ricorsi depositati il 16 giugno e il 29 ottobre 1994 la S.r.l. La Sovrana, impresa di pulizie con sede in Firenze, inquadrata nel settore industria secondo il regime anteriore alla legge n. 88/1989 proponeva opposizione avanti al pretore del lavoro di Firenze contro i decreti ingiuntivi nn. 1312, 2250, 1439/1994, notificatile dall'I.N.P.S. il 1 e 13 giugno e il 13 ottobre 1994, per il pagamento rispettivamente di L. .262.930.849, di L. 289.517.582 e di L. 131.795.592 per contributi omessi e somme aggiuntive relative ai periodi 1 giugno/31 agosto 1993; 1 settembre/31 ottobre 1993; 1 dicembre 1993/28 febbraio 1994. In particolare, la societa' opponente deduceva che l'ente previdenziale continuava a classificare la impresa di pulizie La Sovrana nel settore industriale, mentre a norma dell'art. 49 legge 9 marzo 1989, n. 88, le spettava l'inquadramento nel settore terziario con relativa aliquota contributiva del commercio. Cio' posto, la societa' ricorrente rilevava che per effetto dell'errata classificazione, essa aveva maturato un credito di L. 571.895.605, al netto delle compensazioni con i crediti I.N.P.S. al gennaio 1994, somma per la quale chiedeva la condanna al pagamento da parte dell'Istituto. Con sentenza 29 marzo/10 aprile 1995 n. 456 il pretore del lavoro di Firenze ha respinto l'opposizione, aderendo alla interpretazione dell'art. 49, terzo comma, seconda parte legge 9 marzo 1989, n. 88 (Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) fornita da cass. sez. un. 18 maggio 1994, n. 4837, secondo cui l'ultrattivita' dei precedenti inquadramenti riguarda tutti quelli in atto al 28 marzo 1989, data di entrata in vigore della legge 28 marzo 1989, data di entrata in vigore della legge n. 89/1988. Il pretore, con sentenza in pari data n. 460, ha respinto altresi' l'opposizione proposta dalla S.r.l. La Sovrana avverso l'atto di precetto notificatole dall'I.N.P.S. il 27 giugno 1994, per L. 85.905.178, sulla base del c.d. d.m. 10 compilato dal datore di lavoro per il mese novembre 1993, costituente titolo esecutivo a norma dell'art. 2 comma 1 d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito in legge 7 dicembre 1989, n. 389. Con separati atti di appello, qui riuniti per evidenti ragioni di connessione, la M.EDIL S.r.l., succeduta alla S.r.l. La Sovrana, ha chiesto al tribunale di Firenze di: 1. dichiarare nullo e privo di effetto il precetto di pagamento e i decreti ingiuntivi opposti; 2. dichiarare il diritto della M.EDIL S.r.l. all'inquadramento ai fini previdenziali ed assistenziali nel terziario ai sensi e per gli effetti dell'art. 49 legge n. 88/1989, a far data dal marzo 1989; 3. dichiarare l'I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza sociale, tenuto alla restituzione in favore dell'appellante delle differenze tra le somme versate dal marzo 1989 a titolo di contributi con le maggiori aliquote dell'Industria e quelle effettivamente dovute con le aliquote del commercio: 4. conseguentemente condannare l'I.N.P.S. alla restituzione in favore dell'appellante della differenza residuata a suo credito al febbraio 1995, pari a L. 34.161.600. A fondamento dell'appello poneva un esame critico della citata pronuncia delle sezioni unite 4837/1994 volto a dimostrare che l'attenzione sia dei lavori parlamentari, sia della decisione della Corte di legittimita', e' stata focalizzata sulla preoccupazione di evitare che, per effetto del nuovo classamento previsto dal comma 1 dell'art. 49, le aziende ubicate nel Mezzogiorno potessero perdere, con il passaggio dal settore industria a quello commercio il beneficio degli sgravi contributivi. Pertanto ad avviso dell'appellante, l'impresa di servizi ubicata fuori della zona di intervento degli sgravi contributivi, rimarrebbe fuori dalla previsione dell'art. 49, terzo comma, seconda parte, e non costituirebbe oggetto della pronuncia in esame. In subordine l'appellante proponeva eccezione di legittimita' costituzionale del comma 3 della predetta norma perche' in contrasto con gli artt. 1 e 41 della Costituzione, nella parte in cui, disponendo per le imprese di servizi preesistenti alla data di entrata in vigore della legge n. 88/1989 la loro permanenza nel piu' oneroso inquadramento nell'Industria ai fini contributivi, determina una ingiustificata disparita' di trattamento tra le stesse e quelle dello stesso genere costituite successivamente alla entrata in vigore della legge n. 88/1989 e come tali da inquadrarsi nel meno oneroso settore "Commercio". O s s e r v a Non sembra che la causa possa essere definita, in senso favorevole all'appellante, sulla base del motivo di appello desunto dall'esame critico della pronuncia delle sezioni unite, perche' il principio di diritto ivi affermato di ultrattivita' del precedente inquadramento, costituente con ogni evidenza diritto vivente per la sede nomofilattica in cui e' stato enunciato, si applica anche alle imprese di servizi (nella specie d pulizie) come l'appellante, le cui problematiche hanno costituito specifico e approfondito oggetto di analisi da parte della pronuncia in esame, soprattutto per i risvolti previdenziali dei suoi dirigenti, questione intorno alla quale ruota il problema della classificazione dei datori di lavoro. La mancanza di norme transitorie per il regime previdenziale dei dirigenti, per l'ipotesi di passaggio della classificazione da industria a commercio, ha costituito uno degli argomenti determinanti, nella motivazione della Corte di legittimita', per l'affermazione della interpretazione universalistica della disposizione di ultrattivita'. L'appellante insiste inoltre sul grave effetto distorsivo della libera concorrenza e del mercato derivante da discipline generatrici di costi contributivi differenziati per imprese svolgenti la medesima attivita' nel medesimo territorio. Ma tale prima ed evidente conseguenza della norma di ultrattivita' in esame e' stata tenuta ben presente nelle argomentazioni e decisioni della Corte di legittimita' e della Corte costituzionale, di cui appresso, la quale su tale rilievo ha fondato le proprie censure. Pertanto tale argomentazione, appartenendo gia' alla trama decisionale di Cass. n. 4837/1994, non puo' costituire motivo per la sottrazione della presente fattispecie dall'ambito decisionale di quella pronuncia. Viceversa l'appellante evita, opportunamente, di dare rilievo giuridico alla constatazione del conflitto di interessi tra imprese di servizi ubicate nel Nord del Paese, interessate ad acquisire la nuova classificazione del commercio, per i suoi minori costi contributivi, e imprese dei servizi del Sud, interessate a mantenere l'inquadramento industriale, per i maggiori benefici derivanti dagli sgravi contributivi. Infatti la disparita' territoriale di trattamento non rileva ai sensi dell'art. 3 della Costituzione, proprio perche' le agevolazioni di vario genere per le imprese operanti nelle zone di intervento della gia' Cassa per il Mezzogiorno trovano la loro ragion d'essere nell'intento compensativo delle varie diseconomie interne ed esterne che le svantaggiano nei confronti delle piu' competitive imprese del Nord. Rimane il conflitto e la disparita' di trattamento tra imprese operanti nel medesimo territorio soggette a diverso regime contributivo a seconda della data dell'inquadramento. Sotto tale profilo questo tribunale ritiene di non potersi sottrarre al dovere di reinvestire la Corte costituzionale della questione di legittimita' formalmente proposta dall'appellante, e cio' sulla base delle stesse considerazioni svolte dalla Corte costituzionale 26 ottobre/7 novembre 1994 n. 378, che rendono la questione proposta non manifestamente infondata. La discrezionalita' del legislatore nel dettare norme transitorie intese a mantenere ferme disposizioni abrogate per situazioni precedenti alla data di entrata in vigore della nuova legge non puo' avere valore assoluto, indipendentemente cioe' dalla previsione di alcuni limiti e condizioni che ne precisino la portata (Corte cost. cit.). Nell'esercizio di questa discrezionalita', il legislatore, per non ricadere nell'irrazionalita' e non ledere norme costituzionali, dovrebbe evitare, per un verso, che la differenziata disciplina si estenda a categorie cosi' vaste e senza limiti di tempo - con l'effetto di realizzare non il graduale e sollecito subentro della nuova normativa, ma un notevole svuotamento del contenuto di quest'ultima, lasciando nell'ordinamento sine die una duplicita' di discipline diverse e parallele per le stesse situazioni; per altro verso il differente trattamento delle stesse imprese per meri motivi temporali non dovrebbe essere tale da determinare effetti gravemente distorsivi sull'equilibrio dei mercati. Per evitare dunque gli eccessivi effetti distorsivi e le opposte conseguenze di illegittimita' costituzionale sopra indicate continua la Corte, l'ultima disposizione del comma 3 dell'art. 49 avrebbe dovuto stabilire un termine ragionevole per il superamento del regime transitorio, e cioe' per il venir meno degli effetti ultrattivi conseguenti ai precedenti inquadramenti (tenendo conto soprattutto delle posizioni assicurative dei dipendenti) in modo da pervenire in tempi brevi ed in modo razionale alla graduale applicazione generalizzata della nuova normativa a tutte le imprese operanti nello stesso settore di attivita'. La determinazione di detto termine, pur essendo riservata alla scelta discrezionale del legislatore, non puo' sottrarsi al controllo di costituzionalita' della Corte la quale - verificata la permanente vigenza della disposizione e considerato esaurito il congruo tempo connaturato alla transitorieta' della disciplina - puo' ritenere superate le esigenze giustificatrici della disposizione, mediante una decisione che applichi rigorosamente i precetti costituzionali sopra richiamati (Corte costituzionale sent. 378/1994 cit.) La questione e' rilevante in causa, perche' la pretesa contributiva dell'I.N.P.S. riguarda un periodo (giugno 1993-febbraio 1994) posteriore di oltre quattro anni l'entrata in vigore della norma posta sotto osservazione dalla Corte, per cui e' presumibile che l'inserimento graduale dell'appellante nel sistema di classificazione a regime, cui il legislatore e' obbligato, comporti riduzioni dei costi contributivi corrispondentemente graduali, si da rendere non piu' fondata l'intera pretesa contributiva dell'I.N.P.S., basata sull'inquadramento industriale. Ne' il cennato quadro normativo appare mutato dall'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995 n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), il cui art. 3 comma 8 ha dettato disposizioni esclusivamente in punto di decorrenza degli effetti dei provvedimenti dell'I.N.P.S. di variazione della classificazione dei datori di lavoro. Come risulta dall'assenza di qualsiasi riferimento espresso o implicito all'art. 49 legge 9 marzo 1989, n. 88, dalle circolari applicative (circolare I.N.P.S. 19 ottobre 1995, n. 263), e come rilevato dall'unanime dottrina, la nuova normativa ha recepito solo in parte il disegno di legge n. 1149 del senatore De Luca in tema di "interpretazione autentica, modifica ed integrazione dell'art. 49, comma 3, secondo periodo, della legge 9 marzo 1989, n. 88, concernente la classificazione del datore di lavoro ai fini previdenziali ed assistenziali"; in particolare l'art. 3 comma 8 in esame, da una parte, consentendo l'inquadramento retroattivo dal momento della domanda (nella specie proposta), interferisce temporalmente con il periodo oggetto della causa; dall'altra, non modificando il criterio di ultrattivita' dei precedenti inquadramenti, di cui all'art. 49 cit., non ha affrontato e risolto le problematiche evidenziate da Corte cost. 26 ottobre/7 novembre 1994 n. 378 sul rientro graduale in un sistema unitario di classificazione dei datori di lavoro. La questione e' pertanto tuttora rilevante e non manifestamente infondata.
P. Q. M. Dichiara rilevante in causa e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 49, comma 3, seconda parte, legge 9 marzo 1989, n. 88 (Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) per contrasto con gli artt. 1, 3 e 41 Cost., nella parte in cui, disponendo per le imprese di servizi preesistenti alla data di entrata in vigore della legge n. 88/1989 la loro permanenza nel piu' oneroso inquadramento nell'industria ai fini contributivi, determina una ingiustificata disparita' di trattamento tra le stesse e quelle dello stesso genere, operanti nello stesso territorio, costituite successivamente alla entrata in vigore della legge n. 88/1989 e come tali da inquadrarsi nel meno oneroso settore "Commercio"; Dispone la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti delle due Camere dal Parlamento Firenze, addi' 20 marzo 1996 Il presidente: Stanzani Il giudice relatore: De Matteis Dev'essere ora rilevato che in seguito all'entrata in vigore degli artt. 1, comma 234 e 2, comma 215 della legge n. 662 del 23 dicembre 1996 la Corte costituzionale rimetteva a questo giudice la suddetta questione di legittimita' costituzionale in quanto lo ius superveniens racchiuso in quelle disposizioni di legge - avendo testualmente previsto che "con decorrenze dal 1 gennaio 1997 cessa di avere efficacia la disciplina prevista dall'art. 49, comma 3, secondo periodo, della legge 9 marzo 1989 n. 88. A far tempo da tale data la classificazione dei datori di lavoro deve essere effettuate esclusivamente sulla base dei criteri di inquadramento stabiliti dal predetto art. 49. Restano comunque validi gli inquadramenti derivanti da leggi speciali o conseguenti a decreti di aggregazione emanati ai sensi dell'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955 n. 797. Per le aziende inquadrate nel ramo industria anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 88 del 1989 e' fatta salva le possibilita' di mantenere per il personale dirigente gia' iscritto all'INPDAI, l'iscrizione presso l'ente stesso. Con la medesima decorrenza, e' elevata di 0,3 punti percentuali l'aliquota contributiva di finanziamento dovuta dagli iscritti alla gestione di cui all'art. 34 della legge n. 88 del 1989" - aveva creato un assetto tale da poter incidere sulla perdurante rilevanza, in relazione alla fattispecie in cognizione, della questione di costituzionalita' rimessa alla Corte con la suddetta ordinanza del 20 marzo 1996. Sulla base di questi antefatti e senza trascurare che il comma 234 dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996 e' stato abrogato dall'art. 10 del d.-l. 31 dicembre 1996 n. 669 convertito in legge, il tribunale ritiene ora che la questione di costituzionalita' sollevata dall'odierna appellante non sia manifestamente infondata e sia ancora rilevante per la decisione del giudizio in corso dovendosi, in particolare, coinvolgere nella denunzia di illegittimita' proposta da questo giudice anche il disposto di cui al comma 215 della legge n. 662 del 1996 e cio', non solo per le ragioni espresse nell'ordinanza di rinvio alla Corte del marzo 1996, ma anche in forza delle considerazioni che seguono. Con la pronunzia del 7 novembre 1994 n. 378 la Corte costituzionale, nel reputare corretta l'interpretazione del comma 3 ultima parte dell'art. 49 legge n. 88/1989 fornita anche dalle sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 4837/1994, aveva individuato una sorta di "potenziale" illegittumita' costituzionale nel contenuto della norma in esame se ed in quanto il legislatore non avesse provveduto in un tempo ragionevole a fissare un altrettanto ragionevole termine volto al superamento dell'incidenza delle "differenziazioni temporali agevolative nell'ambito di una stessa categoria di soggetti" interessati dalla classificazione delle loro attivita' a fini previdenziali. Con l'ordinanza di rimessione del 20 marzo 1996 questo tribunale, sia pur per ragioni distinte da quelle che avevano recato all'emanzazione della sentenza n. 378/1994 perche' inerenti a diversa fattispecie di fatto, aveva rimarcato l'esistenza di una tanto grave quanto immotivata disparita' di trattamento in ordine agli oneri contributivi dovuti all'Ente previdenziale cosi' come imposti, per effetto dell'applicazione dell'ultima parte del comma 3 dell'art. 49 cit., a carico di due imprese operanti nello stesso settore, nella stessa parte di territorio nazionale e nella stessa epoca. La stessa convizione permane anche in seguito all'entrata in vigore del comma 215 dell'art. 2 legge n. 662/1996 che, incidendo sulla durata temporale della fattispecie di cui all'art. 49 relativamente agli inquadramenti dei datori di lavoro effettuati in forza di provvedimenti diversi dalle leggi speciali o dai decreti di aggregazione, ha finito con lo statuire ex post un ambito di applicazione temporale degli effetti denunziati di incostituzionalita' veramente irragionevole e gravatorio per le pratiche conseguenze economiche a carico di imprese che, come quella ricorrente, sin dal 1989 avevano visto l'applicazione di oneri non piu' giustificati in base alla nuova considerazione operata dal primo comma dell'art. 49 legge n. 88/1989 in ordine alle comuni caratteristiche tipologiche e di attivita' delle varie aziende. Sull'irragionevolezza del termine stabilito con la normazione del 1996 si puo' invero osservare che, con la pronunzia del 1994, la Corte costituzionale aveva sollecitato a provvedere per eliminare i perduranti effetti della diversita' di inquadramento data dall'ultrattivita' della pregressa e superata disciplina e questo poteva e doveva avvenire sancendo un termine finale con possibile riferimento al passato ossia, a maggior ragione, collocando la dovuta scadenza di quel regime nel lasso di tempo intercorrente tra l'entrata in vigore della legge n. 88/1989 e la data della pronunzia di costituzionalita'. Che la data del 1 gennaio 1997 prevista dal comma 215 dell' art. 662/1996 non sia in linea con la predetta esigenza lo si desume, del resto, seppur in via meramente esemplificativa, dall'orientamento, indubbiamente presente nel "cuore" del Parlamento, fatto proprio con il disegno di legge n. 1149 ove era stata valutata la congruita' di una data sicuramente anteriore a quella indicata nel testo del comma 215 cit. Non va poi trascurato che la ragionevolezza del termine doveva, soprattutto, cogliersi anche in rapporto all'intrinseca, rilevante entita' dei sacrifici economici, anno per anno, imposti a chi vedeva l'applicazione di una disciplina d'inquadramento ormai desueta alla luce dei nuovi parametri normativi. Con queste considerazioni, in uno con quelle esposte con l'ordinanza del 20 marzo 1996, si chiede quindi di valutare la legittimita' costituzionale della disciplina dettata sia dal terzo comma ultima parte dell'art. 49 della legge n. 88/1989 che dal comma 215 dell'art. 2 della legge n. 662/1996 nella parte in cui viene fissato il termine dell'ultrattivita' della disciplina in questione alla data del 1 gennaio 1997 notandosi che, oltre che apparentemente fondata, la questione di costituzionalita' e' anche rilevante per la decisione del giudizio in corso poiche' la caducazione della normativa denunziata comporterebbe il totale o parziale accoglimento delle domande articolate dall'odierna appellante. P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del terzo comma ultima parte dell'art. 49 della legge n. 88/1989 e del comma 215, dell'art. 2 della legge n. 662/1996; Dispone la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Firenze, addi' 20 gennaio 1999 Il presidente: Stanzani Il relatore: Vignati 99C0254