N. 221 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 gennaio 1999
N. 221 Ordinanza emessa il 14 gennaio 1999 dal pretore di Patti, sez. distaccata di Naso nel procedimento penale a carico di Agnello Calogero Processo penale - Procedimento per decreto - Richiesta di emissione del decreto penale di condanna - Necessita', a pena di nullita' della richiesta e degli atti conseguenti, di previo invito all'indagato a presentarsi per rendere interrogatorio - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi analoghe - Incidenza sul diritto di difesa. (C.P.P. 1988, art. 459). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.16 del 21-4-1999 )
IL VICE PRETORE ONORARIO Visti gli atti del procedimento n. 3555/98 r.g. Pretura - n. 3438/96 R.G.N.R. nei confronti di Agnello Calogero nato a Pisino il 20 giugno 1934 per il reato di cui agli artt. 17, 18 e 20, legge 2 febbraio 1974 n. 64 accaduto in Capo D'Orlando il 30 ottobre 1996 in relazione alla questione di legittimita' costituzionale sollevata dal difensore del suddetto prevenuto nella prima udienza dibattimentale del 14 gennaio 1999 "per violazione legge n. 234/1997 essendo stato il d.p. di condanna emesso senza preventiva audizione all'indagato" e sentito il pubblico ministero che nulla opponeva cosi' provvede: rilevato che all'esame dell'opposto decreto penale di condannadi cui in atti risulti che la richiesta del pubblico ministero e' stata avanzata in data 31 gennaio 1998, ritiene di dover sollevare, anche d'ufficio e ad integrazione di quanto dedotto a verbale del suddetto difensore, la questione di illegittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 459 c.p.p. nella parte in cui non prevede la nullita' della richiesta del decreto penale di condanna allorche' la stessa non sia preceduta dall'invito all'indagato a presentarsi per rendere interrogatorio di cui all'art. 375, comma 3, c.p.p. per disparita' di trattamento e conseguente violazione dei principi costituzionalmente garantiti dagli artt. 3 e 24 della Costituzione con riferimento alle previsioni di cui agli artt. 555, comma 2 e 416 c.p.p. cosi' come novellate dall'art. 2, comma 3, della legge 16 luglio 1997, n. 234. Al riguardo giova rilevare che la suddetta normativa, con il richiedere che il rinvio a giudizio nei procedimenti di competenza del tribunale ed il decreto di citazione a giudizio nei procedimenti di competenza pretorile siano preceduti a pena di nullita' dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ex art. 375, comma 3, c.p.p., ha posto in capo all'indagato un diritto di difesa costituzionalmente garantito che verrebbe disatteso ove, come nel caso in specie, viene richiesto dal pubblico ministero l'emissione di decreto penale di condanna senza previo invito a rendere l'interrogatorio de quo. Invero, l'espletamento di tale incombente permetterebbe all'indagato, gia' nella fase delle indagini preliminari, di prospettare le proprie difese e/o le proprie ragioni e risolvere "ab initio" la propria posizione processuale fornendo al pubblico ministero tutti quegli elementi che possono rivelarsi utili al fine di un eventuale proscioglimento evitandogli cosi' di essere esposto agli effetti pregiudiziali che un procedimento penale, quand'anche destinato a risolversi con una pronuncia assolutoria, inevitabilmente comporta al cittadino non senza peraltro rilevare che un esercizio ponderato di tale strumento sortirebbe ancor piu' l'effetto di economia giudiziaria di defrazionare i procedimenti che vengono portati in dibattimento. Ne' vale sostenere in senso contrario che il procedimento speciale per decreto permette comunque all'imputato di esercitare il proprio diritto di difesa proponendo l'opposizione ex art. n. 461 c.p.p. in quanto tale opportunita' gli verrebbe concessa allorquando l'indagato ha assunto la veste di imputato e comunque dopo che lo stesso e' stato condannato non senza peraltro rilevare che il decreto penale di condanna rivesta in ogni caso un contenuto piu' intenso ed ha una portata piu' incisiva rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio ed al decreto di citazione a giudizio e viene a frustare in maniera ben piu' pregnante le esigenze di garanzia e di difesa del cittadino nel senso sopra rappresentato. Cosi' come non vale sostenere che il g.i.p. per quanto riconosciuto nella giurisprudenza della Suprema Corte, ha pur sempre la possibilita' di emettere ex art. 129 c.p.p. una eventuale sentenza di proscioglimento allo stato degli atti dopo aver preso cognizione dei motivi dell'opposizione proposta dall'imputato ex art. 461 c.p.p. in quanto, a ben vedere, l'opposizione a decreto penale non consente il pieno espletamento del diritto di difesa che l'indagato potrebbe esercitare piu' efficacemente in sede di interrogatorio ex art. 375 c.p.p. e che potrebbe permettere all'autorita' giudiziaria di prendere in esame la difesa avanzata dall'indagato che se riscontrata, eventualmente anche a seguito di una indagine suppletiva che potrebbe rilevarsi utile alla luce delle argomentazioni difensive fornite dall'indagato, potrebbe condurre ad un suo proscioglimento anticipato senza che tale attivita' debba inevitabilmente essere demandata alla fase dibattimentale. Non v'e' chi non veda come, nelle ipotesi in cui il pubblico ministero presceglia il rito ordinario, l'indagato potra' utilmente esercitare la propria difesa nel corso dell'interrogatorio reso ex art. 375 c.p.p. con la prospettiva di vedere definita la sua posizione processuale con eventuale archiviazione ancor prima che venga esercitata l'azione penale mentre la scelta del pubblico ministero di richiedere l'emissione del decreto penale di condanna costringerebbe l'imputato che voglia esercitare il proprio diritto di difesa a richiedere al giudice la celebrazione del giudizio. Orbene, la facolta' riservata alla mera discrezionalita' del pubblico ministero, nella sussistenza dei presupposti previsti dall'art. 459 c.p.p., di esercitare l'azione penale nei confronti dell'indagato ricorrendo alla speciale procedura per decreto piuttosto che emettere l'ordinario decreto di citazione a giudizio crea sicuramente una ingiustificata disparita' con riguardo alla diversa posizione processuale in cui verrebbe a trovarsi l'indagato a seconda della scelta del pubblico ministero di esercitare l'azione penale in un modo o nell'altro per quanto sopra precisato. Non puo' poi revocarsi in dubbio come nella fattispecie possa ravvisarsi, ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1957, n. 87, la rilevanza della questione nell'ambito del giudizio in corso quanto meno con riferimento alla norma contenuta nell'art. 459 c.p.p. ed in rapporto agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Invero, a prescindere da ogni considerazione circa probabili profili di illegittimita' costituzionale che possono essere ravvisati in relazione alla violazione del diritto di difesa del cittadino nella mancata previsione accanto alla richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416 c.p.p. e alla emissione del decreto di citazione a giudizio ex art. 555 c.p.p. della emissione del decreto che dispone il giudizio ad opera del g.i.p. ai sensi del combinato disposto degli artt. 565 e 464 c.p.p., si appalesa evidente che la norma contenuta nell'art. 459 c.p.p. si pone di certo su una situazione omogenea e comparabile a quella oggetto dell'intervento modificatore della novella n. 234/1997. Quest'ultima ha infatti colpito di nullita', ove non siano preceduti dall'invito all'indagato a rendere l'interrogatorio di cui all'art. 375 c.p.p., tanto la richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416 c.p.p. quanto l'emissione del decreto di citazione a giudizio ex art. 555 c.p.p. che sono gli atti di diretta esplicazione dell'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero equiparabili, nell'ambito della speciale procedura per decreto, sia sotto il profilo della funzione (esercizio dell'azione penale) che dell'organo competente (pubblico ministero), alla richiesta di decreto penale di condanna ex art. 459 c.p.p. con cui il pubblico ministero esercita appunto l'azione penale nello speciale procedimento per decreto. La stessa novella n. 234/1997 ha espressamente inficiato di nullita' la richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416, c.p.p. ed il decreto di citazione a giudizio ex art. 555 c.p.p. che siano stati emessi in data successiva a quella di entrata in vigore della medesima normativa ossia successivamente alla data del 9 agosto 1997 atteso che la norma transitoria contenuta nell'art. 3 della normativa de qua, statuisce che la novella n. 234/1997 non trova applicazione con riferimemto ai procedimenti penali nei quali, alla data di entrata in vigore della legge citata, e' gia' stata depositata la richiesta di rinvio a giudizio o e' gia' stato emesso il decreto di citazione a giudizio. Orbene, nel caso in specie, la richiesta di decreto penale di condanna, equiparabile per quanto sopra esposto ai suddetti atti con cui il pubblico ministero esercita rispetto ai procedimenti ordinari l'azione penale, e' stata formulata dal pubblico ministero in data 31 gennaio 1998 con la conseguenza che l'eventuale accoglimento della questione di illegittimita' costituzionale sollevata con riferimento alla norma contenuta nell'art. 459 c.p.p. nella parte in cui non prevede, diversamente da quanto invece espressamente previsto rispetto ai procedimenti ordinari per la richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416 c.p.p. e per il decreto di citazione a giudizio ex art. 555 c.p.p., che la richiesta di decreto penale di condanna sia preceduta a pena di nullita' all'invito all'indagato a presentarsi per rendere l'interrogatorio di cui all'art. 375 c.p.p. non potrebbe non aver diretta rilevanza nell'ambito del giudizio in corso;
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 459 c.p.p. nella parte in cui non prevede, difformemente a quanto previsto rispetto ai procedimenti ordinari per la richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416, c.p.p., e per il decreto di citazione a giudizio ex art. 555 c.p.p. a seguito della novella di cui alla legge 16 luglio 1997, n. 234 ed a partire dalla entrata in vigore della medesima normativa, la nullita' della richiesta di emissione di decreto penale di condanna ove non preceduta dall'invito all'indagato a presentarsi per rendere l'interrogatorio di cui all'art. 375, comma 3, c.p.p., creandosi disparita' di trattamento rispetto alle ipotesi contemplate dai citati artt. 555 e 416 c.p.p. Dispone per l'effetto, la sospensione del procedimento specificato in epigrafe e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale nonche' la notifica della presente ordinanza, a cura della cancelleria, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri mandando alla cancelleria affinche' la stessa ordinanza venga altresi' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Naso, addi' 14 gennaio 1999 Il vice pretore onorario: (firma illeggibile) 99C0374