N. 138 SENTENZA 14 - 22 aprile 1999

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Imposte  in  genere  -  Regione Sicilia - Irap - Addizionale Irpef -
 Esclusione di un trasferimento di gettito  tributario  dalla  regione
 alle province e ai comuni - Non fondatezza - Inammissibilita'.+
 
 (D.Lgs.  15 dicembre 1997, n. 446, artt. 1, 2, 4, 15, 24, 26, 27, 30,
 36, 40, 41, 42, 50, 43, 60 e 61; statuto regione Sicilia, art. 36).
 
 (Cost., artt. 3 e 76).
 
(GU n.17 del 28-4-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.
 Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.
 Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE,
 avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
     a)  nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 1,
 2, 4, 15, 24, 26, 27, 30, 36, 40, 41, 42, 43, 50, 60 e 61 del decreto
 legislativo  15  dicembre   1997,   n.   446   recante   "Istituzione
 dell'imposta  regionale  sulle  attivita' produttive, revisione degli
 scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione
 di una addizionale regionale a tale imposta, nonche'  riordino  della
 disciplina dei tributi locali", promosso con ricorso della Regione
  Siciliana,  notificato il 21 gennaio 1998, depositato in Cancelleria
 il 29 successivo ed iscritto al n. 10 del registro ricorsi 1998;
     b) nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito del
 decreto 24 marzo 1998 del Ministro del tesoro, del bilancio  e  della
 programmazione  economica  adottato di concerto con il Ministro delle
 finanze, recante "Modalita' di riversamento delle somme riscosse  per
 l'imposta   regionale   sulle   attivita'  produttive  (IRAP)  e  per
 l'addizionale regionale all'IRPEF, ai sensi del  decreto  legislativo
 15  dicembre  1997,  n.  446",  promosso  con  ricorso  della Regione
 Siciliana, notificato il 25 maggio 1998, depositato in Cancelleria il
 2 giugno 1998 ed iscritto al n. 14 del registro conflitti 1998.
   Visti  gli  atti  di  costituzione del Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 26 gennaio 1999 il giudice relatore
 Valerio Onida;
   Uditi gli avvocati Giovanni Pitruzzella e Francesco Castaldi per la
 Regione Siciliana e l'avvocato dello  Stato  Sergio  Laporta  per  il
 Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -    Con  ricorso  notificato  il 21 gennaio e depositato il 29
 gennaio  1998  la  Regione  Siciliana   ha   promosso   giudizio   di
 legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 36 dello statuto
 speciale  e  alle relative norme di attuazione, nonche' agli articoli
 76 e 3 della Costituzione, del decreto legislativo 15 dicembre  1997,
 n.   446   (Istituzione   dell'imposta   regionale   sulle  attivita'
 produttive,  revisione  degli  scaglioni,  delle  aliquote  e   delle
 detrazioni  dell'Irpef  e  istituzione di una addizionale regionale a
 tale imposta, nonche' riordino della disciplina dei tributi  locali),
 e  in particolare degli articoli 1, 2, 4, 15, 24, 26, 27, 30, 36, 40,
 41, 42, 43, 50, 60 e 61.
   La ricorrente ricorda che il decreto legislativo impugnato e' stato
 emanato sulla base della delega contenuta  nell'art.  3,  comma  143,
 della  legge  n. 662 del 1996, relativa alla istituzione dell'imposta
 regionale  sulle  attivita'  produttive  (IRAP)  e   dell'addizionale
 regionale   sull'IRPEF.   L'IRAP   nascerebbe  dunque  come  "tributo
 regionale", mentre la disciplina adottata con il decreto  legislativo
 contraddirebbe  tale  natura  del  tributo,  e  contrasterebbe con la
 particolare configurazione della potesta'  tributaria  della  Regione
 Siciliana,  alla  quale  spetterebbero,  ai  sensi dell'art. 36 dello
 statuto, oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate,
 tutte le entrate tributarie erariali  riscosse  nell'ambito  del  suo
 territorio. La Regione godrebbe di potesta' legislativa esclusiva con
 riguardo  ai  tributi  propri,  che essa puo' deliberare sia pure nei
 limiti dei principi del sistema tributario dello  Stato,  costituendo
 la  deliberazione  diretta  da  parte  della  Regione  l'elemento che
 definisce la nozione di tributo proprio;  godrebbe  poi  di  potesta'
 legislativa  concorrente,  sia  pure  nel  limite  del  rispetto  dei
 principi generali recati nella materia dalle leggi dello  Stato,  per
 quanto  riguarda  i  tributi erariali il cui gettito e' devoluto alla
 Regione medesima.
   La  disciplina  impugnata  sembrerebbe  invece   negare   qualsiasi
 autonoma  determinazione  della  Regione  in ordine al nuovo tributo,
 istituito dall'art. 1 del decreto, che agli artt. 2 e 4 ne  definisce
 nei particolari il presupposto e la base imponibile. L'art. 24, comma
 2,  stabilendo che le Regioni a statuto speciale provvedono con legge
 all'attuazione delle relative disposizioni in conformita' all'art. 3,
 commi 158 e 159, della legge n. 662 del 1996,  ometterebbe  qualsiasi
 riferimento alla peculiare posizione assegnata alla Regione Siciliana
 dall'art.    36  dello  statuto  e dalle norme di attuazione, sicche'
 verrebbe meno  qualsiasi  clausola  di  salvaguardia  della  speciale
 autonomia  siciliana  in materia finanziaria, e cio' costituirebbe un
 passo indietro anche rispetto all'art. 3, comma 158, della  legge  n.
 662  del  1996  -  pure impugnato dalla Regione con altro ricorso (R.
 ric. n. 18 del 1997) - ai cui sensi la Regione Siciliana provvede con
 legge  all'attuazione  dei  decreti  legislativi  delegati  "con   le
 limitazioni    richieste   dalla   speciale   autonomia   finanziaria
 preordinata dall'art. 36 dello statuto  regionale  e  dalle  relative
 norme di attuazione".
   A  questo punto, secondo la ricorrente, si porrebbe un'alternativa:
 se l'IRAP e' un tributo proprio della Regione, dovrebbe  riconoscersi
 la  competenza primaria della Regione stessa; se invece e' un tributo
 erariale il cui gettito e' devoluto alla Regione,  ad  essa  dovrebbe
 comunque  riconoscersi  una  potesta'  legislativa  concorrente,  non
 limitata alla mera attuazione della dettagliata normativa statale.
   2. - Altri piu' specifici profili di illegittimita' sollevati dalla
 ricorrente  riguardano  disposizioni  del  decreto  legislativo   che
 disciplinano alcuni aspetti del nuovo tributo.
   Anzitutto  gli  articoli  2, 4 e 15, che, nel definire presupposti,
 base imponibile e  spettanza  dell'imposta,  adottano  come  criterio
 quello  del  territorio nel quale si esercita l'attivita' produttiva,
 contrasterebbero con l'art. 36 dello statuto siciliano e  con  l'art.
 2  del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, che attribuiscono alla Regione
 le entrate riscosse nell'ambito del suo territorio, dando rilievo  al
 luogo di riscossione.
   E'  censurato  poi  l'art.  24,  comma  4,  il quale prevede che le
 attivita' di liquidazione, accertamento  e  riscossione  dell'imposta
 possono  essere  affidate,  sulla  base  di  apposita convenzione, al
 Ministero delle finanze: poiche' l'art. 8 del d.P.R. n. 1074 del 1965
 gia' stabilisce che per tutte le funzioni amministrative  in  materia
 finanziaria   la   Regione   si   avvale   degli   uffici  periferici
 dell'amministrazione statale, ne deriverebbe che per  l'effettuazione
 di  dette  attivita'  lo  Stato non potrebbe pretendere alcun tipo di
 rimborso per le spese sostenute.
   L'art.  24,  comma  7,  il  quale,  ad  avviso  della   ricorrente,
 sembrerebbe  escludere  l'intera  spettanza  alla Regione delle somme
 derivanti dalla irrogazione  di  sanzioni  per  la  violazione  della
 relativa  normativa,  contrasterebbe  con il combinato disposto degli
 artt. 2 e 3 del d.P.R.  n. 1074 del 1965, da cui si  desumerebbe  che
 spettano  alla  Regione  anche  le  entrate  tributarie  accessorie e
 derivanti  dall'applicazione  di  sanzioni  pecuniarie  riscosse  nel
 territorio regionale.
   Gli  artt.  27  e  29,  prevedendo  la compartecipazione di comuni,
 Province e Citta' metropolitane a quote del  gettito  IRAP  stabilite
 centralmente,  farebbero  venir meno qualsiasi discrezionalita' della
 Regione in materia, e disconoscerebbero la competenza esclusiva della
 Regione in materia di enti locali,  la  quale,  facendo  sistema  con
 l'autonomia  finanziaria,  comporterebbe  l'attribuzione alla Regione
 stessa del potere di conformare l'intero sistema degli  enti  locali,
 sia  sotto il profilo dell'organizzazione e delle funzioni, sia sotto
 quello della finanza.
   3. - La ricorrente censura altresi'  le  disposizioni  degli  artt.
 24, 25 e 26 del decreto, che disciplinano la fase di prima attuazione
 del nuovo tributo.
   L'art.  24,  comma  6,  prevedendo che le leggi di attuazione delle
 Regioni a statuto speciale potranno avere effetto solo a partire  dal
 periodo  di  imposta  in  corso al 1 gennaio 2000, paralizzerebbe del
 tutto la competenza statutariamente spettante alla Regione.
   A  loro  volta,  gli artt. 25 e 26, che, nelle more dell'entrata in
 vigore delle leggi regionali, affidano totalmente  ed  esclusivamente
 allo  Stato  le  attivita'  di  controllo, accertamento e riscossione
 dell'imposta (con applicazione  della  relativa  disciplina  statale:
 art.  30),  prevedendo,  a  compensazione  dei  costi sostenuti dallo
 Stato,  l'attribuzione  allo  stesso  di  una  quota   del   gettito,
 produrrebbero  un  effetto  paradossale:  la competenza della Regione
 resterebbe congelata, e per effetto di tale congelamento  la  Regione
 sarebbe  tenuta  a  versare  allo  Stato  una  quota  del gettito per
 compensarlo  di  attivita'  che  altrimenti  essa  potrebbe  svolgere
 direttamente.  Inoltre,  secondo  la  ricorrente,  la riscossione dei
 tributi  in  Sicilia  comporterebbe,   stando   alla   giurisprudenza
 costituzionale,  "soluzioni  aperte", che debbono essere identificate
 dalla legislazione regionale concorrente.
   L'art. 26, comma 2, che attribuisce allo Stato una ulteriore  quota
 del  gettito  IRAP a compensazione della perdita di gettito derivante
 dall'abolizione dell'imposta  sul  patrimonio  netto  delle  imprese,
 sarebbe  irragionevole  e  in  contrasto  con l'art. 36 dello statuto
 siciliano, in quanto l'imposta abolita era di carattere straordinario
 e  temporaneo.
   Di contro, quando l'art. 36 del decreto prevede, contemporaneamente
 all'introduzione dell'IRAP, l'abolizione di diversi tributi erariali,
 il cui  gettito  regionalmente  riscosso  spettava  per  intero  alla
 Regione  (salvo che per  l'ILOR, ad essa devoluta solo per una quota,
 e per l'imposta  sul  patrimonio  netto  delle  imprese,  interamente
 riservata  allo  Stato),  non  prevede  alcuna compensazione a favore
 della Regione  stessa.  Pertanto,  secondo  la  ricorrente,  essa  si
 troverebbe   a   subire  una  irragionevole  diminuzione  di  entrate
 tributarie, non compensata in alcun modo.
   Viene inoltre censurato l'art.  40  del  decreto,  che  prevede  la
 istituzione  di  conti  correnti  infruttiferi  presso  la  tesoreria
 centrale  dello  Stato,  intestati  alle  Regioni,  e  di  specifiche
 contabilita'  di  girofondi  intestate alle stesse Regioni, presso le
 sezioni di tesoreria provinciale dello Stato operanti nei  capoluoghi
 di  Regione,  rinviando  ad un decreto ministeriale la individuazione
 delle modalita'  di  riversamento  delle  somme  riscosse  sui  conti
 predetti,  a  favore  di  Stato,  comuni,  Province,  Fondo sanitario
 nazionale, secondo percentuali indicate dalla legge o  da  successivi
 decreti  ministeriali,  con  la conseguenza che solo la parte residua
 sarebbe attribuita alla Regione. Cio' comporterebbe  per  la  Regione
 una  fortissima  riduzione  della capacita' di manovra finanziaria ed
 una notevole diminuzione di  gettito,  ulteriormente  accentuata  per
 effetto  degli artt. 41 e 42, che, per le Regioni a statuto speciale,
 prevedono la compensazione delle eccedenze annuali, consistenti nella
 differenza fra il gettito dell'IRAP, al netto delle  quote  riservate
 allo  Stato  e  di  quella  destinata  al  finanziamento del Servizio
 sanitario, e l'ammontare delle compartecipazioni ai tributi  erariali
 soppressi,  mediante  variazioni  delle  quote  del  Fondo  sanitario
 nazionale, trasferimenti di funzioni, o acquisizione delle  eccedenze
 al bilancio dello Stato.
   E'  denunciato  altresi'  l'art.  50  del  decreto,  che istituisce
 l'addizionale regionale sull'IRPEF, erroneamente indicata nel ricorso
 come addizionale sull'IRAP: anch'esso predisporrebbe  una  disciplina
 che   esclude  sostanzialmente  qualsiasi  possibilita'  di  autonoma
 legislazione regionale.
   4. - Infine, altre censure investono gli artt. 60 e 61 del decreto,
 concernenti l'attribuzione a comuni e  Province del gettito di alcuni
 tributi erariali e la contestuale riduzione dei trasferimenti statali
 agli enti locali medesimi.
   Tale  soluzione  normativa,  ad  avviso  della  ricorrente,  mentre
 potrebbe dirsi ragionevole per le altre Regioni, avrebbe  conseguenze
 paradossali  in  Sicilia,  poiche'  il gettito dei tributi trasferiti
 agli enti locali gia'  era  attribuito  alla  Regione:  tale  gettito
 verrebbe  sottratto  alla Regione, mentre agli enti locali verrebbero
 ridotti i trasferimenti da parte dello Stato.   Inoltre  il  comma  4
 dell'art.   60,   secondo   cui   le   Regioni   speciali  provvedono
 all'attuazione dei primi due commi  del  medesimo  articolo,  sarebbe
 quanto  meno  impreciso, perche' si riferisce alla mera attuazione da
 parte del legislatore regionale, che godrebbe invece, in materia,  di
 potesta'  legislativa  concorrente.    A  sua  volta sarebbe "sintomo
 vistoso" della disattenzione del legislatore delegato  nei  confronti
 del  particolare regime finanziario della Sicilia l'art. 61, comma 4,
 che fa riferimento al "recepimento" delle disposizioni degli artt. 60
 e 61 da parte dello statuto siciliano, ignorando che esso ha forza di
 legge costituzionale, e  che  quindi  non  puo'  essere  previsto  un
 obbligo   di   adeguamento  dello  stesso  a  disposizioni  di  legge
 ordinaria.   In definitiva, argomenta  la  ricorrente,  il  complesso
 delle  disposizioni  impugnate  produce  da  un  lato  una fortissima
 compressione dell'autonomia finanziaria della Regione, dall'altro una
 consistente diminuzione delle entrate regionali,  non  compensata  in
 alcun  modo,  con  la  conseguenza che verrebbero meno alla Regione i
 mezzi per fare fronte al suo fabbisogno finanziario.
   5. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,   chiedendo   che  il  ricorso  sia  dichiarato  infondato.
 L'Avvocatura erariale osserva che le censure che coinvolgono l'intera
 disciplina dell'IRAP muovono dalla  configurazione  di  tale  imposta
 come  tributo  "regionale",  in relazione al quale la Regione avrebbe
 competenza "esclusiva". In realta', nonostante la sua  denominazione,
 non  si  tratterebbe  di un tributo proprio della Regione: un tributo
 non sarebbe "regionale" sol perche',  come  nel  caso  dell'IRAP,  di
 spettanza delle singole Regioni, ma solo in quanto la sua istituzione
 costituisca  esercizio  del  potere impositivo dell'ente di autonomia
 che, appunto, l'abbia  deliberato:  e  questo  non  sarebbe  il  caso
 dell'IRAP.  Non avrebbero percio' consistenza le censure dirette agli
 artt.  1, 2 e 4 del decreto, che istituiscono l'imposta e ne regolano
 il presupposto e la base imponibile.
   D'altra parte la ricorrente, secondo l'Avvocatura, nel lamentare un
 preteso  "arretramento"  dell'art.  24, comma 2, del decreto rispetto
 alla previsione di cui all'art. 3, comma 158, della legge n. 662  del
 1996,   trascurerebbe   il   fatto   che  quest'ultima  disposizione,
 espressamente richiamata dalla  prima,  fa  appunto  salva,  ai  fini
 dell'attuazione   delle  disposizioni  del  decreto  legislativo,  la
 speciale autonomia finanziaria configurata dall'art. 36 dello statuto
 siciliano e dalle relative norme di attuazione.   A  loro  volta  gli
 artt. 24, comma 6, e 25 del decreto, intesi a raccordare la normativa
 regionale di attuazione e la temporanea gestione statale del tributo,
 sarebbero  in  piena armonia col carattere erariale del tributo, alla
 cui prima fase di applicazione sarebbero collegati delicati equilibri
 finanziari, a salvaguardia  dei  quali  e'  prevista  l'attribuzione,
 peraltro  per  soli  due anni, di una quota del gettito allo Stato, a
 compensazione dell'entrata  derivante  dalla  soppressa  imposta  sul
 patrimonio  netto  delle imprese.   Sarebbe pure infondata la censura
 rivolta all'art. 36 del decreto legislativo per  non  avere  previsto
 una   compensazione   a   favore  della  Regione  in  relazione  alla
 soppressione di tributi erariali il cui gettito era  attribuito  alla
 Regione  stessa:  uno  strumento  di compensazione, nel senso voluto,
 andrebbe  ravvisato,   oltre   che   nello   speciale   criterio   di
 determinazione  delle eccedenze di risorse finanziarie stabilito, per
 le Regioni a statuto speciale, dai commi 2  e  3  dell'art.  41,  nei
 meccanismi  di  trasferimento  previsti  dall'art.  42, comma 7.   In
 relazione ai motivi di ricorso con i  quali  si  lamenta  la  mancata
 devoluzione  di  gettito  non  prodotto  ma  riscosso  nel territorio
 regionale e delle entrate  derivanti  dall'applicazione  di  sanzioni
 pecuniarie,  la  difesa del Presidente del Consiglio osserva che, ove
 il luogo di  realizzazione  della  produzione  netta  imponibile  non
 ricada  nel  territorio  siciliano,  non  appare  ipotizzabile che il
 tributo sia riscosso in tale ambito; che sul tema dell'interessamento
 del territorio di piu' Regioni ad una medesima  attivita'  produttiva
 l'art. 4, ultimo comma, prevede l'emanazione di atti generali sentita
 la  conferenza  Stato-Regioni;  che  parimenti  la ripartizione delle
 entrate  derivanti  da  sanzioni  e'  rimessa   ad   emanande   norme
 regolamentari.   Quanto agli artt. 27 e 29, in tema di devoluzione di
 quote del gettito IRAP agli enti locali, l'Avvocatura osserva che  la
 competenza  di  cui all'art.14, lettera o, dello statuto siciliano in
 tema di enti locali non comporta una competenza  regionale  esclusiva
 in  materie  che  non attengono direttamente all'organizzazione degli
 enti locali ed ai loro rapporti  con  la  Regione.    Pure  infondata
 sarebbe   la  censura  rivolta  agli  artt.  60  e  61,  in  tema  di
 attribuzione agli enti locali del gettito di tributi  erariali  e  di
 connessa   riduzione   dei   trasferimenti   agli   stessi.  Sostiene
 l'Avvocatura che  l'attribuzione  in  parola  e'  demandata  ad  atti
 normativi delle Regioni a statuto speciale da emanarsi in conformita'
 ai  rispettivi  statuti;  e  che anche la riduzione dei trasferimenti
 erariali dovrebbe riconoscersi subordinata, in  dette  Regioni,  alle
 disposizioni   legislative   che   queste   emaneranno  ai  fini  del
 complessivo riequilibrio finanziario da realizzarsi nel rispetto  dei
 relativi    statuti   (cosi'   dovrebbe   intendersi,   secondo   una
 interpretazione logica, il comma 4 dell'art.  61, la cui formulazione
 letterale - che si  riferisce  al  "recepimento"  delle  disposizioni
 degli  articoli  60  e  61  negli    statuti  speciali - si riconosce
 incongrua).
   6. - Con ricorso notificato il 25 maggio e depositato il  2  giugno
 1998  la  Regione  Siciliana  ha  proposto  conflitto di attribuzioni
 contro il Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  in  relazione  al
 decreto  del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
 economica in data 24 marzo 1998, recante "Modalita'  di  riversamento
 delle   somme   riscosse  per  l'imposta  regionale  sulle  attivita'
 produttive (IRAP) e per l'addizionale regionale all'IRPEF,  ai  sensi
 del  decreto  legislativo  15  dicembre 1997, n. 446", per violazione
 dell'art. 36  dello  statuto  speciale  e  delle  relative  norme  di
 attuazione  di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074.  La ricorrente,
 premesso di aver proposto giudizio  di  legittimita'  costituzionale,
 tuttora  pendente,  contro  il  decreto legislativo n.   446 del 1997
 istitutivo dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, osserva
 che  il  decreto  ora  impugnato  costituisce svolgimento del decreto
 legislativo medesimo e quindi su di esso si riverberano le censure di
 incostituzionalita'  nei  confronti  dello  stesso  sollevate.     In
 particolare,  gli  artt.  1 e 2 del decreto si collegano all'art.  40
 del  provvedimento  legislativo,  che  prevede  l'apertura  di  conti
 infruttiferi   presso   la   tesoreria  centrale  dello  Stato  e  di
 contabilita' speciali di giroconto presso  le  sezioni  di  tesoreria
 provinciale  dello Stato, intestati alle Regioni, per il riversamento
 delle somme accreditate a seguito della riscossione dell'IRAP e della
 addizionale regionale sull'IRPEF.  Ad avviso della  ricorrente,  tali
 disposizioni  potrebbero  essere  in  contrasto  con  l'art. 36 dello
 statuto speciale, come attuato dal  d.P.R.  n.  1074  del  1065,  che
 configura  come entrate tributarie della Regione quelle derivanti dai
 tributi deliberati  dalla  stessa  Regione  e  dai  tributi  erariali
 riscossi  nel  territorio  regionale:  con  il sistema introdotto, le
 imposte in questione  non  sarebbero  ne'  tributi  deliberati  dalla
 Regione, ne' tributi erariali riscossi sul territorio regionale, onde
 l'attribuzione  del  gettito alla Regione non sarebbe piu' necessaria
 in base alla  citata  norma  statutaria,  ma  sarebbe  il  frutto  di
 decisioni  unilaterali  dello  Stato.    Viene  poi,  in particolare,
 censurato l'art. 2,  comma  3,  lettera  B,  punto  IV,  del  decreto
 impugnato,  che prevede il versamento nelle contabilita' di girofondo
 presso   le   tesorerie   provinciali   dello   Stato   del   gettito
 dell'addizionale  IRPEF  e  dell'IRAP  corrisposte  dai  contribuenti
 titolari di partita IVA  che  eseguono  i  versamenti  unitari  delle
 imposte  e  dei contributi. Tale disposizione, oltre ad essere lesiva
 delle prerogative regionali in  quanto  escluderebbe  ogni  autonomia
 della  Regione,  sarebbe, secondo la ricorrente, in contrasto con gli
 artt.   21 e 26  del  d.lgs.  n.  241  del  1997,  che  prevedono  la
 competenza della "Cassa regionale siciliana di Palermo" a raccogliere
 l'immediato riversamento delle somme riscosse.  A sua volta l'art. 3,
 comma  3, del decreto, il quale prevede le modalita' del riversamento
 delle somme versate sul  conto  "IRAP-altri  soggetti"  (relativo  ai
 soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni), farebbe si' che lo
 Stato  determinerebbe  direttamente e recupererebbe unilateralmente i
 costi sostenuti per la gestione dei tributi in questione, mentre  per
 la  Sicilia,  ove  le norme di attuazione prevedono che la Regione si
 avvalga dell'amministrazione finanziaria  dello  Stato,  non  sarebbe
 possibile,  se non con inammissibili approssimazioni, distinguere fra
 i costi  sopportati  dallo  Stato  per  la  riscossione  dell'IRAP  e
 dell'addizionale  IRPEF da un lato, e degli altri tributi erariali di
 spettanza regionale dall'altro; vi  sarebbe  la  possibilita'  di  un
 doppio   rimborso   per   un'attivita'   unitaria  di  riscossione  e
 versamento.   Sempre  in  virtu'  dell'art.  3,  comma  3,  lo  Stato
 procederebbe   alla  diretta  attribuzione  a  proprio  favore  delle
 eccedenze di cui all'art.  41 del d.lgs. n. 446 del 1997: in tal modo
 svanirebbe la possibilita',  prevista  dall'art.  42,  comma  7,  del
 decreto  legislativo,  di  realizzare un vantaggio finanziario per la
 Regione mediante la destinazione di tali eccedenze alla variazione di
 quote del fondo sanitario o al pagamento degli  oneri  derivanti  dal
 trasferimento di nuove funzioni.
   7.  - Resiste al ricorso, chiedendone il rigetto, il Presidente del
 Consiglio dei Ministri.    Secondo  l'Avvocatura,  la  censura  mossa
 all'art. 1 del provvedimento impugnato si dimostrerebbe inammissibile
 e  inconsistente,  una  volta  che  si  consideri che esso non fa che
 ricalcare la formula dell'art.  40 del decreto legislativo n. 446 del
 1997, e, per altro verso, che l'intestazione dei conti  alle  Regioni
 e' elemento sufficiente ad escludere la paventata perdita di aggancio
 del  gettito  ai  luoghi  di  riscossione.   Sarebbe inammissibile ed
 infondata altresi' la censura all'art.  2, comma 3, lettera B,  punto
 IV,  per  la  genericita'  della  denuncia  di lesione dell'autonomia
 regionale e perche' l'asserito contrasto con l'art. 21 del d.lgs.  n.
 241   del   1997  non  potrebbe  comunque  fondare  un  conflitto  di
 attribuzioni.   Quanto poi  alla  prima  delle  due  censure  rivolte
 all'art.  3,  comma 3, la difesa del Presidente del Consiglio osserva
 che il titolo per il recupero a  favore  dello  Stato  dei  costi  di
 riscossione  dei  tributi  in  parola  sta  nelle  norme  del decreto
 legislativo n. 446 del 1997, cui  il  provvedimento  in  questa  sede
 impugnato  si  limita a dare attuazione; e che le norme di attuazione
 statutaria invocate dalla ricorrente non escludono, ma  al  contrario
 confermano,  la legittimita' del recupero, mentre la stessa "novita'"
 dei tributi istituiti con il d.lgs. n.   446 del  1997  comporterebbe
 l'allestimento  o l'adattamento delle strutture amministrative per la
 riscossione, e giustificherebbe  percio'  il  recupero  separato  dei
 relativi costi.
   In  relazione,  infine,  alla  seconda  censura rivolta all'art. 3,
 concernente il  versamento  all'erario  delle  eccedenze  di  risorse
 verificatesi  per  le Regioni, si obietta che il riferimento all'art.
 42  del  d.lgs.    n.  446  e  alle  ivi  previste  possibilita'   di
 compensazione  non suffragherebbe l'assunto della ricorrente, poiche'
 l'acquisizione delle eccedenze al bilancio statale e' prevista  dalla
 stessa  norma primaria invocata; del resto il provvedimento impugnato
 sarebbe stato adottato previo parere della conferenza  Stato-Regioni,
 senza  che  in quella sede la Regione Siciliana formulasse rilievi di
 sorta.
   8. - Nell'imminenza  dell'udienza  hanno  presentato  memorie,  nel
 giudizio   di  legittimita'  costituzionale,  la  ricorrente  Regione
 Siciliana e il Presidente del Consiglio dei Ministri.  Nella  memoria
 della  Regione  si  afferma che i motivi di censura rivolti contro il
 d.lgs. n. 446 del 1997  possono  essere  ricondotti  a  due  distinti
 ambiti:  da  un  lato  vi  sono le censure che investono la struttura
 stessa del tributo, sotto il profilo della violazione della delega  e
 dell'autonomia  finanziaria della Regione; dall'altra, le censure che
 riguardano la  irragionevole  sottrazione  alla  Regione  di  gettiti
 tributari  che  le  spettano.    Il  primo  ordine di profili pone la
 questione  della  natura  del  tributo:    i  margini  di   autonomia
 riconosciuti  alla Regione sarebbero cosi' esigui da rendere evidenti
 sia l'eccesso di delega sia la lesione dell'art.  36  dello  statuto,
 che   attribuisce  alla  Regione,  per  i  tributi  propri,  un'ampia
 autonomia legislativa.  Se pero' si qualifica l'imposta come  tributo
 erariale,   occorrerebbe   essere   conseguenti   e  riconoscerne  le
 implicazioni.   Cosi' sarebbe  senza  giustificazioni  l'attribuzione
 allo  Stato di una quota del gettito a rimborso dei costi di gestione
 del tributo, trattandosi di un tributo obbligatorio, con  un'aliquota
 sostanzialmente predeterminata, il cui gettito riduce i trasferimenti
 dallo  Stato alle Regioni per finanziare il Servizio sanitario: tanto
 piu'  che  in  Sicilia  gia'  le norme di attuazione prevedono che la
 Regione  si  avvalga  degli  uffici  periferici  dell'amministrazione
 statale  per  le funzioni amministrative in materia finanziaria, onde
 se al rimborso dovuto per  i  costi  sostenuti  da  tali  uffici  per
 l'esercizio  di  funzioni  svolte  nell'interesse  della  Regione  si
 aggiunge un rimborso specifico per l'IRAP, vi sarebbe il rischio  per
 la  Regione  di  pagare  due  volte  le  stesse  attivita'. I criteri
 comunque non dovrebbero essere fissati unilateralmente  dallo  Stato.
 La  Regione osserva ancora che, poiche' l'IRAP prende sostanzialmente
 il posto dei contributi sanitari soppressi, la sua istituzione  e  la
 contestuale  soppressione  di  altri tributi si risolverebbero per la
 Regione Siciliana in  una  significativa  diminuzione  delle  entrate
 tributarie.
   Secondo la Regione, l'interpretazione offerta dall'Avvocatura degli
 artt.  41  e 42, secondo cui le compensazioni di eccedenze potrebbero
 operare anche a favore di essa,  e  non  solo  dello  Stato,  sarebbe
 coerente  con  le esigenze prospettate dalla stessa ricorrente: ma il
 principio di leale cooperazione richiederebbe la possibilita' per  la
 Regione di controllare i dati su cui si effettua il calcolo, e la sua
 partecipazione a tali attivita'.
   Parimenti  sarebbe  una  interpretazione adeguatrice quella offerta
 dalla difesa del Presidente del Consiglio a proposito degli artt.  60
 e 61, che eviterebbe l'immediata soppressione dei trasferimenti  agli
 enti  locali  a  seguito dell'attribuzione agli stessi del gettito di
 alcuni tributi erariali.   In ogni caso,  secondo  la  Regione,  pure
 accogliendo la costruzione dell'imposta come tributo erariale, non si
 potrebbe  negare la potesta' concorrente della Regione, e si dovrebbe
 riconoscere che in Sicilia non si applicano le  ricordate  norme  del
 decreto,   immediatamente  lesive  dell'autonomia  finanziaria  della
 Regione, e che  quest'ultima  ha  la  possibilita',  nell'ambito  dei
 principi  della  disciplina  del tributo, di adeguare tale disciplina
 alle peculiarita' regionali.
   9. - Nella  memoria  del  Presidente  del  Consiglio  si  ribadisce
 anzitutto  che  l'IRAP non e' un tributo proprio della Regione, anche
 perche' non  ricorre  a  proposito  di  essa  ne'  una  deliberazione
 regionale  di  istituirlo,  ne' la destinazione a specifiche esigenze
 della comunita' regionale:  la  nuova  imposta,  il  cui  gettito  e'
 destinato a compensare quello dei tributi erariali soppressi, avrebbe
 un  fine  anche  di  fiscalita'  generale e non potrebbe dunque dirsi
 preordinata al finanziamento di esigenze  peculiari  delle  comunita'
 locali.    Il  problema,  che  resta,  di  spiegare la qualificazione
 "regionale" attribuita all'imposta sarebbe di  natura  essenzialmente
 accademica.
   Trattandosi  di  un  nuovo  tributo  erariale,  d'altra  parte,  la
 temporanea  riserva  allo  Stato  di  due  quote   del   gettito,   a
 compensazione rispettivamente dei costi di gestione e della soppressa
 imposta  sul  patrimonio  netto  delle  imprese,  sarebbe  pienamente
 giustificata alla luce della norma di attuazione, che  consente  tale
 riserva  purche'  la  stessa legge che disciplina le nuove entrate ne
 indichi la destinazione a finalita' contingenti o continuative  dello
 Stato:  nella  specie,  si tratterebbe delle contingenti finalita' di
 ripianamento dei costi e delle perdite sopra indicate.    La  memoria
 prosegue   osservando   che   la  censura  relativa  al  criterio  di
 attribuzione del gettito del tributo  alle  singole  Regioni,  e  che
 dovrebbe  intendersi  appuntata sul solo art. 15 del decreto, sarebbe
 infondata, sia perche' detto criterio risponde  ad  una  esigenza  di
 razionalizzazione   del  meccanismo  della  riforma,  necessariamente
 unitario, sia perche' l'art. 43, comma 2, del decreto impugnato eleva
 a regola di sistema, e  dunque  a  canone  ermeneutico  generale,  la
 conservazione  del necessario equilibrio finanziario nei rapporti, in
 particolare, fra lo Stato e  le  autonomie  speciali.    Quanto  alla
 disciplina  dell'accertamento, della liquidazione e della riscossione
 dell'imposta, prevista a regime e  in  via  transitoria,  la  memoria
 osserva  che l'assetto delineato dal decreto si spiega in ragione del
 carattere   generale   della   riforma,    connesso    al    criterio
 dell'invarianza  del  gettito,  e  della  esigenza  di uniformita' di
 disciplina della nuova imposta: onde non  potrebbe  disconoscersi  la
 legittimita' di un breve differimento dell'esercizio delle competenze
 regionali  e  di un ripianamento del costo della transitoria gestione
 dell'imposta.  Rileva inoltre che la temporanea riserva allo Stato di
 una quota di gettito a  compensazione  della  soppressa  imposta  sul
 patrimonio  netto  delle  imprese e' accompagnata da uno strumento di
 tutela degli interessi regionali, rappresentato dall'audizione  della
 conferenza   Stato-Regioni,   e   che,   quanto   alla   mancanza  di
 compensazione per i tributi soppressi il cui  gettito  spettava  alla
 Regione,  a  salvaguardia  delle  spettanze  della  Regione stanno il
 canone di invarianza di entrate fiscali  ribadito  nell'art.  41  del
 decreto,  i  criteri  per  il  calcolo  delle eccedenze e il fondo di
 compensazione interregionale  istituito  dall'art.  42.    Infine,  a
 proposito  degli  artt.  60  e  61  la memoria rileva che dette norme
 contemplano un intervento attuativo delle Regioni in  conformita'  ai
 rispettivi  statuti di autonomia, e una regolamentazione dei rapporti
 finanziari fra Stato, Regioni ed enti  locali  secondo  il  principio
 della conservazione del necessario equilibrio finanziario.
                         Considerato in diritto
   1.  -    La  Regione  Siciliana impugna (R. ric. n. 10 del 1998) il
 decreto  legislativo  15   dicembre   1997,   n.   446   (Istituzione
 dell'imposta  regionale  sulle  attivita' produttive, revisione degli
 scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione
 di una addizionale regionale a tale imposta, nonche'  riordino  della
 disciplina  dei  tributi locali), e in particolare gli articoli 1, 2,
 4, 15, 24, 26, 27, 30, 36, 40, 41, 42, 43, 50,  60,  61  del  decreto
 medesimo,  per violazione dell'art. 36 dello statuto speciale e delle
 relative norme di attuazione,  nonche'  degli  artt.  76  e  3  della
 Costituzione (quanto a quest'ultimo senza peraltro espliciti sviluppi
 argomentativi).  Con il successivo ricorso (R. confl. n. 14 del 1998)
 la stessa Regione solleva conflitto di attribuzioni, ancora una volta
 per  violazione  dell'art. 36 dello statuto e delle relative norme di
 attuazione, in relazione al decreto  del  Ministro  del  tesoro,  del
 bilancio  e  della  programmazione  economica  in data 24 marzo 1998,
 recante "Modalita' di riversamento delle somme riscosse per l'imposta
 regionale sulle  attivita'  produttive  (IRAP)  e  per  l'addizionale
 regionale  all'IRPEF,  ai  sensi  del decreto legislativo 15 dicembre
 1997, n. 446", che detta le modalita' di versamento e di ripartizione
 del  gettito  dell'IRAP,  in  attuazione  di  quanto   previsto,   in
 particolare, dall'art. 40 del citato d.lgs. n. 446 del 1997.
   2.  -  Stante  la stretta connessione di oggetto fra il giudizio di
 legittimita' costituzionale del d.lgs. n. 446 del 1997 e il  giudizio
 per  conflitto  di  attribuzioni promosso contro un decreto attuativo
 del medesimo, essi possono essere riuniti per essere decisi con unica
 pronunzia.
   3. - La prima e piu' generale censura  mossa  dalla  ricorrente  al
 decreto  legislativo  n. 446 del 1997, e in particolare agli articoli
 1, 2, 4 e 24, comma 2, del medesimo,  muove  dalla  premessa  che  la
 nuova  imposta  "regionale"  sulle  attivita'  produttive  sarebbe un
 tributo proprio della Regione, in ordine  al  quale  dunque  dovrebbe
 riconoscersi  ad  essa  potesta' legislativa esclusiva; e che in ogni
 modo, se invece si configurasse come tributo erariale il cui  gettito
 e' devoluto alla Regione, dovrebbe riconoscersi a questa una potesta'
 legislativa  concorrente,  sia pure vincolata ai principi del sistema
 tributario statale, e non una  potesta'  di  mera  attuazione,  quale
 sarebbe   invece   delineata  nell'art.  24,  comma  2,  del  decreto
 legislativo  impugnato.      Quest'ultima   disposizione,   omettendo
 qualsiasi   riferimento   alla   speciale   autonomia  della  Regione
 Siciliana, costituirebbe un passo indietro rispetto all'art. 3, comma
 158, della legge n. 662 del 1996 (pure impugnato  dalla  Regione  con
 precedente  ricorso),  che  prevedeva  l'attuazione,  da  parte della
 Regione  Siciliana,  del  decreto  legislativo  "con  le  limitazioni
 richieste  dalla speciale autonomia finanziaria preordinata dall'art.
 36 dello statuto regionale e dalle  relative  norme  di  attuazione":
 sarebbe  percio' in contrasto con le norme statutarie e di attuazione
 che garantiscono tale autonomia, oltre che con la legge di delega,  e
 dunque con l'art. 76 della Costituzione.
   4. - La questione e' infondata.
 Nella  sentenza  n.  111  del 1999 questa Corte ha avuto occasione di
 ricordare come l'ordinamento finanziario della Regione Siciliana  sia
 stato  costruito,  in  base alle norme di attuazione dello statuto, e
 anche allontanandosi dal disegno originariamente sotteso alla formula
 testuale dell'art. 36 dello statuto, non gia' sull'esercizio  di  una
 potesta'  impositiva  del  tutto  autonoma  della  Regione,  in spazi
 lasciati liberi dalla legislazione  tributaria  dello  Stato,  bensi'
 sull'attribuzione  alla  Regione  del gettito della maggior parte dei
 tributi  erariali,  riscosso  nel  territorio  regionale,  e  di  una
 potesta'  legislativa  anche  in  ordine alla disciplina degli stessi
 tributi  erariali,  fermo  restando  che,  in  assenza   di   diverse
 disposizioni  legislative  regionali,  si  applicano nella Regione le
 disposizioni delle leggi tributarie dello Stato (art. 6 del d.P.R. n.
 1074 del 1965).
   In questo quadro si colloca  anche  l'applicazione,  nella  Regione
 Siciliana,  della nuova imposta regionale sulle attivita' produttive,
 istituita dall'art. 1 del d.lgs. n. 446 del 1997,  sulla  base  della
 delega contenuta nell'art. 1, comma 143, della legge n. 662 del 1996.
 Essa  si  configura  bensi'  come  tributo proprio delle Regioni, nel
 senso in cui tale nozione, in contrapposizione alle "quote di tributi
 erariali",  e'  utilizzata  dall'art.  119,  secondo   comma,   della
 Costituzione,  cioe' nel senso di tributo istituzionalmente destinato
 ad alimentare la finanza della Regione nel cui territorio avviene  il
 prelievo a carico della rispettiva collettivita': ma e' pur sempre un
 tributo  "attribuito"  alla  Regione  -  come si esprime l'art. 119 -
 dalla legge dello Stato, che ne definisce i caratteri e la disciplina
 fondamentale  quanto  a  soggetti  colpiti,  presupposti  e   materia
 imponibile.    La  Regione Siciliana, nei riguardi di questo tributo,
 gode  dunque,  in  primo  luogo,  degli  stessi  spazi  di  autonomia
 riconosciuti   a   tutte   le   Regioni,   relativi  alle  "procedure
 applicative" dell'imposta e  all'eventuale  variazione,  entro  certi
 limiti,  dell'aliquota (artt.  16, comma 3, 18, comma 3, 24, comma 1,
 del d.lgs. n. 446 del 1997; e cfr. gia' art. 3, comma 144, lettere  e
 e i della legge n. 662 del 1996).
   Ma, proprio perche' in materia tributaria la Regione Siciliana gode
 di  una  particolare  autonomia legislativa, estesa a tutti i tributi
 erariali il cui gettito regionalmente  riscosso  le  e'  devoluto  ai
 sensi  dell'art.  2,  primo  comma,  del  d.P.R. n. 1074 del 1965, il
 legislatore  del  1996  ha  previsto   una   speciale   clausola   di
 salvaguardia  di  tale autonomia, stabilendo, nell'art. 3, comma 158,
 della legge n. 662 del 1996, che "la Regione Siciliana  provvede  con
 propria  legge  all'attuazione"  dei decreti legislativi delegati ivi
 previsti con  le  "limitazioni  richieste  dalla  speciale  autonomia
 finanziaria preordinata dall'art.  36 dello Statuto regionale e dalle
 relative norme di attuazione".  A tale clausola - riguardo alla quale
 questa  Corte, nella citata sentenza n. 111 del 1999, ha ritenuto non
 fondate  le  censure  mosse  dalla  stessa  Regione   Siciliana   con
 precedente  ricorso  -  fa  espresso  rinvio  l'art. 24, comma 2, del
 decreto in questa sede impugnato, ribadendo che le Regioni a  statuto
 speciale  e  le Province autonome di Trento e di Bolzano "provvedono,
 con legge, all'attuazione delle disposizioni" del decreto medesimo in
 tema di IRAP  "in  conformita'  delle  disposizioni  della  legge  23
 dicembre  1996, n. 662, articolo 3, commi 158 e 159" (il comma 159 si
 riferisce alle Regioni ad autonomia speciale diverse dalla Sicilia).
   Non si realizza, dunque,  alcuna  violazione  o  menomazione  della
 competenza  legislativa  della  ricorrente  in materia tributaria: il
 decreto legislativo, ancorche' non ripeta  la  formula  dell'art.  3,
 comma  158,  della  legge  n.  662,  ribadisce  la stessa clausola di
 salvaguardia  della  speciale  autonomia   siciliana,   espressamente
 richiamata:  onde non sussiste nemmeno alcuna violazione dei principi
 e criteri direttivi della delega.
   Ne' sono qui in discussione i limiti che in concreto tale autonomia
 incontra, e che verranno  in  considerazione  solo  se  e  quando  la
 Regione  adottera'  delle leggi nell'esercizio della potesta' ad essa
 riconosciuta.
   La Corte non si nasconde le difficolta' e le incertezze che possono
 derivare  da  una  certa  arretratezza  o  insufficienza  del  quadro
 normativo   costituito   da   norme   di   attuazione  dell'autonomia
 finanziaria della Regione Siciliana (fondata a  sua  volta  su  norme
 statutarie  particolarmente generiche e laconiche) che riflettono una
 realta' ben diversa da quella odierna. E' peraltro compito di Governo
 e Regione, alla cui collaborazione l'art. 43 dello statuto affida  la
 formulazione delle norme di attuazione, attivare i processi necessari
 per dare ad esse un assetto piu' adeguato alla situazione presente.
   5.  -  La  ricorrente denuncia altresi', sotto un profilo analogo a
 quello finora esaminato, l'art. 50 del d.lgs. n. 446  del  1997,  che
 istituisce    e    disciplina   l'addizionale   regionale   all'IRPEF
 (erroneamente indicata nel ricorso come addizionale all'IRAP).  Anche
 a  questo proposito si lamenta che il decreto legislativo predisponga
 una disciplina che esclude sostanzialmente qualsiasi possibilita'  di
 autonoma legislazione regionale.
   6. - La questione e' infondata, per le stesse ragioni ora esaminate
 a  proposito  dell'IRAP.    Anche  l'addizionale  IRPEF e' un'imposta
 "attribuita" alle Regioni, in ordine alla quale la Regione Siciliana,
 oltre a compiere le scelte espressamente demandate (la fissazione,  a
 partire  dall'anno  2000,  dell'aliquota tra lo 0.50 e l'1 per cento:
 art. 50, comma 3, del d.lgs. n. 446 del 1997; e cfr. gia'  l'art.  3,
 comma 146, lettera b, della legge n. 662 del 1996), potra' esercitare
 la propria potesta' legislativa alla stessa stregua, e con gli stessi
 limiti,  di  quanto  avviene  per  i  tributi  erariali regionalmente
 riscossi, il cui gettito e' ad essa devoluto.
   7. - Censure piu' specifiche sono poi  mosse  dalla  ricorrente  in
 relazione a singoli aspetti della disciplina dell'IRAP.  Gli articoli
 2,  4  e  15 sono impugnati in quanto, nel definire i presupposti, la
 base imponibile e la spettanza  dell'imposta  alle  singole  Regioni,
 stabiliscono  che  l'imposta  si  applica sul valore della produzione
 netta derivante dall'attivita' di produzione o scambio di beni  o  di
 prestazione  di  servizi, esercitata nel territorio della Regione, ed
 e' dovuta alla Regione nel cui territorio tale valore e'  realizzato.
 Apposite  norme  regolano la ripartizione del valore della produzione
 netta nel caso in cui l'attivita' sia svolta nel territorio  di  piu'
 Regioni;  e  si  prevede  l'adozione  di  atti  generali  concernenti
 l'applicazione di tali norme, emanati  dal  Ministero  delle  finanze
 sentita  la  conferenza Stato-Regioni (art. 4, commi 2 e 3).  Secondo
 la ricorrente, tali disposizioni violerebbero l'art. 36 dello statuto
 siciliano e l'art. 2 del d.P.R.  n.  1074  del  1965,  che  darebbero
 rilievo,  ai  fini  della  attribuzione  del gettito dei tributi alla
 Regione, al luogo di riscossione.
   8. - La questione e' infondata.
   L'art. 2 delle norme di attuazione di cui al  d.P.R.  n.  1074  del
 1965  (l'art.  36  dello  statuto tace in proposito), che sancisce la
 spettanza alla Regione delle entrate  tributarie  erariali  "riscosse
 nell'ambito"  del  territorio  regionale, non va inteso nel senso che
 sia sempre decisivo il  luogo  fisico  in  cui  avviene  l'operazione
 contabile  della  riscossione.  Esso tende infatti ad assicurare alla
 Regione  il  gettito  derivante  dalla  "capacita'  fiscale"  che  si
 manifesta  nel  territorio  della Regione stessa, quindi dai rapporti
 tributari che hanno in tale territorio il loro radicamento,  vuoi  in
 ragione  della  residenza fiscale del soggetto produttore del reddito
 colpito (come nelle imposte  sui  redditi),  vuoi  in  ragione  della
 collocazione  nell'ambito  territoriale  regionale  del  fatto cui si
 collega  il  sorgere  dell'obbligazione   tributaria.   Lo   conferma
 testualmente  l'art.  4  delle  stesse  norme di attuazione, il quale
 precisa che nelle entrate spettanti alla Regione "sono comprese anche
 quelle  che,  sebbene  relative  a  fattispecie  tributarie  maturate
 nell'ambito  regionale,  affluiscono, per esigenze amministrative, ad
 uffici finanziari situati fuori del territorio della Regione";  e  lo
 conferma  altresi'  la  previsione,  nell'art.  37  dello  statuto  e
 nell'art. 7 delle norme di  attuazione  in  materia  finanziaria,  di
 meccanismi di riparto dei redditi assoggettati a imposizione nel caso
 di  imprese  operanti  sia  nel  territorio  siciliano,  sia in altri
 territori.  Nel caso dell'IRAP, la base imponibile e' costituita  dal
 valore   della   produzione   netta  dell'attivita',  e  proprio  per
 consentire la localizzazione nel territorio di tale  base  imponibile
 si  fa  riferimento  non gia' alla residenza o alla sede del soggetto
 giuridico  dell'attivita',  bensi'  al  luogo  in  cui l'attivita' e'
 esercitata; e nel caso di attivita' esercitate  in  piu'  Regioni  si
 stabiliscono  (analogamente  a quanto prevedono le norme statutarie e
 di attuazione da ultimo citate per l'imposizione sui redditi) criteri
 convenzionali di ripartizione  del  valore  della  produzione  netta,
 collegati,  a  seconda  del  tipo  di  attivita',  all'entita'  delle
 retribuzioni e dei  compensi  corrisposti  agli  addetti  ai  singoli
 stabilimenti,  uffici  o altre "basi fisse", o ad altri elementi come
 l'entita' dei depositi, degli impieghi e degli ordini per le banche e
 le societa' finanziarie, l'entita' dei premi raccolti per le  imprese
 di  assicurazione,  l'estensione  dei terreni per le imprese agricole
 (art. 4, comma 2).  Stante la natura dell'imposta,  tali  criteri  di
 attribuzione  del  gettito  appaiono conformi alla regola posta dalla
 norma di attuazione:   e' infatti  la  realizzazione  nel  territorio
 regionale  del  valore  della  produzione  netta,  su  cui si applica
 l'imposta medesima, che esprime  la  "capacita'  fiscale"  riferibile
 alla Regione.
   9.  -  Altre  piu'  specifiche  censure  investono  i  commi  4 e 7
 dell'art.  24 e gli artt. 27 e 29 del decreto: l'art. 24, comma 4, in
 quanto, prevedendo che le attivita' di accertamento,  liquidazione  e
 riscossione  dell'imposta possano essere affidate con convenzioni (e,
 s'intende, con il  riconoscimento  di  somme  a  compensazione  degli
 oneri)  al  Ministero  delle  finanze,  contraddirebbe l'art. 8 delle
 norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965, in  forza  del
 quale  la  Regione  si avvale per tutte le funzioni amministrative in
 materia  tributaria  degli  uffici  periferici   dell'amministrazione
 statale;  l'art.  24,  comma  7,  in  quanto sembrerebbe escludere la
 spettanza  per  intero  alla  Regione  delle  somme  derivanti  dalla
 irrogazione di sanzioni, in contrasto con l'art. 3 delle citate norme
 di   attuazione;   gli  artt.     27  e  29,  in  quanto,  prevedendo
 l'attribuzione a comuni, Province e Citta' metropolitane di quote del
 gettito  dell'imposta  stabilite  al  centro,  disconoscerebbero   la
 competenza esclusiva che alla Regione spetterebbe anche in materia di
 finanza locale.
   10. - Le questioni sono infondate.
   Quanto  all'art.  24,  comma  4, e' da osservare che la facolta' di
 prevedere  convenzioni   con   il   Ministero   delle   finanze   per
 l'espletamento   delle  attivita'  di  accertamento,  liquidazione  e
 riscossione dell'IRAP e' demandata alle leggi regionali emanate,  per
 quanto riguarda la Regione Siciliana, ai sensi e nei limiti dell'art.
 3, comma 158, della legge n. 662 e dell'art. 24, comma 2, del decreto
 impugnato, e dunque nel rispetto della speciale autonomia finanziaria
 della  Regione  ricorrente.   Per quanto riguarda l'art. 24, comma 7,
 esso prevede - con riferimento all'intero territorio nazionale -  una
 "ripartizione  delle  somme  riscosse"  a titolo di sanzione solo "in
 caso di concorso formale e di violazioni continuate rilevanti ai fini
 dell'imposta regionale e di altri tributi", dunque quando le sanzioni
 non riguardino la sola IRAP: pertanto non  ha  fondamento  il  dubbio
 della  ricorrente  che  si  possa  avere una parziale avocazione allo
 Stato dell'importo delle sanzioni irrogate in materia di  IRAP.  Cio'
 senza dire che il meccanismo ivi contemplato prevede che le modalita'
 di  detta ripartizione siano stabilite, a garanzia delle Regioni, con
 regolamento  ministeriale  adottato  "d'intesa  con   la   conferenza
 Stato-Regioni":   ne',  a  questo  proposito,  la  Regione  Siciliana
 potrebbe   pretendere   fondatamente  un  procedimento  che  la  veda
 interlocutrice esclusiva dello  Stato,  trattandosi  di  un  problema
 comune  a  tutte  le  Regioni, cui spetta la nuova imposta, mentre le
 particolarita' derivanti dal fatto che in Sicilia anche il gettito di
 altri tributi erariali spetta alla Regione  dovranno,  evidentemente,
 essere  tenute  in  considerazione  nella  disciplina  concreta della
 ripartizione  prevista.    L'art.  27,  che  prevede   l'obbligo   di
 devoluzione  ai  comuni  e  alle Province, da parte della Regione, di
 quote del gettito  regionale  dell'IRAP,  era  destinato,  nel  testo
 originario  del  d.lgs. n. 446 del 1997, a valere solo per il periodo
 anteriore alla istituzione, da parte degli enti locali, sulla base di
 apposita legge regionale, della  addizionale  comunale  e  di  quella
 provinciale sull'IRAP, prevista dall'art. 28 (cfr. art. 27, comma 5).
 Abrogata,  con  l'art.  12  del  d.lgs. n. 137 del 1998, la norma che
 prevedeva tali addizionali, e abrogato,  per  conseguenza,  anche  il
 comma  5  dell'art.  27  del  decreto, la devoluzione obbligatoria di
 quote dell'IRAP e' divenuta istituto stabilmente destinato a regolare
 i rapporti finanziari fra Regione, Province e comuni, in  particolare
 compensando  mediante tali trasferimenti le perdite di gettito che si
 verificano,  nei  confronti  degli  enti  locali,  a  seguito   della
 soppressione  delle  tasse  di  concessione  comunale  e dell'imposta
 comunale per l'esercizio di imprese, arti e  professioni  (cfr.  art.
 27,  comma 1, in conformita' al criterio di delega di cui all'art. 3,
 comma 144, lettera q della legge n. 662  del  1996,  come  modificata
 dall'art.  48  della  legge  n. 449 del 1997).  Anche in questo nuovo
 contesto,  la  previsione  in  esame  si  inquadra  nella   complessa
 operazione di revisione del sistema tributario disegnata nell'art. 3,
 comma  143, della legge n. 662, in cui istituzione di nuovi tributi e
 contestuale abolizione di tributi preesistenti, nonche' revisione  di
 altri  tributi  preesistenti, e modifiche al regime dei trasferimenti
 dallo Stato alle Regioni e agli enti locali, devono modularsi in modo
 tale da "assicurare l'assenza di oneri  aggiuntivi  per  il  bilancio
 dello Stato" e "l'assenza di effetti finanziari netti negativi per le
 Regioni e gli enti locali" (art. 3, comma 151, della legge n. 662 del
 1996),   e   da   evitare,   nella   fase   transitoria,  "carenze  e
 sovrapposizioni nei flussi finanziari dello Stato,  delle  Regioni  e
 degli altri enti locali" (art. 3, comma 147, lettera a della legge n.
 662).    Non  puo' negarsi al legislatore statale, nel momento in cui
 da' attuazione a tale disegno, il potere di imporre alle  Regioni  un
 vincolo  di  destinazione  (cfr. art. 27, comma 2, terzo periodo, del
 decreto impugnato) in  ordine  all'utilizzazione  di  una  parte  del
 gettito  dell'IRAP, ad esse spettante, al fine di compensare il venir
 meno di altre fonti di alimentazione della  finanza  locale.  Poiche'
 anche nella Regione Siciliana l'ordinamento della finanza locale, ivi
 compresa  la disciplina dei trasferimenti finanziari, fa tuttora capo
 allo Stato, si giustifica che anche in Sicilia trovi applicazione  il
 vincolo  di  destinazione  in esame, mentre in altre Regioni speciali
 cui sono stati trasferiti maggiori poteri in tema di  finanza  locale
 cio'  e'  demandato  alla  normazione  locale,  fermo  pero' restando
 comunque il vincolo  ad  assicurare  agli  enti  locali  "le  risorse
 finanziarie   per   compensare   gli   effetti   finanziari  negativi
 conseguenti all'attuazione" del decreto legislativo  impugnato  (art.
 27,  comma 6, del d.lgs. n. 446 del 1997).  Analogamente, e a maggior
 ragione, e' infondata la questione sollevata in  ordine  all'art.  29
 del decreto, che si limita a disporre che le Regioni, nell'attribuire
 alle  Citta'  metropolitane  le funzioni amministrative di competenza
 provinciale o affidate ai comuni, ai sensi dell'art.  19 della  legge
 n.  142  del 1990 sull'ordinamento delle autonomie locali, provvedono
 ad  assegnare  alle  stesse  quote  del  gettito  (genericamente)  di
 "tributi  regionali",  vincolando la Regione soltanto ad un principio
 di equilibrio e di corrispondenza fra funzioni e risorse attribuite.
   11. - Altre censure investono le disposizioni degli artt. 24, comma
 6, 25, 26 e 30, relative alla fase di prima  applicazione  dell'IRAP,
 per gli esercizi finanziari 1998 e 1999. La ricorrente lamenta che il
 rinvio  degli  effetti delle leggi regionali di attuazione al periodo
 di imposta in corso al 1 gennaio 2000 (art. 24, comma 6) paralizzi la
 competenza    statutariamente    spettante    alla    Regione;    che
 l'applicazione,   in   questo  frattempo,  della  disciplina  statale
 relativa alle imposte sui redditi, salva la  sola  partecipazione  di
 Regioni,   Province   e   comuni   all'attivita'  di  accertamento  e
 riscossione (art. 25), e della disciplina statale della riscossione e
 del  versamento  in  acconto  (art.  30)  violerebbe  la   competenza
 regionale   a   disciplinare   la   riscossione   dei   tributi;  che
 l'attribuzione  allo  Stato  di  una  quota  del  gettito   IRAP,   a
 compensazione  dei  costi  di riscossione (art. 26, comma 1), avrebbe
 l'effetto paradossale di obbligare la Regione a  versare  allo  Stato
 somme  a  compenso  di  una  attivita'  che  essa  potrebbe  svolgere
 direttamente, e che le e' impedito di  svolgere;  che  l'attribuzione
 allo  Stato  di una ulteriore quota del gettito IRAP, per due periodi
 di imposta, a compensazione della perdita del gettito della soppressa
 imposta sul patrimonio netto delle imprese sarebbe irragionevole e in
 contrasto con l'art. 36 dello statuto, perche' l'imposta abolita  era
 di carattere straordinario e temporaneo.
   12. - Le questioni non sono fondate.
   Il  temporaneo  impedimento  all'efficacia  delle  leggi  regionali
 emanate nell'esercizio della potesta' legislativa spettante in questa
 materia alle Regioni (impedimento che riguarda anche le  leggi  della
 Regione  Siciliana:  cfr.  art. 24, comma 6, in relazione al comma 2)
 costituisce  indubbiamente,  in  particolare   nei   riguardi   della
 autonomia   speciale   della   Regione   Siciliana,  una  limitazione
 eccezionale, che  pero'  si  giustifica  in  vista  dell'esigenza  di
 assicurare  una  uniforme  applicazione  del  nuovo tributo, sotto il
 profilo sia della disciplina  sostanziale,  sia  delle  procedure  di
 liquidazione,  accertamento  e  riscossione,  nella  delicata fase di
 passaggio in cui, sperimentandosi il nuovo prelievo, il  cui  gettito
 va  a  sostituire  quello  dei  tributi  soppressi,  si deve tuttavia
 assicurare l'equilibrio dei conti pubblici e dei rapporti  finanziari
 fra  i  vari  livelli di governo e fra le varie aree territoriali del
 paese,  anche  attraverso  i  meccanismi  di   compensazione   e   di
 riequilibrio  previsti  allo  scopo (cfr. artt. 41, 42 e 43, comma 2,
 del decreto legislativo impugnato): e in cui quindi qualsiasi  deroga
 a  tale  uniformita'  di applicazione potrebbe comportare difficolta'
 operative e pericolo di squilibri.   Peraltro  la  Regione  puo'  sin
 d'ora porre mano alla propria legislazione di attuazione, con l'unico
 limite  di  doverne  differire  l'efficacia  al  termine  della  fase
 transitoria.
   13. - Per le stesse ragioni si giustifica la disciplina transitoria
 in tema di controllo, accertamento e riscossione dell'imposta, recata
 dall'art. 25: ove peraltro si prevede, pur nella fase transitoria, la
 partecipazione   di  Regioni,  Province  e  comuni  all'attivita'  di
 accertamento, anche mediante programmi  di  accertamento  predisposti
 con  la  collaborazione  di apposite commissioni paritetiche, secondo
 modalita'  definite  dal  Ministro   d'intesa   con   la   conferenza
 Stato-Regioni (art. 25, comma 2).
   14.  -  La  riserva  allo Stato, per il periodo transitorio, di una
 quota del gettito IRAP a compensazione  dei  costi  di  gestione  del
 tributo  non  contrasta con l'art. 8 delle norme di attuazione di cui
 al d.P.R. n. 1074 del 1965, ai cui sensi la Regione  si  avvale,  per
 l'esercizio  delle sue funzioni amministrative in materia tributaria,
 degli  uffici  periferici  dell'amministrazione  statale.  Essa  anzi
 ricalca  la  stessa  regola  stabilita  in generale dall'art. 9 delle
 medesime norme, secondo cui la Regione rimborsa allo Stato  le  spese
 relative ai servizi ed al personale di cui si avvale, "in proporzione
 all'ammontare  delle  entrate  tributarie di sua spettanza".   Ne' e'
 fondato  il  timore,  espresso  dalla  ricorrente,  che  cio'   possa
 comportare  un  duplice  esborso a carico della Regione per la stessa
 attivita' svolta dagli uffici statali, gia' incaricati dell'attivita'
 di applicazione degli altri tributi erariali il  cui  gettito  spetta
 alla  Regione.  Infatti la gestione del nuovo tributo comporta per lo
 Stato nuovi oneri organizzativi,  che  ben  possono  giustificare  un
 compenso   commisurato   ad   una   quota   del  gettito:  mentre  la
 contemporanea abolizione di altri tributi comportera', ai  sensi  del
 citato  art.    9  del  d.P.R.  n.  1074  del 1965, il venir meno dei
 rimborsi commisurati all'ammontare delle entrate  soppresse  gia'  di
 spettanza della Regione.
   15.  - Nemmeno contrasta con le norme statutarie e di attuazione la
 previsione dell'art. 26, comma 2, del decreto,  ma  gia'  contemplata
 dall'art.  3,  comma  144, lettera o, della legge n. 662 del 1996, di
 una riserva allo Stato, per i primi due esercizi, di  una  quota  del
 gettito  IRAP a compensazione della perdita del gettito della cessata
 imposta  sul  patrimonio  netto  delle  imprese:   tributo   erariale
 istituito  dall'art. 1 del d.l. 30 settembre 1992, n. 394, convertito
 dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, per un  periodo  non  eccedente
 l'esercizio  in  corso alla data del 30 settembre 1994, la cui durata
 di applicazione venne prorogata, da  ultimo,  fino  all'esercizio  in
 corso alla data del 30 settembre 1997 (art. 3, comma 110, della legge
 n.  549  del  1995),  e  il  cui  gettito  venne riservato all'erario
 dall'art. 16, comma 17, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
   Il fatto che si trattasse di un'imposta istituita con carattere  di
 temporaneita', e quindi, piu' che abolita, non confermata per effetto
 dell'art.  3, comma 143, lettera a, n. 5, della legge n. 662 del 1996
 e dell'art. 36, comma 1, lettera e, del d.lgs. n. 446 del 1997 (salvo
 il raccordo temporale previsto dall'art. 37  del  medesimo  decreto),
 non  toglie che la nuova imposta regionale sulle attivita' produttive
 sia stata configurata dal legislatore come tributo destinato (insieme
 alla nuova addizionale regionale sull'IRPEF) a sostituire con il  suo
 gettito  quello  dei tributi erariali, regionali e locali soppressi a
 norma delle disposizioni da ultimo citate, fra cui anche  il  gettito
 dell'imposta  sul  patrimonio  netto  delle  imprese,  nel quadro dei
 principi di invarianza del gettito e di mantenimento degli  equilibri
 finanziari, cui si ispira la riforma. Cio' giustifica dunque anche la
 devoluzione  diretta  o  indiretta  di  quote  del  gettito del nuovo
 tributo agli enti ai quali affluiva il gettito dei tributi soppressi:
 cosi' gli enti locali (art. 27 del decreto), e cosi'  anche  l'erario
 per  quanto riguarda il gettito, gia' ad esso riservato, dell'imposta
 sul patrimonio netto delle imprese.
   E' del resto  lo  stesso  art.  2,  primo  comma,  delle  norme  di
 attuazione  di  cui  al  d.P.R.  n.  1074  del  1965  che  prevede la
 possibilita' per la legge dello Stato di riservare  all'erario  nuove
 entrate  tributarie  destinate  a soddisfare finalita', contingenti o
 continuative, dello Stato  specificate  nella  stessa  legge:  e  tra
 queste  finalita'  ben  puo'  ritenersi  compresa quella, chiaramente
 espressa nel decreto impugnato e ancor prima nella legge  di  delega,
 di mantenere, nella fase di transizione, gli equilibri finanziari che
 verrebbero  altrimenti  alterati  dal venir meno di un tributo il cui
 gettito era gia' riservato allo Stato.
   16. - La ricorrente denuncia altresi' gli articoli 36, 40, 41 e  42
 del  decreto.  L'art.  36, nel disporre l'abolizione di vari tributi,
 non prevederebbe alcuna forma di compensazione a favore della Regione
 (come invece il decreto fa nei confronti dello Stato) per la  perdita
 del gettito di tributi ad essa prima spettanti. L'art. 40, prevedendo
 la istituzione di conti presso le tesorerie statali per il versamento
 delle  somme  riscosse  a  titolo  di  IRAP, e il loro riversamento a
 favore dello Stato, dei comuni, delle Province, del  Fondo  sanitario
 nazionale,  e  solo  per la parte residua alla Regione, comporterebbe
 una riduzione della capacita' di manovra  finanziaria  della  Regione
 stessa  e  una diminuzione del gettito a suo favore. Tale diminuzione
 sarebbe accentuata per effetto degli artt. 41 e 42, che prevedono  il
 calcolo delle cosi' dette "eccedenze" annuali del gettito dell'IRAP e
 il  loro  versamento ad integrazione del Fondo sanitario nazionale, a
 copertura di nuove funzioni o in definitiva  a  favore  del  bilancio
 statale.
   Le questioni sono infondate.
   Il  complesso  meccanismo  di  transizione dal precedente sistema a
 quello contrassegnato dai nuovi tributi regionali  e'  costruito  dal
 legislatore  delegato  con  l'intento  di disciplinare i rapporti fra
 Stato, Regioni  a  statuto  speciale  ed  enti  locali  "in  modo  da
 mantenere  il necessario equilibrio finanziario", come esplicitamente
 recita l'art. 43, comma 2.
   A tal fine, poiche' il gettito dei nuovi tributi e'  principalmente
 destinato  (come  ricorda  la  stessa  ricorrente) a sostituire, come
 fonte di alimentazione del Servizio sanitario nazionale, i contributi
 sanitari, l'art. 38 del decreto stabilisce  anzitutto  che,  al  fine
 della  determinazione  del Fondo sanitario nazionale e delle quote di
 esso da assegnare alle Regioni, "si considera come dotazione  propria
 delle  medesime il gettito dell'addizionale regionale all'imposta sul
 reddito delle persone fisiche (...) ed il 90 per  cento  del  gettito
 dell'imposta  regionale  sulle  attivita'  produttive  al netto delle
 quote attribuite allo Stato" (comma 1),  insieme,  per  il  1998,  ai
 contributi  sanitari  arretrati riscossi nello stesso anno (comma 2).
 Conseguentemente, la misura del concorso della Regione  Siciliana  al
 finanziamento  del  Servizio sanitario, da ultimo elevata al 42,5 per
 cento dall'art. 1, comma  143,  della  legge  n.  662  del  1996,  e'
 rapportata  all'entita' complessiva delle risorse del Fondo sanitario
 (a carico del bilancio dello Stato)  e  dei  gettiti  costituenti  la
 "dotazione" propria della Regione (comma 3).
   La  ripartizione  fra  le  Regioni  del  Fondo  sanitario  di parte
 corrente viene fatta dal CIPE, su proposta del Ministro della sanita'
 d'intesa con la conferenza Stato-Regioni "tenuto  conto  dell'importo
 complessivo  presunto"  del  gettito  dei  nuovi  tributi considerato
 "dotazione propria" di ciascuna Regione  (art.  39,  comma  1):  alla
 copertura  di  eventuali  differenze fra il gettito presunto e quello
 effettivo si provvede mediante una integrazione del  Fondo  sanitario
 "quantificata dalla legge finanziaria" (art. 39, comma 3).
   Il  meccanismo  e' dunque tale da garantire che la perdita da parte
 delle Regioni del gettito  dei  contributi  sanitari,  gia'  ad  esse
 spettanti, sia interamente compensata o dal gettito dei nuovi tributi
 (per  quanto  riguarda l'IRAP, computato solo per il 90 per cento del
 totale, al netto delle quote riservate allo Stato), o,  in  mancanza,
 da  nuovi  apporti  dello Stato al Fondo sanitario: ferma restando la
 quota percentuale del complesso della spesa sanitaria posta a  carico
 della  finanza  regionale (per la Sicilia il 42,5 per cento, ai sensi
 del citato  art.  1,  comma  143,  della  legge  n.  662  del  1996).
 Stabilita  la  quota  del  gettito  dei  nuovi  tributi  destinata al
 finanziamento della sanita', il decreto legislativo  provvede  poi  a
 disciplinare  il  calcolo  e l'utilizzo delle cosi' dette "eccedenze"
 (artt. 41 e 42).  Il  sistema  e'  differenziato  in  relazione  alle
 Regioni  a  statuto  ordinario (art. 41, comma 1), a quelle a statuto
 speciale che accedono al Fondo sanitario nazionale (art. 41, comma 2:
 fra di esse la Sicilia), e infine agli enti ad autonomia speciale che
 non accedono al Fondo sanitario nazionale (art. 41, comma 3), e cioe'
 che provvedono all'integrale autofinanziamento della spesa sanitaria.
 Per quanto qui interessa, avendo  la  Regione  Siciliana  accesso  al
 Fondo   sanitario   nazionale,   le  "eccedenze  annuali  di  risorse
 finanziarie" derivanti  dai  nuovi  tributi  rispetto  al  fabbisogno
 convenzionalmente  calcolato  sono costituite dalla differenza fra il
 residuo 10 per cento del gettito dell'IRAP di spettanza  regionale  e
 "l'ammontare  delle  compartecipazioni ai tributi erariali soppressi,
 convenzionalmente incrementati del tasso  di  crescita  del  prodotto
 interno  lordo  per  il  1998  e il 1999, e tenendo anche conto degli
 effetti indiretti derivanti dall'ampliamento  delle  basi  imponibili
 degli altri tributi compartecipati" (art. 41, comma 2) Si considerano
 dunque   "eccedenze"   le   eventuali  entrate  che  superano  quelle
 necessarie per compensare le entrate venute meno  per  effetto  della
 soppressione  dei  tributi  erariali  al  cui  gettito  le Regioni in
 questione partecipavano. Per la Regione Siciliana, a cui era devoluto
 l'intero gettito dei tributi  erariali  soppressi  (ad  eccezione  di
 quello  dell'imposta  sul  patrimonio netto delle imprese, compensato
 per i primi due anni dalla apposita quota del gettito IRAP  riservata
 allo  Stato:  art.  26,  comma  2),  le entrate da compensare saranno
 evidentemente pari al totale, gia' devoluto alla Regione, dei tributi
 soppressi, convenzionalmente indicizzato.  La  logica  appare  sempre
 quella  della compensazione, ad ogni livello, fra gettito perduto per
 effetto della abolizione di certi tributi e gettito acquisito  con  i
 nuovi  tributi,  e  del  mantenimento dell'equilibrio finanziario nei
 rapporti fra Stato e autonomie speciali, secondo il principio sancito
 dall'art. 43, comma 2.
   Il  calcolo  delle  eccedenze,  per  quanto  riguarda  le Regioni a
 statuto ordinario, e' finalizzato all'attuazione di un meccanismo  di
 compensazione  interregionale,  mediante  un  apposito Fondo, volto a
 riequilibrare fra le Regioni gli effetti finanziari  derivanti  dalla
 maggiore  autonomia  tributaria  e  dalla diversa "capacita' fiscale"
 delle varie Regioni (cfr. art. 3, comma 148, della legge n.  662  del
 1996,  e art. 42, commi 2, 3 e 4, del d.lgs. n. 446 del 1997).  Ma in
 questa sede  interessa  soltanto  la  diversa  disciplina  che  delle
 "eccedenze"  e' dettata, per le Regioni a statuto speciale, dall'art.
 42, comma 7, del decreto. Secondo tale norma "le eccedenze positive o
 negative" "vengono compensate per gli anni 1998 e 1999, nel  rispetto
 degli  statuti di autonomia mediante variazioni delle quote del fondo
 sanitario nazionale, trasferimenti di funzioni, modifica delle  quote
 variabili  previste  ai  sensi  degli  statuti  o  acquisizione delle
 eccedenze al bilancio dello Stato". Invece "a partire dall'anno  2000
 non si da' luogo a recupero delle eccedenze, ma si procede attraverso
 il  trasferimento  di  nuove funzioni amministrative, definite con le
 procedure  fissate  dai  rispettivi  statuti   di   autonomia,   fino
 all'esaurimento delle eccedenze medesime".
   Nella  fase  transitoria, dunque, il sistema si avvale di una serie
 di meccanismi di riequilibrio al fine di pervenire al  risultato  del
 mantenimento  dei  precedenti  livelli di partecipazione alle entrate
 tributarie.  Le  eccedenze  possono   essere   sia   "positive"   che
 "negative",  cioe'  favorevoli  o  sfavorevoli  per  la Regione, e in
 entrambi i  casi  ne  e'  prevista  la  compensazione  con  strumenti
 rispettosi  degli statuti.   In altri termini, per la Sicilia (il cui
 statuto non prevede "quote variabili"  di  entrate  trasferite  dallo
 Stato, ma solo il fondo di solidarieta' di cui all'art. 38), nel caso
 di  eccedenze negative potranno apportarsi variazioni in aumento alla
 quota del  Fondo  sanitario  assegnata  alla  Regione;  nel  caso  di
 eccedenze positive, si potranno apportare variazioni in senso opposto
 alla quota del Fondo sanitario assegnata alla Regione (accrescendo in
 questo  caso la partecipazione regionale al finanziamento della spesa
 sanitaria),  o  attuare  nuovi  trasferimenti   di   funzioni   senza
 corrispondente  trasferimento  di  nuove risorse, ovvero le eccedenze
 potranno essere acquisite al bilancio dello Stato. In proposito e' da
 osservare  che  gli  eventuali  trasferimenti  di  funzioni  dovranno
 avvenire  con  i procedimenti previsti dall'art.  43 dello statuto, e
 dunque  con  la  partecipazione  della  Regione;  mentre  l'eventuale
 acquisizione  di  eccedenze  al bilancio dello Stato si inscriverebbe
 nel sistema di  riserva  eccezionale  allo  Stato  di  nuove  entrate
 tributarie,  previsto  dall'art.  2, primo comma, del d.P.R.  n. 1074
 del 1965.  Dopo i primi due anni, alle eventuali  eccedenze  potranno
 corrispondere   soltanto   nuovi   trasferimenti   di   funzioni,  da
 effettuarsi sempre  con  le  procedure  statutariamente  previste,  e
 dunque  con  la  garanzia  della  partecipazione  della Regione.   In
 definitiva,  il  sistema  e'  ispirato  al  criterio  dell'equilibrio
 finanziario,  anche  se con meccanismi di salvaguardia a favore delle
 esigenze finanziarie statali  piu'  efficaci  di  quelli  previsti  a
 favore   della   Regione.   Non   si  puo'  escludere,  infatti,  che
 l'applicazione delle norme in  questione  comporti  per  la  Regione,
 specie  nella  fase transitoria, qualche diminuzione di entrate, vuoi
 per  l'ipotesi  di  gettito  dei   nuovi   tributi   inferiore   alle
 aspettative, vuoi per l'incidenza della quota del gettito IRAP che la
 Regione dovra' obbligatoriamente devolvere agli enti locali, ai sensi
 dell'art.  27, e della quale l'art. 41, comma 2, non fa parola quando
 disciplina  il  calcolo  delle  "eccedenze"  (benche',  come  si   e'
 ricordato,  l'art.  43,  comma  2,  sancisca  in  via di principio il
 criterio del mantenimento del "necessario equilibrio finanziario" nei
 rapporti fra lo Stato, le autonomie  speciali  e  gli  enti  locali).
 Peraltro  lo stesso art. 42, comma 7, stabilisce che la compensazione
 delle eccedenze avviene "nel rispetto degli statuti di autonomia",  e
 prevede,   con   una  norma  largamente  "programmatica",  meccanismi
 destinati ad essere  eventualmente  applicati  con  procedimenti  dei
 quali la Regione non potrebbe essere esclusa.
   In  ogni  caso, ad escludere la illegittimita' costituzionale delle
 disposizioni  denunciate  vale  la  considerazione   che   le   norme
 statutarie  e di attuazione non stabiliscono, a favore della Regione,
 una  rigida  garanzia  "quantitativa",  cioe'   la   garanzia   della
 disponibilita'  di entrate tributarie non inferiori a quelle ottenute
 in passato: onde nel caso di abolizione di tributi  erariali  il  cui
 gettito  era  devoluto  alla  Regione,  o  di complesse operazioni di
 riforma e di sostituzione di tributi, come  quella  realizzata  sulla
 base  dell'art.  3,  comma  143, della legge n. 662 del 1996, possono
 aversi, senza violazione costituzionale, anche riduzioni  di  risorse
 per   la   Regione,  purche'  non  tali  da  rendere  impossibile  lo
 svolgimento delle sue funzioni.  Cio' vale tanto piu' in presenza  di
 un  sistema  di  finanziamento  che  non  e'  mai stato interamente e
 organicamente coordinato con il riparto delle funzioni, cosi' da  far
 corrispondere  il  piu' possibile, come sarebbe necessario, esercizio
 di funzioni e relativi oneri finanziari da un lato, disponibilita' di
 risorse, in termini di potesta' impositiva (correlata alla  capacita'
 fiscale  della  collettivita' regionale), o di devoluzione di gettito
 tributario, o di altri meccanismi di finanziamento, dall'altro.  Piu'
 in  generale,  la  giurisprudenza  di  questa Corte ha ammesso che la
 legge dello Stato possa, nell'ambito di manovre di finanza  pubblica,
 anche  determinare  riduzioni  nella disponibilita' finanziaria delle
 Regioni,  purche'  appunto  non  tali  da  produrre  uno   squilibrio
 incompatibile con le esigenze complessive della spesa regionale (cfr.
 sentenze n. 307 del 1983, n.123 del 1992 e n. 370 del 1993).
   Quanto  poi  alle disposizioni dell'art. 40, sulle modalita' per il
 versamento su appositi  conti,  intestati  alle  Regioni,  e  per  il
 riversamento  su  altri conti delle somme riscosse a titolo di IRAP e
 di  addizionale  IRPEF,  va  osservato  che  si  tratta  di  semplici
 modalita'   tecnico-contabili   dirette   a  dare  applicazione  alle
 previsioni di legge circa l'attribuzione e  il  riparto  del  gettito
 delle  nuove imposte:   modalita' che non possono che far capo ad una
 disciplina uniforme, posto che non solo il gettito va attribuito alle
 singole Regioni secondo i criteri e le regole stabiliti dall'art.  4,
 ma  inoltre,  nella  fase  transitoria,  il  gettito,  in particolare
 dell'IRAP, e' ripartito fra  diversi  enti  e  diverse  destinazioni,
 secondo  le  altre  previsioni  del  decreto (artt. 26, 38, 41 e 42).
 Senza dire che, in ogni caso,  le  modalita'  di  riversamento  delle
 somme  in questione sono stabilite dal Ministro sentita la conferenza
 Stato-Regioni  (come  e'  logico,  trattandosi   di   modalita'   che
 interessano  tutte  le  Regioni  e i loro rapporti con lo Stato). Non
 sussiste dunque alcuna violazione della autonomia  finanziaria  della
 Regione.
   17.  -  La ricorrente censura infine gli artt. 60 e 61 del decreto.
 Il primo attribuisce, a far tempo dal 1 gennaio 1999, alle Province e
 ai   comuni,   rispettivamente,   il   gettito   dell'imposta   sulle
 assicurazioni   contro  la  responsabilita'  civile  derivante  dalla
 circolazione  dei  veicoli  a  motore,  esclusi  i  ciclomotori  (con
 riguardo   alla  Provincia  in  cui  ha  sede  il  pubblico  registro
 automobilistico nel quale il veicolo e' iscritto), e il gettito delle
 imposte di registro, ipotecarie e catastali riscosse  sugli  atti  di
 trasferimento  a  titolo  oneroso della proprieta' di beni immobili e
 sugli atti costitutivi o traslativi di  diritti  reali  sugli  stessi
 (con  riferimento  al comune in cui l'immobile e' ubicato). L'art. 61
 dispone,  dalla  stessa  data,  la   corrispondente   riduzione   dei
 trasferimenti  erariali  a  favore  delle Province e dei comuni.   La
 ricorrente lamenta che, essendo gia' ad essa devoluto il gettito  dei
 tributi  erariali  ora  "trasferiti"  a  Province  e comuni, lo Stato
 potrebbe ridurre i trasferimenti a favore degli enti locali siciliani
 mentre il corrispondente  gettito  dei  tributi  trasferiti  verrebbe
 perduto  dalla  Regione,  con  complessiva  riduzione delle risorse a
 disposizione del sistema delle autonomie in Sicilia.
   18. - La questione e' infondata nei termini di seguito precisati.
   Va in primo luogo notato che  l'art.  60,  comma  4,  demanda  alle
 Regioni   a   statuto   speciale   l'attuazione,  per  il  rispettivo
 territorio, delle disposizioni sulla devoluzione dei tributi indicati
 a Province e comuni,  "in  conformita'  dei  rispettivi  statuti",  e
 prevede   che   "contestualmente"   siano  disciplinati  "i  rapporti
 finanziari tra lo Stato, le autonomie speciali e gli enti  locali  al
 fine  di mantenere il necessario equilibrio finanziario" (con formula
 analoga a quella, piu' volte citata, dell'art.  43, comma 2).
   E' dunque escluso che si verifichi  il  trasferimento  del  gettito
 tributario  dalla  Regione  Siciliana  alle  Province  e ai comuni, e
 contemporaneamente la riduzione dei trasferimenti statali a  Province
 e  comuni  siciliani.   Che poi si parli qui di "attuazione" e non di
 potesta' concorrente,  non  ha  alcun  rilievo,  trattandosi  proprio
 dell'attuazione  di  un  trasferimento  di  tributi  erariali  che la
 Regione  non  avrebbe  potuto  autonomamente  operare:  e  i   limiti
 dell'autonomia  legislativa  regionale  in materia tributaria restano
 impregiudicati.
   A sua volta l'art. 61,  comma  4,  prevede  che  le  riduzioni  dei
 contributi   statali   e  i  gettiti  dei  tributi  trasferiti  "sono
 determinati con riferimento alle province e ai comuni delle regioni a
 statuto ordinario":  mentre "per le Regioni  a  statuto  speciale  le
 operazioni  di  riequilibrio  di cui al decreto legislativo 30 giugno
 1997, n. 244" - che detta le  norme  sul  riordino  del  sistema  dei
 trasferimenti  erariali agli enti locali per adeguarlo, al termine di
 una  lunga  fase  di   transizione,   a   fabbisogni   oggettivamente
 determinati   -   "si   applicano  solo  dopo  il  recepimento  delle
 disposizioni dell'articolo 60 e del presente articolo nei  rispettivi
 statuti".    Nonostante  la  formulazione impropria, che allude ad un
 impossibile  "recepimento"  delle  disposizioni  in  questione  negli
 statuti speciali, la norma va intesa nel senso che la regolazione dei
 rapporti  finanziari  con  i  comuni  avverra',  in  conformita' allo
 statuto, in occasione della attuazione da parte della  Regione  delle
 disposizioni  dell'art.    60,  commi  1  e  2, e in modo tale - come
 espressamente stabilisce il  comma  4  dello  stesso  art.  60  -  da
 "mantenere  il  necessario  equilibrio finanziario". Intesa in questo
 senso,  la  norma  non  presta  il  fianco  alle  censure mosse dalla
 ricorrente.
   19. - Risulta impugnato anche l'articolo 43 del decreto, che  rende
 esplicito  il  riferimento  delle  disposizioni  anche  alle Province
 autonome di Trento e Bolzano, e stabilisce che "i rapporti finanziari
 tra lo Stato, le autonomie speciali e gli enti locali  devono  essere
 disciplinati  in  modo  tale  da  mantenere  il necessario equilibrio
 finanziario":  ma la relativa questione non e' in alcun modo motivata
 ne' sviluppata nel ricorso, onde essa va dichiarata  inammissibile.
   20.  -  Il  conflitto  di  attribuzioni  sollevato  dalla   Regione
 Siciliana  ha  ad  oggetto  il  decreto  del Ministro del tesoro, del
 bilancio e della programmazione economica  in  data  24  marzo  1998,
 recante "Modalita' di riversamento delle somme riscosse per l'imposta
 regionale  sulle  attivita'  produttive  (IRAP)  e  per l'addizionale
 regionale all'IRPEF, ai sensi del  decreto  legislativo  15  dicembre
 1997, n. 446".
   La Regione ammette che il decreto impugnato costituisce svolgimento
 del  decreto  legislativo  n.  446  del  1997,  onde  su  di  esso si
 rifletterebbero  le  censure  di  incostituzionalita'  che  investono
 quest'ultimo provvedimento.
   Piu' in particolare, la ricorrente afferma che il sistema di conti,
 intestati  alle  Regioni,  previsto  dagli  artt.  1  e 2 del decreto
 farebbe si' che l'IRAP non sarebbe riscossa sul territorio regionale,
 onde potrebbe sfuggire alla regola statutaria della  devoluzione  del
 gettito  alla  Regione;  che  l'art. 2, comma 3, lettera B, punto IV,
 escluderebbe illegittimamente la competenza  della  "Cassa  regionale
 siciliana di Palermo", prevista dagli artt. 21 e 26 del d.lgs. n. 241
 del   1997,   a  raccogliere  l'immediato  riversamento  delle  somme
 riscosse; che l'art. 3, comma 3, il quale prevede  le  modalita'  del
 riversamento  delle  somme  versate  sul conto "IRAP-altri soggetti",
 consentirebbe allo Stato di determinare unilateralmente le  somme  da
 trattenere  a  compensazione  dei costi di gestione del tributo, e di
 attribuire direttamente a proprio favore le eccedenze di cui all'art.
 41 del decreto  legislativo,  facendo  venir  meno  la  possibilita',
 prevista   dall'art.   42,  comma  7,  del  decreto  legislativo,  di
 "realizzare un vantaggio  finanziario  per  la  Regione  mediante  la
 destinazione  di  tali  eccedenze  alla variazione di quote del Fondo
 sanitario o al pagamento degli oneri derivanti dal  trasferimento  di
 nuove funzioni".
   21. - Il conflitto e' inammissibile.
   Una  volta  riconosciute  infondate  le  censure  di illegittimita'
 costituzionale rivolte al decreto legislativo n. 446 del 1997,  e  in
 particolare,   fra   l'altro,  agli  articoli  1,  2,  4,  15  (sulla
 configurazione generale  e  sulla  spettanza  dell'imposta  regionale
 sulle attivita' produttive), 26, comma 1 (sulla riserva allo Stato di
 una  quota  del  gettito  a  compensazione dei costi di gestione), 40
 (sulle modalita' di versamento e riversamento del gettito), 41  e  42
 (sulle  cosi' dette "eccedenze" e sulla loro compensazione), non puo'
 riconoscersi  alcuna  consistenza  autonoma  alle  censure  mosse  al
 decreto ministeriale, emanato peraltro, come prevede l'art. 40, comma
 2,   del   decreto   legislativo,   previo  parere  della  conferenza
 Stato-Regioni.  Esso,  infatti,  non  fa  che  dettare  le  modalita'
 applicative delle predette norme  legislative.
   In  particolare,  l'art.  1  disciplina  la  istituzione  dei conti
 previsti dall'art. 40, comma 1, del d.lgs. n. 446 del  1997,  nonche'
 di  un  conto  intestato  all'erario per il versamento delle quote di
 spettanza statale ai sensi dell'art. 26 e delle eccedenze di cui agli
 artt.   41 e 42 del  decreto  legislativo.  L'art.  2  disciplina  le
 modalita'  operative  per  l'afflusso  delle somme sui conti; piu' in
 particolare, la lettera B, punto  IV,  del  comma  3  disciplina,  in
 coerenza  con  il sistema dei conti previsti dall'art. 40 del decreto
 legislativo, l'afflusso delle somme derivanti dai versamenti unitari,
 relativi ad una pluralita' di tributi,  effettuati  dai  contribuenti
 titolari di partita IVA. L'art. 3, comma 3, disciplina, per il 1998 e
 il 1999, il riversamento del gettito dell'IRAP sui vari conti ("conto
 erario"  per  le  quote  o le eccedenze di pertinenza dello Stato, ai
 sensi degli artt.  26,  41  e  42  del  decreto  legislativo;  "conto
 contributi  sanitari" o "conto sanita'", intestato alla Regione, fino
 a concorrenza dell'importo destinato al  finanziamento  del  Servizio
 sanitario  nazionale,  pari,  ai  sensi  dell'art.  38,  comma 1, del
 decreto legislativo, al 90 per cento  del  gettito  dell'imposta,  al
 netto  delle quote riservate allo Stato; "conto ordinario", anch'esso
 intestato  alla  Regione,  per  le  quote  determinate  a  titolo  di
 compartecipazione  degli  enti  locali,  ai  sensi  dell'art.  27 del
 decreto legislativo, nonche' per la parte che residua dopo gli  altri
 versamenti).  Il  tutto  in  applicazione  delle corrispondenti norme
 sostanziali del decreto legislativo.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
     a)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
 costituzionale  degli  articoli  1, 2, 4, 15, 24, 26, 27, 30, 36, 40,
 41, 42 e  50  del  decreto  legislativo  15  dicembre  1997,  n.  446
 (Istituzione   dell'imposta  regionale  sulle  attivita'  produttive,
 revisione  degli  scaglioni,  delle  aliquote  e   delle   detrazioni
 dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta,
 nonche'  riordino  della  disciplina  dei  tributi locali), sollevate
 dalla Regione Siciliana, in riferimento  all'art.  36  dello  statuto
 speciale e alle relative norme di attuazione, nonche' agli articoli 3
 e  76 della Costituzione, con il ricorso (R.  ric. n. 10 del 1998) in
 epigrafe;
     b) dichiara non fondata, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  la
 questione  di  legittimita' costituzionale degli articoli 60 e 61 del
 predetto decreto legislativo n. 446 del 1997, sollevata dalla Regione
 Siciliana, in riferimento all'art. 36 dello statuto speciale  e  alle
 relative  norme  di  attuazione,  nonche'  agli articoli 3 e 76 della
 Costituzione, con il ricorso in epigrafe;
     c)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  43 del predetto decreto legislativo n. 446
 del 1997, sollevata dalla Regione Siciliana, in riferimento  all'art.
 36  dello  statuto  speciale  e  alle  relative  norme di attuazione,
 nonche' agli articoli 3 e 76 della Costituzione, con  il  ricorso  in
 epigrafe;
     d)   dichiara   inammissibile   il   ricorso   per  conflitto  di
 attribuzioni (R. confl.  n.  14  del  1998)  promosso  dalla  Regione
 Siciliana   contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  in
 relazione al decreto del Ministro del tesoro, del  bilancio  e  della
 programmazione economica in data 24 marzo 1998, recante "Modalita' di
 riversamento  delle  somme  riscosse  per  l'imposta  regionale sulle
 attivita' produttive (IRAP) e per l'addizionale regionale sull'IRPEF,
 ai sensi del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446".
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 aprile 1999.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Onida
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 22 aprile 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 99C0413