N. 133 ORDINANZA 12 - 16 aprile 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Giudice  che,  in sede di riesame o di appello,
 pronunciando nei confronti di uno o piu' concorrenti  in  ipotesi  di
 reati  a  concorso  necessario,  abbia valutato la posizione di altri
 coindagati - Preclusione alla partecipazione  al  giudizio  -  Omessa
 previsione  -  Riferimento  alla sentenza n. 331/1997 dalla Corte, di
 rinvio  alle  proprie  pronunce  nn.  306,  307   e   308/1997,   con
 declaratoria  di  inammissibilita'  di  analoga questione - Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (C.P.P., art. 34, comma 2).
 
 (Cost., art. 3 e 24).
 
(GU n.16 del 21-4-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,    prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio
 ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE,   prof. Guido NEPPI  MODONA,    prof.
 Piero Alberto CAPOTOSTI,  prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2,
 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa  il  6
 dicembre  1996  dal  tribunale  di  Napoli,  iscritta  al  n. 294 del
 registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  24  marzo 1999 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte;
   Ritenuto che con ordinanza del 6  dicembre  1996  il  tribunale  di
 Napoli  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  34,
 comma  2,  del  codice  di  procedura penale, "nella parte in cui non
 prevede che non possa partecipare al giudizio il giudice che, in sede
 di riesame (o di appello), pronunciando nei confronti di uno  o  piu'
 concorrenti in ipotesi di reati a concorso necessario, abbia valutato
 la posizione di altri coindagati":
     che  l'ordinanza  richiama  la  sentenza  n. 131 del 1996, con la
 quale    questa    Corte    ha    chiarito    che    la    disciplina
 dell'incompatibilita', contenuta nell'art. 34 del codice di procedura
 penale,  si  fonda  sulla  necessita'  di  evitare la duplicazione di
 giudizi della medesima natura da parte dello stesso giudice, e quindi
 sulla esigenza di proteggere il giudizio di  merito  dal  rischio  di
 pregiudizio,   effettivo   o  anche  solo  potenziale,  derivante  da
 valutazioni  di  sostanza  sulla  ipotesi  accusatoria  espresse   in
 occasione di atti compiuti in precedenti fasi processuali;
     che  -  rileva  il  remittente - questa Corte, con la sentenza n.
 432 del 1995, aveva gia' affermato che  i  principi  sopra  ricordati
 devono  trovare  applicazione  anche  in riferimento ai provvedimenti
 cautelari personali nei loro rapporti col giudizio  di  merito  sulla
 imputazione, in quanto le pronunce cautelari presuppongono pur sempre
 un  giudizio  prognostico  di  segno  positivo sulla responsabilita',
 ancorche' basato su indizi e non ancora su prove;
     che successivamente - ricorda ancora il giudice a quo   -  questa
 Corte,  con  la  sentenza n. 371 del 1996, ha ulteriormente esteso le
 ipotesi   di   incompatibilita',    dichiarando    costituzionalmente
 illegittimo l'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella
 parte  in  cui  non prevede che non possa partecipare al giudizio nei
 confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o  concorso
 a   pronunciare  una  precedente  sentenza  nei  confronti  di  altri
 soggetti, nella quale la  posizione  di  quello  stesso  imputato  in
 ordine  alla  sua  responsabilita'  penale  sia  gia'  stata comunque
 valutata;
     che, alla luce di  tali  pronunce,  il  remittente  dubita  della
 legittimita'  costituzionale del citato art. 34, comma 2, nella parte
 in cui  non  prevede  che  non  possa  partecipare  al  giudizio  nei
 confronti  di  alcuni  coimputati  di  reato a concorso necessario il
 giudice che, essendosi pronunciato, in sede di riesame o di  appello,
 su  misura  cautelare  personale  disposta  nei  confronti  di  altri
 concorrenti nel medesimo reato, ne abbia gia' valutato la posizione;
     che  la  mancata  previsione  di  questa  ulteriore  ipotesi   di
 incompatibilita' violerebbe il principio del giusto processo, poiche'
 si avrebbe una duplicazione di giudizi della medesima natura da parte
 dello   stesso   giudice,  con  conseguente  rischio  di  pregiudizio
 derivante  da  precedenti   valutazioni   sul   merito   dell'ipotesi
 accusatoria espresse dallo stesso giudicante.
   Considerato  che, successivamente alla proposizione della questione
 oggetto del presente giudizio, questa Corte, con la sentenza  n.  331
 del   1997,   ha   dichiarato   inammissibile  analoga  questione  di
 costituzionalita', rinviando alle sue pronunce nn. 306, 307 e 308 del
 1997 per l'individuazione dei limiti entro i quali il  principio  del
 giusto    processo   postula   la   previsione   di   un'ipotesi   di
 incompatibilita' e chiarendo che, se il pregiudizio deriva non da una
 sentenza, ma, come si assume essere avvenuto nel caso di  specie,  da
 un'ordinanza  adottata  in  un  procedimento diverso, lo strumento di
 tutela non puo'  essere  ravvisato  in  ulteriori  sentenze  additive
 sull'art.  34  cod.  proc.  pen.,  ma deve essere ricercato nell'area
 degli  istituti  dell'astensione  e  della   ricusazione,   anch'essi
 preordinati alla salvaguardia della terzieta' del giudice:
     che  i  precedenti  di  questa Corte appena citati sono idonei ad
 offrire la soluzione della presente questione, poiche' le pronunce in
 sede di riesame o di appello su aspetti  non  esclusivamente  formali
 delle  misure  cautelari  personali  sono  adottate  con  ordinanza e
 comportano valutazioni del medesimo genere  di  quelle  compiute  dal
 giudice  in  sede di applicazione di tali misure (sentenza n. 131 del
 1996);
     che,  pertanto,  la  questione   va   dichiarata   manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  34,  comma  2, del codice di
 procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e  24  della
 Costituzione,  dal  tribunale  di  Napoli con l'ordinanza indicata in
 epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 aprile 1999.
                         Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mezzanotte
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 16 aprile 1999.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
 99C0399