N. 349 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 marzo 1999

                                N.  349
  Ordinanza  emessa  il  9  marzo  1999  dal  Tribunale amministrativo
 regionale per la Sicilia sul  ricorso  proposto  da  Polizzi  Rosalia
 contro l'Azienda unita' sanitaria locale n. 6 di Palermo
 Giustizia  amministrativa  -  Devoluzione  al  giudice amministrativo
    delle controversie riguardanti le attivita' e  le  prestazioni  di
    ogni  genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento
    dei pubblici servizi, ivi comprese  quelle  relative  al  servizio
    sanitario  nazionale  - Mezzi processuali utilizzabili dal giudice
    amministrativo Mancata previsione dell'utilizzabilita' di tutti  i
    mezzi  processuali  previsti  dal  codice  di  rito  per la tutela
    sommaria dei diritti, con particolare riferimento a quelli di  cui
    al  titolo  I  del  libro  IV del cod. proc. civ. - Violazione dei
    principi di uguaglianza, di imparzialita',  buon  andamento  della
    p.a.
 (D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33).
 (Cost., artt. 3 e 97).
(GU n.24 del 16-6-1999 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 182/1999 r.g.,
 proposto  dalla  dott.ssa  Polizzi  Rosalia,  titolare   dell'omonima
 farmacia  con sede in Palermo, corso Calatafimi n. 415, rappresentata
 e difesa dall'avv. Luigi Riotta, presso il cui  studio,  in  Palermo,
 piazza Vittorio Emanuele Orlando n. 27, e' elettivamente domiciliata;
   contro  l'azienda  unita'  sanitaria  locale  n.  6  di Palermo, in
 persona del direttore generale pro-tempore,  rappresentato  e  difeso
 dall'avv.to  Elisabetta  Bernardini, elettivamente domiciliato presso
 l'ufficio legale dell'azienda, in Palermo, via G. Cusmano n. 24,  per
 la  declaratoria dei criteri di cui all'art. 35, comma 2, del decreto
 legislativo n. 80/1998, relativamente al pagamento della somma di  L.
 376.903.934 dovuta alla ricorrente, oltre interessi e rivalutazione;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'Azienda  unita'
 sanitaria locale n. 6 di Palermo;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Designato relatore il cons. dott. Cosimo Di Paola;
   Udito, all'udienza camerale del 9 marzo 1999, l'avv. L. Riotta  per
 la ricorrente;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
                               F a t t o
   1. - Col ricorso in esame, notificato alla controparte il 4 gennaio
 1999  e  depositato  il  giorno  22  successivo,  la dott.ssa Polizzi
 Rosalia espone:
     A) ella e'  titolare  di  farmacia  che,  in  forza  dell'accordo
 nazionale  stipulato  con  il  Servizio  sanitario  nazionale  per la
 disciplina dei  rapporti  relativi  all'assistenza  farmaceutica,  ha
 provveduto   ad  effettuare,  secondo  la  normativa  in  vigore,  la
 fornitura relativa ai mesi di luglio, agosto,  settembre,  ottobre  e
 novembre  1998,  come risulta dalle distinte contabili riepilogative,
 per complessive L. 376.903.934;
     B) ai sensi dell'art. 9 del d.P.R n. 94 del 21 febbraio  1989  il
 pagamento   delle   forniture   di   cui   alle   distinte  contabili
 riepilogative, deve avvenire entro il giorno 25 del mese successivo a
 quello di spedizione delle ricette;
     C) nonostante l'odierna ricorrente abbia provveduto a  consegnare
 all'Azienda  unita' sanitaria locale n. 6 di Palermo le ricette ed il
 relativo    documento    contabile    nel     prescritto     termine,
 l'amministrazione resistente, ad oggi, non ha provveduto al pagamento
 dell'importo   dovutole,   violando   cosi'   le  norme  dell'accordo
 collettivo nazionale.
   2.  -  Premesso  che,  nella  fattispecie,  si  verte  in  tema  di
 giurisdizione  esclusiva  ai sensi dell'art. 33, comma 2, lett. b) ed
 f) del d.lgs.  n. 80/1998, viene chiesto:
     di "stabilire, a norma dell'art.  35,  comma  2,  del  d.lgs.  n.
 80/1998  i  criteri  in  base  ai  quali  la pubblica amministrazione
 (Azienda  unita'  sanitaria  locale  n.  6)  deve  proporre,  per  il
 pagamento  della  somma di L. 376.903.934, in favore della ricorrente
 avente titolo entro un congruo termine, oltre interessi  e  spese  ed
 oltre  il  risarcimento dei danni da svalutazione monetaria attesa la
 natura imprenditoriale della ricorrente";
     di  "avvertire  la  pubblica  amministrazione  che,  spirato   il
 predetto  termine la creditrice, col ricorso di cui all'art. 27, n. 4
 del r.d.  n. 1054/1924, puo' richiedere la determinazione della somma
 dovuta,  con   la   dichiarazione   in   danno   dell'amministrazione
 inadempiente di ottemperare a tale determinazione";
     di  "accogliere il presente ricorso inaudita altera parte, ovvero
 convocare le parti in Camera di consiglio  al  fine  di  stabilire  i
 criteri indicati al punto primo delle presenti conclusioni";
     "con  la rifusione delle spese, competenze ed onorario, I.V.A.  e
 CPA".
   Alla  camera  di  consiglio  del 9 marzo 1999, presenti i difensori
 delle parti  che si sono riportati agli scritti difensivi  insistendo
 nelle relative conclusioni la causa e' stata posta in decisione.
                             D i r i t t o
   Va  preliminarmente  ritenuta  la giurisdizione di questo tribunale
 nel giudizio promosso col ricorso in esame.
   Ed invero, con l'art. 11, comma 4, della legge 15  marzo  1997,  n.
 59  e'  stata  conferita  delega  al Governo per emanare, entro il 31
 gennaio 1999, uno o piu'  decreti  legislativi  diretti  tra  l'altro
 all'"estensione  della  giurisdizione del giudice amministrativo alle
 controversie aventi ad oggetto diritti  patrimoniali  conseguenziali,
 ivi  comprese  quelle  relative al risarcimento del danno, in materia
 edilizia, urbanistica e di servizi pubblici, prevedendo  altresi'  un
 regime processuale transitorio per i procedimenti pendenti ...".
   In  attuazione  di  tale delega e' stato emanato il d.lgs. 31 marzo
 1998, n. 80 (recante "Nuove disposizioni in materia di organizzazione
 e  di  rapporti  di  lavoro  nelle  amministrazioni   pubbliche,   di
 giurisdizione   nelle  controversie  di  lavoro  e  di  giurisdizione
 amministrativa ..."), il cui art. 33, tra l'altro, dispone che:
     "1)  sono  devolute  alla  giurisdizione  esclusiva  del  giudice
 amministrativo  tutte le controversie in materia di pubblici servizi,
 ivi compresi  quelli  afferenti  al  credito,  alla  vigilanza  sulle
 assicurazioni,  al  mercato  mobiliare,  al servizio farmaceutico, ai
 trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla  legge  14
 novembre  1995,  n.  481  (ossia  per l'energia elettrica il gas e le
 telecomunicazioni).
     2) tali controversie sono, in particolare, quelle: ... b) tra  le
 amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici
 servizi;  ...  f)  riguardanti  le attivita' e le prestazioni di ogni
 genere, anche  di  natura  patrimoniale,  rese  nell'espletamento  di
 pubblici  servizi,  ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio
 sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con  esclusione  dei
 rapporti   individuali   di   utenza   con  soggetti  privati,  delle
 controversie meramente risarcitorie  che  riguardano  il  danno  alla
 persona e delle controversie in materia di invalidita'.
   Nella  specie  trattasi  di  controversia  patrimoniale inerente ad
 attivita' di farmacista convenzionata svolta dalla odierna ricorrente
 nei mesi di luglio, agosto, settembre, ottobre e novembre 1998 (ossia
 in epoca successiva all'entrata in vigore del d.lgs. sopra citato) in
 favore della  Azienda  unita'  sanitaria  locale  n.  6  di  Palermo;
 controversia  che,  all'evidenza,  rientra nella previsione normativa
 surrichiamata e che, allo stato,  appare  pienamente  suffragata  dai
 documenti  contabili  depositati  in atti dalla stessa ricorrente (le
 distinte contabili riepilogative mensili di cui in narrativa).
     3) cio' posto, la questione pregiudiziale che si pone  e'  quella
 dell'ammissibilita'  dell'istanza  formulata dalla ricorrente - che a
 prescindere dall'inconferente richiamo  all'art.  35  del  d.lgs.  in
 esame  - sostanzialmente si traduce nella domanda di emissione di una
 ordinanza collegiale di ingiunzione alla p.a. di pagamento del
  credito pari a  complessive  L.  376.903.934,  oltre  gli  interessi
 moratori  al  tasso  legale,  la  rivalutazione monetaria, nonche' le
 spese del giudizio cautelare, con implicito  riferimento  agli  artt.
 669-sexies  e  700  c.p.c.,  nonche' all'art. 18-ter c.p.c. E cio' in
 relazione ad un irreparabile pregiudizio derivante  dal  lungo  tempo
 occorrente per ottenere la pronuncia di merito.
   Va  tenuto  presente,  intanto, che il t.a.r. Lazio, sez. I-ter, in
 fattispecie  sostanzialmente  analoga  alla  presente  -  adito   per
 l'adozione di un decreto ingiuntivo - ha emesso ord.za n. 3444 del 10
 dicembre  1998,  richiamando  l'art. 33 del d.lgs n. 80/1998 e l'art.
 18-ter c.p.c., norma quest'ultima che prevede  una  forma  di  tutela
 urgente-cautelare  (ordinanza ingiunzione) nell'ambito di un processo
 di cognizione.
   Al riguardo, occorre quindi verificare se il potere cautelare e  di
 urgenza  debba  ritenersi attribuito solamente al giudice ordinario e
 non anche al giudice amministrativo o ad altra giurisdizione speciale
 anche rispetto a situazioni  giuridiche  qualificabili  come  diritti
 soggettivi.  E  se  il procedimento cautelare di condanna anticipata,
 cosi' come il procedimento monitorio, sia di per se' conciliabile con
 il procedimento avanti il t.a.r.
   E' da ritenere, invero, che, sebbene le norme del  processo  civile
 siano  dotate  di  una  particolare  vis  espansiva  tale da renderle
 applicabili analogicamente in tutti i casi in cui manchi  una  regola
 processuale  ben  definita, esse incontrano inevitabilmente il limite
 costituito dalla struttura propria del processo amministrativo, entro
 il quale non puo' operarsi la trasposizione,  di  peso,  del  sistema
 processuale   civilistico,   soprattutto   per   ragioni   di  ordine
 dogmatico-sistematico  e  (non  ultime)  per  ragioni   pratiche   ed
 organizzative,  che  non  consentono  al giudice amministrativo, come
 oggi strutturato, di operare (nel campo delle nuove materie  affidate
 alla  sua  giurisdizione  esclusiva)  allo  stesso  modo di quanto in
 precedenza operato dal giudice ordinario.
   D'altronde, la non immediata applicabilita' delle norme del  codice
 di  rito  risulta  evidente  dallo  stesso d.lgs. n. 80/1998 che, pur
 nella  rilevante  novella  costituita  dall'attribuzione  al  giudice
 amministrativo  di  nuova  giurisdizione  esclusiva  per  blocchi  di
 materie (che coprono l'area intera dei  pubblici  servizi),  richiama
 espressamente,  all'art.    35,  le norme del codice di rito solo per
 cio' che concerne i mezzi istruttori, demandando,  per  il  resto  ad
 opportune  future  modifiche  del r.-d. n. 642 del 1907 gli eventuali
 adattamenti suggeriti dalla "specificita' del processo amministrativo
 in  relazione  alle  esigenze  di  celerita'  e  concentrazione   del
 giudizio".
   Per   cogliere  la  complessita'  e  la  delicatezza  dei  problemi
 dogmatici ed organizzativi suddetti, basta solo  considerare:
     la difficolta' di definire esattamente la  natura  della  domanda
 incidentalmente  proposta  col  ricorso  in esame e che afferisce ora
 alla misura cautelare ex art. 186-ter  c.p.c.,  ora  alla  misura  di
 definizione  urgente  e  sommaria  della  controversia ex art. 633 ed
 artt. 669-sexies e 700 c.p.c.;
     la difficolta'  pratica  e  concettuale  di  definire  la  natura
 (sommaria,   cautelare,  monitoria)  della  suindicata  ordinanza  n.
 3444/1998 del t.a.r. Lazio ed  il  porsi  dell'ordinanza  stessa  con
 riguardo  alla  formazione  del giudicato (ed alla definizione o meno
 del giudizio) ed al sistema delle impugnazioni (opposizione, reclamo,
 appello); un'ordinanza che appare come un vero e proprio  ibrido  tra
 l'ordinanza-ingiunzione  in corso di causa ex art. 186-ter c.p.c., il
 decreto ingiuntivo ex art.  633  c.p.c.  il  provvedimento  cautelare
 innominato  ex  669-sexies  c.p.c.  e  forse  anche  il provvedimento
 urgente ex art. 700 c.p.c..  Ed e' proprio un tale ibrido processuale
 che sostanzialmente viene richiesto col ricorso oggi in esame.
   3.  -  Ne' puo' ritenersi che, per effetto stesso dell'attribuzione
 della  giurisdizione  al  giudice  amministrativo  nelle  materie  in
 argomento il sistema processo civile sia stato interamente richiamato
 implicitamente  nell'ambito  del  processo amministrativo. Tale tesi,
 infatti, appare al Collegio come una innaturale  forzatura  dei  dati
 normativi  sopra  richiamati,  nei  quali  il richiamo agli strumenti
 processuali del codice di rito e' operato solo con riguardo ai  mezzi
 di  prova,  segno  questo  della volonta' del legislatore delegato di
 operare un richiamo normativo del tutto limitato. L'ipotesi  inversa,
 ossia  quella  di  un implicito e generalizzato richiamo da parte del
 legislatore delegato alle norme  processualcivilistiche,  si  rivela,
 inoltre,  intrinsecamente  e tecnicamente insufficiente e sperequata,
 posto che una tale innovazione processuale (implicante anche  -  come
 gia'  detto  - rilevantissimi aspetti riorganizzativi della giustizia
 amministrativa) avrebbe dovuto essere disposta expressis    verbis  e
 non  semplicemente  presumersi,  o ricavarsi da una implicita, quanto
 incerta voluntas legis.
   Alla stregua di  tali  premesse,  pertanto,  l'esigenza  di  tutela
 immediata  e sommaria cui si fa riferimento nel ricorso in esame, (la
 quale - a prescindere dall'errata indicazione dell'art. 35, d.lgs. n.
 80/1998) non puo' che afferire agli artt. 669-sexies  e  700  c.p.c.,
 nonche'  all'art. 186-ter c.p.c (che richiama l'art. 633 c.p.c.), non
 puo' trovare accoglimento.
   4. - Peraltro, proprio la chiesta adozione di un provvedimento  non
 meramente  cautelare,  ma anche di cognizione sommaria del diritto di
 credito pecuniario fatto valere,  impedisce  al  Collegio  di  potere
 satisfattivamente  applicare  alla fattispecie il principio enunciato
 dalla Corte costituzionale, con sentenza  25  giugno  1985,  n.  190,
 secondo   cui   il   giudice   amministrativo,   nelle   controversie
 patrimoniali sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva  (allora  in
 materia  di  pubblico  impiego),  puo' adottare tutti i provvedimenti
 urgenti che appaiano piu' idonei ad assicurare  provvisoriamente  gli
 effetti  della decisione sul merito, tutte le volte che il ricorrente
 deduca un pregiudizio imminente e irreparabile.
   Di fatti, nell'ambito  del  processo,  di  qualunque  processo,  la
 "tutela  cautelare"  e la "cognizione sommaria" del diritto sono cose
 assolutamente diverse, sicche' l'astratta applicabilita' al  caso  di
 specie  di  una  misura  cautelare  atipica,  ai  sensi  de principio
 costituzionale  sopra   ricordato,   non   puo'   dirsi   interamente
 satisfattiva  della  domanda proposta in ricorso; domanda che ricalca
 l'impostazione data al problema  dal  t.a.r.  Lazio  con  l'ordinanza
 sopra  ricordata  e  che nel richiamare espressamente gli istituti di
 cui agli artt.  669-sexies  e  700  del  c.p.c.  intende  chiaramente
 alludere  ai  procedimenti  sommari di cui al libro IV, titolo I, del
 c.p.c.
   5. -  Nemmeno  puo'  pervenirsi  all'affermazione  di  un  parziale
 difetto  di  giurisdizione  del  giudice amministrativo, nel senso di
 ritenere che  per  le  materie  di  cui  all'art.  33,  le  questioni
 risolvibili   con  "cognizione  sommaria  o  cautelare"  (decreti  ed
 ordinanze ingiuntive, ordinanze cautelari ed urgenti)  siano  rimaste
 devolute  alla  giurisdizione  del  giudice ordinario, in quanto cio'
 implicherebbe  una  sostanziale   riduzione   della   portata   della
 legge-delega,  che,  viceversa,  ha chiaramente sancito e previsto la
 piena  attribuzione  al  giudice  amministrativo  della giurisdizione
 esclusiva nell'amplissima e variegata materia dei "servizi pubblici".
   Ne segue che, allo stato, le  controversie  a  cognizione  sommaria
 sopra  indicate  sfuggono alla giurisdizione di qualunque giudice:  a
 quella del  giudice  ordinario  in  forza  delle  norme  deleganti  e
 delegate prima citate; a quella del giudice amministrativo in difetto
 della  puntuale  indicazione  normativa  degli  strumenti processuali
 all'uopo necessari (e di quel minimo di  necessaria  ristrutturazione
 interna del relativo apparato).
   6.   -   Non  va  trascurato,  peraltro,  che  questo  t.a.r..  con
 recentissimo  decreto  presidenziale  n.   113/1999   ha   dichiarato
 l'improcedibilita'-inammissibilita'    del    ricorso   per   decreto
 ingiuntivo, proposto da un farmacista convenzionato col S.S.N. per la
 corresponsione  di  somme  dovute  a  fornitura  di  medicinali,  nel
 presupposto che:
     "il procedimento speciale di cui al libro quarto del c.p.c. ed in
 particolare  a  quello  di ingiunzione di cui ai ripetuti artt. 633 e
 segg., non e' adattabile al processo amministrativo nel quale mancano
 istituzionalmente la figura e le funzioni del giudice monocratico";
     "non e' peraltro possibile ritenere  trasponibile  agli  istituti
 del  processo  amministrativo  il  ricorso  di cui trattasi attesa la
 particolare natura formale e sostanziale dello stesso";
     "la  parte  ricorrente  non  ha  consumato  i  suoi   poteri   di
 impugnativa potendo svolgerli ex art. 33, d.lgs. 31 marzo 1988, n. 80
 secondo i normali strumenti del vigente processo amministrativo".
   E  tale  ratio  decidendi  che il collegio condivide ben si applica
 anche alle richieste formulate col ricorso in esame, attesa l'assenza
 nel processo amministrativo della figura del   "giudice  istruttore",
 sia con riferimento alla chiesta ordinanza ex art 186-ter c.p.c., che
 al chiesto provvedimento cautelare innominato ex art. 69-sexies e 700
 c.p.c.; da questo deriva la rilevanza della questione di cui infra.
   7.  -  La superiore conclusione, tuttavia, che all'evidenza postula
 la necessita' per il creditore di  attivare  un  processo  cognitorio
 ordinario sostanzialmente inutile rispetto al procedimento monitorio,
 induce  il  Collegio  a sollevare d'ufficio questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 33 del d.lgs. n. 80/1998, nella parte in cui
 non rende espressamente applicabili al giudizio amministrativo  tutti
 gli  strumenti  processuali  previsti dal codice di rito con riguardo
 alle controversie rientranti nei blocchi di  materie  innovativamente
 attribuite  alla  giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo,
 atteso che, alla stregua  della  legge  di  delega,  la  tutela  oggi
 erogabile  dal  detto  giudice non puo' e non deve essere inferiore a
 quella che in precedenza gli stessi  soggetti  potevano  chiedere  ed
 ottenere  dal  giudice  ordinario (ed e' un dato di comune esperienza
 che, nel settore delle  farmacie  convenzionate  col  S.S.N.,  vi  e'
 stato,  fino  ad  oggi,  un  uso amplissimo dell'agile e ben definito
 procedimento  sommario  di  tipo  monitorio  finalizzato  proprio  ad
 evitare  quell'ordinario  processo  cognitorio  di cui alla decisione
 presidenziale sopra citata).
   Opinare diversamente  significherebbe  ammettere  che  il  semplice
 spostamento  della  giurisdizione, a seguito dell'art. 33 cit., abbia
 determinato, in palese violazione dei limiti della legge delega e dei
 precetti di logica  e  razionalita',  (che  debbono  presiedere  alle
 scelte  del  legislatore),  anche  una  sostanziale  riduzione  della
 consistenza stessa dei diritti soggettivi rientranti nelle materie di
 nuova  giurisdizione  esclusiva,  quanto  meno  con  riferimento alle
 possibili azioni sommarie (e non meramente  cautelari)  esperibili  a
 tutela degli stessi.
   Come insegna la migliore dottrina, i procedimenti sommari delineati
 dal  titolo  I  del  libro  IV  del  codice  di  rito (tra cui quello
 monitorio ex art. 633 c.p.c., quello cautelare  ed  urgente  ex  art.
 669-sexies,  art.  700  c.p.c.)  sono  il  riflesso  processuale  del
 contenuto sostanziale  dei  diritti  soggettivi  di  volta  in  volta
 azionati,  segnando  la  gamma  di tutte le possibili forme di tutela
 degli  stessi.  In  particolare,  tali  procedimenti,  e  le   azioni
 correlate,  connotano  il  diritto  soggettivo  di credito liquido ed
 esigibile di somme di  denaro  (basato  su  prova  scritta)  come  un
 diritto  tutelabile  senza  una  vera fase processuale ''cognitoria''
 (ossia senza la formale postulazione di un giudizio), e  non  possono
 essere  menomate  (ne'  in  tutto,  ne'  in  parte)  da  un  semplice
 spostamento della giurisdizione. I procedimenti sommari,  in  genere,
 altro  non  sono  che  il riflesso processuale di talune peculiarita'
 sostanziali dei connessi diritti e cio'  avrebbe  richiesto,  secondo
 evidenti  parametri  costituzionali  di razionalita' e buon andamento
 dell'amministrazione  lato  sensu  giudiziaria,  che  il  legislatore
 delegato  se  ne  facesse carico dettando, nell'art. 33 del d.lgs. n.
 80/1998, o una norma espressa di richiamo degli strumenti processuali
 civilistici, ovvero una compiuta e chiara disciplina dei procedimenti
 sommari, urgenti  e/o  cautelari,  sia  di  ordine  sistematico,  che
 pratico.
   Si  consideri  l'istanza  di  decreto ingiuntivo ex art. 633 (ed in
 parte anche quella di ordinanza ingiuntiva ex art. 186-ter): come  e'
 noto  si  tratta  di  procedimento  in  cui  si  e'  di  fronte  alla
 rivendicazione di un diritto  (credito  di  somme  di  denaro)  senza
 giudizio.  L'ordinamento  riconosce  al  creditore  un'azione  che ha
 caratteristiche sue proprie, che  non  si  basa  su  prove  in  senso
 proprio,  richiede  solo  l'esistenza  di  certe condizioni (somme di
 denaro  liquide  ed  esigibili),  si   connota   per   l'attenuazione
 dell'esigenza del contraddittorio.
   Il giudizio di cognizione sul diritto fatto valere in via monitoria
 o  sommaria  e' meramente eventuale ed e' affidato all'iniziativa del
 debitore attraverso l'opposizione. L'azione sommaria, in  tali  casi,
 deve  competere  al  creditore in forza delle caratteristiche proprie
 del suo diritto, quale che sia il giudice chiamato a decidere.
   Orbene, ipotizzare che una  tale  azione  (riflesso  del  contenuto
 sostanziale  del  diritto  di  credito liquido esigibile e fondato su
 prova scritta) possa, oggi, ritenersi priva di giudice legittimato  a
 (sommariamente) conoscerla solo per effetto della nuova giurisdizione
 disegnata  dall'art. 33 d.lgs. n. 80/1998, appare come apertamente in
 contrasto, non solo con lo  spirito  e  la  lettera  della  legge  di
 delega,  ma anche con quei principi di logica e di imparzialita' alla
 cui violazione la Corte costituzionale ha sempre riconnesso la figura
 dell'eccesso di potere legislativo.
   8. - La verita' e' che, ammettendo,  come  sembra  necessario  fare
 alla  stregua del decreto presidenziale n. 113/1999 sopra citato, una
 riduzione dei mezzi di tutela da parte del legislatore  delegato,  si
 incappa,  inevitabilmente, nella violazione dei limiti della delega e
 nella irragionevole quanto ingiustificata  riduzione  delle  garanzie
 apprestate  ai  cittadini  nei settori di giurisdizione esclusiva cui
 all'art. 33.  Al  giudice  amministrativo  si  attribuisce  -  si'  -
 giurisdizione  esclusiva in certe materie, ma questa sfera di tutela,
 allo stato, non e' (perche'?) la medesima, sotto il profilo dei mezzi
 processuali (che poi fanno la sostanza stessa del diritto), di quella
 che  era  riconosciuta  in  precedenza.  E  tale  reductio   non   e'
 giustificata  da  ragioni riorganizzative degli apparati giudicanti o
 dei  servizi  ad  essi  connessi  (il  che,  forse,  avrebbe   potuto
 consentire  di  parlare  dell'esercizio  di un'ampia discrezionalita'
 legislativa  costituzionalmente  insindacabile),  ma   e'   solo   ed
 esclusivamente   l'automatica  conseguenza  dello  spostamento  della
 giurisdizione. Tanto che si potrebbe dire, con una iperbole,  che  il
 diritto  di  azione, nelle materie indicate dall'art. 33, ha subito -
 per effetto di tale articolo - una significativa  riduzione,  non  in
 correlazione  alla legittimazione al giudizio, ossia all'ampiezza del
 potere cognitorio attribuito al nuovo organo giudicante (che e' piena
 ed incondizionata, sia nella legge delega che in quella delegata), ma
 (irrazionalmente)  all'aspetto  puramente   "topico"   dell'aula   di
 giustizia  entro  cui  il  medesimo  diritto viene oggi fatto valere:
 quella del giudice amministrativo, anziche' quella dell'a.g.o.
   In tal modo, risulta perpetrata anche la violazione degli artt.   3
 e 113 della Costituzione, sia perche' situazioni giuridiche identiche
 (il  diritto  soggettivo  di  credito  di  somme di denaro liquide ed
 esigibili) vengono ad essere tutelate, nel tempo,  con  strumenti  di
 cognizione  sommaria  diversi  in  conseguenza  del  diverso  giudice
 legittimato a conoscerle; sia perche'  non  viene  assicurata,  anche
 attraverso  il  processo  amministrativo,  quella  effettivita' della
 "tutela sommaria" connessa al diritto fatto valere dinanzi  al  nuovo
 giudice.
   9.  -  Sotto altro profilo, non puo' non rilevarsi che la acclarata
 inaccoglibilita' delle  azioni  sommarie  formulate  col  ricorso  in
 esame,  rientrante in una delle materie di giurisdizione esclusiva ex
 art.  33, non solo implica una sostanziale  riduzione  dei  mezzi  di
 tutela per le medesime materie, e finisce, inoltre, col proiettare la
 normazione  delegata  ben  oltre il mero spostamento di giurisdizione
 prefigurato dalla norma delegante, ma significa anche costringere  il
 creditore  a proporre (come nel caso di specie) azioni cognitorie per
 l'accertamento del titolo di credito (in  cui  magari  insinuare  una
 spuria istanza cautelare) nonostante gia' esista la prova documentale
 del  credito  (nella  specie,  le  distinte  contabili  mensili della
 farmacia  della   odierna   ricorrente);   una   prova   alla   quale
 l'ordinamento  previgente,  nell'ottica  costituzionalmente rilevante
 della  celerita'  e  concentrazione  del  processo,  offriva  l'agile
 procedimento  "sommario" del ricorso per decreto ingiuntivo (ossia la
 richiesta di una statuizione senza processo, salva  l'opposizione  ad
 iniziativa del debitore ingiunto).
   Ed  ognuno ben vede come sia irrazionale costringere il cittadino a
 proporre azioni cognitorie quando esistono mezzi di tutela rapidi  ed
 efficienti  gia'  ampiamente  praticati  col  giudice precedentemente
 legittimato.
   E lo stesso vale per la richiesta di ordinanza ingiuntiva ex  artt.
 186-ter  e  633 c.p.c., ovvero dei provvedimenti cautelari innominati
 ex artt. 669-bis e 700 c.p.c.; laddove e' evidente  che  la  rilevata
 impraticabilita'  della  tutela sommaria finisce sempre per scaricare
 nella  fase  cautelare  del  giudizio  amministrativo (normativamente
 ristretta    nella    formula    della    cosiddetta    "sospensiva",
 dell'esecuzione  dell'atto  impugnato)  problematiche  sostanziali  e
 processuali (si pensi ancora al sistema delle impugnazioni) del tutto
 estranee al processo amministrativo,  con  sviluppi  allo  stato  del
 tutto  imprevedibili (e che senza un chiaro e tempestivo orientamento
 da parte della Corte costituzionale richiederebbe  anni  ed  anni  di
 elaborazione   giurisprudenziale   con   le   relative,  inevitabili,
 "oscillazioni" a detrimento della stessa "certezza del diritto".
   Ed una prova della palese irrazionalita' del sistema che comincia a
 delinearsi balza evidente proprio dal ricorso in esame, nel quale  la
 ricorrente,  nonostante  risulti  essere in possesso di prova scritta
 del credito pecuniario  vantato  nei  confronti  dell'Azienda  unita'
 sanitaria  locale  n. 6 di Palermo per le forniture di medicinali dei
 mesi di luglio, agosto, settembre, ottobre e novembre 1998, ha dovuto
 proporre (evidentemente  nell'ottica  dell'ord.za  del  t.a.r.  Lazio
 sopra indicata) il presente ordinario ricorso cognitorio, all'interno
 del  quale ha ritenuto di dovere formulare, nella presupposizione che
 non era possibile proporre ricorso per decreto ingiuntivo, un'atipica
 ed estemporanea domanda sommaria-cautelare con riferimento agli artt.
 669-sexies e 700 c.p.c. ed all'art. 186-ter stesso c.p.c. In tal modo
 finendo:
     col proporre un'azione cognitoria che col giudice precedentemente
 legittimato sarebbe stata del tutto inutile;
     con l'accomunare l'area della tutela sommaria (che e'  proiezione
 della natura sostanziale di un compiuto diritto di credito accertato,
 sotto  certe  condizioni,  ex lege) con l'area della tutela cautelare
 (che e' un semplice incidente del processo di cognizione).
   Il silenzio dell'art. 33, d.lgs. n. 80/1998 determina, in sostanza,
 una notevole e pericolosa confusione di istituti  processuali  e  dei
 relativi  concetti  che, in definitiva, svuota la possibilita' per il
 giudice amministrativo (in sede collegiale o in sede  presidenziale),
 pur     investito     di    piena    ed    esclusiva    giurisdizione
 (cognitoria-condannatoria) nella materia de qua di adottare, nel caso
 di specie, non tanto una "decisione cautelare", ma  direttamente  una
 "decisione  sommaria"  (decreto  ingiuntivo)  che esaurisca subito la
 relativa pretesa, definendo compiutamente il  giudizio  alla  stregua
 dei  previgenti  mezzi  offerti dal codice di rito, salvo l'eventuale
 nuovo  giudizio  cognitorio  a  seguito  di  opposizione   da   parte
 dell'Azienda intimata.
   La  verita'  e'  che  il processo amministrativo conosce l'istituto
 della  "decisione  cautelare"  (e  nelle  materie  di   giurisdizione
 esclusiva  anche  nelle  forme atipiche di cui alla sentenza 190/1985
 della Corte cost.), ma non quello della  "decisione  sommaria"  della
 controversia, sicche' la devoluzione di nuova giurisdizione esclusiva
 al giudice amministrativo nelle materie (e nell'amplissima casistica)
 dell'art.      33,  d.lgs.  n.  80/1998  avrebbe  dovuto  indurre  il
 legislatore delegato a farsene carico.
   Ma cosi' non e' stato ed il  totale  silenzio  dell'art.  33  cit.,
 mentre  esclude  l'applicabilita'  di  ben  conosciuti  e consolidati
 procedimenti giurisdizionali di pronta definizione del giudizio (come
 quello monitorio), finisce col far sorgere una variegata tipologia di
 "domande incidentali" ed una correlativa  giurisprudenza  "praetoria"
 il  cui  "assestamento" richiedera', se non interverra' - da subito -
 la Corte costituzionale, un lunghissimo  periodo  di  tempo  a  tutto
 discapito della efficienza e razionalita' della nuova giurisdizione.
   In  siffatto  modo  viene  seriamente menomata, ad avviso di questo
 collegio, anche la pienezza del diritto di azione  costituzionalmente
 garantito (art. 24 Cost.), nonche' il principio di economia dei mezzi
 giuridici,  che  costituisce  un ineludibile corollario del principio
 del buon andamento e  dell'efficienza  dell'apparato  giurisdizionale
 inteso come parte della p.a.
                               P. Q. M.
   Il tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione prima,
 visto  l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante
 e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 97  della
 Costituzione,  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 33 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nella parte in cui, pur spostando
 la giurisdizione su talune materie dal giudice ordinario  al  giudice
 amministrativo,  in  via  esclusiva,  non  consente a quest'ultimo di
 utilizzare tutti i mezzi processuali previsti dal codice di rito  per
 la  tutela  sommaria  dei  diritti  sui  quali  e' oggi legittimato a
 decidere con particolare riferimento agli istituti di cui al Titolo I
 del Libro IV c.p.c.
   Ordina la sospensione del presente giudizio e la  rimessione  degli
 atti  alla  Corte  costituzionale, nonche' la notifica della presente
 ordinanza alle parti in causa ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri e la comunicazione della medesima ai Presidenti dei due rami
 del Parlamento.
   Cosi'  deciso  in  Palermo,  nella  Camera di consiglio del 9 marzo
 1999.
                       Il presidente: Castiglione
                                   Il consigliere, estensore: Di Paola
 99C0595