N. 286 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 dicembre 1998

                                N. 286
  Ordinanza emessa il 3 dicembre 1998 dalla Corte dei  conti,  sezione
 giurisdizionale per la regione Puglia sul ricorso proposto da Fontana
 Gaetano contro D.P.T. di Lecce
 Pensioni  - Pensionati svolgenti attivita' retribuita alle dipendenze
    dello Stato, di enti pubblici o di terzi - Divieto di duplicazione
    dell'indennita' integrativa e di cumulo con altre indennita' della
    stessa natura  comunque  denominate  -  Mancata  previsione  della
    determinazione  della  misura  della  retribuzione  oltre la quale
    diventa operante il divieto  -  Ritenuta  permanente  vigenza,  da
    parte  della  Corte dei conti, della norma impugnata oggetto della
    sentenza della Corte costituzionale  nn.  566/1989  e  204/1992  -
    Incidenza  sul  principio  della  retribuzione  (anche  differita)
    proporzionata ed adeguata - Riferimento alla sentenza della  Corte
    costituzionale n. 494/1993.
 (Legge  27  maggio  1959,  n.  324,  art. 2, settimo comma; d.P.R. 29
    dicembre 1973, n. 1092, art. 130, ultimo comma).
 (Cost., art. 36).
(GU n.21 del 26-5-1999 )
                          LA CORTE DEI CONTI
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso iscritto al n.
 2704/C del registro di segreteria, proposto dal sig. Fontana  Gaetano
 (nato  a  Gallipoli  il  24  giugno  1920),  rappresentato  e  difeso
 dall'avv.  Romeo Greco, avverso il provvedimento prot. n. 8136  della
 D.P.T.  di Lecce, in data 30 giugno 1988.
   Uditi  alla  pubblica  udienza  del  3 dicembre 1998 il consigliere
 relatore dott. Vittorio Raeli e il dott. Michele Balducci, per  conto
 dell'amministrazione del Tesoro; non presente l'avv. Romeo Greco;
   Visto il ricorso in epigrafe, con gli allegati;
   Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;
                         Considerato in fatto
   1. - Con atto di ricorso in data 28 febbraio 1989, depositaro il 22
 luglio  1989 nella segreteria della terza sezione giurisdizionale per
 le p.c. di questa Corte, il sig.  Fontana  Gaetano  ha  impugnato  il
 provvedimento  prot.  n.  8136  del  30 giugno 1988 (notificato il 30
 dicembre  1988),  con  il  quale  la  D.P.T.  di  Lecce  ha  intimato
 all'interessato  la  restituzione dell'I.I.S. percepita indebitamente
 dal Fontana (dal 10 settembre 1982 sino al 31 maggio 1988), pari alla
 somma di L.   44.837.965, operando  la  ritenuta  cautelativa  di  L.
 123.520  mensili,  a  decorrere  dal  luglio  1988,  sulla partita di
 pensione n. 13573306.  Cio' in quanto la  predetta  I.I.S.  e'  stata
 corrisposta  in violazione del divieto di cumulo prescritto dall'art.
 99 del T.U. n.  1092/1973  e  17  della  legge  n.  843/1978,  avendo
 l'interessato rapporto di prestazione d'opera presso l'U.S.L. LE/13.
   2.  -  Il  ricorrente  chiede  l'accertamento della irripetibilita'
 dell'indebito,  unitamente  alla  sospensione   dell'esecuzione   del
 provvedimento  di  ripetizione,  eccependo  la sua buona fede; con la
 condanna dell'amministrazione  del  tesoro  alla  restituzione  delle
 ritenute   operate   sulla   pensione  di  titolarita'  n.  13573306,
 maggiorate  degli  interessi  e  della  rivalutazione  monetaria.  In
 subordine,  che  vengano  dichiarati prescritti i crediti relativi al
 periodo anteriore al quinquennio di loro maturazione.
   Il tutto con vittoria di spese ed onorari di giudizio.
   3. - Venuta in discussione nella Camera di consiglio del 17 gennaio
 1990, l'istanza cautelare e' stata accolta, su  conforme  parere  del
 procuratore generale, dal Collegio giudicante, con ordinanza n. 43/C,
 depositata il 24 gennaio 1990.
   4.   -   A   seguito  della  devoluzione  dei  giudizi  in  materia
 pensionistica alle sezioni  giurisdizionali  regionali,  per  effetto
 della   entrata  in  vigore  del  d.-l.  15  novembre  1993,  n.  543
 (convertito nella legge 14 gennaio 1994, n. 19 e s.m.),  il  ricorso,
 trasmesso  d'ufficio  a  questa sezione giurisdizionale regionale, e'
 stato ritualmente proseguito (ai sensi dell'art. 6  del  cit.  d.-l.)
 con  istanza  scritta del 4 luglio 1996, pervenuta in segreteria l'11
 luglio 1996, entro il termine di sei mesi dalla  comunicazione  della
 segreteria (notificata il 12 aprile 1996).
   5.  -  All'odierna  pubblica  udienza e' comparso il rappresentante
 dell'amministrazione del tesoro, il quale ha prodotto nota prot.   n.
 39111 - Uff. Cont.so della D.P.T. di Lecce, in data 18 novembre 1998,
 da cui risulta che il debito residuo ammonta a L. 23.443.669.
                          Ritenuto in diritto
   1.  - Va premesso che, con tre sentenze, la Corte costituzionale ha
 notevolmente inciso  sulla  disciplina  normativa  del  cumulo  delle
 indennita' integrative speciali. Con le sentenze n. 566 del 1989 e n.
 204  del  1992, il giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimita'
 costituzionale,  rispettivamente,  dell'art.  99,  quinto  comma, del
 d.P.R. n. 1092 del 1973; 17, primo comma, della legge n. 843 del 1978
 e 15 del d.-l. n. 663 del 1979 (convertito  nella  legge  n.  33  del
 1980).
   Nella  sentenza  n. 566 del 1989, la declaratoria di illegittimita'
 costituzionale e' sul punto motivata nel rilievo che la norma di  cui
 all'art.  99,  quinto  comma,  del  d.P.R.  n.  1092 del 1973 "non ha
 stabilito il limite dell'emolumento per le attivita'  alle  quali  si
 riferisce,  dovendosi  ritenere  ammissibile,  al  di  sotto  di tale
 limite,  il  cumulo  integrale  fra   trattamento   pensionistico   e
 retribuzione, senza che sia sospesa la corresponsione dell'indennita'
 integrativa".    La  sentenza,  comunque,  appartiene al novero delle
 sentenze monito, in quanto la parte motiva si conclude con  l'invito,
 implicitamente  rivolto,  al  legislatore di riformulare la norma nel
 senso indicato dalla Corte costituzionale.
   Anche la sentenza n. 204 del 1992, nonostante la  dichiarazione  di
 illegittimita'  (parziale)  delle  norme  di cui agli artt. 17, primo
 comma, della legge n. 843/1978 e 15  del  d.-l.  n.  663  (convertito
 nella  legge  n. 33 del 1980), "nella parte in cui non determinano la
 misura  della  retribuzione,  oltre  la  quale   diventano   operanti
 l'esclusione  e  il congelamento dell'indennita' speciale", contiene,
 all'ultimo capoverso della motivazione,  analogo  invito  rivolto  al
 legislatore, al quale si precisa "tale determinazione (e quella della
 relativa  decorrenza)  spetta  ...  e  deve  esplicarsi  in  modo  da
 salvaguardare  il  precetto  dell'art.   36,   primo   comma,   della
 Costituzione".
   Piu'  di  recente,  la  Corte  costituzionale ha dichiarato, con la
 sentenza n. 494 del 1993, l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
 99,  secondo  comma,  del d.P.R. n. 1099 del 1973, nella parte in cui
 non viene fatto salvo l'importo della seconda o  ulteriore,  pensione
 corrispondente  al  trattamento  minimo (di pensione) previsto per il
 Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
   2. - Con le surriferite decisioni della  Corte  costituzionale,  la
 quasi  totalita'  delle  norme  sul divieto di cumulo dell'indennita'
 integrativa  speciale  sono  state  ridotte  nel   loro   ambito   di
 applicabilita',     pur    rimanendo    ancora    operante    divieto
 nell'ordinamento.
   2.1 - Esente da censura - e, quindi,  pienamente  valido  -  rimane
 l'art.  1,  quarto  comma,  della  legge  n.  354/1959, che regola il
 divieto di cumulo in presenza di due o piu' retribuzioni.
   2.2. - Per il cumulo fra due e o piu'  trattamenti  di  quiescenza,
 rimane  valido  il  divieto  di  cui  all'art. 99, secondo comma, de1
 d.P.R.     n.  1092  del   1973,   principalmente   per   l'esplicita
 dichiarazione  enunciata  nel  dispositivo  della sentenza n. 494 del
 1993 ("pur restando vietato il cumulo  delle  indennita'  integrative
 speciali"),   quando   la  seconda,  o  ulteriore,  pensione  risulti
 superiore  all'importo  corrispondente  al  trattamento  minimo   (di
 pensione)  prevista  per  il  Fondo pensioni lavoratori dipendenti. A
 seguito  della  inerzia  legislativa,  peraltro,  la  norma   risulta
 depotenziata  sul  piano  applicativo,  sicche' deve ritenersi ancora
 operante, in sua vece, l'art. 2, settimo comma, della  legge  n.  324
 del 1959.
   2.3.  -  Anche  le  norme  sul  divieto  di cumulo delle indennita'
 integrative speciali - riferite  a  retribuzione  e  pensione  -  non
 risultano  travolte  dalle  pronunce  della  Corte costituzionale, in
 quanto, pur essendo stato  dichiarato  incostituzionale  il  disposto
 dell'art.  99,  quinto  comma,  del  d.P.R.  n.  1092 del 1973, dalla
 motivazione  della  sentenza  n.  566/1989  si   ricava   sul   piano
 interpretativo,  con argumentum a contrario, che il cumulo e' vietato
 al  di  sopra  del  limite  minimo   dell'emolumento   dell'attivita'
 esplicata, in relazione alla quale la decurtazione diventa operante.
   2.4. - Analogamente restano validi gli artt. 17, primo comma, della
 legge  n.  843  del  1978  e 15 del d.-l. n. 663 del 1979 (convertito
 nella legge n. 33 del 1980),  non  avendo  la  Corte  costituzionale,
 nemmeno  in  questo  caso fatto cadere del tutto il divieto di cumulo
 delle indennita' integrative speciali (cfr. sent. n. 204 del 1992).
   3. - Poiche' si erano manifestati contrasti  giurisprudenziali  tra
 le  sezioni  giurisdizionali della Corte dei conti, sulla esistenza o
 meno di un divieto  generale  di  cumulo  di  indennita'  integrative
 speciali,   a   seguito   delle   succitate   sentenze   della  Corte
 costituzionale, sono intervenute le sezioni    riunite,  in  sede  di
 questione  di  massima,  con  la  sentenza  n. 100/c del 20 aprile-13
 luglio 1994, che ha deciso "con valore di massima" per la persistenza
 nell'ordinamento di uno specifico divieto di cumulo della  indennita'
 integrativa  speciale,  trovando applicazione in via analogica l'art.
 2, sesto comma, della legge n. 324/1959.
   Successivamente alla decisione n. 100/c, le sezioni riunite si sono
 nuovamente pronunciate sulla questione di massima, con la sentenza n.
 39-40/QM del  16  luglio-11  agosto  1997,  ribadendo  la  perdurante
 vigenza  nell'ordinamento  giuridico  del  divieto di cumulo di due o
 plurime indennita' integrative speciali nei confronti di soggetti che
 percepiscano  trattamenti  pensionistici  (o   assimilati)   e   che,
 contemporaneamente,  prestino  opera  retribuita  presso  terzi  (sia
 pubblici che privati).
   Il ragionamento seguito dalle sezioni riunite muove le mosse dalla
  differente formulazione dell'art. 99, quinto comma,  del  d.P.R.  n.
 1092/1973  -  nel quale e' stato trasfuso l'art. 4 del d.P.R. n. 1081
 del 1970 - rispetto a quella originaria dell'art. 2,  settimo  comma,
 della legge n. 324/1959, nel rilievo che nella formulazione dell'art.
 4  del  d.P.R. n. 1081/1970 e dell'attuale art. 99, quinto comma, del
 d.P.R. n. 1092/1973, e' scomparso l'inciso "in dipendenza della quale
 gia' percepiscono la medesima indennita' integrativa speciale"  posto
 dopo la espressione "opera retribuita". Dalla modificazione normativa
 le  sezioni  riunite  inferiscono, quindi, il carattere "maggiormente
 compressivo" della nuova norma,  poiche'  "e'  stata  introdotta  nel
 sistema una piu' grave ed incisiva limitazione, non piu' circoscritta
 al  divieto  di  cumulo  di  due  indennita' integrative speciali, ma
 estesa  all'impossibilita'  di  cumulare  detta  indennita'  con  una
 qualsiasi  forma  di  pubblica  retribuzione  anche  non comprendente
 l'emolumento in  questione".  Ad  avviso  delle  sezioni  riunite  e'
 soltanto  tale limitazione, a prescindere dal cumulo di due o plurime
 indennita'  integrative  speciali,  ad  essere  stata  colpita  dalle
 sentenze  della  Corte  costituzionale n. 566/1989 e n. 204/1992, non
 avendo  il  giudice  delle   leggi   esteso   la   dichiarazione   di
 illegittimita'  costituzionale anche all'art.  130, ultimo comma, del
 d.P.R. n. 1092/1973, (che "fa perno  sui  binomio:    indennita'  (su
 pensione) e indennita' (su  stipendio)".
   In  sostanza,  secondo  il  percorso  argomentativo  delle  sezioni
 riunite,
  e' presente nell'ordinamento il  divieto  di  cumulo  di  indennita'
 integrative  su  pensione  e  retribuzione,  previsto  dall'art. 130,
 ultimo comma, del d.P.R. n. 1092/1973 (che non e' stato toccato dalle
 succitate sentenze della Corte costituzionale salvo), che l'ammontare
 della pensione risulti inferiore al trattamento minimo (di  pensione)
 previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
   4.  -  E'  innegabile  che  l'orientamento  giurisprudenziale delle
 sezioni riunite della Corte dei conti, favorevole  al  riconoscimento
 della  esistenza  nell'ordinamento  del  divieto  di  cumulo di due o
 plurime indennita' integrative speciali su pensione e/o retribuzione,
 costituisce il "diritto vivente".
   Dubita il Collegio,  tuttavia,  della  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  2,  settimo  comma,  della legge 27 maggio 1959, n. 324, e
 dell'art. 130, ultimo comma, del d.P.R. n. 1092 del 29 dicembre 1993,
 per contrasto con l'art. 36 della Costituzione.
   Non  avendo  provveduto  il  legislatore  a  dare  attuazione  alla
 sentenza  n. 566 del 1989, riprende ad avere vigore l'art. 2, settimo
 comma, della legge n. 324 del 1959, che pone in termini  generali  il
 divieto di cumulo delle indennita' integrative speciali, in quanto la
 norma  dell'art.  99, quinto comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 - nel
 testo risultante a seguito della precitata sentenza n. 566/1989 -  e'
 priva  di  efficacia  operativa, in assenza della fissazione da parte
 del legislatore del limite dell'emolumento dell'attivita'  esplicata,
 al   di   sopra   del   quale   e'   ammissibile,  secondo  la  Corte
 costituzionale,   la   decurtazione   del   complessivo   trattamento
 pensionistico.
   Il  contenuto  di  tali  disposizioni  -  che  non contengono alcun
 "limite minimo  dell'emolumento  dell'attivita'  esplicata"  tale  da
 giustificare    "una   sostanziale   decurtazione   del   complessivo
 trattamento pensionistico" - suscita,  con  riferimento  all'art.  36
 della  Costituzione,  le stesse censure di illegittimita' della norma
 di cui all'art. 99, quinto comma, del d.P.R. n. 1092 del  1973  gia',
 per  tali  motivi,  dichiarata  incostituzionale; percio', gli stessi
 devono essere ritenuti non manifestamente infondati  ed  il  Collegio
 ritiene  di  doverli  assumere  a  sostegno della nuova rimessione al
 giudice delle leggi, per l'esame di costituzionalita'.
   La questione sollevata  d'ufficio,  oltre  che  non  manifestamente
 infondata,  e' rilevante per la definizione del presente giudizio, in
 quanto solo la cessazione di efficacia delle norme, conseguente  alla
 loro  dichiarazione  di  incostituzionalita'  da  parte  della  Corte
 costituzionale, consentirebbe  l'accoglimento  del  ricorso  pendente
 davanti  a  questo  giudice  ed  il  riconoscimento  del  diritto del
 ricorrente a percepire gli emolumenti in questione.
   Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della  legge  11  marzo
 1953, n. 87.
                               P. Q. M.
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 costituzionalita', per violazione dell'art.  36  della  Costituzione,
 delle norme di cui agli artt. 2, settimo comma, della legge 27 maggio
 1959,  n.  324  e  130, ultimo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.
 1092, nella parte in cui non determinano la misura della retribuzione
 oltre la quale diventa operante - nei  confronti  di  pensionati  che
 contemporaneamente  prestino opera retribuita presso terzi pubblici o
 privati - il divieto di cumulo delle indennita' integrative speciali;
   Sospende il giudizio ed ordina  la  trasmissione  degli  atti  alla
 Corte costituzionale;
   Ordina,  altresi',  che,  a cura della segreteria della sezione, la
 presente  ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  ed   al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  e che venga comunicata al
 Presidente della Camera dei deputati  ed  al  Presidente  del  Senato
 della Repubblica.
   Cosi'  provveduto in Bari, nella Camera di consiglio del 3 dicembre
 1998.
                      Il presidente f.f.: De Marco
                                                    L'estensore: Raeli
 99C0476