N. 253 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 dicembre 1998

                                N. 253
  Ordinanza emessa il 3 dicembre  1998  dal  tribunale  amministrativo
 regionale per la Sicilia sul ricorso proposto da Gisone Amedeo contro
 l'Universita' degli studi di Palermo ed altro
 Istruzione  pubblica  -  Istruzione  universitaria  - Attribuzione al
    Ministro della pubblica istruzione del potere di  definizione,  su
    conforme   parere   del   C.U.N.,  dei  criteri  generali  per  la
    regolamentazione  dell'accesso  ai  corsi  universitari   compresi
    quelli  a "numero chiuso" - Violazione del principio della riserva
    di  legge  relativa   in   materia   di   accesso   all'istruzione
    universitaria  nonche'  dei  principi  di uguaglianza e del libero
    accesso alle scuole.
 (Legge 19 novembre 1990, n. 341, art. 9, comma  4,  modificato  dalla
    legge 15 maggio 1997, n. 127, art. 17, comma 116).
 (Cost., art. 33 e 34).
(GU n.19 del 12-5-1999 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 3367/98,
 sezione  II,  proposto  da  Gisone  Amedeo,  rappresentato  e  difeso
 dall'avv.to  Fabrizio  Genco,  ed elettivamente domiciliato presso lo
 studio dell'avv.to Salvatore Pandolfini in Palermo,  via  quarto  dei
 Mille n. 36;
   Contro  l'Universita' degli studi di Palermo in persona del Rettore
 pro-tempore  ed  il  Ministero  dell'Universita'  e   della   ricerca
 scientifica  e  tecnologica in persona del Ministro pro-tempore tutti
 rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale  dello  Stato  di
 Palermo,  presso  i  cui  uffici  in  via  A.  De Gasperi n. 81, sono
 domiciliati  per  legge,  per  l'annullamento   della   deliberazione
 adottata  dal  Senato  accademico  dell'Universita'  degli  studi  di
 Palermo in data 24 luglio  1998,  relativa  alla  determinazione  del
 numero  massimo  di  studenti  da immatricolare per l'anno accademico
 1998-99 al primo  anno  del  corso  di  diploma  di  "Consulente  del
 Lavoro";  -  del  decreto-bando n. 1278 del 6 agosto 1998, con cui il
 rettore dell'Universita' degli studi di Palermo, facolta' di  scienze
 politiche  -  ha  previsto  per  l'iscrizione  al  corso  di  diploma
 universitario di consulente del lavoro per l'anno accademico  1998-99
 un numero di posti, previo esame di ammissione, limitato a 30;
   Visto il ricorso introduttivo del giudizio;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'Avvocatura dello
 Stato di Palermo per le Amministrazioni intimate;
   Udito  il  relatore  Salvatore  Veneziano,  e   l'avv.to   Giuseppe
 Immordino,   in  sostituzione  dell'avv.to  Fabrizio  Genco,  per  il
 ricorrente, e l'avv.to dello Stato F. Bucalo per  le  Amministrazioni
 intimate;
   Vista la documentazione tutta in atti;
   Vista  la propria ordinanza n. 2073/1998 del 3 dicembre 1998 con la
 quale sono stati sospesi ex art. 21 della legge 6 dicembre  1971,  n.
 1034 i provvedimenti impugnati;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con  ricorso  notificato  il  14  novembre  1998,  e  depositato il
 successivo 18 novembre,  il  ricorrente  espone  di  avere  richiesto
 l'iscrizione  per l'anno accademico 1998/1999 al primo anno del corso
 di  diploma  universitario  di  "Consulente  del  lavoro",  di  avere
 partecipato  al concorso bandito per l'individuazione dei 30 studenti
 da ammettersi al corso ma  di  non  essersi  collocato  in  posizione
 utile;  avverso  i  provvedimenti  impugnati  deduce  le  censure  di
 violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili.
   Il decreto rettoriale, che  ha  fissato  in  70  unita'  il  numero
 massimo  di studenti da ammettersi al citato corso di laurea, sarebbe
 illegittimo per violazione del diritto allo studio costituzionalmente
 sancito dagli artt. 33 e 34 Cost.,  in  virtu'  dei  quali  qualsiasi
 limitazione   all'accesso   ai  corsi  universitari  dovrebbe  essere
 prevista per legge e non demandata ai  provvedimenti  amministrativi,
 ministeriali o universitari.
   Alla  camera di consiglio del 3 dicembre 1998 si sono costituiti in
 giudizio il Ministero e l'Universita' intimati.
   Alla medesima camera di consiglio e' stata adottata l'ordinanza  n.
 2073/1998  con  la  quale  sono stati sospesi ex art 21 della legge 6
 dicembre 1971,  n.  1034  i  provvedimenti  impugnati,  agli  effetti
 dell'iscrizione   del   ricorrente  al  corso  universitario  di  che
 trattasi, nelle more della decisione della Corte costituzionale sulla
 questione che viene sollevata con la presente ordinanza.
                             D i r i t t o
   Osserva il Collegio che la problematica dedotta in  via  principale
 con  il ricorso all'esame attiene alla legittimita' della istituzione
 di limitazioni nell'accesso alle facolta' universitarie, c.d. "numero
 chiuso", in violazione del diritto allo studio sancito dall'art.   34
 Costituzione.
   Tale tematica ha trovato regolamentazione legislativa nell'art.  9,
 comma  4,  della  legge  19  novembre  1990,  n. 341, come modificato
 dall'art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127,  secondo
 il  quale "il Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e
 tecnologica definisce,  su  conforme  parere  del  C.U.N.  i  criteri
 generali   per   la  regolamentazione  dell'accesso  alle  scuole  di
 specializzazione ed ai corsi universitari, anche a quelli per i quali
 l'atto  emanato  dal   Ministro   preveda   una   limitazione   nelle
 iscrizioni";  della  costituzionalita'  di  tale  norma  il  Collegio
 dubita, anche alla luce delle considerazioni svolte nella sentenza n.
 383 del 27 novembre 1998 della Corte costituzionale.
   In via preliminare il Collegio  ritiene  sussistente  il  requisito
 della  rilevanza  della  questione,  ai  fini della definizione della
 concreta controversia sottoposta al  suo  esame,  giacche'  la  norma
 sopraindicata  appare  essere  l'unica  fonte legislativa applicabile
 alla fattispecie che possa assicurare un supporto di legittimita'  ai
 provvedimenti impugnati.
   Ne'  puo' essere considerata circostanza ostativa al loro eventuale
 annullamento la mancata  formale  impugnativa  degli  ulteriori  atti
 (decreto  ministeriale  13 marzo 1954 istitutivo del corso di diploma
 di "Consulente del lavoro" presso la facolta'  di  scienze  politiche
 dell'Universita'  degli  studi  di  Palermo;  decreto ministeriale 21
 luglio 1997, n. 245, Regolamento recante norme in materia di  accessi
 all'istruzione universitaria e di connesse attivita' di orientamento;
 decreto   ministeriale   14  maggio  1998,  recante  la  definizione,
 limitatamente all'anno accademico  1998-99,  delle  procedure  e  dei
 parametri  standard di riferimento che consentano alle universita' di
 programmare gli  accessi  ad  alcuni  corsi  di  laurea)  in  materia
 adottati.
   Ed  invero,  tanto piu' trattandosi di controversia attribuita alla
 giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 33,  comma
 2,  lett.  f),  del  d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, questi - secondo un
 recente, ma ormai consolidato, orientamento giurisprudenziale  (Cons.
 Stato,  sez.  V, 26 febbraio 1992, n. 154, 24 luglio 1993, n. 799 e 7
 aprile 1995, n. 531; c.g.a. 27 novembre 1995, n. 349, 20 marzo  1996,
 n. 75 e 25 ottobre 1996, n. 366) - ben potra' eventualmente procedere
 alla disapplicazione degli atti regolamentari lesivi del diritto allo
 studio del ricorrente, ove detto diritto sia riconosciuto sussistente
 a  livello costituzionale e non (legittimamente) conculcato a livello
 legislativo.
   Il Collegio ritiene, altresi', che sussistano consistenti dubbi  di
 costituzionalita'  in  ordine al citato art. 97, comma 4, della legge
 19 novembre 1990, n. 341, come modificato dall'art.  17,  comma  116,
 della  legge  15  maggio  1997,  n.  127  in  relazione  al principio
 costituzionale  di  riserva  di  legge,  ed  agli  artt.  33   e   34
 Costituzione;  e  cio'  anche  successivamente,  ed  alla luce, delle
 considerazioni svolte nella sentenza n.  383  del  27  novembre  1998
 della  Corte  costituzionale, con la quale analoga questione e' stata
 respinta  in  relazione  alla  istituzione  del  numero  chiuso   per
 l'accesso  alle  facolta'  di  medicina, veterinaria, odontoiatria ed
 architettura.
   In detta pronunzia la Corte costituzionale ha affermato:
     l'inerenza,  e  la  correlazione,  degli  aspetti   organizzativi
 interni  delle  Universita' con il servizio dell'istruzione pubblica,
 con le relative prestazioni ed  i  connessi  diritti  all'accesso  al
 servizio ed alla fruizione delle prestazioni rese;
     la sussistenza di una riserva, c.d. relativa, di legge in tema di
 accesso  ai corsi universitari, dal momento che "i criteri di accesso
 all'universita', e dunque anche la previsione  del  numerus  clausus,
 non possono legittimamente risalire ad altre fonti, diverse da quella
 legislativa"  e  che  "la  riserva  di  legge in questione e' tale da
 comportare, da un lato, la necessita' di non  comprimere  l'autonomia
 delle  universita',  per quanto riguarda gli aspetti della disciplina
 che ineriscono a tale autonomia; dall'altro, la possibilita'  che  la
 legge,  ove  non disponga essa stessa direttamente ed esaustivamente,
 preveda l'intervento normativo dell'esecutivo, per la  specificazione
 concreta  della  disciplina  legislativa,  quando  la sua attuazione,
 richiedendo valutazioni d'insieme, non e' attribuibile  all'autonomia
 delle universita'";
     l'impossibilita',  a  pena  di  di interpretare l'art 9, comma 4,
 della  legge  n.  341/1990  quale  norma  attributiva  di  un  potere
 ministeriale  libero  di  istituire  limitazioni all'accesso ai corsi
 universitari e l'opposta esigenza, invece, di interpretare  la  norma
 quale  attributiva  del  detto potere "solo se e nei limiti in cui da
 altre disposizioni legislative risultino predeterminati  criteri  per
 l'individuazione  in  concreto  delle scuole e dei corsi universitari
 rispetto ai quali valgono esigenze particolari  di  contenimento  del
 sovraffollamento  e  si  giustifichi  quindi la previsione con l'atto
 ministeriale cui l'impugnato art. 9, comma 4, si  riferisce  -  delle
 limitazioni nelle iscrizioni";
     la  possibilita'  di  individuare  tali  "limiti" con riferimento
 all'ordinamento giuridico nel suo insieme, ivi comprese la  normativa
 comunitaria ed i relativi provvedimenti di recepimento ed attuazione;
     l'esigenza  in materia, "di un'organica sistemazione legislativa,
 finora sempre mancata: una  sistemazione  chiara  che,  da  un  lato,
 prevenga  l'incertezza  presso i potenziali iscritti interessati e il
 contenzioso che ne puo' derivare e nella quale,  dall'altro,  trovino
 posto  tutti  gli  elementi  che,  secondo  la  Costituzione,  devono
 concorrere a formare l'ordinamento universitario".
   Il  Collegio  ritiene pero' che la citata pronunzia della Corte non
 abbia del tutto, e definitivamente, sgombrato il campo dai  dubbi  di
 incostituzionalita' della norma esaminata, giacche':
     1)  non  appare  sempre,  e  del tutto, condivisibile la proposta
 interpretazione della norma censurata;
     2) per molti  dei  corsi  di  laurea  in  concreto  sottoposti  a
 limitazioni   nell'accesso,   quali  quello  oggetto  della  presente
 controversia,  non  sussiste  nell'ordinamento  alcuna  altra   norma
 legislativa che possa giustificare l'istituzione del numero chiuso.
   In ordine alla prima considerazione, osserva il Collegio che mentre
 l'originario  testo  del  quarto  comma  dell'art.  9  della legge n.
 341/1990  attribuiva  al  Ministero  un  potere  di  regolamentazione
 dell'accesso  ai corsi per i quali sia prevista una limitazione nelle
 iscrizioni, cosi' effettivamente rinviando ad una diversa  fonte  del
 potere    di   istituzione   della   limitazione,   l'attuale   testo
 espressamente consente ("...  anche  a  quelli  per  i  quali  l'atto
 emanato  dal  Ministro preveda una limitazione nelle iscrizioni") che
 la limitazione sia eventualmente istituita dallo stesso provvedimento
 ministeriale; cio' induce a ritenere che la norma abbia attribuito al
 Ministero un potere astrattamente riferibile  sia  ad  ipotesi  nelle
 quali   altre   norme  legislative  fornissero  i  necessari  "limiti
 sostanziali", quali quelle in concreto individuate dalla  Corte,  sia
 ad  ipotesi  nelle  quali la limitazione all'accesso derivasse in via
 diretta ed esclusiva dallo stesso provvedimento ministeriale.
   In  ordine  alla  seconda  considerazione,  il   Ministero   e   le
 Universita'  hanno,  in concreto, provveduto alla istituzione del cd.
 "numero chiuso" anche in facolta' e corsi per i quali, come nel  caso
 all'esame,   non   sussiste   alcun   previo  ed  ulteriore  supporto
 legislativo.
   Con riferimento a tali ipotesi e, per quello che  qui  rileva,  con
 riferimento  al corso di diploma di "Consulente del lavoro" presso la
 facolta'  di  scienze  politiche  dell'Universita'  degli  studi   di
 Palermo, il Collegio ritiene, quindi, tutt'ora pienamente sussistenti
 i  dubbi  di  costituzionalita'  dell'art. 9, comma 4, della legge 19
 novembre 1990, n. 341, come modificato dall'art. 17, comma 116, della
 legge 15 maggio 1997, n. 127 in relazione al principio costituzionale
 di riserva di legge, sia pure relativa, ed agli artt. 33 e  34  della
 Costituzione,  per non avere previsto "adeguati criteri di esercizio"
 del  potere  attribuito  al  ministero   di   istituire   limitazioni
 all'accesso  e,  in  particolare,  "criteri  per  l'individuazione in
 concreto delle scuole e dei  corsi  universitari  rispetto  ai  quali
 valgono  esigenze  particolari di contenimento del sovraffollamento e
 si giustifichi quindi la previsione -  con  l'atto  ministeriale  cui
 l'impugnato  art.  9, comma 4, si riferisce - delle limitazioni nelle
 iscrizioni".
   Ne' il Collegio ritiene di potere evitare  di  sollevare  la  nuova
 questione  di  costituzionalita'  attraverso il diretto esercizio del
 sindacato  giurisdizionale  sugli  atti  amministrativi,  in   quanto
 adottati  in  difetto di potere, giacche' la rilevata interpretazione
 del citato art. 9,  comma  4,  legge  n.  341/1990,  come  modificato
 dall'art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127, induce a
 ritenere la sussistenza di una (sia pure, probabilmente, illegittima)
 attribuzione  legislativa di un potere amministrativo c.d. libero per
 almeno una parte dei corsi universitari.
   Per  altro,  quelle  stesse  esigenze di chiarezza e certezza nella
 materia,  che  hanno  indotto  la  Corte  costituzionale  a  ritenere
 auspicabile  un  intervento legislativo organico in materia, inducono
 sollecitare un nuovo intervento della Corte costituzionale che  possa
 affermare,  con efficacia erga omnes, l'illegittimita' costituzionale
 dell'attribuzione di  un  potere  amministrativo  c.d.  libero  nella
 stessa materia.
                               P. Q. M.
   Dichiara  rilevante  per la definizione del presente giudizio e non
 manifestamente infondata, nei  termini  di  cui  in  motivazione,  la
 questione  di  costituzionalita' dell'art. 9, comma 4, della legge 19
 novembre 1990, n. 341, come modificato dall'art. 17, comma 116, della
 legge 15 maggio 1997, n. 127;
   Solleva la questione di  legittimita'  costituzionale  della  norma
 citata  per  violazione  del  principio  costituzionale di riserva di
 legge, in relazione agli artt. 33 e 34 della  Costituzione,  per  non
 avere  previsto "adeguati criteri di esercizio" del potere attribuito
 al  ministero  di   istituire   limitazioni   all'accesso   a   corsi
 universitari;
   Sospende  il  giudizio  in corso e ordina la immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Manda  alla  segreteria  di  provvedere  alla  notificazione  della
 presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio
 dei  Ministri  ed alla comunicazione della stessa ai Presidenti delle
 due Camere del Parlamento.
   Cosi' deciso in Palermo, nella Camera di consiglio del  3  dicembre
 1998.
                      Il presidente: Giallombardo
                                                L'estensore: Veneziano
 99C0434