N. 115 ORDINANZA 24 marzo - 2 aprile 1999
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Ordinamento penitenziario - Conversione della pena pecuniaria ineseguita per insolvibilita' del condannato - Applicazione della liberta' controllata - Inapplicabilita' della sanzione del lavoro sostitutivo su richiesta del condannato - Riferimento alla sentenza della Corte n. 206/1996 - Spettanza al giudice verificare circa la concreta applicabilita' della misura del lavoro sostitutivo nel caso specifico - Manifesta infondatezza. (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 102, secondo comma). (Cost., art. 27, primo comma).(GU n.15 del 14-4-1999 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 102, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 15 dicembre 1997 dal Magistrato di sorveglianza di Varese, iscritta al n. 273 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 10 marzo 1999 il giudice relatore Giuliano Vassalli. Ritenuto che il Magistrato di sorveglianza di Varese ha sollevato, in riferimento all'art. 27, primo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 102, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui consente al giudice che dispone la conversione della pena pecuniaria ineseguita per insolvibilita' del condannato di applicare la liberta' controllata, disattendendo la richiesta del condannato di applicazione della sanzione del lavoro sostitutivo; che a tal proposito il giudice a quo dopo aver testualmente riprodotto le considerazioni poste a fondamento della sentenza n. 206 del 1996, ha rilevato che se, alla stregua di quelle considerazioni, la sopravvivenza del ruolo sussidiario della liberta' controllata si giustifica sul piano costituzionale solo in ragione della facolta' accordata al condannato di optare senza limitazioni per il lavoro sostitutivo, tale scelta, ove effettuata, non potra' che essere vincolante per il giudice della conversione, palesandosi ogni residua discrezionalita' del giudicante in contrasto con l'art. 27 della Carta fondamentale; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. Considerato che, in tema di conversione delle pene pecuniarie ineseguite per insolvibilita' del condannato, la giurisprudenza di questa Corte - come il giudice a quo ha rammentato - si e' piu' volte soffermata sulla necessita' di assegnare alla liberta' controllata un ruolo effettivamente sussidiario rispetto alla misura del lavoro sostitutivo, essendo quest'ultimo istituto apparso in linea con l'esigenza di stabilire un nesso di correlazione funzionale tra pena originaria e pena convertita che riduca al minimo l'incremento di afflittivita' che naturalmente deriva dalla applicazione di una sanzione destinata ad incidere sulla liberta' personale; che in proposito, e come d'altra parte emerge dalla ratio della sentenza n. 206 del 1996, la richiesta del condannato, in presenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalla legge, legittima (e dunque impone) l'applicazione della misura del lavoro sostitutivo; che spetta comunque al giudice verificare se la misura del lavoro sostitutivo possa ritenersi in concreto applicabile nei casi in cui la stessa non si presenti rispondente alla ineludibile funzione contrassegnata dall'art. 27, terzo comma, della Costituzione, che anche le misure applicate a seguito della conversione delle pene pecuniarie sono chiamate a soddisfare; che, pertanto, non risultando in alcun modo compromesso il parametro evocato dal rimettente, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 102, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento all'art. 27, primo comma, della Costituzione, dal Magistrato di sorveglianza di Varese con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1999. Il Presidente: Granata Il redattore: Vassalli Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 2 aprile 1999. Il direttore della cancelleria: Di Paola 99C0354