N. 232 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 febbraio 1999
N. 232 Ordinanza emessa il 10 febbraio 1999 dal tribunale di Brindisi nel procedimento civile vertente tra Palma Rocco e comune di Ostuni Arbitrato - Controversie relative all'appalto di lavori pubblici - Definizione, per il periodo anteriore all'entrata in vigore della legge n. 415/1998 (che ha previsto per dette controversie un arbitrato facoltativo), mediante arbitrato obbligatorio - Violazione del diritto di difesa e del divieto di istituzione di giudici speciali - Riferimento alla giurisprudenza della Corte costituzionale sull'illegittimita' dell'arbitrato obbligatorio (sent. nn. 127/1977; 488/1991; 49, 232 e 493/1994; 54 e 152/1996). (Legge 11 febbraio 1994, n. 109, art. 32, comma 1, modificato dal d.-l. 3 aprile 1995, n. 101, art. 9-bis, convertito in legge 2 giugno 1995, n. 216). (Cost., artt. 24 e 102).(GU n.17 del 28-4-1999 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale nella causa civile iscritta al n. 3381/1995 r.g.a.c., passata in decisione all'udienza del 15 dicembre 1998; oggetto: riserve in appalto di opere pubbiche, tra Palma Rocco, rappresentato e difeso dall'avv. D. D'Ippolito, attore e comune di Ostuni, rappresentato e difeso dall'avv. C. Zaccaria, convenuto; Svolgimento del processo Con atto notificato il 3 novembre 1995 Palma Rocco, titolare dell'omonima impresa edile, premesso che in forza di delibera di g.m. n. 1108 dell'11 settembre 1992 e di contratto d'appalto stipulato l'8 ottobre 1992, aveva avuto in consegna dal comune di Ostuni, come da verbale del 2 ottobre 1992, i lavori di ampliamento della Casa di riposo "G. Pinto" da ultimarsi entro il 30 marzo 1993 per il prezzo al netto del ribasso d'asta di L. 276.795.136; citava il predetto comune a comparire dinanzi a questo tribunale, chiedendone la condanna al pagamento delle seguenti somme: a) L. 45.000.000 a titolo di risarcimento dei danni derivati da illegittima sospensione dei lavori, per la quale allegava di avere formulato apposita riserva nei registri di contabilita', oltre interessi e rivalutazione; b) L. 91.827.131 per oneri relativi a maggiori lavori ordinati dalla p.a. committente, come da riserve, oltre interessi e rivalutazione; c) L. 1.505.969 per saldo lavori non corrisposto, oltre interessi ex art. 36 d.P.R. n. 1063/1992 dal 26 novembre 1994. Con comparsa di risposta del 26 gennaio 1996 si costituiva il comune di Ostuni ed eccepiva preliminarmente l'incompetenza del tribunale di Brindisi in base all'art. 32, legge n. 109/1994, come successivamente modificato, che impone il ricorso all'arbitrato obbligatorio; nel merito eccepiva che le riserve relative alle presunte illegittime sospensioni dei lavori erano state espresse in forma non rituale; soggiungeva che comunque non si trattava di sospensioni illegittime, in quanto rese indispensabili dalla necessita' di procedere ad una perizia di variante dei lavori; in ordine agli oneri per i maggiori lavori di cui alla perizia di variante, non contestava che gli stessi fossero stati effettivamente eseguiti dall'impresa, ma eccepiva che alla perizia non aveva fatto seguito la stipula di un nuovo contratto in forma scritta e che pertanto non poteva discenderne alcuna obbligazione in capo alla p.a. committente; inoltre eccepiva, in via subordinata, che in ogni caso non sarebbero dovuti i maggiori oneri relativi all'impianto di riscaldamento ed agli infissi; in via riconvenzionale, chiedeva condannarsi l'attore al pagamento della penale pattuita per il ritardo nella consegna dei lavori, ritardo che risulterebbe dal verbale di consegna dei lavori. Prodotta vaaia documentazione ed esperita consulenza tecnica d'ufficio, la causa sulle conclusioni rassegnate dai procuratori era trattenuta per la definitiva decisione all'udienza del 15 dicembre 1998. Motivazione E' fondata l'eccezione preliminare d'incompetenza formulata in base al presupposto della sussistenza della competenza arbitrale obbligatoria ai sensi dell'art. 32, comma 1 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come modificato dall'art. 9-bis del d.-l. 3 aprile 1995, n. 101 (d.-l. convertito nella legge 2 giugno 1995, n. 216). Detto articolo dispone che "Ove non si proceda all'accordo bonario ai sensi del comma 1 dell'articolo 31-bis e l'affidatario confermi le riserve, la definizione delle controversie e' attribuita ad un arbitrato ai sensi delle norme del titolo VIII del libro quarto del codice di procedura civile". Il giudizio va tuttavia sospeso, dovendosi rimettere gli atti alla Corte costituzionale, affinche' dichiari l'illegittimita' Costituzionale del predetto art. 32, legge n. 109/1994, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come modificato dall'art. 9-bis del d.-l. 3 aprile 1995, n. 101 (d.-l. convertito nella legge 2 giugno 1995, n. 216), per contrasto con gli artt. 24 e 102 della Costituzione. La questione e' rilevante e non e' manifestamente infondata. Rilevanza Non v'e' dubbio che il citato art. 32, intitolato "Definizione delle controversie" si applica alla fattispecie dedotta nel presente giudizio: A) Sotto il profilo della successione delle leggi nel tempo, occorre rilevare che l'art. 32 della legge n. 109/1994, come modificato dall'art. 9-bis del d.P.R. n. 101 del 3 aprile 1995 era in vigore all'epoca dell'introduzione del presente giudizio (citazione notificata il 3 novembre 1995). Trattandosi di norma di natura processuale, per la quale vale il generale principio tempus regit actum, se ne impone l'applicazione nel presente giudizio civile, con riferimento al momento della proposizione della domanda (ai fini della determinazione della competenza); pertanto a nulla rileva nella fattispecie in esame che, di recente, con legge 18 novembre 1998, n. 415 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 4 dicemrbe 1998), il predetto art. 32 sia stato interamente riformato con introduzione di una disciplina che esclude il carattere obbligatorio del ricorso all'arbitrato. B) Ricorrono i presupposti oggettivi e soggettivi individuati dall'art. 2 della legge n. 109/1994 ("Ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della legge - Ai sensi e per gli effetti della presente legge e del regolamento di cui all'art. 3, comma 2, si intendono per lavori pubblici, se affidati dai soggetti di cui al comma 2 del presente articolo, le attivita' di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere ed impianti anche di presidio e difesa ambientale, ad esclusione di quelli ricadenti nell'ambito di applicazione della normativa nazionale di recepimento della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992 (3). 2. - Le norme della presente legge e del regolamento di cui all'art. 3, comma 2, si applicano: a) alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, agli enti pubblici, compresi quelli economici, agli enti ed alle amministrazioni locali, alle loro associazioni e consorzi nonche' agli altri organismi di diritto pubblico; b) ai concessionari di lavori pubblici, ai concessionari di esercizio di infrarutture destinate al pubblico servizio, alle societa' con capitale pubblico, in misura anche non prevalente, che abbiano ad oggetto della propria attivita' la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza nonche', qualora operino in virtu' di diritti speciali o esclusivi, ai concessionari di servizi pubblici e ai soggetti di cui alla direttiva 93/38/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, salvo modifiche e integrazioni all'atto del recepimento della direttiva medesima; c) ai soggetti privati, relativamente a lavori di cui all'allegato A del d.lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, nonche' ai lavori civili relativi ad ospedali impianti sportivi, ricreativi e per il tempo libero, edifici scolastici ed universitari, edifici destinati a scopi amministrativi ed edifici industriali, di importo superiore a 1 milione di ECU, per la cui realizzazione sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50% dell'importo dei lavori (4); 3. - Ai soggetti di cui al comma 2, lettera a), qualora affidino concessioni di lavori pubblici di qualsiasi importo, si applicano le disposizioni di cui alla presente legge, limitatamente agli artt. 4, 8, comma 7, 19, 20, 21, 22, 23, 29, 30, 31, 31/bis, 32 e 34, nonche' agli artt. 8, 9, 10, 11, 12 e 13 esclusivamente se il concorrente intende eseguire i lavori oggetto della concessione con la propria organizzazione di impresa. Ai soggetti di cui al comma 2, lettera b), si applicano le disposizioni della presente legge ad esclusione degli artt. 5, 6, 14, 17, 18, 26, 27 e 35. Ai soggetti di cui al comma 2, lettera c), si applicano le disposizioni della presente legge limitatamente agli artt. 4, 8, 9, 10, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 27, 28, 29 e 34 (3). 4. - I soggetti di cui al comma 2, lettera b), sono obbligati ad appaltare a terzi i lavori pubblici non realizzati direttamente o tramite imprese controllate. Ai fini del presente comma si intendono per soggetti terzi anche le imprese collegate. I requisiti di qualificazione di cui alla presente legge sono richiesti al concessionario ed alle imprese collegate o controllate nei limiti in cui essi eseguono direttamente i lavori oggetto della concessione. 5. - In deroga a quanto previsto dal comma 4, nei tre anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti di cui al comma 2, lettera b), possono far eseguire i lavori oggetto della concessione ad imprese collegate, nella misura massima del 30 per cento. I prezzi degli appalti conferiti ad imprese collegate sono determinati applicando la media dei ribassi per lavori similari affidati previo esperimento di procedure di pubblico incanto o di licitazione privata dal concessionario ovvero dall'amministrazione concedente negli ultimi sei mesi. I requisiti di qualificazione di cui alla presente legge sono richiesti al concessionario ed alle imprese collegate o controllate nei limiti in cui essi eseguono direttamente i lavori oggetto della concessione (5). 5-(bis) - Ai fini dei commi 4 e 5 del presente articolo, per imprese collegate si intendono le imprese di cui all'art. 4, comma 5, del d.lgs. 19 dicembre 1991, n. 406 (5). 6. - Ai sensi della presente legge si intendono: a) per organismi di diritto pubblico qualsiasi organismo con personalita' giuridica, istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale, non aventi carattere industriale o commerciale e la cui attivita' sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dagli enti locali, da altri enti pubblici o da altri organismi di diritto pubblico, ovvero la cui gestione sia sottoposta al controllo di tali soggetti, ovvero i cui organismi di amministrazione, di direzione o di vigilanza siano costituiti in misura non inferiore alla meta' da componenti designati dai medesimi soggetti; b) per procedure di affidamento dei lavori o per affidamento dei lavori il ricorso a sistemi di appalto o di concessione; c) per amministrazioni aggiudicatrici i soggetti di cui al comma 2, lettera a); d) per altri enti aggiudicatori o realizzatori i soggetti di cui al comma 2, lettere b) e c). (3) Comma cosi' modificato dall'art. 2, d.-l. 3 aprile 1995, n. 101. (4) Lettera cosi' sostituita dall'art. 2, d.-l. 3 aprile 1995, n. 101. (5) Periodo aggiunto dall'art. 2, d.-l. 3 aprile 1995, n. 101. (6) Comma aggiunto dall'art. 2, d.-l. 3 aprile 1995, n. 101"); ed infatti nel caso in esame la p.a. appaltante e' un ente territoriale (il comune di Ostuni), dunque un amministrazione locale; inoltre risulta dagli atti di causa che l'impresa ha eseguito "i lavori oggetto dell'appalto con la propria organizzazione di impresa". C) Il contenzioso, come prevede l'art. 32, ha per oggetto le "riserve" (per sospensione illegittima dei lavori e per maggiori oneri conseguenti a variazione dei lavori) formulate dall'impresa nei registri di contabilita'; inoltre ricorre il presupposto del mancato raggiungimento di un "accordo bonario". Non manifesta infondatezza Violazione degli artt. 24, primo comma, e 102 della Costituzione. Il primo comma dell'art. 32, legge n. 109/1994, come modificato, prevede (in costanza di determinati presupposti: mancato perfezionamento di un accordo bonario) il ricorso obbligatorio all'arbitrato per la definizione delle controversie relative alle riserve formulate dall'impresa appaltatrice nel corso dell'esecuzione di lavori pubblici. Cio' risulta evidente, in primo luogo, in base all'interpretazione letterale della disposizione: "Ove non si proceda all'accordo bonario definizione delle controversie e' attribuita ad un arbitro". L'espressione "e' attrituita ad un arbitro", secondo i piu' comuni canoni di ermeneutica, significa che la controversia deve necessariamente essere devoluta ad un arbitro. Cio' trova conferma anche sul piano dell'interpretazione logica: se l'intento del legislatore fosse stato quello di attribuire alle parti la libera facolta' alternativa di ricorrere all'A.G.O. o di compromettere la lite in arbitri, non avrebbe avuto necessita' di formularne espressa previsione, poiche' tale facolta' era gia' presente nel sistema processuale in base all'art. 806 c.p.c. ("Le parti possono far decidere da arbitri le controversie fra di loro insorte, tranne quelle previste negli art. 429 e 459, quelle che riguardano questioni di stato e di separazione personale fra coniugi e le altre che non possono formare oggetto di transazione") Ne' la materia relativa ai rapporti contrattuali di appalto fra p.a. ed impresa privata rientrava fra quelle non compromettibili in arbitri in base al predetto art. 806 (il che avrebbe potuto giustificare una espressa previsione nell'art. 32 dell'alternativa possibilita' di ricorrere all'A.G.O. o ad un arbitro), tenuto conto che la p.a. nell'ambito di tali rapporti contrattuali di appalto, agisce iure privatorum: "Le controversie fra privato e p.a. di competenza del giudice ordinario sono compromettibili, a meno che, in base al principio generale, non si tratti di diritti indisponibili". (Cassazione, sent. nn. 9155/1995, 1112/1981 a sez. un., 5637/1984 a sez. un.). Procedendo infine all'interpretazione sistematica, appare evidente che il richiamo al titolo 8 del libro 4 del codice di procedura civile, contenuto nel primo comma dell'art. 32, legge n. 109/1994, non vale ad affermare la facoltativita' del ricorso all'arbitrato, essendone stata gia' sancita l'obbligatorieta' nella prima parte del medesimo art. 32 ("e' attribuita ad un arbitro"). Pertanto l'espressione "ai sensi delle norme del titolo 8 del libro 4 del codice di procedura civile", dovendo essere armonizzata con l'intera disciplina contenuta nell'articolo, vale esclusivamente a richiamare tutte le disposizioni del codice di procedura civile che regolano lo svolgimento procedimento arbitrale e le formalita' preliminari e non invece quelle relative alla libera negoziazione del compromesso, essendo queste ultime incompatibili con l'obbligatorieta' del ricorso all'arbitrato, che e' imposta dalla prima parte dell'art. 32, legge n. 409/1994. La Corte costituzionale, con sentenza 2-9 maggio 1996, n. 152 (Gazzetta Ufficiale 15 maggio 1996, n. 20 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 16, legge 10 dicembre 1981, n. 741 (sostitutivo dell'art. 47 del d.P.R. n. 1063/62 - Capitolato generale dei lavori pubblici), nella parte in cui non stabilisce che la competenza arbitrale puo' essere derogata anche con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti. L'art. 24 della Costituzione al primo comma stabilisce che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi e l'art. 102, nel vietare l'istituzione di giudici straordinari o speciali, sancisce che la funzione giurisdizionale e' esercitata dai magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Dall'interpretazione sistematica dei due citati articoli della Costituzione deriva l'affermazione del principio Costituzionale della "regola della competenza del giudice ordinario". Pertanto e' incostituzionale qualsiasi norma di diritto positivo che, sovvertendo tale "regola", affidi il giudizio ad un collegio arbitrale in guisa tale da sottrarre preventivamente ed in via generale tutte le controversie concernenti i rapporti in certe materie alla sfera di competenza delle autorita' giurisdizionali. La Corte costituzionale ha gia' piu' volte affermato che "intenzione del Costituente era stata quella di tutelare la concentrazione della funzione giurisdizionale, per cui, a seguito del congiunto degli art. 24, primo comma e 102, primo comma della Costituzione, il fondamento qualsiasi arbitrato e' da rinvenirsi solo nella libera scelta delle parti e non nella legge ..." (principio affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 127 del 1977 e riportato nella predetta sentenza n. 156 del 2-9 maggio 1996). Ed ancora la Corte costituzionale nella sentenza n. 156/1996 ha ribadito: "L'illegittimita' costituzionale dell'imposizione autoritativa del ricorso all'arbitrato e' stata ribadita da numerose sentenze di questa Corte (n. 54 del 1996; nn. 493, 232, 206, 49 del 1994; n. 488 del 1991). In una di queste pronunce (la n. 232 del 1994) si e' anche ritenuto non conforme ai principi costituzionali il rinvio della controversia ad una commissione arbitrale predeterminata direttamente dalla legge" e, con riferimento all'art. 47 del Capitolato generale, ha affermato: "Con la disposizione impugnata (art. 16, legge 10 dicembre 1981, n. 741) l'originaria formulazione dell'art. 47 del capitolato disciplinato dal d.P.R. n. 1063/1962 e' stata sostituita, stabilendosi che la competenza arbitrale, prevista dagli artt. 43 e seguenti puo' essere esclusa solo con apposita clausola inserita nel bando o invito di gara, oppure nel contratto in caso di trattativa privata. Siffatta nuova formulazione dell'art. 47, prevede un sistema declinatorio della competenza arbitrale che non si sottrae alla censura di incostituzionalita', in quanto sostanzialmente conferma la natura obbligatoria dell'arbitrato, ritenuta illegittima dalla costante giurisprudenza di questa Corte ... L'arbitrato puo' invece ritenersi non obbligatorio - come prevedeva l'originaria formulazione dell'art. 47 - anche dopo l'aggiudicazione dell'appalto e fino alla nomina degli arbitri per la decisione sull'insorta controversia, qualora sia consentita la facolta', all'una o all'altra parte del rapporto, di scegliere ancora la competenza ordinaria ... Solo a fronte della concorde e specifica volonta' delle parti (liberamente formatasi) sono consentite deroghe alla regola della statualita' della giurisdizione". Gia' in quella sede la Corte costituzionale ha indicato, sia pure incidentalmente, la censurabilita' per manifesta incostituzionalita' dell'art. 32, legge n. 109/1994 nella formulazione novellata dal d.-l. 3 aprile 1995, n. 101: "Lo stesso legislatore, d'altronde, ha dimostrato recentemente di cercare giuste soluzioni al problema perche', nel regolare ex novo la materia degli appalti pubblici (con la legge n. 109/1994) aveva previsto all'art. 32 che la competenza sulle controversie fosse attribuita al giudice ordinario, con esplicito divieto di definire la controversia agli arbitri; successivamente con il d.-l. 3 aprile 1995, n. 101 convertito in legge con legge del 2 giugno 1995, n. 216, la competenza arbitrale e' stata nuovamente introdotta, pero' con il richiamo alla disciplina contenuta al riguardo dal codice di procedura civile. La legislazione potrebbe ancora evolversi, tenendo conto, oltre che del coordinamento con la disciplina comunitaria, del principio essenziale della effettiva libera volonta' di ciascuna parte sulla scelta della competenza nei casi in cui il contratto sia predisposto dalla p.a.". Ogni ulteriore commento appare superfluo rispetto all'eufemistico auspicio de iure condendo formulato dalla Corte costituzionale a fronte del passo indietro compiuto dal legislatore con l'approvazione dell'art. 9-bis del d.-l. 3 aprile 1995, n. 101 (convertito con la legge 2 giugno 1965, n. 216), che ha modificato l'art. 32, legge 11 febbraio 1994, n. 109, introducendo l'istituto dell'arbitrato obbligatorio. Lo stesso legislatore, in ossequio dei principi indicati dalla Corte costituzionale, ha di recente risolto il problema di legittimita' costituzionale, tornando a riformare l'istituto in questione, sia pure con efficacia ovviamente limitata alle future controversie; ed in particolare con l'art. 10, legge 18 novembre 1998, n. 415 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 4 dicembre 1998) ha modificato il predetto art. 32, tornando ad escludere il carattere obbligatorio del ricorso all'arbitrato in base alla nuova formulazione che qui di seguito si riporta: "Art. 32 (Definizione delle controversie). 1. - Tutte le controversie derivanti dall'esecuzione del contratto, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario previsto dal comma 1 dell'art. 31-bis, possono essere deferite ad arbitri. 2. - Qualora sussista la competenza arbitrale, il giudizio, e' demandato ad un collegio arbitrale costituito presso la camera arbitrale per i lavori pubblici istituita presso l'Autorita' di cui all'art. 4 della presente legge. Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento sono fissate le norme di procedura del giudizio arbitrale ...". Non resta che sospendere il giudizio e rimettere alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' di detta norma, in quanto norma processuale applicabile all'epoca dell'inizio della causa.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, nei termini di cui in motivazione, dell'art. 32, primo comma della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come modificato dall'art. 9-bis del d.-l. 3 aprile 1995, n. 101 (d.-l. convertito nella legge 2 giugno 1995, n. 216), in relazione agli artt. 24 e 102 della Costituzione, ed in quanto ancora applicabile, ai fini della determinazione della competenza, nelle controversie sorte prima dell'entrata in vigore dell'art. 10, legge 18 novembre 1998, n. 415. Sospende il presente procedimento. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Brindisi, addi' 10 febbraio 1999. Il giudice unico: Marzo 99C0385