N. 223 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 gennaio 1999
N. 223 Ordinanza emessa il 22 gennaio 1999 dalla commissione tributaria provinciale di Chieti sul ricorso proposto da D'Alessandro Enzo ed altra contro l'ufficio imposte dirette di Chieti Contenzioso tributario - Giudizio innanzi le commissioni tributarie - Divieto di prova testimoniale - Lamentata, conseguente inutilizzabilita', a favore dell'amministrazione finanziaria, delle dichiarazioni rese da soggetti estranei alla lite, idonee a provare l'evasione fiscale - Violazione del diritto di difesa - Lesione del principio della capacita' contributiva. Contenzioso tributario - Giudizio innanzi le commissioni tributarie - Asserita, lamentata preclusione per il contribuente, nel caso in cui fosse riconosciuta a favore dell'amministrazione finanziaria la possibilita' di utilizzare dichiarazioni rese da soggetti estranei alla lite, di addurre prova contraria a tali dichiarazioni, a mezzo di altre dichiarazioni, rese, del pari, da soggetti estranei alla lite - Irragionevole lesione del diritto di difesa. (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, primo e quarto comma). (Cost., artt. 3, 24 e 53).(GU n.16 del 21-4-1999 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. 2510 dell'anno 1996 del r.g.r vertente tra D'Alessandro Enzo e Fontana Maria Rosa, elettivamente domiciliati in Francavilla al Mare alla via Adriatica Sud n. 6, presso lo studio del dr. Giuseppe Di Renzo dal quale sono rappresentati e difesi in virtu' di procura in calce al ricorso; ricorrenti e l'ufficio distrettuale delle imposte dirette di Chieti; intimato; impugnazione avviso di accertamento n. 3081003381 (I.RP.E.F. + I.L.O.R. 1992); Conclusioni per i ricorrenti: "si chiede che codesta on. commissione voglia ritenere valide le osservazioni riportate e le motivazioni addotte nel presente ricorso e voglia dichiarare nullo l'avviso di accertamento di cui alle premesse per insussistenza degli addebiti effettuati dalla G.d.F. e per l'indebito accertamento effettuato per parte sua dall'ufficio, relativamente alle rettifiche operate sulla dichiarazione dei redditi per l'anno 1992; nello stesso tempo voglia vedere condannato l'ufficio al pagamento delle spese processuali del presente ricorso; in assoluto subordine, si chiede l'annullamento dei maggiori ricavi accertati dalla G.d.F. per mancanza delle prove certe ed inconfutabili, nonche' di tutte le sanzioni applicate dall'ufficio, in relazione agli addebiti ed alle rettifiche apportate, in ulteriore subordine voglia annullare tutte le rettifiche operate sull'imponibile I.R.P.E.F. del D'Alessandro ed ammettere proporzionalmente le deduzioni I.L.O.R. al coniuge in quanto non c'e' stata assoluta volonta' di evadere e le maggiori imposte scaturiscono solo da una difforme valutazione ed interpretazione delle norme di legge". Svolgimento del processo Con ricorso notificato il 28 novembre 1996 - e depositato il successivo 12 dicembre - D'Alessandro Enzo e Fontana Maria Rosa, titolare il primo dell'omonima impresa di onoranze funebri (avente sede in Francavilla al Mare) e collaboratrice la seconda della stessa, impugnavano l'avviso di accertamento n. 3081003381, protocollo n. 02/785, emesso dall'ufficio distrettuale delle imposte dirette di Chieti e notificato loro il 2 ottobre 1996, con il quale - con riferimento all'anno d'imposta 1992 - il reddito d'impresa dichiarato, ai fini I.R.P.E.F., era stato rettificato in aumento - con l'imputazione di maggiori ricavi (per L. 22.250.000) e con la ripresa a tassazione del costo relativo a "corrispettivi inesigibili" (per L. 29.724.000), previa parziale compensazione con i ricavi di competenza dell'anno 1991, per L. 24.700.000, recuperati ad imposizione per tale annualita' ed imputati dall'azienda al 1992 - nella misura di L. 27.274.000 e quindi maggiorato da L. 46.099.000 a L. 73.373.000; quanto al reddito dichiarato ai fini I.L.O.R., veniva accertato un imponibile di L. 49.142.000; limitatamente al secondo dichiarante (Fontana Maria Rosa), veniva ritenuto carente il requisito della prevalenza del lavoro svolto nell'attivita' inerente il "bar" presso il proprio stabilimento balneare e quindi veniva accertato "ai fini I.L.O.R. il reddito d'impresa minore di L. 2.175.000", dichiarato al soli fini I.R.P.E.F. Deducevano la illegittimita' dell'atto impugnato sulla base delle seguenti censure: 1) l'accertamento era basato su dichiarazioni provenienti da "persone non direttamente interessate", come nel caso dei familiari dei defunti; 2) lo stesso riguardava "per lo piu' prestazioni eseguite da terzi", qual'era il Dell'Osa Nicola che aveva riscosso corrispettivi per L. 18.450.000" ... o per prestazioni proprie o per pagamenti anticipati per servizi di terzi, come acquisto fiori, tasse ecc.; 3) le eventuali differenze riscontrate, fra il riscosso ed il fatturato, ove esistenti, si riferivano "a somme estranee alle prestazioni di servizi, perche' corrisposte a titolo di rimborso spese anticipate per commesse effettuate in nome e per conto del cliente"; 4) con riferimento alle somme percepite dal Dell'Osa, esso D'Alessandro aveva provveduto ad emettere al cliente fatture per il solo servizio di trasporto; 5) l'ufficio, pur prendendo atto che alcune fatture erano state emesse "successivamente alla verifica", aveva erroneamente ritenuto che le stesse riportavano un importo inferiore a quello corrisposto, per una differenza di L. 7.500.000, siccome cio' era manifestamente illogico considerando che esse erano state rilasciate dopo l'inizio delle operazioni di constatazione; 6) ove si fosse tenuto, pertanto, conto delle somme riscosse dal Dell'Osa per L. 14.750.000 (in relazione a prestazioni proprie e ad anticipazioni per spese) e della insussistenza dell'anzidetta differenza per L. 7.500.000, i maggiori ricavi accertati di L. 22.500.000 sarebbero stati azzerati; 7) correttamente le prestazioni eseguite nel 1991 erano state fatturate nel '92, considerandosi l'atipicita' del rapporo con i clienti, la difficolta' nella individuazione del beneficiario della prestazione, ossia dell'erede tenuto al pagamento del servizio, il tempo necessario per il disbrigo delle pratiche burocratiche et similia; 8) la variazione in diminuzione dell'utile di bilancio per l'importo di L. 29.724.000 a titolo di "corrispettivi inesigibili" si era resa necessaria in quanto la U.S.L. n. 4 di Chieti non aveva provveduto ad emettere le delibere di pagamento delle prestazioni fatturate, per cui i ricavi non erano ne' certi ne' definiti ex art. 75 T.U.I.R.; 9) il reddito d'impresa non era assoggettabile ad I.L.O.R. ex art. 115 T.U.I.R.; 10) la rettifica I.L.O.R. per il coniuge dichiarante era erronea in quanto doveva ritenersi sussistente il carattere della prevalenza del lavoro svolto nell'attivita' d'impresa. Parte ricorrente concludeva, pertanto, nei sensi trascritti in epigrafe. All'odierna pubblica udienza, all'esito della discussione, alla quale partecipava anche il rappresentante dell'ufficio che chiedeva la reiezione del ricorso, riportandosi alle motivazioni contenute nell'avviso di accertamento, la causa veniva posta in deliberazione ed indi decisa come da dispositivo. D i r i t t o Per evidenti ragioni di priorita' logico-giuridica va in limine esaminata la censura sintetizzata al capo sub 1) della parte narrativa, con la quale si deduce sostanzialmente l'inutilizzabilita', in sede processuale, delle dichiarazioni rese da soggetti estranei alla lite (e cioe' dai familiari dei defunti che hanno fruito delle prestazioni dell'impresa ricorrente: cfr. gli allegati, dal n. 35 al n. 45 ed anche altri, al p.v.c. 18 dicembre 1992 della G.d.F.), dalle quali si e' originato gran parte del maggior quantum reddituale accertato. Essa appare fondata. In effetti, la normativa processuale (d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546,), al comma 4 dell'art. 7, sancisce il divieto di acquisizione della prova testimoniale, disponendo testualmente che: "Non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale". Nel giudizio tributario e', difatti, ammessa la sola prova documentale, ex artt. 22, comma 4, 23, comma 2, e 32, comma 1, del citato testo legislativo; quanto ai poteri di investigazione d'ufficio, al lume del disposto di cui all'art. 7 cit., le commissioni tributarie: "esercitano tutte le facolta' di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli uffici tributari ed all'ente locale da ciascuna legge d'imposta (comma 1); "possono" - quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessita' - "richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell'amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici ... omissis ...., ovvero disporre consulenza tecnica" (comma 2); nonche' possono "ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia" (comma 3). Orbene, e' indubitabile che la preclusione del mezzo di prova testimoniale non consente di attribuire efficacia probatoria alle dichiarazioni provenienti da terzi, poiche' diversamente si concreterebbe una sostanziale ed evidente elusione del suindicato veto. Ne' potrebbero ritenersi sottratte a tale interdizione le affermazioni stesse qualora siano raccolte dalla Guardia di Finanza ovvero da altro organo investigativo tributario nel corso di un procedimento di verifica fiscale, siccome anche in questa eventualita' non verrebbe comunque a vanificarsi la loro essenza di dichiarazioni di persone non coinvolte nel processo. Non puo' che condividersi, pertanto, il principio enunciato dalla comissione tributaria regionale per la Lombardia, sez. II, 10 luglio 1998, n. 118 (pres. e rel. Russo), secondo cui: "Nel contesto del processo tributario, in cui e' negata qualsiasi rilevanza alla prova testimoniale, le dichiarazioni rese dalle persone fisiche non possono in alcun modo entrare nella valutazione delle commissioni; cosi' non e' possibile prendere in considerazione le espressioni verbali raccolte dalla polizia tributaria sia a carico sia a discolpa di chicchessia" (cfr., nello stesso senso, commissione tributaria centrale, sez. XI, 8 ottobre 1990, n. 6298). Deve, inoltre, tenersi nella debita considerazione che, quantunque volesse riconoscersi valore probatorio alle pluricitate dichiarazioni, il contribuente, dal suo canto, non potrebbe mai giovarsi di addurne, a sua volta, altre, attesa l'assoluta inefficacia - ai fini istruttori - delle stesse; e cio' costituirebbe una evidente ed irragionevole lesione del suo diritto di difesa. La sezione reputa che la scrutinata doglianza, pur essendo meritevole di accoglimento, suscita due distinti dubbi di costituzionalita' dell'art. 7 cit. - da risolversi, necessariamente, prima della decisione della lite - cosi' riassumibili (in termini essenziali): 1) violazione degli artt. 24 e 53 della Costituzione in quanto l'amministrazione finanziaria, istituzionalmente deputata a salvaguardare il principio della capacita' contributiva e sulla quale grava l'onere probatorio di dimostrare i fatti costitutivi della pretesa tributaria, non puo' avvalersi delle dichiarazioni di terzi idonee a provare l'evasione fiscale; 2) violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione poiche' - ove si ammettesse l'utilizzabilita' delle stesse - il contribuente non potrebbe addurre prova contraria a mezzo di altre dichiarazioni scritte di soggetti estranei alla lite, eventualmente asseverate; nel caso de quo le stesse sono state prodotte dal contribuente (cfr. docc. allegati al ricorso) ma, per le ragioni suesposte, non sono esaminabili. La rilevanza delle anzidette questioni di costituzionalita' e' di tutta evidenza, siccome - quanto a quella sub a) - l'espunzione dal materiale istruttorio degli allegati del p.v.c. della G.d.F., contenenti le propalazioni di persone estranee alla lite, determinerebbe l'accoglimento della lagnanza espressa dai ricorrenti, e - in relazione all'altra (sub b)), il cui presupposto e' costituito dalla ipotetica scrutinabilita' delle citate dichiarazioni - l'omessa valutazione, probatoria delle asserzioni scritte di terzi prodotte dai ricorrenti medesimi, contrastanti quelle anzidette, potrebbe concretamente comportare la reiezione del motivo di gravame. Le argomentazioni suesposte danno indubbiamente conto della non manifesta infondatezza degli evidenziati sospetti di incostituzionallta'.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dei commi 1 e 4 dell'art. 7, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per contrasto, con gli artt. 24 e 53 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono l'utilizzabilita', ai fini decisori, delle dichiarazioni rese da terzi agli organi deputati agli accertamenti tributari; Dichiara, altresi', rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dei commi 1 e 4 citati, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono - nella ipotesi, venissero ritenute probatoriamente efficaci le anzidette dichiarazioni - che il contribuente, al fine di contrastarne il contenuto, possa addurne altre, provenienti egualmente da soggetti estranei alla lite; Dispone la sospensione del presente giudizio e la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della segreteria, alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio del Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Chieti, nella camera di consiglio del 22 gennaio 1999. Il presidente: Quinzio Il giudice estensore: Gialloreto 99C0376