N. 76 ORDINANZA 11 - 18 marzo 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza  e  assistenza  -  Pensioni  di reversibilita' - Ratei di
 pensione  -  Termini  di  decadenza   per   l'esercizio   dell'azione
 giudiziaria - Decorrenza - Criteri - Ius superveniens: d.-l. 28 marzo
 1996,  n. 166 - Estinzione dei giudizi in corso in applicazione delle
 sentenze della Corte nn. 495/1993 e 240/1994 - Difetto di rilevanza -
 Manifesta inammissibilita'.
 
 (D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art.  47,  secondo  comma;  d.-l.  29
 marzo  1991,  n.  103,  art.  6, comma 1, ultima parte, convertito in
 legge 1 giugno 1991, n. 166).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.12 del 24-3-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Renato GRANATA;
 Giudici: prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  avv.  Massimo VARI,   dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 47, comma 2, del
 d.P.R.  30 aprile 1970, n. 639 (Attuazione delle deleghe conferite al
 Governo con gli artt. 27 e 29 della legge 30  aprile  1969,  n.  153,
 concernente  revisione  degli  ordinamenti  pensionistici  e norme in
 materia di sicurezza sociale), e dell'art. 6, comma 1, ultima  parte,
 del  d.-l.  29  marzo  1991,  n. 103 (Disposizioni urgenti in materia
 previdenziale), convertito in legge 1 giugno 1991, n.  166,  promossi
 con  n.  2  ordinanze emesse l'11 novembre 1996 dal pretore di Torino
 nei procedimenti  civili  vertenti  tra  Razzetti  Agostino,  Rollero
 Margherita  e  l'INPS, iscritte ai nn. 75 e 76 del registro ordinanze
 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  10,
 prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti  gli  atti  di  costituzione  dell'INPS  nonche'  gli atti di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  23  febbraio  1999  il  giudice
 relatore Cesare Ruperto;
   Uditi  l'avvocato  Carlo  De  Angelis per l'INPS e l'Avvocato dello
 Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
   Ritenuto che, nel corso di due procedimenti promossi contro  l'INPS
 da  pensionati,  al fine di ottenere la riliquidazione della pensione
 di reversibilita' ed il pagamento delle  differenze  arretrate  dalla
 data  originaria di decorrenza del diritto, il pretore di Torino - al
 quale, a se'guito dell'emanazione del d.-l. 28 marzo 1996, n.    166,
 erano stati restituiti gli atti, con ordinanza di questa Corte n. 164
 del  1996,  al  fine di valutare la perdurante rilevanza delle stesse
 questioni gia' sollevate nell'anno 1995 -, con ordinanze emesse  l'11
 novembre  1996  ha  nuovamente  sollevato, con identiche motivazioni,
 questione di legittimita'  costituzionale  degli  artt.  47,  secondo
 comma,  del  d.P.R.  30 aprile 1970, n. 639 (Attuazione delle deleghe
 conferite al Governo con gli artt. 27 e  29  della  legge  30  aprile
 1969, n. 153, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e
 norme  in  materia di sicurezza sociale), e 6, comma 1, ultima parte,
 del d.-l. 29 marzo 1991, n.  103  (Disposizioni  urgenti  in  materia
 previdenziale),  convertito  in  legge 1 giugno 1991, n. 166, i quali
 prevedono  che,  in  caso  di   mancata   proposizione   di   ricorso
 amministrativo,  i  termini  di decadenza per l'esercizio dell'azione
 giudiziaria diretta al conseguimento della prestazione  previdenziale
 decorrono dall'insorgenza dei singoli ratei;
     che,  secondo il rimettente, le denunciate norme - nella parte in
 cui non prevedono che, per gli assicurati o pensionati i quali,  dopo
 aver presentato una domanda all'istituto previdenziale, non l'abbiano
 fatta  seguire  dal  prescritto  iter  amministrativo,  i  termini di
 decadenza dall'azione giudiziaria decorrano dalla  data  di  scadenza
 dei   termini   prescritti   per   l'esaurimento   del   procedimento
 amministrativo, computati dalla data di presentazione della richiesta
 di  prestazione,  ed   invece   stabiliscono   che   essi   decorrano
 dall'insorgenza  dei  singoli  ratei - sono in contrasto con l'art. 3
 Cost., per violazione del  principio  di  ragionevolezza,  atteso  il
 trattamento  piu'  favorevole, in punto di decadenza del diritto alle
 rate della pensione, che viene cosi' riservato a coloro i quali hanno
 presentato  la richiesta di prestazione omettendo di proporre ricorso
 amministrativo,  rispetto  a  quanti  hanno   invece   diligentemente
 coltivato   la   domanda   attivando   il   procedimento  contenzioso
 amministrativo;
     che, nel motivare la rilevanza  della  questione,  il  rimettente
 osserva  come  la  normativa sopravvenuta - la quale, nel dettare una
 nuova disciplina del pagamento delle somme arretrate dovute a  titolo
 di  integrazione al trattamento minimo in applicazione delle sentenze
 di questa  Corte  n.  495  del  1993  e  n.  240  del  1994,  dispone
 l'estinzione  d'ufficio  dei  giudizi  pendenti  -  non  abbia alcuna
 incidenza nei giudizi  a  quibus,  in  quanto:  a)  la  pronuncia  di
 estinzione  dei  giudizi  presuppone  che  la  domanda sia fondata ed
 accoglibile,  per  cui,   "mancando   la   richiesta   pronuncia   di
 incostituzionalita',   l'Ente  previdenziale  si  troverebbe  tuttora
 esposto al rischio di dover sborsare somme ben superiori a quelle  da
 corrispondere  in  caso di accoglimento della presente eccezione"; b)
 la normativa sopravvenuta  si  riferisce  solo  all'attuazione  delle
 citate  sentenze  n.  495  del  1993  e  n.  240  del 1994, mentre la
 normativa sospettata di incostituzionalita'  ha  carattere  generale,
 riguardando  qualsiasi  prestazione  previdenziale  per  la quale non
 siano previsti termini decadenziali o prescrizionali diversi;
     che nei giudizi e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  e  si  e'  costituito  l'INPS,   concludendo   entrambi   per
 l'infondatezza delle sollevate questioni.
   Considerato  che i giudizi, concernendo le stesse norme, denunciate
 con identiche motivazioni, possono essere  riuniti  e  congiuntamente
 decisi;
     che,   essendo   state  le  medesime  questioni  di  legittimita'
 costituzionale gia' sollevate nel corso dei giudizi  a  quibus  (r.o.
 nn. 524 e 525 del 1995), questa Corte, con ordinanza n. 164 del 1996,
 dispose  la  restituzione  degli  atti  al  giudice  a  quo affinche'
 valutasse "la rilevanza della questione sollevata  alla  stregua  del
 diritto  sopravvenuto"  a se'guito dell'emanazione del d.-l. 28 marzo
 1996, n. 166, nel cui art. 1, comma 3, veniva  prevista  l'estinzione
 dei  giudizi  in  corso  riguardanti il pagamento di quanto dovuto in
 applicazione delle sentenze n. 495 del 1993 e n. 240 e del 1994;
     che gli effetti del citato d.-l. n. 166 del 1996 e dei successivi
 decreti-legge nn. 295, 396 e 499 del 1996, tutti decaduti, sono stati
 fatti salvi dall'art. 1, comma 6, della legge n. 608 del  1996,  come
 interpretato  dall'art.  73, comma 4, della legge n. 448 del 1998; ed
 inoltre  la  previsione   dell'estinzione   d'ufficio   dei   giudizi
 riguardanti sempre l'applicazione delle sentenze n. 495 del 1993 e n.
 240  del 1994 e' stata confermata dall'art. 1, comma 183, della legge
 n. 662 del 1996 e ribadita dall'art. 36, comma 5, della legge n.  448
 del 1998;
     che,  secondo  la costante giurisprudenza di questa Corte, assume
 preliminare rilievo logico-processuale  rispetto  ad  ogni  possibile
 censura   di   incostituzionalita'   il   disposto   legislativo   di
 dichiarazione d'estinzione dei giudizi pendenti, costituente precetto
 ineludibile da parte del giudice che ne e' investito (v. sentenza  n.
 103 del 1995);
     che  solo  ove  dovesse venir dichiarata l'incostituzionalita' di
 siffatta disposizione potrebbe essere condotto l'esame del merito  di
 altre  possibili  questioni  di incostituzionalita' riguardanti norme
 ancora applicabili in un  processo  le  quali  viceversa  perdono  di
 rilevanza  (cfr.  in tal senso anche le ordinanze n. 368 e n. 370 del
 1997, n.  15 e n. 45 del 1998);
     che,  dunque,  palesemente   prive   di   consistenza   sono   le
 argomentazioni   svolte   dal   rimettente   in  ordine  all'asserita
 ininfluenza di  detta  previsione  nei  giudizi  a  quibus,  promossi
 proprio   per   ottenere   la   riliquidazione   della   pensione  di
 reversibilita' a se'guito dei pronunciamenti di questa Corte;
     che, pertanto, la mancata censura  della  previsione  stessa,  la
 quale  appunto  trova immediata applicazione anche nella fattispecie,
 rende le sollevate questioni manifestamente inammissibili.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle
 questioni  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  47 secondo
 comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639  (Attuazione  delle  deleghe
 conferite  al  Governo  con  gli  artt. 27 e 29 della legge 30 aprile
 1969, n. 153, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e
 norme in materia di sicurezza sociale) e 6, comma  1,  ultima  parte,
 del  d.-l.    29  marzo 1991, n. 103 (Disposizioni urgenti in materia
 previdenziale), convertito in legge 1 giugno 1991, n. 166,  sollevate
 -  in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione - dal pretore di
 Torino, con le ordinanze indicate in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 marzo 1999.
 Il Presidente: Granata
 Il redattore: Ruperto
 Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 18 marzo 1999.
 Il direttore della cancelleria: Di Paola
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