N. 350 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 marzo 1999
N. 350 Ordinanza emessa il 9 marzo 1999 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia sul ricorso proposto da Verga Gianfranco contro l'Azienda Unita' sanitaria locale n. 6 di Palermo Giustizia amministrativa - Devoluzione al giudice amministrativo delle controversie riguardanti le attivita' e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento dei pubblici servizi, ivi comprese quelle relative al servizio sanitario nazionale - Mezzi processuali utilizzabili dal giudice amministrativo - Mancata previsione dell'utilizzabilita' di tutti i mezzi precessuali previsti dal codice di rito per la tutela sommaria dei diritti, con particolare riferimento a quelli di cui al titolo I del libro IV del cod. proc. civ. - Violazione dei principi di uguaglianza, di imparzialita', buon andamento della p.a. e di tutela giurisdizionale. (D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33). (Cost., artt. 3, 97 e 113).(GU n.25 del 23-6-1999 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 98/1999 r.g., proposto dal dott. Verga Gianfranco, titolare dell'omonima farmacia con sede in Palermo, via Eugenio l'Emiro n. 34/36, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Siagura, presso il cui studio, in Palermo, via Liberta' n. 108/B, e' elettivamente domiciliato; Contro l'Azienda Unita' sanitaria locale n. 6 di Palermo, in persona del legale rappresentante pro-tempore, per stabilire i criteri in base ai quali l'Azienda U.S.L. in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, deve proporre in favore del dott. Verga Gianfranco il pagamento della somma di L. 354.780.801 per le prestazioni professionali da lui eseguite in favore del Servizio sanitario nazionale, dovuti per i mesi di luglio-novembre 1998, oltre agli ulteriori interessi nella misura dell'8,25%, pari al tasso degli interessi passivi pagati dalla farmacia ricorrente al Banco di Sicilia, a causa del ritardo del pagamento delle predette, a far data delle singole costituzioni in mora. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore il referendario dott. Giovanni Iannini; Udito alla Camera di consiglio del 9 marzo 1999, l'avv. Alessandro Siagura per il ricorrente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto; F a t t o Con ricorso notificato il 30 dicembre il dr. Verga Giovanni espone di essere titolare di farmacia sita in Palermo e di aver provveduto, in forza dell'accordo nazionale stipulato con il Servizio sanitario nazionale per la disciplia dei rapporti relativi all'assistenza farmceutica, ad effettuare secondo la normativa in vigore, la fornitura delle prestazioni relativamente ai mesi di luglio, agosto, settembre, ottobre e novembre 1998; come risulta dalle distinte contabili riepilogative, per complessive L. 354.780.801. A norma dell'art. 9 del predetto accordo, precisa il ricorrente, ogni farmacia consegna le ricetta all'ufficio indicato dall'Ente erogatore, con cadenza mensile, entro il giorno 14 del mese successivo al mese di spedizione. L'Ente erogatore deve provvedere, entro il 25 di ciascun mese, al pagamento alle farmacie dell'importo a saldo delle ricette spedite il mese precedente.. L'Azienda U.S.L. n. 6 di Palermo non ha provveduto al pagamento dell'importo dovuto in relazione ai periodi sopra specificati, pari a complessive L. 354.780.801. Le somme dovute sono, non solo certe e liquidi, ma anche esigibili. L'omesso pagamento di quanto dovuto, soggiunge il ricorrente, e' inoltre produttivo delle conseguenze di cui agli artt. 1218 e 1219, giacche' l'amministrazione debitrice e' stata ritualmente costituita in mora. La stessa e' inoltre responsabile dell'ulteriore maggior danno ex art. 1224 c.c. Al riguardo lo stesso sottolinea che l'Azienda deve essere ritenuta responsabile del ritardo e condannata al pagamento degli interessi nella misura dell'8,25%, pari al tasso degli interessi passivi pagati al Banco di Sicilia, come dagli estratti conto. Il ricorrente quindi, premesso che, nella fattispecie, si verte in tema di giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 33, comma 21 lett. b) ed f) d.lgs. n. 80/1998, rileva che il secondo comma dell'art. 35 di tale decreto legislativo prevede uno speciale procedimento attraverso il quale il giudice amministrativo stabilisce i criteri in base ai quali la p.a. deve proporre il pagamento nei confronti dell'avente titolo, spirato il quale, col ricorso ex art. 27 n. 4, r.d. 1054/24, puo' essere richiesta dal creditore la determinazione della somma dovuta. Parte ricorrente chiede, quindi, che sia accolto il ricorso e che siano stabiliti i criteri in base ai quali la Azienda U.S.L. n. 6, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore deve proporre in favore del dr. Verga Gianfranco il pagamento della somma di L. 354.780.801 per le prestazioni professionali da lui eseguite in favore del Servizio sanitario nazionale, dovuti per i mesi luglio-novembre 1998, oltre agli ulteriori interessi nella misura dell'8,25%, pari al tasso degli interessi passivi pagati dalla farmacia ricorrente al Banco di Sicilia, a causa del ritardo del pagamento delle predette, a far data dalle singole costituzioni in mora, entro il termine di giorni venti o entro quello che sara' ritenuto congruo. Alla camera di consiglio del 9 marzo 1999 la causa e' stata posta in decisione. D i r i t t o 1. - Va preliminarmente ritenuta la giurisdizione di questo tribunale nel giudizio promosso col ricorso in esame. Ed invero, con l'art. 11 comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e' stata conferita delega al Governo per emanare, entro il 31 gennaio 1999, uno o piu' decreti legislativi diretti tra l'altro a "l'estensione della giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali conseguenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici, prevedendo altresi' un regime processuale transitorio per i procedimenti pendenti ...". In attuazione di tale delega e' stato emanato il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (recante "Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa.."), il cui art. 33 tra l'altro, dispone che: 1) sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481 (ossia per l'energia elettrica il gas e le telecomunicazioni.). 2) tali controversie sono, in particolare, quelle:... b) tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi;... f) riguardanti le attivita' e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona e delle controversie in materia di invalidita'. Nella specie trattasi di controversia patrimoniale inerente ad attivita' di farmacista convenzionata svolta dall'odierno ricorrente nei mesi di luglio, agosto, settembre, ottobre e novembre 1998 (ossia in epoca successiva all'entrata in vigore del d.lgs. sopra citato in favore della Azienda U.S.L. n. 6 di Palermo; controversia che, all'evidenza, rientra nella previsione normativa surrichiamata e che, allo stato, appare pienamente suffragata dai documenti contabili depositati in atti dallo stesso ricorrente (le "distinte contabili riepilogative mensili" di cui in narrativa). 2. - Il ricorso del dr. Verga risulta essere diretto a stabilire i criteri in base ai quali l'Azienda U.S.L., n. 6 deve proporre il pagamento della somma di L. 354.780.801, per le prestazioni professionali eseguite in favore del Servizio sanitario nazionale, nel periodo sopra specificato, oltre agli ulteriori interessi nella misura dell'8,25%, a far data dalle singole costituzioni in mora sino alla data dell'effettivo pagamento, entro il termine di venti giorni ovvero entro quello che tribunale riterra' congruo. Come risulta in modo esplicito dal ricorso si e' inteso in tal modo avvalersi dello speciale procedimento previsto dal comma 2 dell'art. 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998, attraverso il quale il giudice amministrativo stabilisce i criteri in base ai quali la p.a. deve proporre il pagamento nei confronti dell'avente titolo di una somma entro un congruo termine, decorso il quale il creditore puo' chiedere la determinazione della somma dovuta, mediante il ricorso previsto dall'art. 27 n. 4 del r.d. 1054/24. Il riferimento al secondo comma dell'art. 35 e', a giudizio di questo tribunale, inappropriato, giacche' il procedimento ivi contemplato, come si desume agevolmente anche dal riferimento ai casi di cui al primo comma, puo' essere attivato solo nei casi in cui, nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dei precedenti artt. 33 e 34, si tratti di disporre il risarcimento del danno ingiusto. Nel caso di specie, invece, si tende ad ottenere il pagamento di una somma capitale, maggiorata degli interessi nella misura indicata. Cio' posto, non si puo' prescindere pero' dalla constatazione che il ricorrente chiede che, in accoglimento del ricorso, inaudita altera parte, ovvero convocate le parti in camera di consiglio, siano stabiliti i criteri in base ai quali l'amministrazione deve proporre il pagamento della somma sopra indicata. Orbene, nonostante si chieda la determinazione di criteri, non sembra dubbio che, volendosi ottenere dall'amministrazione una somma ben determinata a titolo di capitale, la domanda del ricorrente risulti, nella sostanza, diretta ad ottenere un provvedimento giurisdizionale che disponga il pagamento della somma stessa, da emettersi o inaudita altera parte, e quindi secondo uno schema corrispondente, nella sostanza e nella forma, al procedimento monitorio e sommario previsto nell'ambito del rito civile, ovvero a seguito di convocazione delle parti in Camera di consiglio, in aderenza alle regole procedurali della tutela cautelare nel giudizio innanzi al giudice amministrativo. Cio' posto, la questione pregiudiziale che si pone e' quella dell'ammissibilita' dell'istanza formulata dal ricorrente, secondo la lettura che ne fa il tribunale, in base all'analisi del contenuto della domanda. E' da ritenere che, sebbene le norme del processo civile siano dotate di una particolare vis espansiva tale da renderle applicabili analogicamente in tutti i casi in cui manchi una regola processuale ben definita, esse incontrano inevitabilmente il limite costituito dalla struttura propria del processo amministrativo, entro il quale non puo' operarsi la trasposizione, di peso, del sistema processuale civilistico, per ragioni di ordine dogmaticosistematico e (non ultime) per ragioni pratiche ed organizzative, che non consentono al giudice amministrativo, come oggi strutturato, di operare (nel campo delle nuove materie affidate alla sua giurisdizione esclusiva) allo stesso modo di quanto in precedenza operato dal giudice ordinario. D'altronde, la non immediata applicabilita' delle norme del codice di rito risulta evidente dallo stesso d.lgs. n. 80/1998 che, pur nella rilevante novella costituita dall'attribuzione al giudice amministrativo di nuova giurisdizione esclusiva per blocchi di materie (che coprono l'area intera dei pubblici servizi), richiama espressamente, all'art. 35, le norme del codice di rito solo per cio' che concerne i mezzi istruttori, demandando, per il resto, ad opportune future modifiche del regio decreto n. 642 del 1907 gli eventuali adattamenti suggeriti dalla "specificita' del processo amministrativo in relazione alle esigenze di celerita' e concentrazione del giudizio". Per cogliere la complessita' e la delicatezza dei problemi dogmatici ed organizzativi suddetti, basta solo considerare la difficolta' pratica e concettuale di definire la natura (sommaria, cautelare, monitoria) di provvedimenti adottati da altri tribunali amministrativi, quale l'ordinanza n. 3444 del 10 dicembre 1998 del t.a.r. Lazio emessa in fattispecie sostanzialmente analoga alla presente, sulla base del richiamo tanto all'art. 33 del decreto legislativo n. 80/1998 quanto all'art. 186-ter c.p.c. ed il porsi dell'ordinanza stessa con riguardo alla formazione del giudicato (ed alla definizione o meno del giudizio) ed al sistema delle impugnazioni (opposizione, reclamo, appello); un'ordinanza che appare come un vero e proprio ibrido tra l'ordinanza-ingiunzione in corso di causa ex art. 186-ter c.p.c., il decreto ingiuntivo ex art. 633 c.p.c., il provvedimento cautelare innominato ex 669-sexies c.p.c. e forse anche il provvedimento urgente ex art. 700 c.p.c.. Ed e' proprio un tale ibrido processuale che sostanzialmente viene richiesto col ricorso oggi in esame. 3. - Ne' puo' ritenersi che, per effetto stesso dell'attribuzione della giurisdizione al giudice amministrativo nelle materie in argomento, il sistema processo civile sia stato interamente richiamato implicitamente nell'ambito del processo amministrativo. Tale tesi, infatti, appare a questo collegio come una innaturale forzatura dei dati normativi sopra richiamati, nei quali il richiamo agli strumenti processuali del codice di rito e' operato solo con riguardo ai mezzi di prova, segno questo della volonta' del legislatore delegato di operare un richiamo normativo de tutto limitato. L'ipotesi inversa, ossia quella di un implicito e generalizzato richiamo da parte del legislatore delegato alle norme processualcivilistiche, si rivela, inoltre, intrinsecamente e tecnicamente insufficiente e sperequata, posto che una tale innovazione processuale (implicante anche - come gia' detto - rilevantissimi aspetti riorganizzativi della giustizia amministrativa) avrebbe dovuto essere disposta expressis verbis e non semplicemente "presumersi", o ricavarsi da una implicita, quanto incerta, voluntas legis. Alla stregua di tali premesse, pertanto, l'esigenza di tutela immediata e sommaria di cui al ricorso in esame, non puo' trovare accoglimento. 4. - Peraltro, proprio la chiesta adozione di un provvedimento non meramente cautelare, ma anche di cognizione sommaria del diritto di credito pecuniario fatto valere, impedisce al collegio di potere satisfattivamente applicare alla fattispecie il principio enunciato dalla Corte costituzionale, con sentenza 25 giugno 1985, n. 190, secondo cui il giudice amministrativo, nelle controversie patrimoniali sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva (allora in materia di pubblico impiego), puo' adottare tutti i provvedimenti urgenti che appaiano piu' idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito, tutte le volte che il ricorrente deduca un pregiudizio imminente e irreparabile. Difatti, nell'ambito del processo, di qualunque processo, la "tutela cautelare" e la "cognizione sommaria" del diritto sono cose assolutamente diverse, sicche' l'astratta applicabilita' al caso di specie di una misura cautelare atipica, ai sensi del principio costituzionale sopra ricordato, non puo' dirsi interamente satisfattiva della domanda proposta in ricorso; domanda che ricalca l'impostazione data al problema dal t.a.r. Lazio con l'ordinanza sopra ricordata e che nel richiamare espressamente gli istituti di cui agli artt. 669-sexies e 700 del c.p.c. intende chiaramente alludere ai procedimenti sommari di cui al libro IV, titolo I, del c.p.c. 5. - Nemmeno puo' pervenirsi all'affermazione di un parziale difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, nel senso di ritenere che per le materie di cui all'art. 33, le questioni risolvibili con "cognizione sommaria" o "cautelare" (decreti ed ordinanze ingiuntive, ordinanze cautelari ed urgenti) siano rimaste devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto cio' implicherebbe una sostanziale riduzione della portata della legge-delega, che, viceversa, ha chiaramente sancito e previsto la piena attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva nell'amplissima e variegata materia dei "servizi pubblici". Ne segue che, allo stato, le controversie a cognizione sommaria sopra indicate sfuggono alla giurisdizione di qualunque giudice: a quella del giudice ordinario in forza delle norme deleganti e delegate prima citate; a quella del giudice amministrativo in difetto della puntuale indicazione normativa degli strumenti processuali all'uopo necessari (e di quel minimo di necessaria ristrutturazione interna del relativo apparato). 6. - Non va trascurato, peraltro, che questo t.a.r. con recentissimo decreto presidenziale n. 113/1999 ha dichiarato l'improcedibilita'-inammissibilita' del ricorso per decreto ingiuntivo, proposto da un farmacista convenzionato col S.S.N. per la corresponsione di somme dovute a fornitura di medicinali, nel presupposto che: "il procedimento speciale di cui al libro quarto del c.p.c. ed in particolare a quello di ingiunzione di cui ai ripetuti artt. 633 e segg., non e' adattabile al processo amministrativo nel quale manca istituzionalmente la figura e le funzioni del giudice monocratico"; "non e' peraltro possibile ritenere trasponibile agli istituti del processo amministrativo il ricorso di cui trattasi attesa la particolare natura formale e sostanziale dello stesso"; "la parte ricorrente non ha consumato i suoi poteri di impugnativa potendo svolgerli ex art. 33 d.lgs. 31 marzo 1988, n. 80 secondo i normali strumenti del vigente processo amministrativo". 7. - La superiore conclusione, tuttavia, che all'evidenza postula la necessita' per il creditore di attivare un processo cognitorio ordinario sostanzialmente inutile rispetto al procedimento monitorio, induce il collegio a sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33 del d.lgs.n. 80/1998, nella parte in cui non rende espressamente applicabili al giudizio amministrativo tutti gli strumenti processuali previsti al codice di rito con riguardo alle controversie rientranti nei blocchi di materie innovativamente attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, atteso che, alla stregua della legge di delega, la tutela oggi erogabile dal detto giudice non puo' e non deve essere inferiore a quella che in precedenza gli stessi soggetti potevano chiedere ed ottenere dal giudice ordinario (ed e' un dato di comune esperienza che, nel settore delle farmacie convenzionate col S.S.N., vi e' stato, fino ad oggi, un uso amplissimo dell'agile e ben definito procedimento sommario di tipo monitorio finalizzato proprio ad evitare quell'ordinario processo cognitorio di cui alla decisione presidenziale sopra citata). Opinare diversamente significherebbe ammettere che il semplice spostamento della giurisdizione, a seguito dell'art. 33 cit., abbia determinato, in palese violazione dei limiti della legge delega e dei precetti di logica e razionalita', (che debbono presiedere alle scelte del legislatore), anche una sostanziale riduzione della consistenza stessa dei diritti soggettivi rientranti nelle materie di nuova giurisdizione esclusiva, quanto meno con riferimento alle possibili azioni sommarie (e non meramente cautelari) esperibili a tutela degli stessi. Come insegna la migliore dottrina, i procedimenti sommari delineati dal titolo I del libro IV del codice di rito (tra cui quello monitorio ex art. 633 c.p.c., quello cautelare ed urgente ex art. 669-sexies, art. 700 c.p.c.) sono il riflesso processuale del contenuto sostanziale dei diritti soggettivi di volta in volta azionati, segnando la gamma di tutte le possibili forme di tutela degli stessi. In particolare, tali procedimenti, e le azioni correlate, connotano il diritto soggettivo di credito liquido ed esigibile di somme di denaro (basato su prova scritta) come un diritto tutelabile senza una vera fase processuale "cognitoria" (ossia senza la formale postulazione di un giudizio), e non possono essere menomate (ne' in tutto, ne' in parte) da un semplice spostamento della giurisdizione. I procedimenti sommari, in genere, altro non sono che il riflesso processuale di talune peculiarita' sostanziali dei connessi diritti e cio' avrebbe richiesto, secondo evidenti parametri costituzionali di razionalita' e buon andamento dell'Amministrazione lato sensu giudiziaria, che il legislatore delegato se ne facesse carico dettando nell'art. 33 del d.lgs. n. 80/1998, o una norma espressa di richiamo degli strumenti processuali civilistici, ovvero una compiuta e chiara discipljna dei procedimenti sommari, urgenti e/o cautelari, sia di ordine sistematico, che pratico. Si consideri l'istanza di decreto ingiuntivo ex art. 633 (ed in parte anche quella di ordinanza ingiuntiva ex art. 186-ter): come e' noto si tratta di procedimento in cui si e' di fronte alla rivendicazione di un diritto (credito di somme di denaro) senza giudizio. L'ordinamento riconosce al creditore un'azione che ha caratteristiche sue proprie, che non si basa su prove in senso proprio, richiede solo l'esistenza di certe condizioni (somme di denaro liquide ed esigibili), si connota per l'attenuazione dell'esigenza del contraddittorio. Il giudizio di cognizione sul diritto fatto valere in via monitoria o sommaria e' meramente eventuale ed e' affidato all'iniziativa del debitore attraverso l'opposizione. L'azione sommaria, in tali casi, deve competere al creditore in forza delle caratteristiche proprie del suo diritto, quale che sia il giudice chiamato a decidere. Orbene, ipotizzare che una tale azione (riflesso del contenuto sostanziale del diritto di credito liquido esigibile e fondato su prova scritta) possa, oggi, ritenersi priva di giudice legittimato a (sommariamente) conoscerla solo per effetto della nuova giurisdizione disegnata dall'art. 33 d.lgs. n. 80/1998, appare come apertamente in contrasto, non solo con lo spirito e la lettera della legge di delega, ma anche con quei principi di logica e di imparzialita' alla cui violazione la Corte costituzionale ha sempre saputo riconnettere la figura dell'eccesso di potere legislativo. 8. - La verita' e' che, ammettendo, come sembra necessario fare alla stregua del decreto presidenziale n. 113/1999 sopra citato, una riduzione dei mezzi di tutela da parte del legislatore delegato, si incappa, inevitabilmente, nella violazione dei limiti della delega e nella irragionevole quanto ingiustificata riduzione delle garanzie apprestate ai cittadini nei settori di giurisdizione esclusiva cui all'art. 33. Al giudice amministrativo si attribuisce - si - giurisdizione esclusiva in certe materie, ma questa sfera di tutela, allo stato, non e' (perche'?) la medesima, sotto il profilo dei mezzi processuali (che poi fanno la sostanza stessa del diritto), di quella che era riconosciuta in precedenza. E tale reductio non e' giustificata da ragioni riorganizzative degli apparati giudicanti o dei servizi ad essi connessi (il che, forse, avrebbe potuto consentire di parlare dell'esercizio di un'ampia discrezionalita' legislativa costituzionalmente insindacabile), ma e' solo ed esclusivamente l'automatica conseguenza dello spostamento della giurisdizione. Tanto che si potrebbe dire, con una iperbole, che il diritto di azione, nelle materie indicate dall'art. 33, ha subito - per effetto di tale articolo - una significante riduzione, non in correlazione alla legittimazione al giudizio, ossia all'ampiezza del potere cognitorio attribuito al nuovo organo giudicante (che e' piena ed incondizionata, sia nella legge delega che in quella delegata), ma (irrazionalmente) all'aspetto puramente "topico" dell'aula di giustizia entro cui il medesimo diritto viene oggi fatto valere: quella del giudice amministrativo, anziche' quella dell'A.G.O. In tal modo, risulta perpetrata anche la violazione dell'art. 3 e 113 Cost., sia perche' situazioni giuridiche identiche (il diritto soggettivo di credito di somme di denaro liquide ed esigibili) vengono ad essere tutelate, nel tempo, con strumenti di cognizione sommaria diversi in conseguenza del diverso giudice legittimato a conoscerle; sia perche' non viene assicurata, anche attraverso il processo amministrativo, quella effettivita' della "tutela sommaria" connessa al diritto fatto valere dinanzi al nuovo giudice. 9. -Sotto altro profilo, non puo' non rilevarsi che la acclarata inaccoglibilita' delle azioni sommarie formulate col ricorso in esame, rientrante in una delle materie di giurisdizione esclusiva ex art. 33, non solo implica una sostanziale riduzione dei mezzi di tutela per le medesime materie, non solo finisce col proiettare la normazione delegata ben oltre il mero spostamento di giurisdizione prefigurato dalla norma delegante, ma significa anche privare il creditore della possibilita' di esperire l'agile procedimento "sommario" del ricorso per decreto ingiuntivo (ossia la richiesta di una statuizione senza processo, salva l'opposizione ad iniziativa del debitore ingiunto). Ed ognuno ben vede come sia irrazionale costringere il cittadino a proporre azioni cognitorie quando esistono mezzi di tutela rapidi ed efficienti gia' ampiamente praticati col giudice precedentemente legittimato. Ed una prova della palese irrazionalita' del sistema che comincia a delinearsi balza evidente proprio dal ricorso in esame, nel quale la ricorrente, nonostante risulti essere in possesso di prova scritta del credito pecuniario vantato nei confronti dell'Azienda U.S.L. di Palermo, per ottenere una tutela agile ed immediata, assicurata innanzi al giudice ordinario dal procedimento monitorio, ha ritenuto di poter fare riferimento allo speciale procedimento di cui al secondo comma dell'art. 35. La verita' e' che il processo amministrativo conosce l'istituto della "decisione cautelare" (e nelle materie di giurisdizione esclusiva anche nelle forme atipiche di cui alla sentenza n. 190/1985 della Corte cost.), ma non quello della "decisione sommaria" della controversia, sicche' la devoluzione di nuova giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo nelle materie (e nell'amplissima casistica) dell'art. 33 d.lgs. n. 80/1998 avrebbe dovuto indurre il legislatore delegato a farsene carico. Ma cosi' non e' stato ed il totale silenzio dell'art. 33 cit., mentre esclude l'applicabilita' di ben conosciuti e consolidati procedimenti giurisdizionali di pronta definizione del giudizio (come quello monitorio), finisce col far sorgere una variegata tipologia di "domande incidentali" ed una correlativa giurisprudenza praetoria il cui "assestamento" richiedera', se non interverra' - da subito - la Corte costituzionale, un lunghissimo periodo di tempo, a tutto discapito della efficienza e razionalita' della nuova giurisdizione. In siffatto modo viene seriamente menomata, ad avviso di questo collegio, anche la pienezza del diritto di azione costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.), nonche' il principio di economia dei mezzi giuridici, che costituisce un ineludibile corollario del principio del buon andamento e dell'efficienza dell'apparato giurisdizionale inteso come parte della p.a.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 97 e 113 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art 33 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nella parte in cui, pur spostando la giurisdizione su talune materie dal giudice ordinario al giudice amministrativo, in via esclusiva, non consente a quest'ultimo di utilizzare tutti i mezzi processuali previsti dal codice di rito per la tutela sommaria dei diritti sui quali e' oggi legittimato a decidere con particolare riferimento agli istituti di cui al titolo I del libro IV c.p.c. Ordina la sospensione del presente giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale, nonche' la notifica della presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione della medesima ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Cosi' deciso in Palermo, nella Camera di consiglio del 9 marzo 1999. Il presidente: Castiglione Il referendario estensore: Iannini 99C0596